Il cinema o l\'uomo immaginario, Morin PDF

Title Il cinema o l\'uomo immaginario, Morin
Author Giulia Zaccaro
Course Storia ed estetica del cinema
Institution Università degli Studi di Torino
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IL CINEMA O L’UOMO IMMAGINARIO Edgar Morin

INTRODUZIONE L'immagine mentale che si forma nel nostro cervello fa da medium verso la rappresentazione della realtà, il cinema ci fa riflettere su questo. È proprio questo di cui parla Edgar Morin nel suo saggio, comprendere il reale mediante l'immaginario. È un’indagine su più punti di vista e su tutto ciò che riguarda l'uomo. Lo cima meta punto di vista, lo stesso metodo che userà Morin anche più avanti. A metà del 900 si indagava su concetto di uomo immaginario che si oppone al razionale e Morin lo oppone all'uomo Faber, lo definisce uomo complesso, dato da più elementi. Con la meta punto di vista analizza l'uomo immaginario per studiare come si mette a confronto con l'alterità. Diversi studi su rapporto tra reale e immaginario, il cinema è un complesso di irreale e reale. Il cinema intensifica le capacità di comprendere, individua le funzioni del simbolo, viene fatta un'analisi sui diversi modi in cui il cinema altera le forme compiendo una metamorfosi tra immaginario e reale, il movimento da un nuovo significato alle cose e si rivela funzionale alla comprensione di uomo e cosmo. Comprensione come modo fondamentale nella conoscenza del proprio essere in relazione con il diverso, l'alterità e nelle varie fasi della esistenza che si legano a pensiero e sentimento e che cinema coglie e ne amplifica il valore facendo da transfer tra individui che si comprendono, chi guarda e chi è guardato. Analogia del se. La comprensione viene posta in questione con la coscienza, fragile capacità umana, i diversi tipi di pensieri, razionale, mitologico dialogano per una comprensione complessa su sé stessi. Dialogica tra i due pensieri nella comprensione del logos tra diversi individui, comunicazione. L'immagine è sottoposta a dialogo dei due pensieri. Cinema si mette a fianco a lingua.

PREFAZIONE (1982) Francesco Casetti

il film fa la realtà oltre che riprodurla, in questo libro vi è un metodo di indagine tra più discipline, il libro scritto da Morin trattava di temi francesi frequenti, ma non italiani. In Italia si pensava più a una riproduzione della realtà (realismo) che a un'esplorazione dell'inconscio. Morin parlava dell'opposizione di Mellier e lumiere senza metterli in accordo, ma in contrasto, tra reale e immaginario. Morin vede il cinema come macchina che collega dati esterni, che cerca di collegare pensieri dello spettatore e cinema, unisce realtà e sogno. L’immaginario non si differenzia dal reale perché lo cambia ma perché aggiunge nuovi dati. Il libro seppur esser stato scritto in passato può legarsi al presente per i temi di cui tratta e per le più diverse discipline, semiotica e psicanalisi e dei loro ruoli come sono cambiati con l'arrivo di nuove domande.

PREFAZIONE NUOVA EDIZIONE L'autore spiega che non voleva spingersi a parlare del suo momento storico, ma preferisce parlare di cinema come scelta “rifugio” una macchina, un'arte industria e lui tramite esso voleva capire le persone. Inizia a vedere diverse inchieste sul cinema, lo cattura l'idea del cinema magico, lo stupore davanti a miti e divinità, l'immaginario non era altro che parte del reale. Cerca il problema antropologico legato al cinema, il suo doppio, la metamorfosi, voleva esaminare l'antrophos del cinema tra reale e immaginario

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e di come la luce del cinema crea nella nostra testa immagini che sono reali, un’immagine animata, viva, percettiva della realtà. L’immagine fa da perno tra reale e immaginario, ha carattere doppio, oggettivo e soggettivo. Bisogna quindi concepire i loro caratteri diversi e complementari. Rapporto tra modernità e arcaismo: lo interessava come immagini del passato potessero interessare gli spettatori anche nel presente. Lo spettatore vede il cinema in uno stato di doppia coscienza, restiamo nel nostro senso di realtà ma veniamo catturati dall'irreale, non si vede ma si percepisce. Voleva dividere il libro in due parti, ma alla fine la seconda non la fa. Si chiede come arte e industria cinematografica riescono a far parte l'uno dell'altra.

PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE straordinario del cinema è come ci acceca con la sua luce, restiamo rapiti dalle immagini e usciamo da spazio e tempo, ci si interroga tra differenza e separazione tra homo sapiens e homo cinematographicus.

1. IL CINEMA, L'AEROPLANO Due nuove macchine vennero create agli inizia del 900, l'aereo che permetteva di staccarsi da terra e la macchina che rifletta la realtà dell'uomo, il cinematografo, la scomposizione del movimento era ora possibile. Così come gli aerei anche il film era stato lanciato. Il cinematografo si allontana dalla sua valenza scientifica per creare il cinema, un'arte che suggerisce emozione invece di narrare fatti, crea una vita surreale e una dimensione di sogno. Quindi il cinema sfugge alla tecnologia per avvicinarsi al mondo del sogno. E come può il cinema nascere dalla realtà e scienza e sogno essere davvero distaccate? Le innovazioni nascono dal sogno, dall'immaginario. Il cinematografo nasce in tutto il mondo, in Francia, ma ovunque ci sia stato un sognatore. Con il passare del tempo scienza e cinema ancora si incontrano creando nuovi strumenti. Il cinema proviene da diverse idee soggette al gioco e alla ricerca, scienza e sogno. Il cinematografo nasce ufficialmente nel 1895 dato da riproduzione chimica e proiezione meccanica, nasce per proiettare immagini per il solo piacere di vederle .

2 IL FASCINO DELL'IMMAGINE Il cinema accosta fotografia con immagini in proiezione e il fatto che le due siano messe in relazione è una cosa relativa dell'autore.

Fotogenia l'immagine era sia sbalorditiva quanto assurda e strana, banale, del quotidiano. Lumiere come primi soggetti usò chi dello spettacolo non è, i passanti, voleva quindi rispecchiare la realtà, questo creava fascino che viene poi chiamato fotogenia, ovvero un estremo aspetto poetico della vita e delle cose, diventa così il ruolo fondamentale del cinema da non confondere con il termine pittoresco.

Genio della fotografia

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il termine fotogenia nasce dalla fotografia, dove noi ci riscopriamo fotogenici o no, in modo positivo o negativo, certo riguardo al cinema il termine assume ruolo diverso, ma è nell'immagine che risiede l'originale. La fotografia non è morta, ma è viva perché ritrae appunto la vita, persone o cose. Qualsiasi cosa può trasmetterci emozioni in foto, anche una cabina telefonica. In un'immagine risiede l'originale ed è per questo che noi le teniamo con cura e affetto, creiamo ricordi, come un turista che viaggia e fa mille foto. La fotogenia ci fa notare aspetti che non vedremmo a occhio nudo, anche per questo si usa la fotografia a caccia di spiriti, ma qual è la funzione della fotografia? Oltre alla ricerca spiritica, ha funzione di ricordo che ritrae il reale, ha valenza di doppio, materiale e mentale, qualcosa che non c'è nell'originale, questo doppio.

L'immagine e il doppio L’immagine mentale è struttura della coscienza, impossibile slegarla dall'uomo nel mondo. L'immagine è una presenza assenza, qualcosa del reale che tuttavia è solo una riproduzione, una rappresentazione oggettiva della soggettività. Ci viene presentata come oggettiva, alienata, più lo è e più è soggettiva, doppia. Inconscio e sogno. Il doppio ha sempre fatto parte dell'uomo che divide tra bene e male, morale e amorale tra immagini alienate (allucinazioni) e forme del reale. Un tempo si dipingeva nel realismo un’immagine obiettiva, ma non era solo il reale, ma del reale riprodotta dall'immagine mentale, non è altro che un riflesso, quindi un doppio, come un'ombra e ancora qui troviamo del magico tra folklore e occulto. L'immagine nel suo doppio enfatizza qualità positive da una parte e negative dell'altra. L'immagine crea un doppio del reale che è soggettiva, magica e alienata. Il doppio diventa magia ed emozione, magia che si dissolve in sentimento, l'immagine diventa affettiva. L'immagine è un doppio in cui vediamo luci ed ombre creando sentimento affettivo. Quando si scatta una foto si cerca di prendere una parte di anima, la fotogenia è quindi insieme di luco ed ombre che crea sentimento affettivo cercando di riprodurre un'immagine mentale.

Geni e genio del cinematografo Differenza tra immagine e proiezione sono la grandezza dell'immagine, temporanea e fugace, privata e collettiva. Hanno in comune l'aspetto magico e luci e ombre accentuato ancora di più nel cinema a colori, il riflesso domina, intanto la visione di sé stessi nel cinema è più evidente rispetto a una foto. Vediamo quindi il nostro doppio, il nostro alter ego nella proiezione e possiamo provare vergogna o disagio nel rivederci, cosa che non proviamo nelle immagini quando accenniamo a un finto sorriso, una posa. Un'altra esperienza di auto-cinematografica è quella del divo, egli ha due vite, una reale e una dei film. Tant’è che loro spesso si confondono nei loro personaggi, costretti a imitarli, diventando altro che spettri di sé. Lo spettatore si ritrova davanti a molte proiezioni allucinate e rimane lì davanti a quei fantasmi sdoppiati, l'invenzione di Morel è stata l’idea di un poter sconfiggere la morte bloccando i defunti in quelle proiezioni.

L'uccellino il cinema è immagine elementare che riproduce luci e ombre, riflesso e il doppio, proietta nel suo immaginario la vita reale, perciò le immagini non potevano essere un momento di passaggio, si doveva liberare l'immaginario, il magico, bisognava quindi liberare l'uccellino chiamato dai fotografi.

3 METAMORFOSI DEL CINEMATOGRAFO IN CINEMA Ontogenesi.

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La metamorfosi in cinema avvenne per mezzo di più autori di diversi paesi, è impossibile indentificarne uno soltanto. Certo la rivoluzione con i suoi trucchi la compie Mellier che attraverso proiezione di immagini tendeva a fare spettacolo, qui sta l'innovazione. Fantastico e irrealtà erano ciò che caratterizzavano Mellier contro al realismo assoluto di Lumière.

La metamorfosi. Nel 1898 Mellier introduce il fantasma nel cinema e le doppie o multiple esposizioni. Il fantasma compare dalla riproduzione di diverse immagini che ne creano molteplici ombre e doppi. Questa è una tecnica chiave creata da Mellier che diventerà essenziale nei film successivi. Con queste “formulette” che traducevano la realtà della vita, il cinema subì una mutazione nella sua storia. La magia è ora aperta a tutte le possibili metamorfosi. Alla fine del 1869 avviene la prima rappresentazione cinematografica di Mellier dove a un certo punto il filmato si blocca e riprende con tutto cambiato. Dopodiché continua allo studio verso diversi trucchi di magia guardando i trucchi di Houdin. Il cinema di Mellier era metamorfosi, divideva il cinema in scene di genere e scene a trasformazione.

L'altra metamorfosi: il tempo. Col passare del tempo i trucchi e la metamorfosi si restringono. Nasce il montaggio e il cinema diventa una riproduzione di immagini con uno spazio e un tempo. Il tempo è quello cronologico reale e il montaggio aiuta a mettere insieme diverse inquadrature, ordinandole. Il tempo diventa fluido e con il montaggio si può velocizzare o rallentare, comprimere o dilatare, fanno vedere ciò che non si può con la velocita reale. Anche questa fu una metamorfosi nel cinema. Il tempo nel cinema è reversibile, dissolvente. Con flash back o cut back nasce l'idea che il passato non si dissolve ma si germe in qualche parte, nella magia, doppi: i morti tra il ricordo o fantasmi. Un'altra innovazione nel tempo fu trasmettere il film al contrario, oppure un tempo equivoco, salsicce che tornano sotto forma di maiale, passato presente e futuro si uniscono in osmosi, come nell'uomo che ricordi, momento attuale e futuro sperato convivono.

Metamorfosi nello spazio. Movimento della macchina da ripresa e obliquità sono i cambiamenti relativi allo spazio. Questo porta lo spettatore in qualsiasi punto dello spazio e del tempo. Ciò che muta sono gli oggetti ripresi. Tempo e spazio sono quindi soggetti a una metamorfosi, tra dissolvenza incrociata in cui la metamorfosi tra più oggetti fa esaltare un legame tra loro.

Universo fluido. Epstein definisce cinema come universo fluido nella dimensione dello spazio-tempo, il cinematografo ha il potere di fare trasmutazioni, tutto viene e va. Con il cinematografo tutto viene definito a piacimento, anche gli oggetti prendono vita e anima, danno una presenza soggettiva e fanno parte della scenografia. Lumiere rianimava gli oggetti (esempio il fumo) un'altra tecnica era il close up, si interrogano gli oggetti e si svela la loro anima. L'anima è intesa in modo relativo perché dipende da cosa suscitano gli oggetti nello spettatore

Il paesaggio del volto. Cosmomorfismo: tendenza a caricare l'uomo di presenza cosmica, il viso fa da paesaggio, fa da medium della natura. Il cinema fa da transfer tra uomo del microcosmo a macrocosmo. Vi è l'intercambiabilità tra oggetti e persone, ma i visi sono i transfer più forti che arrivano allo spettatore. E si vede spesso intercambiabilità tra scene di volti e paesaggi naturali che rappresentano un sentimento, tra cosmo e antropomorfismo, micro e macrocosmo.

La visione magica. Spesso quando nel cinema si parla di magia, di morte esce il doppio, la morte-rinascita. Questo circolo di vita e morte crea un universo fluido di cui parla Bruhl. Questa fluidità si spiega tra le relazioni di cosmo, antropos e micro e macrocosmo. Ci sono dei doppi nell'animismo, l'uomo si

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proietta nella natura. L'uomo fa parte del mondo e viceversa. Così è la magia, il doppio. Cinema è invece doppio in fotogenia e montaggio.

Dall'immagine all'immaginario. Il cinema entra nel mondo della finzione, fiction. Edison usa la finzione nel suo cinema, miti, sogni e finzioni sono la nostra visione magica del mondo, l'immaginario è lo spirito che sogna, avvia il doppio. L'immaginario sta tra immagine e immaginazione e si supera nelle tecniche della finzione.

Sogno e film Relazione tra cinema e sogno, entrambi dinamici scompigliano tra tempo e spazio, oggetti compaiono e scompaiono, vi è suspense, il cinema è un sogno da svegli.

Musica (preludio). ovvero l'elemento più inverosimile del cinema, nemmeno nei sogni vi è la musica, mentre il cinema ne è pieno, già dai film muti dove si vedevano suonare strumenti alle colonne sonore di oggi, nei film muti poteva essere una necessità in mancanza delle parole eppure ritroviamo la musica ancora ora, è un elemento immancabile nel cinema. La musica accompagna le immagini, specie nelle visioni, dove un ritornello porta a un flashback o a dei ricordi.

Irrealtà, magia e soggettività. Oltre alla musica, l'irrealtà è elemento primario nel cinema e grazie alla magia si è passato da cinematografo a cinema. Ci sono analogie tra cinema e magia, vanno di pari passo, cinema è magia pur non essendolo nel vero senso della parola, è musica, sogno, finzione, universo fluido, micro e macrocosmo, è un continuo flusso affettivo-magico.

4. L'ANIMA DEL CINEMA La magia è illusione, ma cosmomorfismo e antropomorfismo le danno corpo proiettandola nel mondo e viceversa.

La proiezione-identificazione. I nostri desideri si proiettano sotto forma di sogni e immaginazioni. Nell'identificazione invece non si proietta nell'immaginario, ma si assorbe il mondo circostante, i due insieme rappresentano un insieme di transfer che ci identificano in un altro soggetto. Tutti questi transfer

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sono soggettivi, vi sono due momenti di identificazione e proiezione, lo stato soggettivo e la magia, i nostri sogni si distaccano da noi e diventano magia, diventa doppio e sentimento.

La partecipazione affettiva. Tra magia e soggettività si trova il sentimento, entrambe non sono mai manifeste e latenti allo stesso tempo, con la partecipazione affettiva creiamo identificazione proiezione, come ad esempio verso la persona amata e questo crea un residuo di magia.

La partecipazione cinematografica. Noi abbiamo una personalità confezionata che proiettiamo in identificazioni immaginarie (visi, propositi, vestiti). Guardando un film ci si identifica in base a questo, alla nostra soggettività, si ha impressione di vita e di realtà. Viene da chiedersi se siamo solo spettatori o anche attori. La realtà pratica del cinema non è reale, ma vi è una realtà affettiva chiamata fascino dell'immagine, il cinema rinnova o esalta cose banali. Il cinematografo determina spettacolo perché crea partecipazione emotiva negli spettatori. L'unico momento in cui lo spettatore passa all'azione è alla fine, con applausi o fischi. Lo spettatore è passivo, sensibile, per questo si creano i sogni, proiezione e identificazione.

Immaginario, estetica e partecipazione. si ha il culmine dell'immaginazione, tuttavia lo spettatore resta cosciente della natura fittizia del filmato. Tuttavia, vi è un via e viene di magia e sentimenti. Nelle fiction la magia si trasforma in immaginario estetico, formato dalle aspirazioni dell'uomo si nutre di partecipazione affettiva.

I processi di accelerazione e di intensificazione. Vengono attuati questi processi di cambiamento di tempo e movimento e intensificazione per aumentare la partecipazione affettiva nello spettatore. Insieme a musica diverse tecniche aumentano il sentimento e si crea un flusso tra film e psiche dello spettatore.

La gemma antropologica delle proiezioni identificazioni. Avviene nello spettatore estrema identificazione o falso riconoscimento, in somiglianze nel personaggio fisiche o morali, identificazione tra simile e anche con il diverso (identifica. Polimorfe) ed è questo che lo differenzia dalla vita reale, la partecipazione polimorfa non fa identificare solo nel protagonista, nell'eroe ma in tutti i personaggi e le cose.

L'anima del cinema. La magia del cinema si legge nella partecipazione affettiva, nel corso del tempo il cinema si concentra sui volti ed il volto fa da medium, da specchio, perché dal viso si vede l'anima, oppure al posto dei volti l'anima è affidata ai paesaggi. L’anima è partecipazione soggettiva. Non conta l'immagine nel film, ma l'anima del film e la musica decorativa serve ad estendere quest'anima.

Tecnica del soddisfacimento affettivo. Tramite il cinema soddisfiamo dei bisogni, bisogni di magia e sogni che il cinema ci risolve. Bisogno di perdersi od il ritrovarsi, di andare altrove, di elevarsi in un doppio che il cinema ci offre, perdersi e ritrovarsi nel cinema e dentro noi stessi. La magia struttura il cinema e l'estetica, la magia è così il linguaggio dell'emozione e dell'estetica ovvero della partecipazione all'immaginario. Paul Valéry disse che l'anima vive nello schermo, si muove e partecipa alle passioni dei fantasmi che appaiono, anima, partecipazione e fantasma tre parole che si fondono nell'affettività, così un'immagine oggettiva è diventata qualcosa di soggettivo, il sentimento.

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5. LA PRESENZA OGGETTIVA L'oggettività cinematografica. Le forme sono la prima realtà oggettiva, hanno corpo quindi esistono. L’immagine è oggettiva, col movimento e la proiezione si aggiunge il soggettivo, ma resta anche l'oggettivo. Si ha una percezione pratica delle cose che non fanno altro che far vedere la loro identità, reale. La percezione pratica riconduce alla loro forma razionale. Con la proiezione le immagini possono apparire di diversa grandezza, ma è la loro costanza di forma reale e oggettiva che influisce (esempio film visto da prima o ultima fila), è anche questo che la differenzia dalla fotografia.

La percezione al cinema. La macchina da ripresa si sposta cambiando punto di vista, imita così la percezione visiva umana. Crea diverse percezioni parziali che ne creano una globale, le uniscono in una soltanto. Ci sono diverse inquadrature che ci possono mostrare diversi personaggi insieme, ci sono angolazioni parziali su cui la macchina da ripresa mette a fuoco e altri spazi no. Si possono creare più punti di vista su un oggetto. Fruga e penetra sull'oggetto l'occhio dello spettatore e noi ricostruiamo la costanza e lo spazio-temporale dell'oggetto...


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