riassunto del libro Credere. Invito alla fede cattolica per le donne e gli uomini del XXI secolo PDF

Title riassunto del libro Credere. Invito alla fede cattolica per le donne e gli uomini del XXI secolo
Course Teologia II
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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riassunto del libro Credere. Invito alla fede cattolica per le donne e gli uomini del XXI secolo per sostenere l'esame di teologia da non frequentante...


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Credere. Invito alla fede cattolica per le donne e gli uomini del XXI secolo (non frequentanti) 5.Un Dio Padre la rivelazione ebraico-cristiana apporta rivoluzione radicale nell idea che gli uomini si facevano di Dio, la differenza tra tale rivelazione e l immagine di Dio nelle altre religioni e’ che Dio si e’ fatto vicino all uomo, entra nella nostra storia. IL DIO NELL ANTICO TESTAMENTO Dio guerriero e sanguinario? Durante la sua elezione,il popolo ebreo vive in una tappa primitiva dell umanita', combatte per l ndipendenza. E’ abitato da desideri di conquista e ciò comporta effusioni di sangue. per lungo tempo non ha l idea di una vita dopo la morte e quindi esercita la giustizia di Dio col sangue e difatti Lo fa parlare con i sentimenti di un uomo violento. Dio filantropo. termine evoca movimento filosofico con generosità umanitaria,la carita’ cristiana, un Dio che ama gli uomini e si rivela nella sua ricerca dell uomo. inizio della Genesi Abrao si nasconde agli occhi di Dio che dice: “Dio chiamo’ l uomo e gli disse: dove sei?”, Dio quindi cerca l uomo.

momento in cui il Padre lo resuscita. Nel conflitto della passione il padre era con suo figlio e non con i nemici. È interessante scoprire attraverso quale processo le prime comunità cristiane sono giunte a proclamare che un uomo della nostra stirpe, manifestato nella nostra storia, ha potuto essere proclamato e celebrato come Figlio di Dio e dunque Dio lui stesso. è necessario fare una riflessione del nuovo testamento partendo dall’Ascensione ( movimento dal basso o dalla fine della sua vita; vissuto tra di noi) in cui Gesù risorto si separa definitivamente dai suoi per andare a sedere alla destra del Padre suo. L’uomo Gesù ascende verso Dio. Il movimento successivamente si inverte per diventare un invio dall’alto e s’interroga sull’inizio.( è salito presso di Dio per sedere alla sua destra; non si tratta di realtà spaziale ma un simbolo per esprimere la trascendenza della realtà divina in rapporto al nostro mondo). La sua immagine simbolica sarà allora quella della discesa di colui che era in condizione di Dio e si è abbassato per farsi obbediente fino alla morte in croce. Nel vangelo di Giovanni Gesù è per eccellenza colui che il Padre ha inviato. La fine ha un duplice senso, è data dalla fine della sua esistenza in mezzo a noi e poi è risorto. Il movimento delle affermazioni del Nuovo Testamento sul Cristo

Dio amorevole. e’ amore materno,coniugale e paterno e tale amore per gli esseri umani Lo rende vulnerabile.

Il lessico utilizzato dai primi cristiani era quello della fede giudaica e dell’Antico Testamento. ( es. termine Alleanza).

Dio geloso perche’ amorevole. quando Israele lo lascia e va ai culti cananei,gli rimprovera un adulterio e fa scenate di gelosia amorosa.

I. La risurrezione, “culla” della fede nel Cristo

Dio giusto e misericordioso. Egli e’ giusto e retto,fedele e cio’ fa si che il suo amore per il popolo diventi misericordia ,prova pieta’ per gli infelici e infedeli. Dio umano che e’ un Dio Padre. Dio dell antico testamento e’ un Dio di tenerezza,e ciò si quaifica in Dio Padre,pur ritenendolo padre in quanto creatore intendono in relazione del suo popolo,si parla di adozione. DIO PADRE DI GESU’ NEL NUOVO TESTAMENTO L amico degli uomini e’ Gesu’. quando Gesu’ parla di Dio. parla del Dio dell antico testamento,il Dio dei padri,colui che e’ radicalmente diverso dal essere umano, questo Dio Totalmente Altro e’ onnipotente,chiamatola Potenza,ha la sede nel cielo e ha scienza e conoscenza.E’ il Dio che ha inviato Gesu’. Dio,il padre del crocifisso. la missione di Gesu’ lo conduce alla morte. 16.Confessare Gesù Figlio di Dio Con la resurrezione tutto è fatto e tutto è detto. Vi è la conferma della pretesa di Gesù di essere il figlio nel

La resurrezione di Gesù può essere considerata come la culla teologica della fede nel Cristo. La sua proclamazione costituisce il cuore dei grandi discorsi di Pietro e Paolo negli Atti degli Apostoli e delle prime confessioni di fede. Questi discorsi hanno la forma del racconto. Questo evento della risurrezione viene interpretato per mezzo di un certo numero di termini. Il primo vocabolo usato è quello di esaltazione nel senso di elevazione. La resurrezione vuol dunque dire che Gesù è stato innalzato e ricevuto nella gloria propria di Dio. Se siede alla destra del Padre è perché Dio lo tratta come suo eguale. Il signore La risurrezione conferisce a Gesù il titolo di Signore ( kyrios), nome propriamente divino, che le nostre bibbie trascrivevano fino ad un’epoca recente con il termine Jahvué. Dio è il Signore e colui che viene chiamato il Signore è Dio. Il Cristo Il termine Cristo significa etimologicamente colui che è stato unto. È la trasposizione greca del termine ebraico Messia che designa nell’Antico Testamento l’Unto di Dio, il Messia, Re, Sacerdote e Profeta, atteso dal popolo di

Israele per liberarlo e salvarlo. Durante la sua vita Gesù ha rifiutato questo titolo perché ne avvertiva l’ambiguità temporale e politica. La questione di sapere se Gesù fosse il Messia ha attraversato tutta la sua vita, infatti, sulla croce vi era la scritta “ Re dei Giudei” che attestava l’interpretazione del suo comportamento come una pretesa messianica. Chiamando Gesù il Cristo la comunità cristiana lo identifica con il Messia degli ebrei. Gesù non è mai stato unto con l’olio ma nella teofania del suo battesimo il dono dello Spirito viene inteso come l’unzione divina per eccellenza. Il nome Messia o Cristo non è un titolo propriamente divino. Alla fine, il titolo di Cristo ricapitolerà tutti i significati degli altri titoli dati a Gesù. E così si passerà dalla confessione breve Gesù è il Cristo. San Paolo gli assocerà anche il termine signore.

la risurrezione che è come un faro di luce il quale permette di discernere in profondità tutto il senso nascosto nei fatti e ne gesti di questa esistenza. Con questo accadimento si scoprono un gran numero di tratti che prima non erano stati notati; il linguaggio elemento indispensabile ai redattori per rendere conto dell’intervento personale di Dio in Gesù e per trovare i titoli capaci di dire la sua identità; ultimo intervento è quello della chiesa primitiva che vive nello spirito e attualizza il messaggio del vangelo in funzione dei bisogni delle sue diverse comunità. La seconda lettura dei vangeli completa la prima. Al momento della loro redazione gli evangelisti hanno integrato ai loro ricordi tutto ciò che l’esperienza pasquale aveva insegnato loro di Gesù.

Il figlio di Dio

La resurrezione non ha indicato il momento in cui Dio adotta Gesù come suo figlio ma rivela ciò che egli era da sempre. Infatti, l’idea direttrice del vangelo di Marco è di mostrare come Gesù fosse già in maniera nascosta il Figlio di Dio. Il titolo Gesù Figlio di Dio domina il vangelo di Marco. Nel vangelo di Luca come quello di Giovanni Gesù è denominato Salvatore. L’attribuzione della parola profeta è a proposito dell’interpretazione della persona di Gesù.

Questo titolo associato a quelli di Cristo e di Signore è una maniera per dire che nessun titolo può bastare da solo a dire l’identità divina di Gesù. Bisogna chiamarli tutti a rinforzo, per mirare quanto meglio possibile a questa identità paradossale. San Paolo insiste sul nuovo titolo per dargli un senso forte, originale mentre nell’Antico Testamento era meno forte del titolo figlio dell’uomo. È figlio di Dio nel senso che viene proclamato costituito figlio di Dio con potenza, infatti, non c’è adozione filiale. Gesù è manifestato e costituito dalla sua risurrezione ciò che gli era già da sempre. Egli è figlio nel senso più forte ed esclusivo del termine. Da un lato Gesù è figlio della carne/ umanità ( figlio di Davide) e dello spirito, il che sottolinea gli aspetti complementari del figlio di Dio. Viene affermata l’identità insieme umana e divina di colui che era già il Figlio. II. Un movimento avanti e indietro A partire dalla risurrezione il Nuovo Testamento ha operato un grande movimento avanti e indietro, perché la risurrezione non può avere senso da sola. Essa è la risurrezione di qualcuno che è morto dopo aver vissuto quindi i credenti dovevano ritornare indietro per scrutare la vita di Gesù prima della Pasqua. La redazione dei vangeli L’espressione più sviluppata di questo ritorno indietro si trova nelle redazioni evangeliche che hanno il compito di rileggere alla luce della risurrezione tutti i fatti e i gesti di Gesù per mostrare che Gesù di Nazareth il crocifisso è il risorto. Egli non è una figura mitica bensì un uomo reale e conosciuto. I vangeli come i film si aprono su due livelli di lettura. Il primo si concentra sull’apprendimento della storia originale dell’incontro e della vita comune di Gesù con i suoi discepoli. Il secondo è quello che vuole arrivare alle intenzioni dei redattori in ciascuna delle scene. Ci sono quattro dati fondamentali nei vangeli: la parte dei ricordi su Gesù;

Il Cristo dei tre vangeli sinottici

III. Il movimento dell’invio: il Cristo viene dall’”alto” Il termine stesso di Figlio è una designazione di origine. In ogni vita c’è una certa corrispondenza misteriosa fra inizio e fine. In Gesù c’è molto di più la fine assoluta rimanda all’inizio assoluto. Fine ed inizio trascendono dalla distanza cronologica tra il dopo e il prima. Ciò che vale per la fine deve determinare già anche l’inizio. Bisogna quindi risalire non soltanto all’identità di Gesù, figlio di Maria nella sua nascita umana, ma anche all’identità di colui che era presso Dio prima che il mondo fosse. La questione dell’origine Non vi è un’adozione. Dio non si è dato un figlio in Gesù. Ha dato a noi suo figlio. Alla luce della fine, bisogna dunque leggere e comprendere l’origine di Gesù in Dio come un inizio senza inizio. Colui che è disceso al cielo è anche colui che è asceso. Alla luce della fine gloriosa di Gesù che la fede comprende che egli preesisteva in Dio alla sua manifestazione in mezzo a noi e che ci è stato inviato da Dio. I vangeli dell’infanzia di Gesù Hanno lo scopo di rispondere alla domanda da dove viene Gesù? e quale è il suo rapporto di origine con Dio? Matteo prende il punto di vista di Giuseppe mentre quello di Luca prendere il punto di vista di Maria. L’uno e l’altro discernono la duplice origine di Gesù umana e divina insieme. Colui che è nato dalla Vergine ha Dio solo per Padre; nella sua nascita porta il segno che egli viene da

Dio e non ha cominciato ad esistere al momento della sua venuta nella carne. L’evoluzione del discorso di Paolo sul Cristo Il punto di partenza della riflessione di Paolo sul Cristo trova esperienza della via di Damasco quando egli vide il Signore risorto. Da quel momento il suo pensiero descrive un momento che risale alla celebrazione della risurrezione e dell’attesa del ritorno del Signore, alla considerazione della croce. Per cui le sue formule manifestano il movimento di corrispondenza tra la fine e l’origine. Il messaggio specifico del vangelo di Giovanni La fine rimanda all’inizio e Gesù viene presentato come l’inviato del Padre che è venuto da Dio e a Dio ritorna. In questo vangelo Gesù parla in prima persona per nominarsi e dichiarare la propria identità. 17. La confessione di Gesù Figlio di Dio: da ieri a oggi Il messaggio della fede cristiana è un messaggio vivo e deve quindi rimanere vivo. Tuttavia, non si può negare che il vocabolario della fede è diventato nel corso dei secoli sempre più tecnico e inaccessibile a moti credenti. Il messaggio della fede non può diventare uno stereotipo, ripetuto esattamente con le stesse parole attraverso i secoli, come una lezione imparata a memoria a scuola, di cui si ricordano le parole, ma si è dimenticato il senso. Non si deve trattare di psittacismo quindi di ripetizione delle parole di cui non si capisce il senso. La fede non può essere trasmessa se non al presente indicativo: io credo. Colui che dà testimonianza deve farsi capire da colui che lo ascolta e parlare un linguaggio che quello capisca. Attraverso le parole deve far passare un significato. Il linguaggio della fede è sottoposto alle medesime leggi del linguaggio tout court. I problemi dell’interlocuzione e dell’attualizzazione sono essenziali nell’enunciato di qualsiasi parola di fede. Bisogna tradurre non solo il testo delle scritture in nuove lingue, per l’Antico Testamento era già fatto prima della venuta di Cristo e il Nuovo Testamento era stato scritto in greco. Nel momento in cui si traduce si effettuano due operazioni: la trasposizione da un mondo culturale all’altro, mutano categorie e anche il registro. Tradurre significa anche attualizzare la fede in modo da proporla in parole che hanno corrispondenza nella cultura attuale di un popolo e provocano una risonanza che interpella. In breve, significa parlare un linguaggio che permetta una comprensione il più possibile chiara ed esatta.

Questa elaborazione fu realizzata mediante la convocazione di numerosi concili. È stato costituito il dogma cristologico attraverso il quale si fecero delle formulazioni considerate come definitive, non secondo la loro forma, bensì secondo il loro significato. È possibile dire le cose in modo diverso ma senza mai contraddire ciò cui mirava l’interpretazione espressa da questi concili. I tre concili più importanti furono quello di Nicea, Efeso e Calcedonia, tenuti tutti in Asia Minore ( attuale Turchia). Nicea: Gesù è figlio di Dio. La filiazione divina di Gesù deve essere compresa secondo il suo senso forte. È un’autentica filiazione che comporta l’uguaglianza del Figlio e del Padre, la sola superiorità del Padre essendo quella di generare. Questa filiazione viene espressa nel registro dell’esistenza umana durante la vita di Gesù e principalmente al momento della croce e della risurrezione. Questa interpretazione bisognava che venisse espressa in linguaggio greco e con termini greci. Il concilio di Nicea decise di introdurre nella confessione di fede tradizionale, espressa secondo le parole delle scritture due espressioni greche tecniche, la prima delle quali è introdotta da un ossia poiché convertirono la loro mentalità culturale greca per accettare l’inaudito di Gesù figlio di Dio uguale in tutto al Padre. Il verbo si è fatto carne: il concilio di Efeso Il concetto di incarnazione del Figlio di Dio è difficile da ammettere per delle menti umane. Il verbo si è fatto carne significa che il verbo di Dio ha assunto o si è appropriato la sua generazione secondo la carne ricevuta dalla Vergine Maria come qualcosa che egli ha vissuto a titolo personale. La sua umanità è divenuta un essere e non un avere. Il verbo di Dio è nato secondo la sua umanità, come è morto nella sua umanità, anche se la sua divinità non poteva né nascere secondo la carne né morire. Con l’incarnazione il verbo assume la propria umanità nel cuore del suo essere personale. Gesù Cristo vero Dio vero uomo: il concilio di Calcedonia In questo concilio si assunse l’impegno di completare l’apporto di Efeso ed anche di equilibrarlo esprimendo in una formula chiara ciò che è unico nel Cristo, la sua persona di Figlio e ciò che è due ossia le sue nature umana e divina. Si evidenzia l’unità della persona del Cristo e la delle nature che non sono né confuse né separate. III. Parlare di Gesù Figlio di Dio oggi?

II. Dalla fede delle origini alle affermazioni dogmatiche

Nel medioevo si approfondisce l’antropologia del Cristo cioè le diverse modalità che determinano l’unione della sua umanità alla sua divinità e le loro conseguenze sull’esistenza di Gesù.

Nel primo millennio furono costituite un certo numero di affermazioni chiare su come comprendere la divinità del Cristo e l’unione in lui della divinità e dell’umanità.

I tempi moderni

A partire da Cartesio ha avuto luogo l’emancipazione della filosofia dalla teologia nell’Occidente cristiano. Gesù è un personaggio della storia universale quindi vengo oltrepassati i confini della chiesa. Appartiene a tutti. Attualmente la cristologia filosofica studia il senso della manifestazione dell’Assoluto divino all’interno del relativo e del perituro della condizione umana. Nel secolo XIX vi fu una preoccupazione di ritrovare il Gesù della storia per deliberarlo dall’edificio dogmatico che la chiesa aveva costruito su di lui. Il movimento cristologico del XX Non si può rendere conto dell’identità del Cristo senza mettere in rilievo la sua storia. La teologia cristiana non può confrontarsi con il grido del proprio tempo ma deve sintonizzarsi con la sofferenza di questo tempo, innalzando verso Dio e la libertà, bisogna associarsi alla passione della nostra epoca Come Gesù sapeva di essere Dio? Se il figlio di Dio si è fatto veramente uomo, bisogna che abbia assunto le condizioni della coscienza di tutti gli uomini. Gesù cresceva in sapienza e in età. Bisogna distinguere la scienza e la coscienza di Gesù. Nel campo della conoscenza e della scienza possiamo attribuirgli solo quella che egli riceveva dalla sua educazione dal suo tempo. Per quanto riguarda la coscienza bisogna considerare che quest’ultima costituisce la parte soggettiva dell’io. Gesù ha raggiunto la sua identità profonda di uomo come ciascuno di noi. Ma quella che lui raggiungeva nel corso degli anni era l’identità dell’uomo che nei confronti di Dio è il figlio. Da sempre era abitato da questa relazione filiale che si concretizzerà mano a mano. Più avanzerà in età più la sua coscienza filiale determinerà il suo modo di comportarsi. Le insistenze del Vaticano II sul Cristo Cristo è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani di uomo, ha pensato con mente di uomo, ha agito con volontà di uomo ha amato con cuore di uomo. Lo stesso verbo incarnato partecipa alla convivenza umana. Il cristo vero Dio e vero uomo, è prima di tutto per l’uomo. La sua esistenza ci rende certi che è aperta a tutti gli uomini la strada della carità e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani. 18. CHI è LO SPIRITO SANTO? Se Dio Padre e Gesù sono misteriosi, lo Spirito Santo, da parte sua, è enigmatico. Le immagini bibliche che lo rappresentano sono prese dalla natura o dal mondo animale: acqua, lingue di fuoco nel giorno della

Pentecoste, dono, vento soffio ( in latino spiritus e in greco pnêuma che è neutro) e colomba del battesimo di Gesù. Nei vangeli sinottici può diffondersi come la potenza di Dio, che viene e rimane su Gesù. Egli si manifesta come una forza di Dio quasi impersonale, è una dinamica di cui Dio Padre dota il Figlio per la sua azione terrena. Negli atti degli apostoli appare anche come una forza divina che scende sui discepoli come scendeva sui profeti nell’antico testamento. In luca lo Spirito appare più come un principi di attività che come una persona propriamente detta. Lo Spirito non è semplicemente una forza divina ma un soggetto divino. Già negli ultimi libri dell’antico testamento si parla della misteriosa Sapienza di Dio considerando lo Spirito quasi come una persona. Nel nuovo testamento vanno anch’esse nel senso di una affermazione di uno Spirito-soggetto. Bisogna, inoltre, considerare i tre nomi divini, il Padre, il Figlio e lo Spirito in trilogia. I termini di Padre e Figlio sono personali, perché si basano sulla metafora di una relazione familiare. Il fatto che lo Spirito sia un nome divino, radicalmente associato agli altri due, costituisce una presunzione che anche lui è soggetto come loro. In Paolo lo Spirito è grida dei nostri cuori, che fonda così la libertà dei figli di Dio ( la libertà è la caratteristica tipica di un soggetto). In Giovanni l’aspetto del soggetto dello Spirito è più decisivo: Gesù lo chiama un altro Paraclito, vale a dire un altro intercessore o avvocato, paragonabile a Gesù stesso. è un soggetto però non lo è nella stessa maniera del Padre e del Figlio perché è inafferrabile essendo senza volto e non parlando. Per questo fatto non sta di fronte a noi, non è un Tu, rimane un EGLI. Egli è colui di cui si parla, ma non è interlocutore al quale ci si rivolge. Lo Spirito santo appare nel NOI del ...


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