Riassunto GLI Occhiali DEL Turista PDF

Title Riassunto GLI Occhiali DEL Turista
Course Geografia del turismo
Institution Università degli Studi di Milano
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GLI OCCHIALI DEL TURISTA Geografia di una società in movimento (Matteo Di Napoli) INTRODUZIONE Oggi il turismo è un fenomeno globale, perché quasi tutto il pianeta viene visitato e perché da quasi ovunque provengono i visitatori. Ogni anno i dati relativi al fenomeno nel mondo sono pubblicati in una sintesi statistica dall’OMT (Organizzazione Mondiale del Turismo). È un fenomeno che coinvolge moltissimi campi: economia, geografia, psicologia, sociologia, antropologia (le scienze umane permettono di inquadrarne il carattere sociale e culturale); in questo volume ci si concentra sullo studio della geografia culturale in ambito turistico. Il turismo è l’acquisizione progressiva che “io sono l’altro dell’altro” e che tutti noi siamo, collettivamente, l’altro di qualcuno.

CAPITOLO I - "LA GEOGRAFIA DEL TURISMO" Il legame tra turismo e geografia è molto forte: la geografia serve al turismo perché diventi strumento di conoscenza. La geografia, soprattutto quella culturale e sociale, si propone come sapere che sintetizza gli apporti di studiosi di varie discipline. Nella seconda metà del XIX secolo la geografia si è strutturata come disciplina scientifica. L’Italia cominciò a studiare la geografia del turismo nella seconda metà degli anni Trenta. Umberto Toschi introdusse l’interpretazione schematica del fenomeno turismo nel suo complesso, riconducendolo ad un articolato fenomeno di circolazione di capitali, beni e persone e che genera “impulsi centrifughi” diretti verso specifiche “mete”. Egli collocò la geografia del turismo nel ramo della geografia della circolazione, piuttosto che in quello della geografia economica. In occasione del 27esimo Congresso Geografico Italiano, egli individuò 22 regioni turistiche ricettive (1957). Sono stati così introdotti i concetti di “centro turistico”, si riferisce a località che offrono ai turisti strutture ricettive, e di “regione turistica ricettiva”, che indica regioni organizzate a scopo ricreativo, e secondo Toschi, fanno parte della configurazione spaziale del turismo; Toschi indica tre tipologie di queste regioni: di partenza o attive, di arrivo o passive, e di transito. Oggi il termine passivo non è adeguato, in quanto queste località ricettive hanno un ruolo decisamente attivo nello stimolare la circolazione turistica. Negli stessi anni in Germania, Walter Christaller inserisce la geografia del turismo nell’ambito della geografia economica. Questa interpretazione ebbe successo in Germania, anche se i geografi tedeschi hanno preferito inserire questo fenomeno nella geografia sociale con taglio fortemente economico (interpretazione che non ha avuto grande successo in Italia). Nell’ambito della geografia della circolazione: -

Bruno Nice definì il turismo un fenomeno di circolazione di uomini e di redditi fra luoghi diversi e su distanze più o meno grandi, il che dimostra il suo carattere spaziale; richiamò anche l’attenzione su tematiche non ampiamente delineate in quell’epoca, come le motivazioni psicologiche e culturali che spingono gli individui verso le mete e l’impatto ambientale del turismo;

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Giovanni Merlini esaltò i benefici apportati dal turismo di massa, tra cui il rinnovamento paesaggistico, economico e sociale, che ha interessato anche la popolazione locale.

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Giacomo Corna Pellegrini scrisse il primo articolo sulla geografia del tempo libero in Italia (1967), e studiò la regione turistica realizzandone un'innovativa classificazione. Propose modalità organizzative e di analisi, facendo rientrare il fenomeno nell’ambito della geografia della circolazione in quanto “nomadismo periodico stagionale”, evidenziandone anche la capacità di trasformare il territorio. 1

Negli stessi anni furono proposti dei modelli, soprattutto di matrice anglosassone, di alcuni aspetti della spazialità turistica. I modelli che hanno avuto maggiore riconoscimento sono quelli di Miossec e di Butler. Miossec (1977): propose un modello di evoluzione strutturale di una stazione turistica per stadi di sviluppo. Le stazioni turistiche si trovano collocate in una scala gerarchica, che va dall’internazionale al locale, scala che varia in base alle mode e ai comportamenti degli attori in gioco. Poi si analizza la progressiva conquista del territorio da parte del turismo e l’evoluzione della percezione di una località. Sono in totale quattro fasi di sviluppo, precedute da una fase "pre-turistica" (quando non vi è ancora la frequentazione turistica del territorio). • Fase 1: uscita dall’isolamento, con l’arrivo di turisti pionieri, e coincide con l'intuizione della capacità attrattiva del territorio. • Fase 2: si moltiplicano le strutture ricettive e le seconde case, nascono i collegamenti, ci si rende conto dell’importanza del turismo, sorgono anche strutture para-ricettive e complementari. • Fase 3: organizzazione gerarchica degli spazi tra ciò che comprende il turismo e ciò che ne è escluso. • Fase 4: maturità turistica, definita saturazione, quindi eccesso di traffico e sovraccarico di strutture, il paesaggio perde gran parte del suo fascino, interessamento del turismo di massa, problemi di salvaguardia dell’ambiente. Si può a questo punto optare tempestivamente per una politica di recupero del territorio, attraverso la riqualificazione ambientale o con l’introduzione di modelli turistici sostitutivi. Un esempio di questa evoluzione è quello di Lignano Sabbiadoro, che presentò una punta massima di frequentazione del 1973 e una successiva decadenza, ma grazie alla reazione tramite politiche di differenziazione dell’offerta turistica, ha favorito la ripresa della sua attrattività. Butler (1980): elaborò il modello del ciclo di vita di una destinazione turistica. Presenta delle fasi evolutive, cinque per tutte le località e una sesta per quelle amministrate in modo virtuoso. Ogni destinazione è inizialmente “esplorata” da pochi, da qui fasi di “sviluppo”, seguito dal “consolidamento”, “stagnazione” e “declino”. In questo percorso cambia il paesaggio della località, che è sempre più antropizzato, cambia l’immagine della località agli occhi dei turisti e l’immagine dei turisti agli occhi della popolazione locale. Al termine è eccessiva la pressione sull’ambiente ed il numero di turisti diminuisce progressivamente, ma può verificarsi un “ringiovanimento”, ossia un recupero, perseguito con la creazione di strutture attrattive di natura artificiale (parchi a tema, strutture sportive, casinò, etc.) o tramite la rivalorizzazione di ciò che prima era stato trascurato, fino ad una ricrescita della fortuna turistica. Negli anni Settanta i geografi della percezione affermarono che il territorio non sia solo una realtà tangibile, ma un’entità percepita dagli individui e che viene rappresentata con interpretazioni differenti e soggettive, che nel lungo periodo influenzano l’organizzazione spaziale della regione e la sua delimitazione territoriale. È proprio questo l’ambito di indagine della geografia umanistica. Secondo Pocock si tratta di una reazione al positivismo logico, alle spiegazioni meccanicistiche e deterministiche. È un campo di studio interdisciplinare e transdisciplinare, ispirato alle riflessione della psicologia ambientale. I preconcetti base di questa geografia sono l’espace vécu di Frémont in Francia e in ambito anglosassone i concetti di geographic space perception e di topophilia, rispettivamente di Downs e Tuan.

Frémont e Clary hanno coniato il concetto di “immagine di

marca”, ossia insieme di stereotipi che identificano immediatamente una località; l'articolo che ha indicato le modalità d'indagine di questa corrente è quello di Miossec, che inizia in media res: "Lo spazio turistico è innanzitutto un’immagine. Immagine che si fanno i turisti e che danno dagli organizzatori di vacanza. Immagine ad evocazione che i turisti portano con sé e trasmettono ad altri. Il manifesto italiano della geografia della percezione è invece costituito da un articolo di Giacomo Corna Pellegrini. Dagli anni Settanta in Italia si è inoltre sviluppata una maggiore attenzione per la difesa dell’ambiente e del paesaggio dall’aggressione del turismo, definito in un articolo di Ernesto Massi come “turismo di rapina” in 2

corrispondenza a quello permesso dal boom economico di quegli anni e non regolamentato da alcuna strategia di pianificazione. L’interesse per il turismo nell’ambito delle scienze umane ed economiche, ha portato alla proliferazione di corsi accademici specializzati, e per favorire la preparazione degli studenti sono stati scritti molti testi negli anni Ottanta e Novanta con queste tematiche, produzione che è continuata anche nel nuovo millennio, anche grazie a numerose iniziative a sostegno dello sviluppo di questa branca della disciplina (geografia del turismo). In ambito della geografia umanistica è stata rilevata l’importanza delle mappe mentali, per l’analisi del comportamento turistico e della percezione della meta come spazio vissuto. Il turismo secondo Marco Aime è un fatto sociale totale, perché mette in moto tutti i meccanismi socio-culturali della comunità che viaggia e di quella delle località turistiche, per cui si creano continuamente immagini territoriali soggettive, non solo individuali, ma anche collettive (condivise da intere comunità o gruppi sociali). Sono le immagini che il turista vede con gli occhiali forniti dalla propria cultura, e attraverso il turismo viaggiano con le persone anche questi costrutti psicologici, e quindi una continua trasformazione di alcuni tratti della cultura di un gruppo in seguito al contatto con tratti culturali estranei. Per questo motivo si vorrebbe sostenere l’esistenza di una sovrastruttura culturale, estesa all’intera ecumene, una cultura globale, ma ciò manca di concretezza in quanto concetto vago e astratto, che deriva dall’errata interpretazione del fenomeno della globalizzazione. La globalizzazione è l’incremento dell’interdipendenza e degli scambi a livello planetario, che ha creato una maggiore integrazione tra tutte le parti del globo, grazie alla crescita dei flussi di persone, merci, capitali, servizi e informazioni e attraverso il miglioramento dei trasporti e delle telecomunicazioni. Il neologismo venne introdotto negli anni Sessanta da McLuhan, che intuì la riduzione temporale delle distanze, ma questo fenomeno non implica necessariamente una cultura globale, ma può creare ibridi tra culture tramite il trasferimento dei tratti di una cultura da una generazione a quelle successive. Molti di questi universalismi sono però rifiutati apertamente in alcuni ambiti territoriali, da ciò si percepisce l’inefficacia della presunta globalità. Le culture locali viaggiano e incontrano altre culture locali, e la geografia del turismo ha anche il compito di spiegare come questo incontro tra culture modifichi i flussi turistici e le mete a livello territoriale. Lo spazio e il luogo sono due concetti chiave della geografia: spazio è un’estensione considerevole di superficie terrestre, di cui non si analizzano gli oggetti ma le loro relazioni reciproche (non va inteso come oggetto materiale, ma come cornice di riferimento degli elementi che contiene e delle loro attività, e al suo interno si trovano molteplici luoghi; il luogo è una porzione di spazio dotata di caratteristiche proprie, che lo rendono unico e differente dagli altri luoghi. Secondo Paul Vidal de la Blache, ritenuto padre della geografia francese, la geografia è lo studio dei luoghi. Lo spazio turistico ha triplice natura: sistemica (perché la regione turistica è un sistema aperto complesso, con relazioni interne ed esterne caratterizzate da equilibrio e dinamismo), sociale (natura che deriva dalla localizzazione di determinate relazioni sociali, sono spazi vissuti, spazi reali di cui i soggetti hanno una percezione, sono quindi anche spazi percepiti, definito da Frémont anche come spazio-regolazione) e culturale (possiede particolari valenze, che derivano anche dall’immagine che ne viene trasmessa attraverso racconti, opere letterarie, cinematografia, fotografie e soprattutto tramite la pubblicità). Lo spazio turistico, inoltre, subisce costanti processi di territorializzazione e ri-territorializzazione, cioè viene modificato per soddisfare le esigenze degli uomini. L’incontro dei visitatori con la meta è inizialmente di carattere estetico, cioè legato alle forme del territorio che si esprime in quanto paesaggio. I simboli con i quali la comunità configura il territorio sono i media, e fanno in modo che lo spazio diventi anche un luogo, dove succedono cose che possono succedere solo lì, non possono accadere altrove senza cambiare di significato. Perciò il luogo è un costrutto storico, materiale e immateriale, creato dalle società che lo hanno abitato e dagli eventi succeduti, è differente dallo spazio per l’attribuzione di significato. Paul Claval scrisse che per parlare dei luoghi non c’è altro sistema che quello di dare un nome alle terre, nomi che servono a dimostrare il legame dell’uomo con il suo territorio: talvolta vi sono denominazioni evocative (es: Costa Smeralda, Milano Marittima) o toponimi che indicano esplicitamente il genere di flussi turistici (es: Marina di Ravenna è chiaramente nata come località balneare per i 3

ravennati). I nomi sono anche strettamente legati alla cultura di chi li ha scelti (es: in California, i nomi dati alle città dai colonizzatori spagnoli nel 1602 sono quelli dei santi nel calendario spagnolo corrispondenti alla data della loro scoperta, San Diego, Santa Barbara, San Pedro etc.). La denominazione di vie ha un valore simbolico, indicativo degli orientamenti delle amministrazioni. I toponimi possono anche essere soggetto di dispute politiche. Assegnare un nome contribuisce quindi ad arricchire l’insieme dei segni, è una forma di territorializzazione e di costruzione dei luoghi. I luoghi turistici sono insiemi aperti di relazioni, con confini indefinibili, è scorretto parlare di dentro e fuori perché sono formati da continue relazioni con l'esterno, al punto di non poter determinare dove essi finiscano.

CAPITOLO II - "CHE COS'È IL TURISMO" “Turismo” deriva dall’inglese tourism, parola utilizzata dal XIX secolo e che riprende il verbo inglese to tour e quello francese tourner, che significano "girare" o "andare in giro", e implicano un percorso circolare con partenza e ritorno nello stesso luogo. In Italia si è diffuso dal 1904, quando si è tenuta la Fiera turistica di Bologna. Secondo la World Tourism Organization (WTO): -

Turista è colui che trascorre un soggiorno in una località diversa da quella di residenza per più di un giorno e per meno di un anno;

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Escursionista colui che si sofferma per meno di 24 ore e non pernotta;

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Migrante è colui che supera il vincolo temporale di un anno, anche se il suo spostamento non è definitivo;

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Visitatori è il grande insieme che comprende turisti ed escursionisti, cioè coloro che trascorrono un periodo più o meno lungo in una determinata località. Dal 1995 è stato compreso anche il turismo d’affari, prima escluso (l’espressione era stata coniata nel 1963), e la connotazione di visitatore è stata modificata in quanto caratterizzata da persone che si spostano per fini di svago, affari e altro tipo. I turisti d’affari, infatti, utilizzano le medesime strutture ricettive degli altri visitatori e fuori dagli orari e dagli spazi dedicati al lavoro si associano spesso a programmi turistici e visite guidate.

Claude Raffestin già nel 1986 affermava che si può essere turisti anche nel luogo in cui si vive, in riferimento al proiettare sul proprio territorio un diverso modello di osservazione; è dunque l’approccio alla frequentazione del territorio che fa di un individuo un turista. I flussi di visitatori si distinguono in turismo interno, cioè praticato entro i confini del proprio Stato, e turismo internazionale, cioè praticato in Paesi stranieri. Nel secondo caso si connotano i fenomeni dell’outgoing (insieme dei flussi turistici in uscita da uno stato) e dell’incoming (insieme dei flussi turistici in entrata), che interessano entrambi il turista internazionale: quando lascia il proprio paese si determina l’outgoing, quando entra in un altro per arrivare a destinazione si inserisce nell’incoming. La differenza tra i due valori è chiamata bilancia turistica, la quale può essere attiva (se gli arrivi superano le partenze) o passiva (se le partenze superano gli arrivi). Il turismo internazionale è ritenuto economicamente più rilevante di quello interno, perché porta nuovi capitali. Anche l’outgoing è redditizio, perché offre guadagni al campo del tour operating, i mezzi di trasporto utilizzati per lo spostamento comportano l’acquisto di carburante, le agenzie di viaggio coinvolte realizzano profitti, così come per le assicurazioni che il viaggiatore può stipulare. Il turista è sostanzialmente un viaggiatore, anche se la letteratura scientifica continua a distinguere le due figure, e lo indica come un surrogato dell’antica nobile arte di viaggiare, al turismo è infatti connessa l’idea dello svago e del tempo perso.

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Il termine viaggio rimanda al latino via (via, cammino), da cui deriva anche viaticum, ossia l’insieme di provviste per il viaggio. Secondo questa direttrice viaggiare non comporterebbe necessariamente un ritorno, connesso invece al turismo. L’etimologia della parola inglese “travel” deriva dal francese antico “travail”, che ha il significato dell’italiano “travaglio”, in Francia era utilizzato per indicare il lavoro, con una connotazione di fatica e sofferenza, quindi nella parola inglese emergono le fatiche che pesavano a chi in passato affrontava un viaggio. Eric Leed ha scritto che in passato il viaggio era visto come una sofferenza, o addirittura come un punizione, mentre per i moderni è un piacere ed un mezzo per ottenerne. Nella Bibbia emerge la figura di Dio con il compito di salvaguardare il viaggiatore, ma anche la funzione formativa del viaggio stesso: chi ha viaggiato conosce molte cose, e chi ha molta esperienza parlerà con intelligenza. Questa spinta motivazionale ha anche fatto la fortuna del Grand Tour, che serviva per completare la propria formazione, prima di iniziare a gestire le ricchezze di famiglia, e già allora si scrivevano una sorta di guide turistiche e molti vademecum per i viaggiatori. Viaggiare per conoscere, fino al secondo dopoguerra, è stato appannaggio di pochi privilegiati e fin dall’Antica Roma era una sorta di “moda”. Nell’antichità il tempo libero era già strettamente connesso all’allontanarsi dal luogo dell’abituale dimora, infatti i Romani sono stati individuati come gli inventori della villeggiatura: lasciavano la città per trascorrere periodi in campagna, nella villa (da qui il termine “villeggiatura”), la quale si presentava come un edificio lussuoso e con decorazioni pittoriche e architettoniche, un giardino con alberi ornamentali, che riprendeva il tema del ritorno alla natura, in un clima festoso e di grandi libertà sociali. Nella tradizione greco-romana l’otium era un elemento essenziale nella vita ben condotta, mentre nel Medioevo era considerato come padre di tutti i vizi. Dalla fine del XVI secolo la nobiltà milanese si fece costruire dimore nelle quali trascorrere periodi di riposo, lontano dalla città, così la Brianza si riempì di ville. La villeggiatura era un modo per socializzare fuori dal contesto cittadino e serviva a dimostrare il proprio status sociale, si invitavano personaggi illustri e queste dimore venivano chiamate “ville di delizia”, per la loro finalità. La struttura era signorile, le pareti affrescate e con opere d’arte, le stanze erano ampie, dovevano ospitare balli, concerti, salotti letterari etc. Ora viaggia anche chi non appartiene ad una classe sociale agiata, spesso le persone si muovono senza alcuna velleità conoscitiva e con l’obbiettivo del divertimento. Comunque viaggiano, entrano in contatto con altre culture e altre modalità di vivere, da cui imparare e riflettere: quindi anche il turista moderno è a suo modo un viaggiatore. I legami tra turismo e tempo libero sono molto stretti. Il sociologo del turismo John Urry ha definito il turismo un’attività che si compie nel tempo libero e l’antropologo Dennison Nash ha definito il...


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