Riassunto \'Diritto costituzionale\', Temistocle Martines, ed.14, 2017. (Parte prima) PDF

Title Riassunto \'Diritto costituzionale\', Temistocle Martines, ed.14, 2017. (Parte prima)
Author Stefania Latorrata
Course Istituzioni Di Diritto Pubblico
Institution Università degli Studi di Teramo
Pages 48
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Summary

Riassunto completo per sostenere l'esame di Istituzioni di diritto pubblico....


Description

DIRITTO COSTITUZIONALE TEMISTOCLE MARTINES

PARTE PRIMA SOCIETÀ , DIRITTO, STATO

CAPITOLO PRIMO COMUNITÀ E DIRITTO 1. I gruppi e gli interessi sociali ed il loro principio ordinatore. Fenomeno giuridico e fenomeno associativo. L’uomo è in continua relazione con i suoi simili, con i quali costituisce dei ‘gruppi sociali’ più o meno complessi. Di tali gruppi si entra a far parte o necessariamente (senza alcuna determinazione di volontà) o volontariamente (per libera determinazione). La ragione per la quale l’uomo tende ad unirsi è quella di soddisfare quegli interessi che non possono essere soddisfatti singolarmente; questi interessi si distinguono in individuali e collettivi, a seconda che siano riferibili ai singoli componenti o siano comuni a tutti i componenti il gruppo. Se si ha riguardo all’interesse dell’intero gruppo, si avrà l’interesse generale che ha come punto di riferimento l’individuo e la dimensione spaziale e temporale. Particolare rilevanza hanno acquistato negli ordinamenti degli stati contemporanei gli interessi ‘diffusi’ che si caratterizzano per non avere un loro ‘centro di riferimento’ ed essere propri di una serie aperta ed indeterminata di soggetti. L’interesse individuale egoistico è asociale e può divenire antisociale qualora si ponga in contrasto con gli altri interessi individuali-egoistici, individuali-collettivi o, al limite, generali; così come può succedere con gli interessi individuali-collettivi con quelli generali e fra quelli generali stessi. Gli interessi umani appaiono ordinati secondo un principio di confliggenza-composizione fra interessi di grado diverso; occorre quindi rilevare che un gruppo sociale affidato esclusivamente agli istinti irrazionali non può essere pensabile. Ne consegue che un gruppo sociale può essere costituito soltanto quando al principio di confliggenza-composizione si sovrappone un altro principio ordinatore che lo disciplina. Successivamente la coesione di un gruppo sarà assicurata dalle regole. Questo principio ordinatore può operare all’interno del gruppo facendo coincidere l’interesse di uno solo (tirannia), di uno(tirannia) o di un ristretto numero (oligarchia) o di tutti gli associati (democrazia). Da quanto fin qui detto deriva che un gruppo sociale viene ad esistenza ancor prima che si dia delle regole; esse tuttavia assolvono ad una funzione essenziale, detta organizzativa, diretta a dare al gruppo il carattere della stabilità e della continuità nel tempo, che porta a distinguere il gruppo sociale dalle semplici riunioni. Un gruppo sociale senza organizzazione rappresenta una contraddizione in termini. Esaminiamo la famiglia (definita dalla nostra Costituzione [art.29] una ‘ società naturale’); è determinata da un duplice ordine di norme, quelle contenute nella Costituzione e nel codice civile, e norme poste all’interno di questa ‘società naturale’ che si organizza autonomamente (a seconda dei fattori economici, sociali, morali, culturali ecc.). E’ necessario che le regole autonome o eteronome, oltre che poste, siano effettivamente vigenti in quanto l’osservanza di queste regole assicura la sussistenza del gruppo sociale.

La famiglia allora esisterà come società naturale sin quando avrà un’organizzazione autonoma vigente, sin quando cioè i suoi componenti obbediranno alle regole che la famiglia stessa si sarà date. A fondamento di ogni gruppo sociale possiamo porre quindi un principio ordinatore che trova espressione nel vincolo associativo ed un complesso di regole che, assieme alla struttura del gruppo, ne costituiscono l’organizzazione. Il principio ordinatore e l’organizzazione valgono ad imprimere il carattere della giuridicità ad ogni consociazione umana. E poiché non può esservi società senza la compresenza di un principio ordinatore e di una organizzazione, ne deriva che il fenomeno giuridico è connaturato al fenomeno associativo (ubi societas ubi ius). Il diritto ha quindi due componenti, fra loro intimamente connesse e inscindibili. Le regole organizzative costituiscono soltanto modelli di composizione e di soddisfacimento di interessi; i giudizi di valore vengono invece espressi nelle regole con le quali alcuni o uno solo dei componenti del gruppo stabiliscono che determinati interessi assumono rilevanza rispetto ad altri e devono essere tutelati. Tali regole sono l’espressione linguistico formale di un valore immanente nel gruppo; le regole in esame potremmo definirle istituzionali proprio perché esprimono i valori intorno ai quali il gruppo si è costituito. Se sul piano astratto esistono valori assoluti (libertà, giustizia, morale), nella loro disciplina positiva, questi valori si atteggiano in maniera diversa in base allo spazio e al tempo, per cui anche le regole istituzionali saranno diverse pur richiamandosi sempre ai suddetti valori. Il diritto quindi dovrà essere la vita stessa di una determinata comunità sociale in un determinato momento storico, colta nel livello associativo-organizzativo. 2. La teoria istituzionale del Romano e la dottrina pura del diritto del Kelsen. La concezione istituzionale del diritto nel pensiero del Mortati. La concezione alla quale ci riferiamo è quella che collega il fenomeno giuridico al gruppo sociale, escludendo che vi sia un solo ordinamento giuridico, quello statale. Secondo questa concezione, ogni gruppo sociale crea un proprio ordinamento giuridico, autonomo da quello dello Stato. Gierke, ad esempio, afferma che è capace di produrre diritto ciascuna comunità organica. Una variante è quella apportata da Santi Romano, il quale da un lato ha sostituito il concetto di istituzione a quello di comunità e dall’altro ha affermato che il diritto non si esaurisce in un complesso di norme o regole create dalla comunità, ma è l’istituzione stessa. Secondo il Romano inoltre il concetto di istituzione è quello che meglio rende la simbiosi tra norma, organizzazione e pluralità dei soggetti e interessi coinvolti nella società giuridicamente organizzata. Ordinamento giuridico ed istituzione sono pertanto la stessa cosa. Merito indiscusso della teoria istituzionale del Romano è quello di aver sottolineato che il fenomeno giuridico non si esaurisce nel fenomeno normativo e che non solo le norme traggono la loro giuridicità dal fatto di essere espressione della struttura associativa del gruppo sociale, ma anche dal fatto stesso che l’organizzazione imprime al gruppo sociale il carattere della giuridicità. Tuttavia la teoria istituzionale del diritto non riesce a superare un certo vuoto logico. Secondo invece l’opposta teoria normativa, il diritto si esaurirebbe nelle norme intese come comandi o imperativi. Il più illustre rappresentante di questa seconda tendenza è Hans Kelsen, la cui dottrina pura del diritto vuole conoscere esclusivamente ed unicamente il suo oggetto. Kelsen sostiene che il giurista deve limitarsi a chiarire cosa il diritto sia e come esso si presenti.

Secondo lo stesso il diritto è un ordinamento normativo del comportamento umano, cioè un sistema di norme che regolano comportamenti umani e la norma va considerata come uno schema qualificativo di un fatto esteriore, il quale viene trasformato in atto giuridico o antigiuridico. Il diritto viene concepito dal Kelsen come un insieme di norme regolanti (o superiori) e di norme regolate (o inferiori) e questo insieme di norme costituisce una ‘costruzione a gradi dell’ordinamento giuridico’. Norma superiore sarebbe lanormachecostituisceilfondamentodellavaliditàdiun’altra.Tuttavialaricercadiquestofondamentodevet erminare con una norma presupposta come ultima e suprema. Alla concezione istituzionale del diritto si rifà lo stesso Mortati sostenendo che la sola considerazione della serie delle norme viene a dare una rappresentazione monca del fenomeno giuridico. Da qui la necessità di risalire dalle norme alla ‘ istituzione’ che appare sinonimo di ‘costituzione’, nel significato più proprio di fondamentale legge di vita che presiede allo svolgimento stesso del gruppo e lo caratterizza; e la ‘costituzione’ identifica il fine fondamentale del gruppo sociale.

3. Il diritto e gli altri fenomeni sociali. Le teorie del Romano, del Kelsen e del Mortati approdano alla medesima conclusione circa il fondamento della giuridicità, ovvero l’essenza stessa del fenomeno giuridico. Tutti e tre gli autori si riferiscono infatti ad un assetto fondamentale, identificato dal Romano nella istituzione (intesa come corpo sociale organizzato), dal Kelsen nella norma fondamentale (presupposto logico-trascendentale e costituzione effettivamente statuita ed efficace) e dal Mortati nel gruppo sociale (cioè nel fine fondamentale per cui il gruppo esiste). Sembra dunque che la tesi della socialità del diritto trovi ulteriore conferma. Kelsen stesso afferma che le norme giuridiche regolano comportamenti umani e che l’ordinamento giuridico è un ordinamento sociale diretto ad assicurare la sicurezza collettiva. Questa conclusione non è sufficiente ad isolare il fenomeno giuridico da altri fenomeni sociali. Le regole economiche, morali o religiose non valgono, di per sé stesse, ad assicurare la convivenza e la coesione del gruppo, la sicurezza sociale e la pace; esse sono regole sociali ma presuppongono l’esistenza di un gruppo sociale e non valgono a costituirlo. Solo il diritto, nelle sue due componenti materiale e formale, vale a creare il gruppo sociale ed a conferirgli stabilità e continuità nel tempo, mediante la posizione di norme dotate del carattere della coattività. 4. La costituzione in senso formale e materiale. La costituzione come processo. Il problema della fonte prima e suprema dell’ordine normativo è preso in esame dal Mortati con la teoria della costituzione materiale, che assume particolare importanza nella scienza del diritto pubblico. Per costituzione materiale il Mortati intende “quel nucleo essenziale di fini e di forze che regge ogni singolo ordinamento positivo ”. L’elemento strumentale da cui emana la costituzione materiale è dato dalle forze politiche; mentre l’elemento materiale è dato dall’idea (scopo unificatore di vari interessi). La costituzione materiale si identifica nelle forze politiche organizzate che in un determinato momento storico riescono ad interpretare attivamente l’interesse generale della comunità politica. Questa inoltre rappresenta per il Mortati la fonte giuridica primigenia. Funzione della costituzione materiale è quella di identificare quelle norme nelle quali sono sanciti i princìpi fondamentali di un determinato ordinamento.

Essa acquista il suo maggior valore ove si metta a raffronto l’assetto determinato dalle forze politicosociali (la realtà politica) con le prescrizioni della costituzione formale (data dal documento in cui vengono racchiuse le norme costituzionali). Le due costituzioni possono divergere; e si tratta allora di eliminare le ragioni del contrasto o modificando la costituzione formale per adeguarla a quella materiale oppure, nel caso in cui i valori e le previsioni costituzionali conservino tutta la loro vigenza, affermando la preminenza della costituzione formale. In ambedue i casi la costituzione materiale dà vita alla costituzione effettivamente vigente. Costituzione formale e costituzione materiale possono invece non collidere quando la costituzione materiale non è altro che la stessa costituzione formale nel suo farsi e nel suo divenire e, per ciò solo, nel suo adeguarsi alla mutevole realtà sociale. Il maggior merito della teoria del Mortati è quello di aver collegato l’ordine reale all’ordine giuridico identificando la fonte suprema dell’ordinamento nell’organizzazione delle forze sociali. È proprio il riferimento alle forze politiche o alle forze sociali che rende il pensiero di Mortati degno della massima attenzione, dal momento che tenta di inserire nel sistema una fonte estranea al mondo del diritto. La costituzione materiale deve essere intesa come la base che si va identificando e formalizzando, dando vita ad una costituzione formale. Ciò significa che la costituzione effettiva si crea e si ricrea continuamente per effetto delle leggi; si forma in tal modo una lunga catena formata da molti anelli, il primo dei quali è la costituzione originaria e l’ultimo la costituzione effettiva. Deve essere possibile risalire dall’ultimo anello al primo. Se questo percorso appare interrotto, ci troviamo di fronte ad una cesura dalla quale deriva l’impossibilità di usare le categorie fondamentali del vecchio sistema per comprendere e spiegare il nuovo (la Costituzione materiale italiana di oggi è ben diversa dalla Costituzione formale votata nel 1947). La costituzione come processo fornisce la chiave di lettura dell’evoluzione costituzionale concreta e quindi il criterio orientativo per valutare la possibilità di collegare costituzione formale e costituzione materiale, due concetti entrambi necessari per studiare il diritto costituzionale. 5. La dottrina del diritto naturale. La pluralità degli ordinamenti giuridici. Socialità e storicità del diritto. Il fenomeno giuridico è un fenomeno sociale, nel senso che esso è proprio delle società umane e vale a costituirle ed a perpetuarne l’esistenza. Il fenomeno giuridico non si rinviene in natura, come altri fenomeni che appunto sono detti naturali. Riferimento alla natura si ha anche da parte della dottrina del diritto naturale. Detto diritto infatti si distinguerebbe dal diritto positivo perché trova il suo fondamento nella natura. Nel corso dei secoli sono state individuate diverse idee di diritto naturale. Ne esistono due diverse tendenze: la prima secondo la quale al diritto naturale andrebbero riconosciuti i caratteri dell’assolutezza, dell’eternità, della certezza e dell’oggettività; la seconda invece ritiene conciliabile il diritto storico ed il diritto naturale, quest’ultimo condizionato dall’individuo e dalla società. La dottrina del diritto naturale risponde all’esigenza di sottrarre il diritto positivo alla mutevolezza del divenire quotidiano. Questa esigenza è sentita e fatta valere dalle forze politiche che detengono il potere, le quali, nel porre le norme dell’ordinamento giuridico, invocheranno quei principi o quegli ideali cui si ispirano e li porranno a fondamento dell’ordinamento. Il costituzionalismo moderno ha dato vita ad uno Stato limitato dalla legge naturale contro il machiavellismo, la ragione di Stato, il diritto divino del re, l’assolutismo; lo Stato di diritto è anch’esso un prodotto del diritto naturale e la garanzia internazionale dei diritti dell’uomo.Al diritto

naturale vengono poi riportati il principio di eguaglianza e i vari cataloghi delle libertà civili e delle libertà costituzionali ed il fondamento del diritto di resistenza agli atti dei pubblici poteri che violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione. La nostra Costituzione contiene alcune norme che troverebbero il loro fondamento nel diritto naturale: l’art. 2, ad esempio, garantisce i “diritti inviolabili dell’uomo”; l’art. 3, al II comma, il principio di eguaglianza sostanziale; molti articoli della Parte I (“Diritti e doveri dei cittadini”). Dobbiamo oggi registrare la netta tendenza espansiva dei valori di libertà e tutela dei diritti umani. La seconda considerazione che crediamo di dover formulare è strettamente collegata alla prima che si incentrava sulla socialità del diritto. Da questa affermazione discende il corollario della pluralità degli ordinamenti giuridici. In altre parole, se è vero che il fenomeno giuridico è connaturato al fenomeno associativo, non si può sfuggire alla conseguenza che gli ordinamenti giuridici possibili sono tati quanti sono i gruppi sociali o le istituzioni. Il pluralismo politico anticipa le moderne teorie sulla sovranità popolare e la democrazia decentrata (o pluralista). Il pluralismo giuridico si pronuncia contro la statualità del diritto: il diritto non è prodotto soltanto dallo Stato ma da ogni altro gruppo sociale, per piccolo e strutturalmente semplice che sia. L’art. 8 dispone che “le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti”; l’art. 38, ult. comma, assegna alle istituzioni di alta cultura, alle università ed alle accademie di diritto di darsi “ordinamenti autonomi”; l’art. 39 fa menzione di un “ordinamento interno” dei sindacati; l’art. 49, riconoscendo che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, contiene un rinvio implicito agli ordinamenti interni dei partiti stessi. La Costituzione quindi garantisce e riconosce alcuni ordinamenti giuridici diversi da quello dello Stato. La ragione per cui, fra i vari gruppi sociali, è stata assegnata allo Stato una posizione di preminenza apparirà chiara ove si rifletta che la comunità statale è la maggiore fra tutte e l’unica alla quale possano riferirsi interessi veramente generali. Occorre precisare che per Stato oggi dobbiamo intendere lo “Stato costituzionale”, che risulta dall’inscindibile unione di popolo, autorità e valori posti a fondamento del sistema giuridico nel suo complesso. Lo Stato in senso stretto (lo Stato-appartato) è solo una delle componenti della “Repubblica”, dello Stato costituzionale. Questa differenza si coglie in modo più chiaro dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione (legge cost. n. 3 del 2001) e la conseguente riformulazione dell’art. 114, comma I(“La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”) e dell’art. 117, comma I, (“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”). Da tali norme costituzionali si deduce una posizione paritaria dello Stato in senso stretto rispetto allo Stato costituzionale. Le precedenti osservazioni non sono più valide qualora si faccia riferimento alla comunità internazionale, che è comunità fra eguali. L’ultima considerazione è rivolta a richiamare l’attenzione sulle teorie che sono state formulate in ordine al fondamento del diritto. Il diritto non si auto genera ma è generato; esso è il prodotto di una fonte, variamente identificata. Noi ci limiteremo a ricordare che, a parer nostro, il fenomeno giuridico nasce col nascere di un gruppo sociale. D’altra parte, occorre notare che non vi sarebbe società se non vi fosse diritto: gruppo sociale e diritto si implicano a vicenda. 6. Diritto pubblico e diritto privato. I vari rami del diritto pubblico.

Il diritto va rappresentato come un fenomeno unitario; non v’ha dubbio, infatti, che fine ultimo del diritto essendo la conservazione del gruppo sociale, ogni norma è predisposta per il raggiungimento di questo fine. Secondo questo criterio non vi è alcuna differenza, ad esempio, fra la norma contenuta nell’ art. 832 cod. civ. (“Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”) e quella contenuta nell’art. 624 cod. pen. (“Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516”). Ambedue le norme tutelano un interesse ritenuto rilevante al fine di assicurare la pacifica convivenza dei consociati. Va tuttavia rilevato che nelle due norme citate è diverso il tipo di interesse tutelato: nella prima si tratta di un interesse individuale (del proprietario a godere e disporre delle cose senza turbative); nella seconda di un interesse pubblico (della collettività alla punizione di chi è riconosciuto colpevole del reato di furto). Ne consegue che il fine del diritto può essere perseguito o indirettamente mediante tutela di determinati interessi individuali o direttamente mediante la tutela degli interessi pubblici. A questi due modi di perseguire il fine del diritto si collega la tradizionale distinzione delle norme giuridiche in norme di diritto privato e norme di diritto pubblico. Una norma è detta di diritto pubblico se tutela un interesse che realizza la conservazione della società ; una norma è detta di diritto privato se tutela un interesse individuale. Esistono zone dell’ordin...


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