Riassunto: Funzione del concetto di tipologia edilizia in Italia PDF

Title Riassunto: Funzione del concetto di tipologia edilizia in Italia
Author Gheorghi Rebustini
Course Caratteri tipologici e distributivi degli edifici
Institution Politecnico di Milano
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1. Dal tipo ideale al meccanismo della composizione. Ovvero da Quatremère de Quincy a J.N.L Durand, muovendo da Argan La convenzione storiografica vuole che il discorso sulla tipologia iniziato negli anni Sessanta, per mano dei vari Aymonino, Rossi e Canella, prenda proprio dalla definizione di Argan; questo per risolvere il nodo che riguarda se vi fosse stata una questione tipologica antecedete a quella portata alla ribalta della generazione del Trenta, in caso affermativo, se la prima abbia funzionato da innesco per la successiva. Argan affronta in modo specifico il tema della tipologia architettonica in uno scritto del 1962, contenuto in una raccolta di testi in omaggio al critico austriaco Hans Sedlmayr; solo tre anni dopo decide di inserirlo, rimaneggiato, nel volume Progetto e destino. Alla base di alcune delle posizioni espresse da quella generazione di architetti, degli anni Trenta, ritroveremo molti dei temi proposti da Argan. Sicché viene da presupporre che i motivi di questa abitudine interpretativa, che pone Argan all’inizio del dibattito sulla tipologia, sia infine da rintracciare più sul piano di una palese convergenza di contenuti che su quello prettamente storico.

1.1. Giulio Carlo Argan Giulio Carlo Argan è torinese ed è stato allievo di Lionello Venturi. Quando si parla di Venturi di fa riferimento alla sua idea di gusto: l’insieme di tutte le concezioni o apporti eteronomi storicamente determinatesi, e quindi legati ad un preciso contesto e ambiente culturale che influenzano e concorrono a definire le scelte dell’artista. Insomma, tutte le nozioni esterne al momento più specifico della creazione. Quando Argan inizia a interessarsi al problema della tipologia muove da alcune posizioni, iconologiche e strutturalistiche, che sono rispettivamente rappresentate da Wittkower e Sedlmayr; che daranno il segno al concetto di tipologia del torinese. Argan definisce la tipologia come , di conseguenza ciò di cui la tipologia si occupa è l’oggetto, nei suoi aspetti comuni e seriali. E questo è il punto di partenza. Concentrarsi sulle caratteristiche di serie implica di fatto istituire dei processi di classificazione, delle categorie, prescindendo tanto dal processo storico quando dalla qualità dell’opera. Ad Argan preme introdurre un criterio attraverso cui ordinare le opere, non un principio di giudizio. È anche chiaro come una tale idea di tipo si possa applicare solo a posteriori della storia. È evidente come in questi termini il tipo sia ancora un problema di gusto, esterno all’invenzione artistica vera e propria. Il ragionamento di Argan introduce una separazione netta tra momento classificatorio e momento creativo, ma nonostante ciò la componente analitica è nei fatti riassorbita nel processo inventivo, divenendo essa stessa matrice dell’invenzione progettuale. Il tipo, per Argan, è il meccanismo per neutralizzare la storia come produttrice di valori estetici e quindi impedirne il conseguente processo di mimesi delle forme. Questo Argan lo riprende da Quatremère de Quincy.

1.2. Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy è un accademico francese, attivo negli anni a cavallo della Rivoluzione, un intellettuale, severo censore, direttore della Académie des Beaux-Arts e sostenitore oltranzista del canone classico, autore del Dizionario storico dell’ architettura (Parigi 1832 ). Nel 1776 lo si sa a Roma dove , in nome del culto dell’antico, intraprende una accanita lotta contro i discepoli del Bernini e del Borromini, studia e commenta il Winckelmann. Visiterà Napoli in compagnia di David e la Sicilia e diventerà amico di Antonio Canova. La voce tipo, contenuta nel Dizionario storico, viene messa in opposizione alla nozione di modello. Dove il modello è , unico, specifico, il tipo è e non costringe alla rassomiglianza formale che invece il modello pretende. Il modello non può che essere reale, mentre il tipo, non coincidendo con nessuna opera specifica, sarà ideale. Il tipo è un processo di astrazione e generalizzazione da applicare agli esempi della storia ed è specifico del fare architettura, perché l’architettura non potendo imitare direttamente la natura si vede costretta a fare ricorso ad un >, ovvero il tipo, senza che nessuno ne pregiudichi il suo statuto di arte imitativa, che Quatremère intendeva comunque confermare. Questo particolare meccanismo imitativo possiamo definirlo come essenzialmente non storicistico. Questa della mimesis è una questione centrale per tutta la cultura neoclassica e in architettura ha la sua origine in Vitruvio. In breve il processo è abbastanza semplice: se l’architettura degli antichi ha imitato la natura, e la colonna, l’architrave, il timpano nascono dalla capanna, noi dobbiamo imitare l’architettura degli antichi. È evidente però che se si voleva preservare il statuto di arte imitativa anche per l’architettura, era in qualche modo necessario introdurre un superiore livello di astrazione e generalizzazione, superandole concezioni generali e ingenue di Vitruvio. E infatti Quatremère affronta direttamente il problema dell’imitazione in una voce specifica del suo Dizionario e distingue tra imitazione particole dell’immagine della natura, la pittura e la scultura, e l’imitazione generale dei meccanismi e dei principi, l’architettura; introducendo così un processo di superamento del principio stesso della mimesis. Tutto il neoclassicismo è innervato in modo complementare e secondo differenti gradi di intensità e consapevolezza, da queste due tensioni, una che muove all’ idealizzazione e l’altra all’imitazione. Per Argan l’antichità classica si rigenera idealmente attraverso il tipo, è il tipo a veicolare e mediare questo ritorno e quindi tutta l’arte neoclassica s i può definire tipologica. Non si copiano gli antichi, ma si costruisce, mediante il tipo, come gli antichi.

Figura 1: J.L. David, Il giuramento degli Orazi, 1784.

Figura 2: J.L. David, Le Sabine, 1799.

Figura 3: A.R. Mengs, Il Parnaso, Villa Albani, Roma, 1760-61.

Figura 4: A. Canova, P. Bosio, G. Zardo, Tempio di Possagno, 1819-30.

Figura 5: L. Dufourny, Orto Botanico, Palermo, 1789-90.

Figura 6: G.B.F. Basile, Teatro Massimo, Palermo, 1864-91.

Figura 7: A. Canova. Amore e Psiche, 1787-93.

Nonostante le incontrovertibili disparità di valore, in tutte queste opere la classicità subisce un processo di idealizzazione e tipologizzazione che poi, a conti fatti, è lo stesso che Quatremère de Quincy aveva postulato.

1.3. Jean-Nicolas-Luis Durand Jean-Nicolas-Luis Durand spinge alle estreme conseguenze le assunzioni teoriche di Quatremère, portandole da un piano di trattazione a uno più operativo. Duran insegna alla Ècole Polytechnique e questo

già lascia prevedere come il problema speculativo sullo statuto di arte imitativa dell’architettura, posto dal Quatremère, sia in buona misura estraneo alla riflessione di Durand. Durand è più giovane di Quatremère di cinque anni essendo lui nato nel 1760. Nel 1776 entra a far parte dell’atelier di Boullée, e vent’anni dopo diventa professore di architettura nel futuro Polytechnique.

Figura 8: E.L. Boullée, Progetto di Museo, 1783

In questa opera si coglie, oltre l’enfasi monumentale, il rigoroso principio geometrico che regola l’impianto planimetrico. Le opere di Boullée generalmente presentano quattro assi di simmetria e la distribuzione degli spazi è ricavata dal tracciamento degli assi e dalla sottrazione o sommatoria di sottomoduli del quadrato o della circonferenza di partenza. È da notare che, a prescindere dalla costruzione geometrica generale, i singoli spazi siano, a livello architettonico, riconducibili con buona approssimazione alla dialettica elementare tra colonna e parete. Quanto proposto da Durand avrà degli elementi simili alle opere di Boullée, specialmente nella produzione minore. Il contributo più specifico del Durand noi lo dobbiamo cercare in due pubblicazioni: 

Recueil et Parallèle des édificesde tout genre (1800): raccolta di architetture del passato messe in parallelo, alla medesima scala, in pianta e anche in alzato;



Précis des leçons d’architecture donnée à l’ Ècole Polytechnique (1802-1805): una sorta di manuale pratico per gli studenti dell’ Ècole Polytechnique.

Entrambi sono da leggere come parti complementari di un unico discorso; perché è proprio a partire dalla prima raccolta in parallelo degli edifici della storia che il Durand affronta il nodo dell’immaginazione degli antichi. Con Durand il principio di imitazione salta definitivamente. Prendiamo in esempio delle tavole di Durand, dal Recueil et Parallèle des édificesde tout genre, in cui si raccolgono secondo classificazioni di volta in volta stilistiche, formali e funzionali i maggiori edifici della storia

Figura 9: J.N.L. Durand, Temples rondes, 1800.

Figura 10: J.N.L. Durand, Divers édifices publics d'après le Champ de Mars de Piranesi, 1800.

Tutte le architetture sono poste al medesimo livello, schiacciate sul piano astratto di una raccolta che pone come unico principio l’equivalenza di scala. In breve, insieme all’imitazione qui salta la storia come successione di fatti concatenati. E la arbitrarietà con cui si costruiscono queste teorie di edifici è la conseguenza diretta del meccanismo adottato. È la ragionevole conclusione a quanto contenuto nella definizione del Quatremère. Perché, o vale il principio dell’imitazione e quindi si pongono dei modelli da imitare, oppure comanda il processo di astrazione che porta al tipo e allora non c’è superiorità che tenga e ogni generalizzazione, più o meno ideale, è sempre figlia della serie arbitraria che si appronta. Queste sono le conseguenze che il Durand fa compiere al tipo del Quatremère e che questi aveva invece preferito lasciare sospese. Il passo successivo sarà quello di mettere a punto un sistema in cui il processo di astrazione venga tradotto in una sintassi di regole chiare e razionali. Ed è di questo che si occuperà infatti il Précis des leçons d’architecture. Il secondo libro si suddivide in tre parti: la prima relativa agli elementi primari degli edifici – i materiali, il loro impiego ecc. – la seconda inerente alla composizione e alla combinazione degli elementi primari e infine la terza, contenuta in un secondo volume, che si occupa di illustrare i principali generi di edifici. A questi due volumi farà seguito nel 1821 un ulteriore volume dotato di maggiori illustrazioni, in cui si concentrerà sul meccanismo compositivo.

Il metodo è presto detto: Durand concepisce l’architettura secondo una progressione di differenti livelli o unità. Al primo gradino gli elementi primari, le colone, i pilastri, i muri, le finestre, che costituiscono le parti, ovvero i portici, i vestiboli, le sale , le corti , le scale.

Figura 11: J.N.L. Durand, Vestibules, 1802-1805.

Sono queste parti gli elementi significativi che combinate insieme a loro volta secondo il programma funzionale assunto determinano l’edificio finale.

Figura 12: J.N.L. Durand, Bibliothèque, 1802-1805.

Figura 13: J.N.L. Durand, Ensembles d'édificies résultants de la combinasion horizontale de leurs parties, 1802-1805.

Si vengono a creare così dei campioni sintattici che possono avere infinite possibilità combinatorie. Quello che preme riconoscere è la formulazione di un meccanismo compositivo non soggetto a regole esterne.

È evidente che del tipo ideale del Quatremère qui rimanga ben poco, nonostante sia proprio nelle possibilità eversive contenute nella sua definizione di tipo che noi abbiamo individuato la definitiva dimissione dell’istituto della mimesis. Se proprio di tipo si vuole parlare, allo è più giusto farlo a proposito degli elementi della composizione, di quelli che Durand chiama appunto parti. Sono quelle le sole componenti tipiche del meccanismo compositivo durandiano, ricavate secondo un processo di astrazione e generalizzazione. È come se il principio di astrazione ideale proprio della definizione di tipo del Quatremère, in Durand si applichi non alla scala dell’organismo architettonico, ma alla scala delle sue componenti costitutive. Ed è infatti dalla combinazione e dall’assemblaggio di queste componenti che si risponde a qualunque programma funzionale. Nel 1933 Emil Kaufmann, in un libricino intitolato Da Ledoux a Le Corbusier, rintraccia nella posizione espressa da Ledoux e portata alle estreme conseguenze proprio da Durand, l’origine di quel principio di autonomia che è l’essenza dell’arte moderna. Con Ledoux e soprattutto con Durand, agli ordini è sostituita la continuità della superficie muraria e a una maniera ancora barocca di comporre si contrappone in processo compositivo di tipo paratattico che porta a giustapporre liberamente le singole parti.

2. Sviluppo del tipo storico. Viollet-le-Duc, Auguste Choisy, Gustavo Giovannoni 2.1. Viollet-le-Duc Per Pevsner l’architettura Moderna, invece, si è fondata su tre situazioni specifiche: Wiliam Morris con l’Arts and Crafts, l’art nouveau e l’architettura del ferro; all’origine di quest’ultima troviamo Eugène Viollet-le-Duc. Con Viollet-le-Duc siamo all’inizio della seconda linea di sviluppo del concetto di tipologia, linea che potremmo definire del tipo storico o del tipo come organismo storico. Eugène Viollet-le-Duc nasce a Parigi nel 1814, è quindi più giovane di Quatremère di quasi sessant’anni, ma possiamo comunque porli ai rispettivi capi di quei due schieramenti che intorno alla metà dell’Ottocento danno vita a una delle più note battaglie culturali della storia europea: quella tra classicisti e goticisti. Da una parte abbiamo Quatremère de Quincy, classicismo normativo, e dall’altra un giovane Viollet-le-Duc e un movimento che postulava a gran voce il ritorno al gotico, forma di reazione, contro il classicismo, che c’è dall’inizio dell’Ottocento. È chiaro che siamo in mezzo alla “guerra” tra illuminismo (neoclassicismo) (goticismo).lo possiamo vedere mettendo a confronto due quadri celebri:

e romanticismo

Figura 14: J.L. David, Il giuramento degli Orazi, 1784.

Figura 15: J. Turner, Annibale che passa le Alpi, 1812.

Nel primo è l’uomo a essere il protagonista della scena con uno sfondo regolare e armonico, nel secondo l’omo è messo in disparte e sovrastato dalla natura che diviene protagonista dell’opera.

Comunque sia, tutta la questione del classicismo, come per altro del goticismo, dovrebbe sempre essere ricondotta ai propri ambiti geografici, infatti questa tende a differenziarsi da paese a paese, assumendo di volta in volta aspetti particolari. Per esempio in Germania, si è constatato che goticismo e neoclassicismo possono convivere senza problemi. L’origine della particolare declinazione al classicismo della Germania dovrà essere cercata innanzitutto nelle istanze poste dall’idealismo tedesco e poi nelle posizioni di Herder e Goethe. Ma al contempo stesso siamo in pieno Sturm und Drang con cui si può spiegare Schinkel.

Figura 16: K.F. Schinkel, Città medievale su fiume, 1815.

Figura 17: K.F. Schinkel, 1803-1084

Diversa la situazione in Italia. Qui il revival gotico diviene espressione della ricerca di uno stile nazionale. Sono gli anni dell’Unità d’Italia e Camillo Boito ragionava su come l’architettura romantica, in virtù del suo essere presente secondo specifiche e locali significati su tutto il territorio nazionale, potesse levarsi a stile del nascente stato italiano. Tornando in Francia, dove il movimento neogoticista e Viollet-le-Duc innescano la polemica contro il classicismo accademico allora imperante. Bisogna far fronte allo stato di degrado in cui versava il patrimonio medievale francese, così che la ripresa ideologica di un’epoca va a saldarsi a un preciso programma di catalogazione e recupero di una tradizione fino ad allora negletta. Con Viollet-le-Duc tutto il dibattito sull’architettura si sposta dall’obbligo di corrispondere a un sistema normativo la cui individuazione della ragione prima dell’organismo architettonico che è individuata nel principio strutturale. E tale ragione sarà da ricondurre tanto ai materiali e alla tecnica, quanto alla situazione economica, sociale e religiosa di un contesto. E infatti negli esempi neoclassici è proprio la realtà costruttiva ad essere totalmente piegata alle richieste compositive, fino a sparire; e non è certo l’inventario dei materiali di costruzione, posto a capo del primo libro del Précis, a bilanciare una tendenza tanto radicale. È invece Viollet-le-Duc a parlare di economia degli sforzi e ne parla fino a sovrascrivere la realtà costruttiva del gotico. Nei disegni di Viollet-le-Duc possiamo vedere che prevale innanzitutto la ragione costruttiva, dove analizza attraverso gli spaccati assonometrici gli edifici nel loro interno, come se fossero dei corpi umani su un tavolo anatomico.

Figura 18

Figura 19

Viollet-le-Duc ci ha lasciato, quale operazione filosofica, un metodo di ricostruzione circoscritto a indagare gli originari caratteri di un’opera secondo una finalità che potremmo dire storicoarcheologica. Perché è evidente che una volta assunta la ragione costruttivista come discrimine ultimo del fatto architettonico, questa può acquistare anche valenze attive, così che il passato è libero di proiettarsi direttamente nel presente. Vi è una funzione transitiva del passato a partire dal suo ordine costruttivo-spaziale che non è così distante dal carattere operativo della storia teorizzato da Muratori. Sarà poi Choisy a trarre, da questa ragione strutturale, le massime conseguenze.

2.2. Auguste Choisy Auguste Choisy autore di una importante storia dell’architettura sulla scienza delle costruzioni, Historie de l’Architecture (Parigi 1899).

Con Choisy abbiamo una manifesta centralità che viene data al momento costruttivo nel tracciare una possibile storia dell’architettura. Tutta la storia, come si evince dalle tavole, è vista solo attraverso sezioni assonometriche.

Figura 20: A. Choisy, Sezione assonometrica della Cattedrale di Chartres, 1899.

Un’unica immagine in grado di tenere insieme sinteticamente pianta e sezione nel loro sviluppo costruttivo e spaziale. L’obbiettivo non è soltanto di scrivere il diagramma degli sforzi, ma di dimostrare come sia la logica strutturale a determinare lo spazio dell’architettura e, ci dice Choisy, è sempre stato così, per ogni popolo e per ogni cultura. Ma non tutto lo Choisy può essere schiacciato così pacificamente su questo procedimento di astrazione, le due carte tematiche contenute ne secondo tomo della sua Storia, alle quali è affidato il compito di descrivere a livello geografico gli sviluppi e le articolazioni storiche dell’architettura romanica e gotica, e proprio a partire dalla campata o sezione strutturale. Azzardando, si potrebbe anche parlare di tipo a proposito di quella sezione strutturale cui è ricondotta ogni architettura, un tipo-campata. Ogni sezione strutturale o campata è per sua natura sempre determinata storicamente e geograficamente, ed è da questo assunto che si deve misurare la distanza che intercorre con la nozione di tipologia espressa da Quatremère. Da una parte abbiamo una concezione di tipo ideale e astorico, che non coincide con nessuno dei singoli modelli, dall’altra abbiamo un modello strutturale

e spaziale, dato, storico, di cui si può indicare l’epoca in cui inizia ad affermarsi e gli ambi territoriali di origine. Nonostante il neoclassicismo sempre si sia trovato ad oscillare tra imitazione e astrazione della classicità, è piuttosto palese che la componente ideale sia stata di gran lunga più decisiva rispetto a quella storicista o archeologica. E questo vero già a partire da Quatremère, ma lo è, a maggior ragione, per Ledoux e Boullée, come per David o per il Canova, fino a Durand. Quel Durand che potrebbe anche fare a meno delle colonne classiche e non ha esitazione a sostituire l’imitazione degli antichi con l’appropriazione di quella logica compositiva che per lui era l’essenza della progettazione classica. La declinazion...


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