Riassunto il corriere della sera di luigi albertini PDF

Title Riassunto il corriere della sera di luigi albertini
Course Storia del giornalismo
Institution Università degli Studi di Bergamo
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RIASSUNTO "IL CORRIERE DELLA SERA DI LUIGI ALBERTINI" IL CORRIERE DELLA SERA DI LUIGI ALBERTINI Lorenzo Benadusi

INTRODUZIONE Il Corriere di Albertini dal punto di vista politico si colloca a metà tra le altre due testate milanesi diffuse: Il Secolo, democratico-radicale vicino alla piccola e media borghesia e la “Perseveranza”, della destra conservatrice legato all’aristocrazia. Il Corriere cerca di trovare una via per conciliare il conservatorismo e il liberalismo. Questo è ciò che determina il suo successo. Albertini dirige il Corriere dal 1900 al 1925. Questo periodo viene detto “età dell’oro della stampa” per la rapida diffusione dei giornali e per l’assenza di altri mezzi di comunicazione. Il Corriere è l’emblema del quotidiano omnibus, capace di rivolgersi ad un pubblico vasto e differenziato. Per farlo pone al centro i fatti anziché le opinioni.

CAPITOLO 1: IL GIORNALE

EDIFICI, MACCHINARI, LETTORI E PAGINE Nasce a Milano nel 1976 e per ospitare macchinari sempre più grandi si sposterà definitivamente in Via Solferino. L’idea di Albertini è quella di organizzare la sede come quella del Times con ampie sale. L’introduzione di macchine all’avanguardia alla fine dell’800 non solo costringe l’ampliamento ma permette una rivoluzione in velocità ed economicità. La rivoluzione industriale e le tecnologie inaugurano la “società dell’informazione”. Gli inizi del 900 faranno decollare l’industria culturale di massa. Le pagine del giornale aumentano a 6 e l’ampliamento della tipografia permette di raggiungere le 150.000 copie in un giorno. Addirittura Albertini intima al direttore del Secolo di togliere dai manifesti la dicitura “il più diffuso quotidiano d’Italia”. Dal 1910 alcune edizioni escono addirittura a 10 pagine. Ed anche le colonne passano da 5 a 6. Con la guerra saranno costretti a ridurre causa delle difficoltà di approvvigionamento della carta. Il problema si aggrava quando dal 1917 si impone ai giornali di non superare le quattro pagine. Il quadro non migliora nemmeno nel dopoguerra e così si cerca sempre più di ridurre gli articoli, di puntare sull’incisività ma la terza pagina di Ojetti è quella che ne soffre di più. Le proteste dei direttori al governo sono inutili e dal 1921 con la diminuzione dei dazi sulla carta torna l’aumento progressivo delle pagine.

RUBRICHE, TITOLI E PUBBLICITÀ Dagli inizi del secolo, con l’aumentare della tiratura, anche le edizioni giornaliere crescono: quella del mattino e quella della sera. Il lettore è aggiornato costantemente. La prima pagina prestava attenzione alla politica estera e interna, ai resoconti degli inviati speciali e le notizie sono disposte per importanza. La seconda, quando il Corriere era di 4 pagine, era dedicata agli articoli di varietà, al romanzo a puntate. La terza ospitava la cronaca nazionale e di Milano, i fatti giudiziari e le notizie più recenti. La quarta era interamente composta da pubblicità o avvisi economici. Il Corriere in questi anni dunque inizia a dotarsi di una struttura a mosaico fatta di rubriche e spazi individuabili dal lettore. Più crescono le pagine e più la suddivisione è fondamentale (rubriche, sottotitoli, riquadri, sommari..). Ojetti definisce il giornale una sorta di casa, dove ogni stanza ha una funzione per chi ci abita. I due imperativi di Albertini sono “informare ed istruire”, fornire gli strumenti necessari ai cittadini per orientarsi nel mondo. Aumenta lo spazio dedicato ai corrispondenti dell’estero. Tra le rubriche ricordiamo “Piccole verità” di Ugo Ojetti o “Fiori d’arancio” sui matrimoni. Anche dal punto di vista grafico ci sono cambiamenti: si differenzia il carattere usando il grassetto e il corsivo. E la prima pagina diventa fondamentale: deve avere titoli ad effetto, caratteri vistosi. Una novità nei primi anni del 900 sarà il veder comparire una fotografia del castello di Windsor in prima pagina; tuttavia, l’esperimento sarà ripreso più avanti in quanto le incisioni sono costose e si prediligono sempre le parole alle fotografie. Con il tempo gli inviati speciali forniranno materiale

per la fototeca. La pubblicità inoltre, diventa fondamentale: è infatti la fonte principale di guadagno del Corriere. Dall’87, si granatiere un’entrata fissa annuale per le inserzioni pubblicitarie della Haasenstein & Vogler. Ci vorrà ancora tempo prima di arrivare al marketing e al design, tuttavia i primi passi si iniziano a fare in questi anni con un’attenzione peculiare alla qualità. Anche per la nuova industria italiana (Fiat, Pirelli, Plasmon, Ramazzotti..) è un’ottima occasione. Albertini però capisce che la situazione non sarà sempre costante quindi rinegozia la concessione per ottenere ricavi più elevati e adatta il numero della pagine alle entrate. Il Corriere mira a diventare sempre più indipendente acquisendo libertà di collocazione. Ciò creerà una frizione tra la Haasenstein e Albertini che si risolverà quando al crescere del prezzo della carta, i vincoli contrattuali saranno annullati e la pubblicità ne risentirà (durante la guerra, prevalentemente saranno di prodotti medicinali). Dal 1919 la pubblicità si modernizza sia dal punto di vista comunicativo sia diffondendo nuovi stili di vita e beni di consumo (prodotti di igiene e cosmesi, vacanze) e tra i settori che investono maggiormente ci sono quello farmaceutico e tecnologico. Si dà sempre più spazio alla réclame di medicinali e automobili. La pubblicità diventa accattivante da quando si esprime con il medium pittorico. Le insegne sono dappertutto

anche in città. E nelle inserzioni diventano frequenti i riferimenti all’attualità, alla lotta di classe, agli avvenimenti internazionali (“Signori, il mondo ha bisogno di pace e di Cioccolato Bonatti”). Anche il fascismo sfrutterà l’arma della pubblicità.

I NUOVI STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE E DISTRIBUZIONE La 2a rivoluzione industriale coincide con la prima rivoluzione del giornalismo: la trasformazione dei trasporti e delle comunicazioni rendono possibile la trasmissione di notizie quasi in tempo reale grazie al telegrafo e al telefono. Ciò permette nel 1908 in seguito al terremoto di Messina di riunire il Nord e il Sud in un cordoglio patriottico grazie ai dispacci telegrafici. Lo stesso vale per la vicenda del Titanic nel 1912. Con il telegrafo le edizioni giornaliere aumentano e la figura del telegrafista acquisisce sempre più importanza. L’Italia però non presenta una tariffa agevolata per i giornali e dopo diverse sollecitazioni si ottiene una tariffa speciale che favorisce un ulteriore sviluppo dei giornali in quanto sui telegrammi contenenti solo notizie destinate alla pubblicità dalle ore 21 alle 6 la tariffa è dimezzata. I telegrammi dunque si concentreranno tutti in quella fascia oraria. I problemi sorgono con la guerra a causa dei ritardi per le linee sovraccariche. E proprio in questo periodo Marconi sta lavorando alla radiotelegrafia: il Corriere pubblicizza e segue le sue scoperte e l’idea è quella di realizzare un progetto insieme. Purtroppo il progetto non si realizza perché Albertini ritiene il momento troppo delicato. Poco dopo intuisce le potenzialità del broadcasting radiofonico e Albertini si reca a Londra per studiarne il funzionamento. Anche in questo caso deve abbandonare probabilmente a causa dell’impossibilità del controllo statale. L’introduzione del telegrafo crea infine un cambiamento radicale nella scrittura. Nasce lo stile telegrafico, fatto di frasi breve, senza fronzoli, concise e dirette. Lo scopo è informare risparmiando parole e il compito di integrare e commentare viene lasciato alla redazione. Il Corriere è così attento che arriva a far pagare di tasca propria un aggettivo o un avverbio di troppo. Sicuramente i giornalisti ne soffrono. Caso esemplare è Barzini che nel lettere alla moglie scrive di sentirsi condannato a non essere se stesso. Ancora di più questo succede dopo l’invenzione del telefono. Nonostante l’Italia giunga in ritardo, in pochi anni il Corriere si dota di una rete capillare telefonica con un perfetto in castro di orari per evitare l’accavallamento degli abbonamenti. Il numero di collaboratori stenografi cresce e nonostante non si vedono costituiscono l’ossatura del giornale. I corrispondenti esteri si alternano nel lavoro, dormono solo poche ore passando la maggior parte della notte a strillare al telefono. E il telefono diventa ben presto uno strumento di psico- stress, nervosismo ed emicrania. I problemi della ricezione costringono i corrispondenti a lavorare in angusti uffici cercando di comunicare in un luogo di frastuono dove tutti urlano e si agitano per avere linea. G. Emanuel denomina il telefono “macchinetta infernale”. Forte è il desiderio come asserisce Croci di un ritorno ad un giornalismo elaborato e ragionato. La

frenesia unita ai problemi di ricezione crea spesso anche errori di scrittura al punto da stravolgere il senso degli articoli e della notizia. Insomma, gli inconvenienti sembrano far rimpiangere il vecchio giornalismo epistolare. Lo stile cambia e come Barzini fa notare, si costringono i corrispondenti all’estrema sintesi o all’eccessiva ridondanza. In questa corsa contro il tempo anche la distribuzione gioca un ruolo importante, fattibile solo se tutti gli ingranaggi dell’orologio funzionano correttamente. Un ritardo nell’impaginazione per esempio può causare la perdita delle coincidenze ferroviarie e riuscire a dare una notizia prima degli altri è d’altra parte un vanto per ogni testata e anche da questo punto il Corriere cerca il primato. Con l’acquisto di automobili e furgoncini (a prezzo più basso spesso dalla Fiat in cambio di inserzioni) si sostituisce la distribuzione cittadina in bici. La competizione è soprattutto con la Stampa accusata di essere favorita per treni più rapidi e favorevoli da Torino. Albertini vuole competere con Frassati persino in Piemonte. E la lotta finisce per dare ai due rivali un enorme vantaggio sugli altri ma sancisce il primato di Milano. Inoltre Albertini attraverso il suo amministratore Balzan preme sull’esecutivo per abbassare la tariffa del trasporto dei giornali da 15 a 10 cent/kg e per imporre ai rivenditori un prezzo di acquisto da 3 a 3,5 lire a copia. Una battaglia vinta. Durante la guerra per godere della tariffa ridotta, Barzini suggerisce di affidare la distribuzione ai soldati mentre nel dopoguerra con l’avvento del fascismo Mussolini farà di tutto per cercare di impedire la distribuzione del periodico nemico: dagli assalti ai pacchi bruciati, dalla devastazione di edicole alle minacce ai rivenditori.

CAPITOLO 2: L’AZIENDA

LA PROPRIETÀ Il Corriere viene fondato da Eugenio Torelli Viollier nel 1876, grazie all’iniziativa di un gruppo imprenditoriale. L’assetto societario si rafforza con l’entrata di Crespi, industriale cotoniere. Un ulteriore allargamento avviene con la vendita di alcune quote a De Angeli (industria tessile) e Pirelli (gomma). La società diventa dunque più solida, il capitale aumenta, il gerente rimane Torelli e la metà delle quote le possiede Crespi. L’assetto si

modifica con l’ingresso di L. Albertini. Nel 1900 viene nominato direttore e con la morte di Torelli diventa anche gerente ad interim. Subito c’è una ridistribuzione delle carature e l’ingresso di Luca Beltrami come gerente e socio. Albertini si è assicurato il 3% sugli utili netti e nonostante la maggioranza delle carature appartiene a Crespi, viene deciso di concedergli la metà dei voti per non alterare l’equilibrio. Da questo momento in poi, il successo di Albertini sarà legato al successo del giornale nonostante la difficoltà delle interferenze spesso per mantenere una linea. Albertini riesce a trovare una mediazione tra il conservatorismo e il liberalismo. Ad ogni modo, il successo del giornale pone fine a qualunque discussione. Il rapporto è più difficile con De Angeli che vorrebbe trasformare il Corriere in promotore di interessi economici. La scomparsa di De Angeli, dà maggiore potere ad Albertini che ripartisce l’assetto societario facendo entrare anche il fratello Alberto. I problemi tuttavia tornano con la morte di Crespi a cui succedono i figli, meno disposti a riconoscere ad Albertini indipendenza. Al fronte del successo Albertini vorrebbe che il Corriere fosse il suo giornale ed in seguito ad una posizione di stallo, riesce ad ottenere 22 carature a cui si aggiungono le 3 detenute dal fratello mentre i Crespi ne possiedono ancora 35. Il rapporto con i Crespi peggiora con la scelta antifascista di Albertini: i Crespi vogliono acquistare le quote di Albertini e Albertini risponde facendo la medesima proposta. E’ la stampa del regime a fare pressione sui Crespi per liberarsi degli Albertini. Purtroppo l’impresa non facile di estromettere i fratelli va in porto grazie ad un cavillo legale. Nel 1925 sono costretti a vendere le quote dietro una cospicua liquidazione.

LA DIREZIONE Su segnalazione di Luzzatti, entra al Corriere Albertini. Più che le doti giornalistiche sono lo spirito d’iniziativa, la fermezza caratteriale, la capacità organizzativa e la rettitudine a fargli conquistare la fiducia e la stima di Torelli. Il direttore lo nomina segretario di redazione: è dunque portavoce della volontà di Torelli in redazione e ha il compito di controllare l’esecuzione degli ordini. Quando Torelli si fa indietro, si pare la strada ad Albertini che si dà da fare per mantenere fisso il timone del Corriere. Albertini cerca di non esporsi troppo e pian piano si guadagna la fiducia dei comproprietari del giornale. Determinato a migliorare le sue condizioni di vita, grazie ad un prestito di De Angeli acquista una caratura del Corriere e nel 1900 il direttore Oliva è sempre più invischiato in politica e lascia praticamente ad Albertini la responsabilità del funzionamento. La contrapposizione tra Oliva e Albertini nasce da una diversa visione sul futuro della stampa: Albertini è per l’indipendenza, per la modernizzazione mentre Oliva è ancora legato all’idea di giornale come strumento di cassa di risonanza del pensiero parlamentare e politico. Albertini non vuole far diventare il Corriere un organo di partito. Lo scontro rappresenta un po’ la spaccatura del paese tra chi auspica un’involuzione reazionaria e chi punta a consolidare il liberalismo difendendo la libertà di stampa. Ai proprietari del giornale interessa l’andamento economico e quindi esprimono le loro rimostranze a Oliva con toni pacati; Albertini vuole far leva proprio su questo. Di fronte ad utile in calo, Oliva viene sconfessato e si dimette. Albertini diviene quindi direttore politico, gerente, coeditore e comproprietario per il 3% sugli utili della nuova società fondata nel 1900: “L. Albertini e C.”. Il nuovo direttore mostra intraprendenza e il proposito di raggiungere l’indipendenza e così pone i proprietari di fronte ad un aut aut: o sono disposti a confermarlo come direttore con l’assunzione della piena responsabilità e aumento di stipendio oltre che maggiore autorità oppure rinuncia alla direzione politica. I proprietari accolgono la condizione conferendogli ciò che richiesto. Emerge fin da subito l’intento di dettar lui la linea, di fare del corriere la voce del direttore e dei lettori e non di un parlamentare. Fin da subito preferisce rimanere dietro le quinte tanto da non firmare nemmeno gli articoli. Ma il Corriere tende sempre più ad identificarsi con Albertini e con caratteristiche tipiche di Torelli: la severità e la precisione. Esercita un controllo minuzioso e viene spesso identificato come un monarca esigente ma anche direttore d’orchestra per la sua capacità di coordinare l’équipe. Rivolge critiche, dà suggerimenti e se è necessario prende lui in mano la penna per scrivere un commento o un editoriale. Ad aiutarlo alla direzione c’è il fratello Alberto, responsabile dei rapporti con il personale. L’esempio del Times è stato istruttivo e il giornale diventa una vera e propria impresa. Il potenziamento dei canali di accesso delle info, il rinnovamento tecnologico, la diversificazione dell’offerta sono i primi interventi di Albertini da cui deriva il successo. Inoltre il quotidiano diventa attore politico in prima persona grazie alla capacità di orientare l’opinione pubblica: si fa guida nel rinnovamento intellettuale e spirituale. Lo fa criticando la classe politica e in particolare Giolitti accusato di arrendevolezza nei confronti dei socialisti, di piegarsi troppo per trovare un accordo con i cattolici e di mettere in pratica una mediazione prossima alla corruzione. Caldeggia un ressemblement delle forze borghesi costituzionali, influenzato dal modello bipartitico anglosassone. Albertini diventa dunque la voce di un conservatorismo non reazionario dai tratti moderni. Lo fa con uno stile sobrio al punto che i critici etichetteranno il Corriere come “il giornale delle pantofole” accusandolo di eccessiva prudenza. Tuttavia si sbilancerà in occasione della guerra di Libia e della Grande Guerra a favore dell’interventismo e questo lega il Corriere inevitabilmente all’esito delle guerre.

Di fronte all’esito disastroso della guerra Albertini è consapevole del peso che ha avuto il Corriere nelle radiose giornate di maggio perciò aumenta il suo sforzo propagandistico di rinsaldare il paese E pian piano decide di delegare la direzione del quotidiano al fratello ma è sempre lui ad occuparsi della direzione politica. Nel dopoguerra dunque si può parlare di codirezione. Albertini è piuttosto soddisfatto della direzione portata avanti dal fratello, molto stimato e dedito al giornale. Dopo la marcia su Roma nel 22 il Corriere si propone come guida antifascista liberale al punto che dal delitto Matteotti all’estromissione dei fratelli Albertini politica e giornalista coincidono. Il legame tra i due si ancora più saldo nella comune battaglia in difesa delle libertà e del quotidiano.

L’AMMINISTRAZIONE L’amministrazione durante la direzione Albertini è affidata a Eugenio Balzan. Inizialmente assunto come correttore di bozze riesce ad acquistare la fiducia di Albertini per la sua intraprendenza ed in seguito al viaggio in Canada come inviato speciale in cui travestito da emigrante riesce a documentare le dolorose condizioni dei connazionali costretti a sopportare discriminazioni. Grazie a ciò il Corriere assume enorme visibilità e Balzan vede assegnarsi compiti sempre più importanti. Nel 1903 gli viene affidata l’amministrazione dell’azienda. Da questo momento diventa una delle figure più influenti nel giornale e il braccio destro di Albertini insieme ad Alberto. Si occupa di stipendi, prestiti, rimborsi, materie prime, abbonamenti, pubblicità, trasporti, assunzioni, questioni legali..ecc Delicato è l’incarico che Albertini dà a Balzan: appianare i debiti contratti dal fratello minore Antonio. Balzan è oramai uomo di fiducia degli Albertini, un amico con cui passano le vacanze. Albertini lo descrive dicendo “era tagliato in grande”, non riferendosi alla statura, ma all’ “energia irrompente”, “un uomo di metodo e di lunghi piani”. Il bilancio va a gonfie vele e le entrate maggiori derivano dalla rivendita, dalla pubblicità e dagli abbonamenti, mentre le spese maggiori sono per la carta e la redazione. Confrontando i bilanci con quelli precedenti si nota l’aumento delle voci: ciò fa capire la trasformazione del Corriere in un’azienda sempre più grande e redditizia. Neanche la guerra pone fine al successo tuttavia con la difficoltà dell’acquisto delle materie prime, si è costretti a toccare le scorte intaccando il capitale di riserva accumulato. Proprio nel 1919 emerge l’importanza di Balzan che viene indicato come possibile direttore di una nuova edizione pomeridiana del Corriere. Il progetto non andrà in porto ma testimonia la grande fiducia riposta in lui, che da questo momento dovrà fronteggiare le difficoltà economiche del dopoguerra. Col crescere della tensione dopo il delitto Matteotti si moltiplicano gli episodi di violenza che vedono vittima lo stesso Balzan dell’odio per gli Albertini. Egli farà da mediatore all’accordo tra i Crespi e Albertini ma tuttora non è chiaro quanto sia stata determinante l’azione di Balzan nel porre fine al “regno” dei fratelli. La cosa certa è che l’amministratore trae vantaggio dal cambiamento societario e traghetta il Corriere verso il nuovo assetto che manterrà lungo tutto il regime, garantendo ampi profitt...


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