Riassunto libro Dostoevskij poetica stilistica PDF

Title Riassunto libro Dostoevskij poetica stilistica
Author Eleonora R
Course Letteratura russa i
Institution Sapienza - Università di Roma
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Riassunto libro Dostoevskij poetica stilistica...


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CAPITOLO I Il romanzo polifonico di Dostoevskij e la sua interpretazione nella letteratura critica Nella critica letteraria l’opera di D. è composta di varie filosofie/coscienze autonome e contraddittorie date da ciascuno dei suoi eroi. Tra queste ci sono anche le concezioni filosofiche dell’autore che per alcuni si fondono con quelle di suoi personaggi, per altri sono una sintesi di tutte. L’eroe è concepito come una forma autonoma con un suo pensiero (lo osservano anche Engel’gardt e Meier-Grafe). La critica letteraria su D., dice questo non perché è incapace ma perché risponde alla fondamentale caratteristica strutturale delle opere dell’autore  la polifonia delle voci e delle coscienze indipendenti. Gli eroi di D. non sono quindi solo oggetti della parola dell’autore ma anche soggetti della propria parola. D. da vita a un genere romanzesco nuovo: il romanzo polifonico. Ecco perché la sua opera non rientra in nessuna trama, in nessuno schema letterario precedente. Nel mondo di D., i soliti legami pragmatico-narrativi sono insufficienti perché presuppongono che l’eroe sia un oggetto nel progetto dell’autore, invece i punti connettivi in D. sono di altro genere, l’impianto del racconto è diverso rispetto ai romanzi di tipo monologico  la posizione da cui è condotto il racconto è orientata rispetto a questo nuovo mondo romanzesco. Quindi: gli elementi strutturali sono originali in D. perché il suo compito artistico era quello di costruire un mondo polifonico e distruggere le forme fisse del romanzo monologico. Vediamo come si pone la letteratura critica rispetto a questa caratteristica fondamentale. = la letteratura critica non ha fatto altro che monologizzare questo mondo secondo i vecchi schemi, concentrandosi sulle concezioni ideologiche degli eroi e ignorando appunto la polifonia delle coscienze, (questo portava ad avere un monologo filosofico), o interpretando il mondo dostoevskiano come il mondo del romanzo realistico social-psicologico europeo. Entrambi i metodi non sono in grado di penetrare l’architettura artistica di D.  la critica quindi tratta i problemi artistici con superficialità. Il metodo principale era quello della monologizzazione filosofica, gli autori tentavano di costringere la polifonia delle coscienze entro gli schemi di un’unica visione del mondo quindi dalle coscienze degli eroi si estrapolavano tesi ideologiche che venivano: - o disposte in una serie dialettica dinamica - o contrapposte a vicenda come antinomie assolute.

Quindi al posto dell’interazione di più coscienze indipendenti mettono un’interrelazione di idee e pensieri limitati a una sola coscienza. Il primo critico a cominciare a capire questa caratteristica del mondo di D. fu Vjačeslav Ivanov  definisce il suo realismo come non fondato sulla conoscenza ma sulla penetrazione, dice che il principio della visione del mondo di D. è affermare l’io altrui non come oggetto ma come soggetto. Questo è il postulato etico-religioso che determina il contenuto del romanzo (la catastrofe della coscienza isolata). Ivanov quindi si limita ad indicare la rifrazione tematica di questo principio nel contenuto del romanzo l’affermazione della coscienza altrui come postulato etico-religioso dell’autore e come contenuto dell’opera non crea ancora un nuovo tipo di romanzo. Ivanov trova quindi una definizione corretta del principio fondamentale di D. ma definisce il romanzo di D. come romanzo-tragedia, non ne comprende l’innovazione artistica e la riduce a uno schema già noto (monologizza il principio). (n c’aveva capito quasi ncazzo) Come Ivanov anche Askol’dov arriva quasi a capire la caratteristica fondamentale di D. ma anche lui resta nei limiti della concezione etico-religiosa di D. e del contenuto delle sue opere interpretato monologicamente. A. dice che la prima tesi etica di D. è “sii persona”, poi passa al contenuto dei romanzi e mostra come gli eroi di D. diventano persone. Nei romanzi di D il delitto è l’impostazione del problema eticoreligioso, il castigo la sua risoluzione  formano il tema cardinale della sua opera. La formula di Ivanov è migliore di quella di Askol’dov. Grossman sostiene che il significato principale di D. sta nella creazione di una nuova pagina nella storia del romanzo europeo. G. individua la fondamentale caratteristica della poetica di D. nella violazione del vecchio canone. G. dice che in D. c’è l’impronta profonda del suo stile personale ma sbaglia perché l’unità del romanzo dostoevskiano sta al di sopra dell’impronta e del tono personale: - Dal punto di vista dell’interpretazione monologica dell’unità dello stile è pluristilistico (o astilistico) - Dal punto di vista dell’interpretazione monologica del tono è pluriaccentato G. dice che il significato del dialogo in D. si adatta all’incarnazione della plurivocità. G. spiega questo dialogismo con le contraddizioni nella concezione del mondo di D. :la scepsi umanistica e la fede. Questa spiegazione è esatta come anche il rilievo del carattere personalistico della percezione dell’idea in D. : in lui ogni opinione diventa un essere vivente. Se G. connettesse l’unione di queste contraddizioni con la

pluralità delle coscienze indipendenti allora arriverebbe alla chiave dei romanzi di D.: la polifonia. G. interpreta il dialogo in D. come una forma drammatica. Per G. i romanzi dostoevskiani dell’ ultimo periodo sono dei misteri. Il mistero in effetti è a più piani e polifonico ma la stessa costruzione del mistero non permette alla molteplicità delle coscienze di dispiegarsi.

Otto Kaus dice che c’è una pluralità di posizioni ideologiche. K afferma che il mondo di D. è la più pura espressione dello spirito del capitalismo. I mondi e i piani sociali culturali e ideologici che si scontrano nell’opera di D. prima erano autosufficienti, il capitalismo ha distrutto l’isolamento di questi mondi, li ha uniti nella sua unità in divenire. Questi mondi non possono più bastare a se stessi. Il romanzo polifonico poteva realizzarsi solo nell’epoca capitalista, e proprio in Russia il capitalismo emerse all’improvviso, non gradualmente come nel resto dell’Europa. K. dopo aver evidenziato la pluralità sposta le sue spiegazioni dal piano del romanzo alla realtà. K. è bravo perché non ha monologizzato questo mondo, non ha voluto conciliare le contraddizioni. V. Komarovič analizza L’adolescente e scopre cinque intrecci narrativi isolati legati soltanto da nessi narrativi superficiali. D. non usa i legami universali. Questi pezzi di realtà hanno un significato sul piano di una data coscienza, se si unissero in un unico orizzonte monologico ci troveremmo di fronte al mondo di un romantico, non a D. Komarovič interpreta l’ unità di D. monologicamente anche se fa un’analogia con la polifonia in musica. L’errore di Komarovič è che cerca la combinazione immediata tra gli elementi della realtà mentre si tratta di realtà/coscienze che non vanno unite ma combinate insieme  quindi alla fine pure Komarovič riduce L’adolescente in un’unità monologica.

Engel’gart nel suo saggio ha capito la caratteristica fondamentale di D. E. parte dalla definizione sociologica e storico-culturale dell’eroe di D: l’eroe di D. è l’intellettuale staccato dalla tradizione culturale e stabilisce particolari rapporti con un’idea  è indifeso davanti ad essa proprio perché privo di tradizione culturale e diventa l’uomo dell’idea, è posseduto dall’idea, essa deforma la sua coscienza e la sua vita. Non è l’eroe che vive ma l’idea e l’autore non narra la vita dell’eroe ma la vita dell’idea in lui.  l’idea non è principio di raffigurazione ma oggetto di raffigurazione. Di qui la definizione del romanzo di D. come romanzo ideologico ma non nel senso di romanzi con un’idea ma romanzi sull’idea.

In D non si trova la descrizione oggettiva del mondo esteriore, né realtà quotidiana, natura ecc. ma c’è quell’ambiente a seconda di cui tutto ciò è contemplato dai personaggi. A seconda del tipo di idea che governa l’eroe, E. distingue tre piani nei quali può svolgersi l’azione del romanzo: 1. L’ambiente: qui domina la necessità meccanica, ogni atto è il prodotto delle condizioni esteriori. 2. L’humus: il sistema organico dello spirito popolare che si sviluppa. 3. La terra: è uno dei concetti più profondi in D. rappresenta la natura tutta, il tutto, l’uomo, gli animali, è contemporaneamente il mondo dove si svolge la vita terrena dello spirito che ha trovato la libertà. È il regno dell’amore e della libertà. Come sono legati questi piani nell’unità del romanzo? Sono secondo E., tappe dello sviluppo dialettico dello spirito. quindi sono parte di un unico percorso che porta all’affermazione assoluta dell’essere. E cerca di superare l’ideologicità delle interpretazioni delle opere di D. egli da una giusta definizione dell’impostazione dell’idea nel romanzo dostoevskiano. I mondi degli eroi e le idee che stanno alla loro base come si unificano nel mondo dell’autore e del romanzo? A questa domanda E. dà una risposta sbagliata: dice che i rapporti tra i tre piani del romanzo non sono dati come tappe del divenire di un unico spirito sennò ogni romanzo sarebbe un filosofema compiuto, un romanzo filosofico e l’ultima tappa sarebbe inevitabilmente una sintesi dell’autore.  invece in nessun romanzo dostoevskiano c’è il divenire dialettico di un unico spirito, né c’è crescita in generale, in ogni romanzo è data la contrapposizione non superata dialetticamente di varie coscienze che non si fondono nell’ unità dello spirito. I rapporti tra i mondi degli eroi non possono essere ridotti a rapporti di tesi, antitesi e sintesi. E. allora riduce il mondo di D. a un monologo filosofico sviluppato dialetticamente. Il mondo di D. è profondamente pluralistico: similitudine con la Chiesa = comunione di anime non fuse, o con l’universo dantesco = dove la pluralità di piani si trasferisce nell’eternità. La pluralità di piani e la contraddittorietà D. le sapeva percepire nel mondo sociale oggettivo, i rapporti si realizzavano non mediante la persona ma con lo stato della società. Era l’epoca a rendere possibile il romanzo polifonico. =quindi la categoria fondamentale della visione artistica di D. non è il divenire ma la

coesistenza e l’interazione  egli pensava il suo mondo nello spazio e non nel tempo (ecco perché andava verso la forma drammatica).  Questa tendenza a vedere tutto come coesistente lo porta a drammatizzare nello spazio le contraddizioni interiori ad esempio facendo parlare i personaggi col diavolo, con loro sosia ecc. la possibilità di coesistere è per D. quasi il criterio di distinzione dell’esistente dall’inesistente: solo ciò che è contemporaneo è essenziale e rientra nel suo mondo. Per questo anche i suoi eroi non ricordano nulla o meglio ricordano del loro passato solo ciò che non ha cessato di essere presente (un peccato non espiato, un’offesa, un delitto). Questo si spiega anche con la sua posizione di giornalista. Questa caratteristica, della coesistenza e del vedere tutto come contemporaneo è la grande forza di D. ma anche la sua debolezza, non vede molte cose essenziali ma dall’altra parte riesce a percepire al massimo un dato istante e vedere particolari che ad altri sfuggirebbero. Laddove altri vedono un pensiero lui ne vedeva due, tutto ciò che sembrava semplice egli l’ha reso complesso e tutte queste contraddizioni e duplicità non sono diventate dialettiche, non sono state messe su una linea temporale ma si sono dispiegate sullo stesso piano come coesistenti. Solo Dante ha questa particolarità di ascoltare e capire tutte queste voci contemporaneamente. L’eroe di D. è l’uomo e ha raffigurato non l’idea nell’uomo ma l’uomo nell’uomo. Ogni pensiero degli eroi di D. si sente come replica di un dialogo incompiuto. Il termine romanzo ideologico quindi è inappropriato: e manco Engel’gart ha colto fino in fondo la volontà artistica di D. pur avendone individuato alcuni momenti essenziali. A. Lunačarskij ha impostato con molta precisione il problema della polifonia in D.,condivide la nostra tesi sul romanzo polifonico. Sottolinea che tutte le voci sono punti di vista sul mondo. Egli considera Shakespeare e Balzac predecessori di D. nel campo della polifonia. Dice di Sh. che, essendo privo di tendenziosità è altamente polifonico: i suoi drammi non si sforzano di dimostrare alcuna tesi né le voci vengono private della loro pienezza per favorire la costruzione drammatica. Secondo L. anche le condizioni sociali dell’epoca di Sh. sono analoghe a quelle dell’epoca di D. nell’epoca di Sh. iniziava a nascere il capitalismo nell’Inghilterra medievale, si assisteva a scontri tra società e sistemi che prima non erano mai venuti in contatto. In Sh. matura il germe della polifonia, che viene poi portata a compimento da D ma non si può considerare quella di Sh. Una polifonia formata e riuscita, perché:

Il dramma è di natura estraneo alla polifonia, può essere a più piani ma non a più mondi: ammette solo un sistema di riferimento. Anche se si può parlare di una molteplicità di voci valide lo si può fare solo riguardo tutta l’opera di Sh. Non ai singoli drammi: in ogni dramma c’è sostanzialmente una sola voce pienamente valida. In Sh. le voci non sono punti di vista sul mondo nello stesso grado in cui lo sono in D. gli eroi shakespeariani non sono ideologi. In Balzac si può parlare soltanto di elementi di polifonia. B. sta sulla stessa linea di sviluppo del romanzo europeo in cui sta D. ed è uno dei suoi più diretti predecessori. Balzac però non supera l’oggettualità dei suoi eroi e la compiutezza monologica del suo mondo. Solo D. può essere riconosciuto come il creatore della polifonia. L. si concentra soprattutto sulla spiegazione delle cause storico-sociali della polifonia di D. (analisi storico-genetica), concorda con Kaus e analizza a fondo la contraddittorietà dell’epoca del capitalismo russo e la contraddittorietà della personalità di D. (oscilla tra socialismo rivoluzionario e conservatorismo religioso). D. infatti è padrone di sé come scrittore ma non lo è come uomo, questa scissione interiore lo rende adatto a farsi interprete del turbamento della sua epoca. Fin qui l’analisi di L. va bene, sorgono dubbi quando da questa analisi si traggono conclusioni sul valore artistico e sulla progressività storica del nuovo romanzo creato da D. L. sembra dedurre che il romanzo polifonico visto che è frutto di una data epoca, col passare del tempo si svaluta, invece le grandi scoperte del genere umano non muoiono mai ma conservano la loro importanza artistica (in questo caso) nelle condizioni completamente diverse delle epoche successive. Infatti il romanzo polifonico sopravvisse al capitalismo. Il dostoevskismo non può essere confuso con la polifonia , esso è lo sfruttamento reazionario puramente monologico della polifonia di D. Nei due decenni successivi (tra il ’30 e il ’50), i problemi della poetica di D. passarono in secondo piano. Kirpotin al contrario di altri studiosi he vedono in D una sola anima, sottolinea la sua capacità di vedere le anime altrui. K. sottolinea il carattere realistico e sociale dello psicologismo di D. quindi poi capisce la polifonia anche se non usa questo termine.

Nell’ultimo decennio nella letteratura su D. prevalgono le analisi storico-letterarie e storico-sociologiche, non vengono trattati i problemi della poetica. Šklovskij parte dalla tesi di Grossman che dice che il contrasto delle voci ideologiche sta alla base della forma artistica delle opere di D., alla base del suo stile. Ciò che interessa a Šklovskij non è tanto la forma polifonica quanto le fonti storiche del contrasto ideologico che dà origine a questa forma. S. espone il contrasto delle forze storiche (politiche, sociali, ideologiche), che passa attraverso tutto il cammino di D.  questo contrasto rimase irrisolto, sia per l’epoca che per D. stesso. Nel libro di Š. ci sono anche osservazioni sulla poetica: la prima riguarda il processo creativo di D. e i piani con cui abbozzava le sue opere. Non amava terminare i manoscritti, faceva varie minute, i piani di D. quindi contengono l’incompiutezza nella loro stessa sostanza. Terminavano quando i personaggi smettevano di discutere, allora nasceva la disperazione per la mancanza di soluzione. Il processo creativo di D. si distingueva da quello degli altri scrittori, egli non cerca discorsi per i personaggi ma ricerca parole ed espressioni quasi indipendenti dall’autore, per l’eroe, cerca parole che non esprimono il suo carattere ma il suo punto di vista sul mondo, e per l’autore e come autore egli cerca parole e situazioni narrative stimolanti. Questa è la profonda originalità di D. la seconda riguarda la natura dialogica di tutti gli elementi della struttura del romanzo in D. Non solo i personaggi contrastano tra loro in D.,ma anche i singoli elementi dello sviluppo narrativo. La dialogicità di D. non si esaurisce nei dialoghi esteriori, espressi dei suoi personaggi il romanzo polifonico è tutto dialogico. Ci sono rapporti dialogici tra tutti gli elementi della struttura del romanzo. D. sapeva cogliere i rapporti dialogici dappertutto, dove comincia la coscienza lì comincia il dialogo. Solo i rapporti puramente meccanici non sono dialogici e secondo D. non hanno alcun valore per quanto riguarda la comprensione della vita e degli atti dell’uomo (lotta al materialismo meccanicistico). All’interno di questo grande dialogo risuonano i dialoghi espressi dai personaggi che formano il microdialogo che determina le particolarità dello stile linguistico di D.

In quasi tutti gli scritti di critica storico-letterari sovietici contenuti nella raccolta Tvorčestvo F. M. Dostoevskogo si trovano varie osservazioni sulla poetica di D. a noi interessa il lavoro di Grossman . nella parte Le leggi della composizione egli approfondisce quei concetti che abbiamo analizzato prima: secondo G. alla base di ogni romanzo di D. sta il principio di due o più narrazioni che si scontrano e sono collegate secondo il principio musicale della polifonia. G. sottolinea fortemente il carattere musicale della polifonia in D. i rapporti contrappuntistici nella musica non sono altro che la varietà musicale dei rapporti dialogici. CAPITOLO II Il personaggio e la posizione dell’autore nei confronti del personaggio nell’opera di Dostoevskij Dividiamo la tesi del capitolo I in tre momenti, questo capitolo si sofferma sul primo: il personaggio. A D. interessa il personaggio non come un elemento della realtà con le sue caratteristiche ma come particolare punto di vista sul mondo e su se stesso  è importante non quello che il suo personaggio è nel mondo ma ciò che il mondo è per il personaggio e ciò che egli è per se stesso. Quindi ciò che deve essere scoperto non è il modo di essere del personaggio ma il risultato ultimo della sua coscienza e autocoscienza. La figura del personaggio si forma col significato che i tratti della realtà hanno per lui . tutte le qualità che di solito servono all’autore per creare un personaggio in D. diventano oggetto di riflessione del personaggio stesso. Di solito l’autocoscienza del personaggio è un elemento della sua realtà, qui invece tutta la realtà diventa elemento della sua autocoscienza. Già nel periodo gogoliano D. raffigura non l’impiegato povero ma l’autocoscienza dell’impiegato povero. D. ha fatto una rivoluzione facendo di ciò che era una determinazione dell’autore un momento dell’autodeterminazione del personaggio, il mondo gogoliano è lo stesso nelle prime opere di D. ma quel che faceva l’autore lo fa ora il personaggio. Anche il mondo esterno e la vita che lo circonda vengono coinvolti nel processo di autocoscienza, trasferiti dall’orizzonte dell’autore all’orizzonte dl personaggio.  alla coscienza del personaggio l’autore può contrapporre solo il mondo di altre coscienze pari alla sua. Si può fare dell’autocoscienza la dominante della raffigurazione di qualsiasi uomo ma non tutti sono un materiale favorevole per tale raffigurazione = D. cercava u

personaggio che fosse concentrato solo sul prendere coscienza del mondo, ecco che nasce l’uomo del sottosuolo e il sognatore. L’uomo del sottosuolo è così favorevole per l’orientamento creativo di D. che gli permette di fondere insieme la raffigurazione con la persona raffigurata. Sull’uomo del sottosuolo non c’è niente da dire che lui non sappia già, non figura come uomo nella vita reale ma come soggetto...


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