Sante Giuffrida - Riassunto libro professore Todaro PDF

Title Sante Giuffrida - Riassunto libro professore Todaro
Author Giorgia Pappalardo
Course Storia della pedagogia
Institution Università degli Studi di Catania
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Riassunto libro professore Todaro...


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Sante Giuffrida La ricorrenza del 1500 anniversario della proclamazione dello Stato nazionale, ha segnato un’attenzione attorno ai grandi temi che segnarono la difficile fase di assestamento e decollo della nuova realtà politica italiana. L’”attenzione” verso l’area dei problemi rappresentati dai processi formativi e scolastici è tornata a segnalare l’incidenza del grande tema formativo del “fare gli italiani” sull’orizzonte di gravità dei compiti che attesero il destino della nazione all’indomani dell’Unità. I problemi evidenziatisi nel lento consolidamento dei processi di scolarizzazione misero in evidenza problemi di diversa natura nella difficoltà di sostenere progetti di modernizzazione del Paese e prospettive di rinnovamento dei suoi tessuti sociali. Spezzare a tutti il pane della scienza divenne un’immagine estremamente rappresentativa di novità per l’ampliarsi di una cultura moderna dell’educazione. La nuova scuola dello Stato unitario era luogo di apprendimento del sapere e di conoscenze “utili” per la vita, ma soprattutto officina “educativa” del popolo italiano, luogo cioè di apprendimento di norme e di regole, di modelli di virtù e di comportamento. Fra le nuove categorie sociali chiamate a prendere in mano il destino della nazione gli insegnanti elementari furono chiamati ad interpretare il difficile ruolo di “esempio”: figure ammirevoli di testimonianza di correttezza e di onestà. La figura di Giuffrida acquista rilievo ed interesse in riferimento al recupero di un momento decisivo per la costruzione dei processi formativi nell’Italia unita, prendendo in considerazione la specificità dei problemi e dei fenomeni che concorsero a caratterizzare le tensioni di una società in cambiamento. Giuffrida teneva di mira il perfezionamento delle pratiche scolastiche e l’elevazione dei livelli acculturazione delle masse. Egli interpretò la figura si mediatore per cui il sapere pedagogico si rese “costume” di una speciale categoria professionale: quella degli insegnanti elementari chiamata a modernizzare i propri riferimenti culturali facendo dell’insegnamento una pratica “sperimentale”. Giuffrida era particolarmente impegnato anche sul terreno dello sviluppo “applicativo” della scienza dell’educazione. Era, a suo avviso, compito indifferibile di una pedagogia scientifica l’allestimento di “strumenti” utili per gestire i piani di attività didattica e scolastica il dove intervenire sul lavoro degli insegnanti con equilibrio e armonia.

Capitolo 1 Sante Giuffrida nacque a Catania il 26 gennaio 1842. Proiettato a realizzare una professionalità altamente qualificata in campo educativo ed a spendere un patrimonio di risorse intellettuali dentro il mondo della scuola e dell’educazione popolare. Un elemento che può conferire ulteriore interesse al rilievo storico della figura di Giuffrida riguarda l’atipicità della sua collocazione sul piano del dibattito pedagogico nazionale della seconda metà del XIX secolo. Questo perché Giuffrida non possiede una sua collocazione accademica: la sua cultura pedagogica è frutto di un’ampia formazione scientifica e della sua esperienza concreta nell’ambito dell’insegnamento. La sua atipicità consiste quindi, nell’impossibilità di avere una sua collocazione accademica. Noto come pubblicista e saggista, autore di manuali su temi pedagogici e didattici, egli ebbe la capacità di proporsi nell’Italia della seconda metà del XIX secolo quale scienziato dell’educazione e cultore della disciplina pedagogica. La sua figura di studioso si caratterizzò altrimenti per l’apertura a molteplici riferimenti culturali e quindi per la capacità di esprimere un’ampia interlocuzione dialettica nei confronti di un esteso patrimonio della cultura pedagogica ottocentesca. La sua riflessione pedagogica si contraddistinse per la capacità di muoversi su un piano di eclettismo e mostrandosi disponibile ad assimilare istanze provenienti da diverse origini. Inoltre, vivere in prima persona le disagiate avventure del diventar maestro nonché apprezzare dall’interno la fragilità del mondo magistrale e la debolezza del suo status sociale e professionale costituirono sicuramente fattori decisivi nell’orientare Giuffrida ad intraprendere uno studio dei problemi dell’educazione e nel condurlo ad occuparsi dei problemi evidenziati dal “fare scuola”. L’obiettivo era restituire conferenze alla figura di maestri e maestre.

Capitolo 2 Nelle “Memorie d’un educatore”, pubblicato nel 1874, Giuffrida, con grande onestà, espose le incertezze, i tentativi, le prove, gli studi e le molteplici difficoltà incontrate e superate nella sua missione educativa. In quest’opera offrì un ritratto particolareggiato di 31 suoi alunni, mostrando i progressi fatti da ciascuno di essi durante il periodo di frequenza scolastica e ribadendo il principio che “la conoscenza quanto più minuta ed esatta dello scolaro doveva considerarsi la condizione indispensabile per la riuscita dell’opera educativa”. L’opera fu accolta positivamente tanto che si ebbe una seconda edizione nel 1885. L’autore, verso la fine del 1912, volle completare il suo lavoro pubblicandone una terza edizione notevolmente migliorata e con fotografie degli alunni. Le pagine di memoria di Giuffrida riuscivano a sintetizzare il bisogno di ordinare una più seria e ben indirizzata politica della scuola e, al bisogno, di attingere ad una disciplina pedagogica meglio attrezzata. Emergeva quale problema fondamentale non soltanto la scarsità di personale qualificato nei ruoli della classe docente, ma soprattutto l’incapacità di tramandare il sapere verso le masse. Nelle Memorie di Giuffrida potevano trovare sfogo pertanto, le gravi difficoltà patite dal mondo della scuola in presenza di un passaggio storico complesso e delicato. Le Memorie del maestro catanese si porgevano come testimonianza per ritrovare tutti i più gravi limiti che incombevano su una scuola ancora drammaticamente in ritardo sulla via della modernizzazione. Fra gli altri problemi esposti da Giuffrida emergevano la mancanza dei mezzi e delle risorse a disposizione della scuola e la scarsezza degli investimenti impiegati dai Comuni per il mantenimento per la gestione delle scuole elementari. Tra gli altri problemi che a quel tempo l’insegnante di scuola elementare si trovava ad affrontare, doveva considerarsi l’affollamento delle poche classi che normalmente finivano per superare anche le quaranta unità: classi che si presentavano anche alquanto disomogenee rispetto ai livelli di età degli alunni.

Capitolo 3 I motivi della “conversione” sempre più convinta da parte di Giuffrida al miglioramento della scuola e del rinnovamento della pedagogia sono presentati nelle Memorie d’un educatore come esito di un percorso sofferto e faticosamente affrontato. Il non rassegnarsi di fronte ad una situazione obiettivamente difficile costituisce certamente una delle condizioni fondamentali che spinsero Giuffrida a vivere l’insegnamento con impegno, curiosità e spirito d’indagine. Dalle pagine dell’autore emergeva chiaramente la scarsa retribuzione dei maestri. Nel 1872, Giuffrida fondò anche un giornale educativo e scolastico intitolato “L’Educatore Siciliano”. Questa intendeva operare come strumento di promozione della cultura educativa, ma aveva anche l’obiettivo di una salutare collaborazione tra scuola e famiglia per una loro alleanza. Il giornale diretto da Giuffrida si basava su precise convinzioni: aumentare il numero delle scuole e migliorare le condizioni degli operatori che avrebbero dovuto portare ad effetto tale missione civile. L’educatore siciliano voleva costituire una tribuna aperta di discussione dei problemi educativi e scolastici e soprattutto intendeva proporsi quale strumento a servizio degli insegnanti e delle famiglie per esporre le difficoltà, le preoccupazioni, i disagi. In questo senso le sue pagine si prestavano a raccogliere lettere, comunicazioni, contributi ed interventi di quanti desideravano impiantare una rete di scambio ed avviare una comunicazione intorno all’esperienza educativo-scolastica. Secondo Giuffrida la scuola si sarebbe dovuta caratterizzare perciò, complessivamente, come istituzione laica. Rivolta al consolidamento di costumi civili, impegnata nella diffusione di sentimenti solidali rivolti al perseguimento della buona condotta e tesa alla convivenza pacifica ed alla socialità, senza però escludere da una simile visione il valore di perfezionamento arrecato dalla cura della dimensione religiosa. Insistendo sulle finalità sociali dell’educazione, il discorso pedagogico prevalentemente sostenuto dal giornale soffermavano sulle condotte individuali e collettive orientate alla collaborazione e al buon esempio. C’erano però molti aspetti negativi, ancora l’inefficacia amministrativa e la scarsa attenzione per la gestione della scuola, rendevano la situazione difficile da affrontare. Innanzitutto, la prima condizione che si presentava come necessaria per risollevare le disagiate condizione delle classi popolari coincideva con l’introduzione dell’istruzione obbligatoria. In secondo luogo, risultava particolarmente urgente incentivare e promuovere l’educazione femminile. Speciale importanza doveva infine attribuirsi alla preparazione di abili e zelanti maestri. Le pubblicazioni dell’Educatore Siciliano venivano

sospese per le evasioni delle quote associative che rendevano ormai impossibile sostenere un’impresa già gravosa. Un tentativo di ripresa avvenne nel giugno 1873, attraverso la fusione della testata diretta da Giuffrida con il giornale “L’Archimede”, diretto da Guglielmo Collotti. L’iniziativa tuttavia era praticamente destinata ad estinguersi sul nascere. Poiché se il fine educativo della scuola doveva riconoscersi nella formazione del carattere degli allievi e nella formazione di uomini saldamente in grado di perseguire buoni propositi, allora proprio gli insegnanti avrebbero dovuto rappresentare l’esempio primo e la testimonianza più ammirevole di un’espressione di saldezza.

Capitolo 4 Sante Giuffrida pubblicava nel 1874 un volumetto di Memorie in cui egli raccolse tutto il materiale dell’opera educativa e insegnativa da lui compiuta in quell’anno. A Giuffrida è dato il merito di essere stato il primo a sperimentare ed a concepire in Italia, sotto forma di scheda analitica, la registrazione di una raccolta di informazioni sistematiche e tendenzialmente complete sulla personalità degli allievi. Se il compito più grave per gli insegnanti girava intorno al bisogno di sviluppare un’accurata pratica di osservazione degli scolari al fine di ricavare una piena conoscenza delle caratteristiche che ne contraddistinguevano le differenze individuali, la questione più urgente per la scienza pedagogica doveva evidenziarsi nell’esigenza di mettere a disposizione degli insegnanti gli strumenti per realizzare lo svolgimento di tale complicato lavoro. Per potersi definire pedagogia scientifica, dovevano riconoscersi una forma di pratica sperimentale basata sulle osservazioni e sulle esperienze. Non una formulazione di regole ma conduzione di pratiche osservative e valutative. Giuffrida poi, intendeva sottolineare la grande opportunità che l’educazione doveva offrire a ciascuno di riconoscere le proprie inclinazioni. Un piano educativo che fosse riuscito a portare l’alunno ad una migliore conoscenza delle proprie qualità e delle proprie possibilità, si sarebbe rivelato vantaggioso non soltanto di per sé, ma avrebbe conferito elementi importanti di servizio dell’educatore. L’avvio di una concezione educativa che dava fiducia al “metodo sperimenta”, coincidente con l’espressione di una pedagogia che cercava di mettere in azione le energie, i sentimenti, le attitudini comportamentali di ogni soggetto educando perché solo nell’azione si sarebbero potute cogliere le potenzialità in divenire dell’alunno. Per una scuola moderna che si fosse posta come obiettivo la crescita personale di ogni alunno, doveva necessariamente riconoscere l’importanza di legare attorno a sé una collaborazione di forze per ricavare quante più informazioni possibili sulla personalità di ciascun allievo. Accanto alla famiglia doveva evidenziarsi il ruolo di collaborazione di un qualche medico “scolastico”, la cui competenza professionale avrebbe concorso a supportare il lavoro educativo degli insegnanti dando informazioni inerenti allo sviluppo fisico degli scolari.

Capitolo 5 Lo schema di base su cui si impiantava il nuovo prospetto antropologico proposto da Giuffrida, procedeva ad organizzarsi su tre sezioni: facoltà fisiche, intellettive e morali. Per la conoscenza di ordine “fisico” degli allievi sarebbe stato necessario effettuare una serie di rilevazioni sulle principali fonti di forza espresse da ciascun allievo sul piano muscolare, locomotorio, respiratorio. Sarebbe stato poi indispensabile rilevarne il tipo di costituzione fisica (statura, robustezza) e la sanità ed integrità. Per quel che riguarda l’educazione morale: iniziare a conoscere gli allievi dal punto di vista delle “facoltà morali” significava, per Giuffrida, richiamare l’opportunità di seguirne e apprezzarne le prime tendenze “affettive” e gli agenti moventi del “sentimento”. Poiché gli organi costitutivi dell’uomo morale, dovevano ritrovarsi nel risultato di un’armonica combinazione tra mente e cuore, l’attenzione dell’educatore doveva essere richiamata al bisogno di osservare non soltanto il modo in cui nei fanciulli si cominciavano a fissare le mete, le preferenze dei loro affetti. Ma anche le modalità di regolazione del sentimento, poiché anche in campo morale, come in campo intellettuale, il processo dell’educazione doveva essere indirizzato a sciogliere quelle modalità dell’agire di un caratteriale incostante, instabile e volatile. Conoscere il temperamento e l’indole caratteristici di ciascun alunno, avrebbe dovuto rappresentare, per Giuffrida, un compito fondamentale per l’educatore. Al fine di intervenire, tramite l’educazione, a modificarne e trasformarne gli effetti secondo direzioni virtuose e per procurare le condizioni favorevoli al rinsaldamento del carattere. A completamento del Prospetto antropologico, Giuffrida, offriva una

possibilità a procedure alla compilazione di una sorta di profilo biografico ragionato descrittivo della personalità di ciascun alunno.

Capitolo 6 Il passaggio dagli anni ’70 agli anni ’80 del XIX secolo, evidenzia un periodo decisivo di maturazione e di crescita per l’attività di Sante Giuffrida. Pubblico il “Saggio D’un Dizionario Pedagogico”. L’opera di Giuffrida veniva ad incrociare le trame ordinatrici di un movimento innovativo della pedagogia che fissava a meta dell’insegnamento scolastico la costruzione di atteggiamenti e di abitudini intellettuali presso gli allievi, alla formazione dello strumento “testa”. Il riferimento a Gabelli e al suo contributo, alla discussione sul metodo d’insegnamento nelle scuole elementari d’Italia era collegata alla teoria di Giuffrida che voleva spronare la cultura dell’educazione verso l’adozione di strumenti, metodi, attività, riconosciuti come “più autenticamente formativi” in quanto più “naturali”. Si trattava di intervenire in maniera integrale e completa sui programmi disciplinari delle scuole elementari e di spiegare ai maestri come sviluppare ciascun insegnamento secondo il metodo intuitivo che rispetta la natura dell’intelligenza. A fondamento della formazione scolastica di grado elementare, doveva conseguentemente riconoscersi la funzione ricoperta dagli insegnamenti di religione e di morale riconosciuti capaci si indirizzare lo svolgimento del processo educativo come “basi” per la costituzione della personalità. Secondo le indicazioni pedagogiche formulate da Giuffrida per “religione” e per “insegnamento religioso” non doveva intendersi alcuna forma di insegnamento catechistico o di tipo dottrinario ma una forma di insegnamento in grado di rinviare ad una sorta di “religione universale”, ovvero ad una forma di rappresentazione universalizzata del bene e ad una sensibilità “interiore”. Insegnare la morale per via di “intuizione” doveva significare introdurre una forma di sollecitazione rivolta alla riflessione “interiore” generata dall’osservazione delle cose o comunque collegata alla comprensione del significato etico custodito nello svolgimento delle buone azioni. Il metodo più valido di formazione morale doveva riconoscersi non nel “divieto” o in altre forme di “rimprovero”, “comando” o di “castigo” esercitati dall’autorità educativa, ma nella forza persuasiva del buon esempio. Inoltre, se uno dei difetti principali della didattica tradizionale era il verbalismo, allora uno dei primi ambiti su cui la scuola era invitata ad intervenire riguardava gli insegnamenti di lingua nazionale e di grammatica. Per la buona riuscita dell’insegnamento elementare doveva considerarsi buona regola evitare l’ammasso disordinato dei libri, poiché nelle classi di scuola elementare era da ritenersi già più che sufficiente l’impiego di “un buon libro di lettura”. Le lezioni oggettive o lezioni di cose, o ancora lezioni tramite cose, erano l’arma più appropriata per la sollecitazione dell’intuizione. L’affermazione della centralità della dimensione intuitivo/osservativa nella didattica della scuola primaria veniva a costituire un principio che si rafforzava nella convinzione del bisogno di accorciare le distanze tra vita scolastica ed ambiente di vita dell’infanzia popolare. I maestri erano sollecitati ad abbandonare i loro modelli di sapere preconfezionato. La storia locale del paese o della città avrebbe costituito il miglior punto di partenza per avviare i fanciulli ad una conoscenza destinata ad allargarsi via via alla nazione e al mondo; al maestro sarebbe toccato il compito di suggerire come “trovare dei saldi anelli di congiunzione”. Infine, recupero della naturalezza e senso di autenticità avrebbero dovuto gestire gli altri insegnamenti non meno importanti, che andavano a concludere il quadro dei saperi della scuola elementare: da una parte gli insegnamenti di ginnastica e di igiene, dall’altra gli insegnamenti di disegno, musica e canto.

Capitolo 7 Giuffrida reclamava maggiore fiducia negli strumenti del sapere e della scienza ribadendo i benefici che genera l’istruzione con il fenomeno sociale di quegli anni: cioè l’emersione della questione sociale. Alla fine del sesto secolo c’era una tensione sociale caratterizzata dall’avanzamento e del ruolo attivo del “quarto stato “. Le scienze giuridiche, discipline antropologico sociali e le scienze pedagogiche dovevano fare i conti e spiegare questa situazione complessa che comprometteva lo stato di normalità e l’equilibrio della collettività. La scienza pedagogica attuava, strategie d’intervento sociale per stabilizzare le condizioni di vita moderna e affermare un’idea di crescita delle nazioni. Con l’avviamento del processo di trasformazione della vita pubblica si doveva ridefinire il valore da attribuire alle parole come “democrazia”,

“uguaglianza”, “giustizia”. Questi valori dovevano avere un impatto forte in alcune situazioni specifiche che formavano la coscienza magistrale del tempo respingendo ogni tentazione sovversiva, riconoscendo la dignità personale, promovendo il benessere collettivo e un’armonia tra capitale e lavoro. Ai cittadini veniva riconosciuta la democrazia in cui l’operaio e il proletario erano attivi in società avevano maggiori condizioni di giustizia economica e sociale e un’emancipazione intellettuale e morale. L’aspirazione alla realizzazione della democrazia non avrebbe dovuto intendersi solo garantendo pane e lavoro bensì la soluzione del problema era distante sia dall’utopia che da qualunque mezzo violento. La prima istituzione che assimilava le istanze di modernità era la scuola non più vista come circolo didattico fine a sé stesso ma che insegna “per la vita”. La questione sociale doveva riconoscersi nella formazione di un costume, nella soddisfazione provata dall’ottenimento di un lavoro; si introduceva così il lavoro “educativo”. La scuola così, superava l’intellettualismo mostrando il valore dell’infanzia nel “vedere, toccare, sentire”. Accanto al lavoro educativo ci stava l’introduzione al risparmio sia per i consumi eccedenti delle classi medio-borghesi, sia per l’incapacità di auto-controllo condotta dalla morale educativa del tempo. L’obbiettivo del processo ...


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