4. Le abbazie cistercensi in Italia PDF

Title 4. Le abbazie cistercensi in Italia
Author beatrice esposto
Course arte medievale
Institution Accademia di Belle Arti di Brera
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Summary

Primo capitolo Il cricco di Teodoro II edizione...


Description

modelli francesi. Sul grande chiostro rettangolare affacciano tutti gli altri ambienti, il refettorio non è coperto da volte a crociera ma da capriate a due falde scandite da 5 arconi a sesto acuto. Fuori dalle mura abbaziali sorgono un’infermeria e una foresteria, punto di riferimento economico e sociale per il territorio circostante.

Le abbazie cistercensi in Italia

Castel del Monte è la più notevole delle residenzefortezze imperiali, dalle forme geometriche regolari. L’imponente edificio, che sorge isolato su un colle, è a pianta ottagonale, munito di otto torri anche esse ottagonali. Gli ambienti sono disposti su due piani con coperture a crociera ogivali costolonate. Alla verticalità gotica e alle sue tecniche costruttive si legano elementi classici, infatti il portone di accesso è incorniciato da un sistema di membrature, sormontato da un timpano di gusto romano decorato a dentelli. Di chiaro gusto classico sono anche le teste di fauno poste nelle chiavi di volta nelle sale del castello

Il primo centro di diffusione dell’ordine Cistercense, fondato nel 1098 da San Roberto di Molesme, fu a Cîteaux in Borgogna. In poco tempo, grazie a San Bernardo di Chiaravalle, l’ordine e le sue abbazie si diffusero in tutta Europa, compresa l’Italia. L’abbazia è un insieme di costruzioni collegate in cui vive un ordine monastico e, a differenza dei monasteri, sorge in campagna, perché il loro sostentamento deriva dalla coltivazione dei campi. La terra veniva divisa in grange che venivano coltivate dai conversi e l’abbazia è una sorta di cittadella fortificata in cui vivevano sia i monaci che i conversi. La distribuzione degli spazi e elle funzioni riprende i modelli francesi, secondo una tecnica detta di filiazione. L’abbazia madre fu quella di Chiaravalle fondata da San Bernardo nel 1115 e ora distrutta. La chiesa è orientata da Est a Ovest e costruita a Nord degli altri ambienti per proteggerli dai venti invernali. Gli ambienti abbaziali sono molto semplici e privi di decorazioni scultoree e a pianta rettangolare o quadrata. La chiesa è a tre navate con o senza transetto, che se c’è, è commisso, con più cappelle per permettere a tutti i monaci di celebrare la messa. L’abside ha la parete di fondo piana con un oculo accompagnato da una o più serie di finestre centinate. Le campate hanno volte ogivali costolonate e mancano torri e campanili, sostituiti tal volta da una torre nolare posta all’incrocio del transetto con le navate. Al centro dell’organismo architettonico troviamo il chiostro porticato, da cui a est si accede alla sala capitolare, dove si riuniva il capitolo, ossia l’insieme di tutti i monaci. È uno dei luoghi più importanti, a due o tre navate, con volte a crociera ogivali sorrette da pilastri polistili. Accanto alla sala capitolare vi è una scala che conduce ai dormitori nel piano superiore. A fianco abbiamo il parlatorio, con apertura anche verso l’esterno, e la sala dei monaci in cui si volgevano i lavori che non potevano essere svolti all’esterno. In alcuni casi esso fungeva anche da scriptorium. A sud troviamo il calefactorium, l’unico locale riscaldato dell’abbazia in cui si scioglievano gli inchiostri e i colori, il refettorio dei monaci e le cucine. A ovest vi erano i locali destinati ai conversi, con entrata separata e un corridoio che li faceva accedere direttamente in chiesa. vi erano anche locali destinati a dispensarium e a foresteria, quast’ultima attrezzata per ospitare viandanti e pellegrini.

Busto di Federico II ( Barletta )

L’abbazia di Fossanova (XII sec.)

Il busto testimonia l’amore per la scultura romana, ma anche l’uso politico e di propaganda che Federico II fece della propria immagine. L’anonimo scultore si libera dalla schematicità romanica e raffigura l’imperatore con verosimiglianza, in abiti imperiali. Egli indossa la clamide, fermata sulla spalla destra da una fibula. Il panneggio riprende i modelli antichi nella morbidezza e nella naturalità delle pieghe. Il volto è leggermente ruotato di lato e i capelli sono raccolti in piccole ciocche. Il capo è

Posta presso Priverno (Latina), la sua costruzione si svolse tra il 1163 e il 1208. La chiesa è a tre navate a croce latina commissa ed ha due cappelle su ciascun lato del transetto e abside a parete piana e rosoncino centrale e tre finestre centinate sottostanti. Le volte a crociera delle navate sono sorrette da pilastri polistili rinforzati da semi colonne pensili a circa tre metri d’altezza. Anche la torre nolare a pianta ottagonale e la facciata a salienti con decorazioni a doppi dentelli, rimandano ai

Le arti al tempo di Federico II di Svevia Enrico VI, figli odi Federico I il Barbarossa, sposando Costanza D’Altavilla, divenne imperatore e re di Sicilia. Enrico morì a Messina nel 1167 lasciando erede al trono Federico II di soli 3 anni. Il giovane re, consacrato imperatore nel 1220 da papa Innocenzo III, era destinato a cambiare le sorti dell’impero e dell’Italia, ma morì improvvisamente e con lui la casata sveva. Fu un uomo di grande cultura, amante dell’antico mondo romano, conoscitore di sette lingue e amante delle arti e della scienza. Amava risiedere a Palermo, circondato dai più grandi artisti, letterati e giuristi del tempo tra cui Pier delle Vigne, famoso notaio e dictator del suo impero. Fondò l’università di Napoli, possedeva una ricchissima biblioteca e face tradurre per primo le opere di Aristotele. Fu promotore della prima scuola letteraria italiane, chiamata da Dante “Scuola Siciliana” . Fu anche collezionista di opere d’arte, tra cui la celebre Tazza Farnese, e, come Carlo Magno, fece prelevare dei resti famosi da Ravenna per portarli a Palermo. Castel del Monte (Andria)

Nicola Pisano (ca 1220-1278/84) Tra classicismo e naturalismo Giorgio Vasari nella sua opera de Architettura parla di Nicola e Giovanni Pisano sottolineando il fatto che essi hanno preparato il passaggio al Rinascimento con le loro opere innovative dal punto di vista della composizione complessiva e dell’atteggiamento dei personaggi. Nicola Pisano, di origini pugliesi, svolge la sua attività in Toscana, ma ebbe anche incarichi a Perugia e Bologna. Si formò alla corte di Federico II e per questo l’attaccamento al mondo classico è sempre presente nelle sue opere, ma non come imitazione, bensì come ricerca di modi espressivi nuovi.

cinto da una corona d’alloro, a imitazione dei busti di età augustea. Dalla scuola classicista federiciana, nascerà il primo grande scultore gotico italiana: Nicola pisano.

La scultura gotica

Pulpito del battistero di Pisa Firmato nel 1260 da Nicola Pisano, è una struttura di forma esagonale retta da sei colonne corinzie non scanalate di granito rosso poggianti alternativamente sul pavimento e su tre leoni stilofori. Una colonna centrale, anch’essa corinzia e non scanalata, poggia su una base ornata da sculture di uomini e animali. Al di sopra dei capitelli vi sono archi a tutto sesto trilobati separati da state di profeti e di personificazioni di Virtù, che ritroviamo anche nei pennacchi. Pilastrini tristili separano le cinque lastre di marmo che costituiscono il parapetto istoriato del pulpito. Nelle lastre sono rappresentate le seguenti scene: La Natività, L’Adorazione dei Magi, La Presentazione al Tempio, La Crocifissione e Il Giudizio Universale. Nell’Adorazione dei Magi una grande compostezza pervade la scena, composta da un numero limitato di personaggi dai corpi compatti e volumetrici. Essi sono disposti su più piani e la composizione è organizzata in modo geometrico. Al di sopra della linea orizzontale che la divide, passando fra il corpo del bambino e le ginocchia della madre, le figure hanno un andamento diagonale. La Vergine siede su un trono, la cui spalliera termina con teste di leone e le cui gambe, conformate a zampe di leone, emergono dal panneggio. La Vergine, con gambe e busto rivolti verso sinistra, è affiancata da Giuseppe e da un angelo e tiene in braccio il Bambino. Questi, inclinato, prende il dono che uno dei Magi gli porge,

I due gruppi scultorei posti sul lato destro del portale della facciata occidentale della Cattedrale di Reims, riassumono i caratteri della scultura gotica tra il 1225 e il 1250. Come nel portale dei Re a Chartres, anche qui le sculture sono su piedistalli poste di fronte a colonnine e, rispetto alle altre statuecolonna di Chartres, queste non sono autonome, ma dialoganti a due a due. Le prime ad essere eseguite furono quelle dalle Visitazione: la Vergine e Santa Elisabetta. In esse troviamo chiari riferimenti all’arte classica: i volti sereni, il fitto panneggio, l’appoggio solo sulla gamba sinistra con la destra piegata, la rotazione e la flessione delle teste e la rotazione verso il centro dei busti. Circa vent’anni dopo furono eseguiti l’angelo e la vergine del gruppo dell’annunciazione. Essi appaiono esili e flessuosi e sono rivestiti da abiti cadenti in pieghe rigide. Le forme si sono rimpicciolite e le pose sono più aggraziate ed eleganti. Anche i volti sono idealizzati e convenzionali e sopprattutto l’angelo, con il suo sorriso, è l’iniziatore di una srie di sculture tutte sorridenti e quindi con un volto steriotipato. Queste due sculture stabiliscono il nuovo canone della scultura gotica. A Naumburg in Germania, un maestro anonimo ci offre l’esempio maggiore del realismo che caratterizzò l’arte gotica nella seconda metà del ‘200. Egli dedicò due sculture a Ekkaehard e Uta, due benefattori della cattedrale, egli diede alle statue le fattezze di due suoi contemporanei e suggerì anche il carattere dei personaggi. Ekkaehard è un uomo giovane e un po’ grassoccio che è consapevole del suo potere, ciò è rivelato dal gesto con cui tiene l’impugnatura della spada, Uta è una giovane fanciulla riservata che è avvolta in un mantella che le cinge il volto quasi a nasconderla e a proteggerla. I volti vividi e i gesti naturali sembrano animare le statue che attraggono lo sguardo dell’osservatore.

dell’uomo che porge una spugna intrisa d’aceto, il pianto commovente di San Giovanni e il corpo svenuto della Vergine. L’artista ha organizzato la composizione in modo che l’inclinazione del braccio sinistro di Cristo definisse una retta inclinata verso Giovanna che asseconda tale orientamento. Per contrasto Maria è inclinata verso sinistra, mentre al di sopra vi è una serie verticale di corpi eretti che culmina con una donna che solleva un modellino architettonico di un tempietto a pianta circolare.

mentre un secondo e un terzo, rispettivamente in ginocchio e in piedi, attendono di poter omaggiare il Bambino. I cavalli, che emergono prospetticamente dal fondo, occupano la parte sinistra della lastra stessa. Il panneggio ampio e le teste dalle forme regolari e ben dettagliate sono un chiaro riferimento al mondo antico, così come l’uso del trapano per accentuare gli effetti chiaroscurali. La vergine velata è stata ripresa dal sarcofago ellenistico con Storie di Fedra e Ippolito, un tempo collocato in Piazza dei Miracoli a Pisa e attualmente nel Camposanto Monumentale. Invece, nella Presentazione al Tempio, il Sacerdote a destra deriva da un Dioniso raffigurato in un vaso greco marmoreo anch’esso nel camposanto monumentale di Pisa. Anche il timpano dentellato e il tempio rotondo sullo sfondo sono un chiaro riferimento al mondo classico. Nicola con questi elementi non ha voluto imitare, ma rendere omaggio all’arte degli antichi, di cui riconosceva la perfezione. Anche in questo pannello le figure sono collocate secondo una costruzione geometrica. Le loro dimensioni sono tali da avere il busto nella metà superiore e il resto nella metà inferiore. La linea orizzontale di separazione è sottolineata dalla piegature delle braccia dei personaggi: Giuseppe, Maria, il Vecchio Samuele con in braccio il Bambino, la Profetessa Anna e il sacerdote Dioniso. Di grande intensità è la figura della profetessa, con la testa inclinata verso l’alto in linea con l’inclinazione del frontone dell’edificio a destra, che riporta l’occhio dell’osservatore all’incrocio delle diagonali dove è posto Gesù.

Pulpito della Cattedrale di Siena Eseguito tra il 1265 e il 1268 con la collaborazione del figlio Giovanni Pisano, di Arnolfo di Cambio e di Donato e Lapo di Ricevuto. La pianta è ottagonale e anche in questo caso le colonne poggiano alternativamente a terra e su leoni stilofori, sulle colonne vi sono archetti trilobati e le lastre sono unite da statue raffiguranti le virtù invece che da pilastrini tristili. Le storie rappresentate sono le stesse del pulpito precedente a cui si aggiunge la strage degli Innocenti, mentre il Giudizio Universale si divide in due lastre collegate dalla figura di Cristo Giudice posto fra di esse. In questo lavoro si nota l’influenza del gotico francese, il numero dei personaggi aumenta notevolmente così come l’espressività e il realismo dei personaggi. La Crocifissione è dominata dalla figura di cristo abbandonato nella morte. Prendono vita nella pietra la paura degli ebrei in un angolo a destra, l’oltraggio...


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