8 Riassunto Libro - Christian DIOR PDF

Title 8 Riassunto Libro - Christian DIOR
Author Chiara Assenza
Course Storia della moda contemporanea
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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CHRISTIAN DIOR La passione per l'arte Nato nel 1905 in una solida famiglia borghese, si trasferì a Parigi, e studiò e frequentò le gallerie d'arte, il teatro, i balletti, il cinema. Avrebbe voluto iscriversi all'accademia delle belle arti ma la famiglia glielo impedì, e fu iscritto alla scuola di scienze politiche. In cambio poté approfondire gli studi di musica, e conobbe lì un musicista d'avanguardia, Henri Sauguet, il pittore Berard, e poi Gaxotte e Ozenne. Nel 1928 diventò collaboratore di Jean Bonjean in una galleria d'arte. Ciò che accomunava quegli artisti era un ritorno al soggetto umano, al sentimento, all'eleganza delle forme e a un rifiuto per le avanguardie, ma si organizzarono anche mostre a tema.

Disegnatore di moda Dopo la morte dei genitori, e della rovina economica di Bonjean, Dior vendette i quadri della galleria e cercò di mettersi in società con Pierre Colle, ma i clienti del mercato dell'arte erano scomparsi; fu colpito poi dalla tubercolosi e dovette curarsi al sole delle Baleari. L'unico settore artistico che ancora resisteva era quello della moda. Per un caso fortunato riuscì a vendere una delle grandi tele, e con il guadagno si concesse un periodo di studio da Ozenne, modellista e couturier di successo. Riuscì a vendere dei disegni propri, e provò a proporre idee originali. Tra il 1938-39 fu definito promessa della moda parigina, e gli fu proposto di entrare nell'atelier di Piguet; progettò inoltre i costumi per un'opera teatrale di Sheridan.

Dior, la guerra, l'haute couture Durante la guerra fu occupato a sostituire gli articoli impegnati al fronte. Smobilitato, si ritirò in campagna a casa della sorella. Venne richiamato da Alice Chavanne con la proposta di continuare a illustrare i suoi articoli sulle Pages feminines del “Figaro”, come aveva fatto negli anni prima della guerra. Molte Maison avevano trasferito le sedi in Costa Azzurra, e la vita elegante era concentrata in Provenza. Le sfilate del 1940 furono le ultime a vedere la presenza di buyer e giornalisti americani; il governo di occupazione vietò poi le esportazioni e ci fu un drastico ridimensionamento della sua clientela. Con l'armistizio del 1940, la Francia diventava fornitore ufficiale della Germania. La moda rappresentava per la Francia un prestigio e fu questo che attirò l'attenzione del governo nazista. Nel tentativo di aggirare tutti questi ostacoli, fra il 1943-44 furono pubblicati a Montecarlo tre album stagionali con le nuove mode di Parigi; per rappresaglia, le autorità proibirono la pubblicazione di foto e modelli di abiti, interrompendo la comunicazione di moda. In quegli anni, la composizione sociale delle signore che frequentavano gli atelier conservava poche tracce dei decenni precedenti; il vero pubblico era composto da mogli, figli e amanti dei collaborazionisti, dai BOF (ossia quelli che con il mercato nero stavano costruendo enormi fortune). Piguet invitò Dior a riprendere il proprio posto, ma accettò l'offerta troppo tardi; allora Lelong gli propose un ruolo di modellista nella sua Maison. Le linee proposte degli atelier, a causa della difficoltà e della povertà dei materiali, non si differenziavano molto da quelle della moda di strada, con gonne corte e spalle larghe. La fantasia si esercitò in mille modi per ridurre i consumi. L'elemento più fantasioso era il cappello, composto di ritagli inutilizzabili per ogni altro uso.

Dior si specializzò nei modelli romantici e Belle epoque: il busto che stringeva la vita ed esaltava il seno, le gonne ampie gonfiate con la crinolina o con la tournure, gli strati di tessuto per dare sostegno alle ampiezze. Solo nell'estate (agosto) 1944 si poté ricominciare a pensare a un ritorno alla normalità. Lelong aveva creato i presupposti per una ripresa della moda interamente francese.

Il “Théâtre de la Mode” Fu organizzato dal governo francese e dalla camera sindacale della couture parigina una manifestazione a sostegno del programma di aiuti che mostrasse la vitalità dell'industria della moda. Furono progettate delle bambole manichino da mandare in giro per il mondo. Non si trattava di recuperare una raffinata tradizione del passato, ma di trovare una soluzione al problema della carenza di tessuti e creare modelli nuovi senza usare tutto il materiale necessario per vestire una persona. Erano manichini alti 70 centimetri, costruiti in filo di ferro, con visi di bronzo. Tutti gli artisti di Parigi parteciparono all'impresa realizzando manichini, vestiti e scenari. Il “Théâtre de la Mode” ebbe un grandissimo successo, perché unì l'industria della moda intorno a un progetto volto al futuro e alla ripresa. Fece il tour dell'Europa e dell'America, e anche Dior aveva partecipato all'impresa. Non fu importante per le bambole in sé, ma perché era il segno che i tempi stavano cambiando e che la produzione doveva riprendere.

Dior e Balmain Dior e Balmain si misero in società per fondare un atelier, ma l'iniziativa finì sul nascere. La voce si sparse e Luling, un'amica, seppe che Vigoroux voleva rilanciare la sua maison, Gaston e Philippes, e che l'impresa era finanziata da Boussac, il più importante industriale cotoniero di Francia. Fu suggerito Dior come modellista. L'impresa non doveva essere limitata al recupero dell'atelier, e venne usata la risorsa Dior in maniera imprenditoriale. Il progetto era di creare una maison innovativa nel gusto e nell'aspetto, piccola ed elitaria, capace di produrre uno stile diverso ma secondo le più raffinate tradizioni dell'artigianato di qualità, per un modello di raffinatezza da estendere al resto della società. L'assunzione di Dior non fu gestita dal responsabile della maison, ma dal direttore generale delle imprese di Boussac; l'impostazione dell'impresa passò nelle mani del couturier, che costituì la squadra con cui lavorare e cercò la sede adatta. La prima collaboratrice fu Suzanne Luling (pubblicità e moda), che ebbe la direzione dei saloni e delle vendite, e la promozione; poi ci fu Elliott, responsabile dell'ufficio Stampa; Zehnacker, direttrice dello studio; Carrè, direttrice tecnica; Bricard, consigliere artistico. Il direttore artistico era Rouet. Dovevano creare attenzione intorno all'impresa e al nome di Dior. Per la sede fu scelto il Plaza, all'interno del perimetro della moda, ma adatto alla clientela a cui stavano pensando. Aveva un aspetto nouveau riche.

La Maison Dior La ristrutturazione venne progettata sullo stile di Luigi XVI-1900, piaciuto alla borghesia d'inizio secolo, e ci fu una grande attività di promozione e clima d'attesa. Molti imprenditori offrirono il loro contributo. Louiche propose di costruire una società per i profumi col nome della nuova griffe: il nuovo profumo fu Miss Dior. Fu poi la svolta di un industriale americano e di un produttore di seta cinese.

La restaurazione del lusso: il New Look Alle sfilate di primavera il bel mondo francese era tutto presente. La prima uscita fu il modello “Acacia”, con il busto aderente, la vita stretta e la gonna lunga fino a metà polpaccio. Poi la silhouette “Corolle”, molto sostenuta dalla sottoveste, busto modellato, e vita sottile: la nuova novità. In entrambe i casi c'erano gonne nettamente allungate, vite marcate, giacche accorciate per slanciare la silhouette. Erano linee tipicamente femminili. La proposta di Dior aveva delle caratteristiche revival del secondo Ottocento, reso più aggraziato con un richiamo di gusto Settecentesco. Si rimodellava il corpo della donna ricorrendo all'aiuto del corsetto, e una sottogonna rigida. Era una nuova immagine femminile (recuperando il senso tradizionale del termine), ma anche un'immagine di lusso e di scomodità, di un abito fatto più per apparire che per agire. L'intento di Dior era di cancellare la guerra e ripartire da capo, proponendo il contrario di ciò che si era dovuto indossare per necessità. Gli abiti erano “costruiti” e modellati sul corpo femminile con grande capacità professionale. Le spettatrici, rapire dalla novità, definirono la linea “New Look”, che fu ammirata anche dagli americani e dalle dive hollywoodiane. Il tailleur “Bar”, divenne il simbolo della collezione e del nuovo stile (piccola giacca di shantung crema dalle baschine arrotondate e l'ampia gonna di lana nera a pieghe). La seconda collezione, sempre nel 1947, confermò la linea accentuandone le caratteristiche nel'abito “Diorama”: i corpini piatti e stretti aderiscono al seno, e le gonne sono sempre più ampie e lunghe. Questo lusso era scandaloso in un momento in cui molte cose continuavano ad essere razionate. L'obiettivo di Dior e Boussac era la clientela americana. In quel periodo l'Europa si americanizzava, ma l'America guardava l'Europa. L'idea di Parigi che si diffondeva era quella di città favolosa da “fin de siecle”. Solo puntando sulla francesità la couture poteva ritrovare l'antico primato. Il revival si ispirava ai momenti di maggiore felicità inventiva e della massima centralità del gusto parigino, il Secondo Impero e la Belle Epoque. Si voleva rimettere al centro dell'attenzione uno stile e un'eleganza tutta francese, però al servizio della media borghesia americana, che voleva una moda che comunicasse i suoi valori. Dior le offrì l'immagine di una donna-fiore, fragile, raffinata, priva di ironia e fremiti femministi, che prendeva la moda sul serio, capace di apprezzare la bellezza, una donna irreale (ricordo di sua madre). Rappresentò tutto questo in modo semplice e diretto, scegliendo da un lato il lusso e dall'altro i segni dell'abito da principessa, eliminando dai suoi modelli l'idea di avanguardia. Non parlava di donne reali, ma aveva la forza evocativa di un potere magico: la couture aveva il potere di trasformare qualsiasi donna reale nella “Donna”, esemplificata dalla modella, come una sorta di Cenerentola. Lo stile aveva segni precisi. Le attrici diventarono sempre di più ideali di moda e di successo, e nessuno dei protagonisti di questo mondo si sottrasse a Dior, persino l'Inghilterra. Erano capi difficili da indossare, ingombranti, pesanti, incantevoli per farsi fotografare, e quindi con elementi di fascino. C'era un nuovo bisogno di lusso ostentato, come in una favola o un film. I grandi party di quegli anni erano a tema e in maschera e Dior partecipava a tutti, e realizzò i costumi per molti film.

L'America Questa però era solo 'un'isola felice', e non il vero mercato della moda. Negli Usa si era formato un gruppo di donne contrarie al New Look: non volevano che qualcuno imponesse alle donne americane, che avevano conquistato i propri diritti, un modo di vestirsi così. Con la scadenza della legge L-85, nel 1947, si tornava a liberalizzare il mercato dell'abbigliamento.

Era questo il momento giusto in America per lanciare una nuova moda che funzionasse da spinta per le donne. Il tour di Dior era stato progettato proprio con questo intento. Il successo dell'operazione dimostrò il potere dei media anche sulla moda; si era promosso il suo creatore prima ancora che i suoi abiti comparissero nelle vetrine. Dior aveva capito che la scelta della scomodità aveva rischiato di mettere in crisi il New Look.

Il mercato della moda Accanto ai compratori d'élite, c'era un gruppo che cercava una moda più abbordabile, composto di fasce di pubblico maggiori dopo il boom economico americano alla fine del '40. C'era uno strato sociale con esigenze nuove che non voleva rinunciare all'abito confezionate, ma chiedeva qualcosa di raffinato, ben fatto ed esclusivo, e anche di gusto francese. La Maison Dior poteva allora sperimentare qualcosa che avesse il marchio del couturier ma senza avere costi e rituali dell'haute couture: il prêt à porter di lusso. La sede fu collocata a Fifth Avenue, e decorata con un rifacimento dello stile della Maison di Parigi. Dal 1949 Kayser cominciò a produrre per il mercato le calze Dior (sotto stretto controllo della maison), e addirittura il piede fu progettato da Dior in modo “non girasse”. La seconda licenza riguardò le cravatte maschili, del 1950, la cui fabbricazione era gestita dalla società Stern, Merritt & Co. Le licenze di moltiplicarono e con loro, i mercati. Nel 1952 si giunse alla conclusione che era meglio concentrare a Parigi la creazione di tutte le collezioni, anche quelle americane, per evitare il trasferimento dello studio, e affidare in loco solo la fabbricazione. Per arginare il mercato delle copie si misero a disposizione dei buyer: il modello in tela, corredato di tutte le referenze necessarie alla realizzazione, e quello in carta, che lasciava la scelta di materiali e accessori al fabbricante. Solo nel primo caso era possibile usare la doppia etichetta con la griffe.

L'immagine dell'haute couture Gli elementi dello spettacolo su cui si concentrò l'attenzione della stampa erano sempre la lunghezza delle gonne e della linea. Dior scelse di sviluppare in ogni collezione solo due temi. Anche i singoli modelli erano accompagnati da un nome, che faceva riferimento all'ispirazione del couturier o all'immaginario del pubblico (fiori, paesi esotici, musicisti, favole). La rappresentazione teatrale della sfilata era preparata con metodo. L'ideazione dipendeva solamente da Dior, che svolgeva il lavoro creativo nella casa in campagna, buttando giù le idee e progettando i primi schizzi con il metodo delle associazioni libere; poi iniziava la selezione dei disegni insieme al suo staff e i modelli scelti venivano affidati a Carrè per essere realizzati in tela. Il nome veniva dato al modello al momento della prova generale. I modelli dovevano colpire il pubblico nell'insieme (erano circa 200) e offrire un'immagine di armonia; l'evento veniva organizzato nei dettagli e provato su un pubblico ristretto.

Lo stile Dior Il New Look ebbe il suo apogeo nella linea “Muguet” nel 1954, e venne cancellato dalla linea “H” della stagione successiva. La moda, secondo Chanel, era diventata assurda, e i couturier si erano dimenticati che dentro ai vestiti c'erano delle donne. Il modello femminile stava cambiando. La linea H era basata sulla lunghezza e sull'assottigliamento del busto, e il corpo affusolato della donna era quello delle ninfe di Fontainebleu (chiamato “haricot vert”, fagiolino verde). Anche in questo caso lo scandalo iniziale si trasformò in pubblicità. Dava l'idea di una Francia colta e

aristocratica. Nelle collezioni successive il modello “diritto” venne riprodotto con le altre lettere dell'alfabeto: “A” e “Y”. A parte alcune uscite, Dior non abdicò mai dal suo gusto per assumere quello di altri e continuò a vestire una figura femminile che ostentava le sue curve, con gonne larghe e fiori. La correzione era necessaria, ma l'innovazione era stata creata senza cancellare l'immagine Dior. La Maison aprì un dipartimento di prêt à porter e inaugurò la “Grande Boutique”. Nel 1957, quando la sua fama era giunta al culmine, Dior morì improvvisamente a Montecatini. Per non rompere con la tradizione, Rouet convocò una conferenza stampa in cui afferma che la creazione sarebbe restata nelle mani dell'equipe costituita da 4 persone formata da Dior: Zehacker, Carrè, Bricard e Yves Saint Laurent. Da quel momento l'immagine di Dior fu legata proprio a lui. Aveva una responsabilità enorme: presentò la sua prima collezione nel 1958. Era basata su due linee, la prima riprendeva la figura del trapezio e la purezza della costruzione, la seconda riprendeva lo stile di Dior gonfiando le gonne a cupola o a palloncino. Da un lato il giorno, dall'altro la notte. Il successo fu travolgente, fino al 1960 in cui il suo ruolo fu affidato a Bohan....


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