8 - tema sull\'intelligenza per esd PDF

Title 8 - tema sull\'intelligenza per esd
Course Psicologia generale
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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tema sull'intelligenza per esd...


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INTELLIGENZA Definizione  L'intelligenza non viene definita solo come un'abilità intellettiva generale, ma come una competenza cognitiva complessa, in quanto conessa a svariati fattori pratici, sociali, emotivi e così via, i quali permettono di eseguire operazioni mentali superiori elaborando, integrando e organizzando dati. Può essere considerata come l’applicazione di abilità cognitive e conoscenze volta ad apprendere, risolvere problemi e raggiungere scopi ritenuti importanti da un individuo o da una cultura. È sfaccettata e funzionale: si esplica in vari campi ed è sempre finalizzata allo svolgimento di un compito o alla soluzione di un problema. Sternberg e Salter la definirono come la capacità di attuare un comportamento adattivo indirizzato ad uno scopo. Da un punto di vista evoluzionistico, il comportamento intelligente facilita la sopravvivenza e la riproduzione risolvendo problemi di adattamento. Da un punto di vista psicodinamico, le persone la utilizzano per soddisfare i desideri ed evitare le cose che temono. Dal punto di vista cognitivista, è la cognizione applicata, ovvero l’uso di abilità cognitive per risolvere problemi o raggiungere scopi desiderati.

Teorie di riferimento  Spearman; thurston; Cattel; Sternberg; Gardner; Goleman; Guilford;

La teoria dei due fattori: Lo psicologo inglese Charles Spearman (1863-1945) fu il primo ad applicare l’analisi fattoriale all’intelligenza. L’analisi fattoriale è una procedura statistica per identificare elementi comuni o

fattori che sono alla base delle prestazioni in una serie di compiti. Utilizzando questa procedura si ottiene una matrice, o una tabella, che mostra le relazioni tra i punteggi ottenuti nei vari test corrispondenti a diverse abilità. S., così costruì una matrice di correlazioni per studiare la correlazione tra i test effettuati da bambini in una scuola di un villaggio inglese e le rispettive prestazioni scolastiche. Spearman riteneva che le correlazioni trovate fossero il risultato di due tipi di fattori o abilità, di lì il nome “teoria dei due fattori”, ovvero il Fattore G e il Fattore S. Il Fattore G, cioè una capacità che corrisponde a una “capacità generale” innata e non modificabile con l’esperienza. Il fattore G può attivare e correlare con un ampio numero di processi mentali specifici (fattori S), come la memoria, la percezione e le abilità fisiche, che invece possono essere in gran parte cambiate e modellate attraverso l’educazione e l’apprendimento. La teoria dei due fattori è definita monofattoriale in quanto riduce l'intelligenza ad un'unica dimensione omogenea. Thurstone (1938-1962) si schierò contro l’esistenza di un fattore G prevalente, individuando invece 7 fattori primari dell’intelligenza: -

abilità verbale;

-

comprensione;

-

calcolo numerico;

-

abilità spaziali;

-

memoria associativa;

-

ragionamento;

-

velocità di percezione.

La revisione produsse una soluzione gerarchica a tre livelli, che sembrerebbe essere un compromesso tra il modello di Spearman e quello di Thurstone. Al livello più alto c’è il Fattore G comune a tutte le abilità di livello inferiore. Al livello intermedio vi sono fattori più specifici simili a quelli di Thurtone. Infine al livello più basso vi sono i processi semplici che sono necessari per produrre qualsiasi azione intelligente.

Teoria Gf-Gc di Cattel: È un ulteriore approccio teorico importante, che include anch’esso un modello gerarchico. Riprende il modello di Spearman, suo allievo, integrando fattori culturali ed educativi Questo modello distingue ad un livello più alto due fattori di intelligenza generale: l’intelligenza fluida, che corrisponde alle facoltà intellettive che non hanno un contenuto specifico, ma vengono utilizzate per

elaborare informazioni e per affrontare nuovi problemi, e quella cristallizzata, la quale corrisponde al deposito delle conoscenze, molte delle quali provengono da una determinata cultura. Al livello gerarchico più basso, vi sono i 7 fattori più specifici: MBT, MLT, elaborazione visiva, elaborazione uditiva, velocità di elaborazione per compiti semplici, velocità con cui si prendono decisioni corrette e conoscenze quantitative. VANTAGGI: molte delle asserzioni di questa teoria hanno un fondamento teorico, inoltre, è in grado di distinguere alcune componenti dell’intelligenza che cambiano indipendentemente nel corso della vita dell’individuo. In generale l’intelligenza cristallizzata tende ad aumentare fino ad almeno i 60 anni, mentre quella fluida tende a declinare gradualmente, ma in modo continuo in età adulta.

Merito: Cattel ha evidenziato l’importanza dell’interazione sociale per lo sviluppo dell’intelligenza. Il suo modello, inoltre, si presta non solo a spiegare le differenze interindividuali nella capacità intellettiva, ma anche il diverso declino delle funzioni cognitive nella vecchiaia.

Sternberg Formulò la teoria triarchica distinguendo tre dimensioni dell'intelligenza: contestuale, empirica e componenziale. Non parla di fattori o strutture, ma di componenti o processi, i quali vanno poi a formare la struttura triarchica.

Teoria delle intelligenze multiple di Gardner: Gardner considera l’intelligenza come “un’abilità o un insieme di abilità utilizzate per risolvere problemi e plasmare prodotti che sono importanti in un particolare setting culturale” (1986). Identificò 7 tipi di intelligenze: -

musicale;

-

corporeo-cinestetica;

-

spaziale;

-

linguistica o verbale;

-

logico-matematica;

-

intrapersonale;

-

interpersonale.

Per descrivere l’intelligenza di una persona, G. non utilizza solo un’unica curva del QI, bensì 7 diverse curve a campana, una curva per ogni tipo di intelligenza. Secondo G. gli individui hanno più tipi di intelligenze perché hanno più moduli neurali, ogni modulo presenta la propria modalità di rappresentazione, le proprie norme o procedure e i propri

sistemi di memoria. Inoltre, ritiene che vi siano i cosiddetti idiot savant (idioti geniali) e gli individui prodigio. I primi sarebbero quegli individui dotati di abilità straordinarie in un campo, ma ipodotati in altri campi. I secondi sarebbero coloro che eccellono in un campo, ma sono normali in altri.

GOLEMAN: Intelligenza Emotiva La teoria dell’intelligenza emotiva ne rappresenta un esempio recente. Daniel Goleman nel 1995 sviluppa il concetto di “intelligenza emotiva” con il quale indica un insieme di abilità specifiche dell’essere umano che vanno oltre il suo quoziente intellettivo (QI). In linea generale, ne distingue due principali sottocategorie: le competenze personali, riferite alle capacità di cogliere i diversi aspetti della propria vita emozionale; le competenze sociali, relative alla maniera con cui comprendiamo gli altri e ci rapportiamo ad essi. Tra le competenze personali troviamo la consapevolezza di sé, l’autocontrollo e soprattutto la capacità di alimentare la propria motivazione, formata da una giusta dose di ottimismo e di spirito d’iniziativa. Tra le competenze sociali, la più importante è costituita dall’empatia, ossia la capacità di riconoscere le emozioni e i sentimenti negli altri, ponendoci idealmente nei loro panni e riuscendo a comprendere i rispettivi punti di vista, gli interessi e le difficoltà interiori. La comunicazione, altra attitudine sociale, è invece la capacità di parlare gli altri facendo coincidere il contenuto esplicito dei messaggi con le proprie convinzioni ed emozioni. Ogni individuo all’inizio possiede un potenziale rispetto a queste abilità che poi, attraverso l’apprendimento, può essere sviluppato e trasformato in vere e proprie competenze emotive. A differenza dell’intelligenza legata al QI, che si stabilizza intorno ai 16 anni, l’intelligenza emotiva può essere migliorata nel corso di tutta la vita. In definitiva, l’intelligenza emotiva implica abilità emotive, quali riconoscere, regolare e controllare le proprie emozioni, le quali si accompagnano sia alla capacità di sapersi motivare in modo consapevole (pianificare e rimandare le frustrazioni), sia alla capacità di gestire le relazioni interpersonali (riconoscere le emozioni altrui e condividerle). È quindi la capacità di monitorare consapevolmente le emozioni proprie e altrui al fine di raggiungere determinati obiettivi. Il merito di questa teoria è stato di quello sottolineare che i processi emotivi e motivazionali sono parte integrante del funzionamento intellettivo e cognitivo di una persona.

Teoria Multifattoriale di Guilford(1950): concepisce l’Intelligenza come una struttura che integra diversi tipi di contenuti, operazioni e prodotti, dalla cui combinazione derivano molteplici capacità distinte. Guilford ha postulato

l’esistenza di 120 differenti abilità mentali, tutte teoricamente indipendenti l’una dall’altra. Queste 120 abilità scaturiscono dall’interazione di tre variabili: operazioni, contenuti e prodotti. Infatti, secondo Guilford, il funzionamento intellettivo consiste in una serie di operazioni compiute sui contenuti di varia natura che danno luogo a specifici prodotti. Le operazioni possono essere di valutazione, memorizzazione e produzione, si possono effettuare su contenuti figurativi, simbolici, semantici ecc, danno luogo a prodotti quali classificazioni, sistemi, trasformazioni. È una teoria complessa e dinamica, in quanto ipotizza un meccanismo di funzionamento mentale più generale. Interessato al tema della soluzione di problemi, introduce la distinzione tra Intelligenza convergente, tipica del ragionamento logico e razionale che consiste in un procedimento sequenziale e deduttivo, nell’applicazione meccanica di regole apprese e nell’analisi metodica dei dati e quella divergente, caratterizzata da pensiero flessibile, capace di soluzioni originali e creative. Quest’ultimo pensiero è misurato da 3 indici: la Fluidità (parametro quantitativo basato sull’abbondanza delle idee prodotte), la Flessibilità (capacità di cambiare strategia e elasticità nel passare da un compito all’altro) e l’Originalità (capacità di formulare soluzioni uniche e personali che si discostano dalla maggioranza. Teoria approfondita → Binet Autori come Galton e Binet spostarono poi l’osservazione del comportamento intelligente ai processi cognitivi più complessi come l’attenzione, l’immaginazione e la comprensione. Galton ha descritto l’intelligenza come una proprietà ereditaria del sistema nervoso, diversa da persona a persona e tale da rendere alcuni più capaci di altri nell’apprendere dalle proprie esperienze e nel ragionare secondo logica. Binet fu il primo a introdurre il termine “intelligenza” nella psicologia scientifica e, al contrario di Galton, riteneva che l’intelligenza non fosse completamente determinata da fattori ereditari, ma che consistesse piuttosto in un insieme di varie capacità mentali d’ordine superiore nutrite dall’interazione con l’ambiente. Binet, elaborò una serie di compiti insieme a simon di varie difficoltà per valutare le capacità intellettive nelle diverse età. Introdusse, così, il concetto di età mentale che secondo l’autore, se inferiore all’età cronologica, permetteva di valutare un ritardo nello sviluppo. A tal proposito, nel 1905 elaborò insieme a Simon il primo test sull’intelligenza (Scala di BinetSimon), con l’intento di misurare l’intelligenza in ambito scolastico allo scopo di individuare precocemente i ragazzi da seguire con maggiori attenzioni o da inserire in classi speciali. Una diffusione maggiore ebbe una versione aggiornata del test di Binet, ovvero il TEST DI STANFORD-BINET messa a punto da Terman (1916). In questa revisione fu modificato il sistema di attribuzione del punteggio. Venne introdotta la misurazione del parametro QI, o quoziente d’intelligenza, come rapporto tra età mentale ed età

cronologica moltiplicato per cento. (QI= (EM/EC)x100). Il valore 100 del quoziente intellettivo è considerato il valore medio della popolazione. La scala di intelligenza Stanford-Binet contiene prove diverse che rappresentano dei campioni indicativi delle abilità richieste dall’apprendimento scolastico, quali memoria, conoscenze linguistiche e generali, abilità di calcolo, senso del tempo, capacità di collegare tra loro idee diverse e così via. Per ogni fascia di età vengono proposte prove, incentrate su un intelligenza di tipo scolastico, che il bambino normale dovrebbe superare.

(Limiti, della teoria di binet) Metodi di indagine 

1. L’approccio psicometrico alla base delle teorie differenziali ha portato anche all’elaborazione di test di intelligenza quali: - La scala di intelligenza Stanford-Binet, che misura un solo fattore di intelligenza generale (QI) e che tuttora risulta molto usata. - Negli anni 30 WECHSLER ha costruito un test di misura dell’intelligenza in duplice versione, una per adulti e una per bambini Nella loro versione aggiornata, abbiamo la scala WAIS-III (Wechsler Adult Intelligence Scale) per adulti e la scala WISC-III (Wechsler Intelligence Scale for Children) per bambini. La WAIS non misura un solo fattore di intelligenza generale ma comprende una serie di dimensioni, coerenti al loro interno per tipologia di prove. Le prove sono raggruppate in due scale: una verbale e una di performance (prestazioni), dalle quali vengono ricavati due distinti QI (QI verbale e QI di performance). Le scale consentono di tracciare un profilo di intelligenza (QI totale) e di calcolare l’indice di deterioramento intellettivo. La scala WAIS, inoltre, si presta per la misura di entrambe le forme di intelligenza teorizzate da Cattel, quella fluida attraverso la scala di performance e quella cristallizzata tramite la scala verbale. La scala Wechsler è stata inoltre il primo test d'intelligenza a basare i punteggi su una distribuzione normale standardizzata, invece che su un quoziente relativo all'età. Essendo questi test legati al livello di scolarizzazione, applicati ad altre tipologie educativw o a persoe non scolarizzare potrebbero dare risultati distorti, per tal motivo sono stati progettati tipologie di test "culture free", ovvero test non influenzati dalla cultura cui appartiene l’individuo.

Il più noto è il test delle matrici progressive di Raven (1938), matrici numeriche da completare i cui materiali non verbali permettono di ottenere una valutazione della funzione cognitiva più affrancata da influenze culturali e linguistiche rispetto ai materiali verbali. Un altro test di questo tipo è il Culture fair intelligence test (1949) di Cattell. Studi su questi test sembrerebbero dimostrare che essi non discriminano in modo adeguato i soggetti con intelligenza superiore alla norma, mentre sembrerebbero più adatti per valutare i soggetti svantaggiati. Altri test utili per misurare l’intelligenza sono: - l'IST-2000, che esamina l'intelligenza sia da un punto di vista strutturale che di livello. - Batteria TVA (Test di Valutazione Attitudinale di Majer del 1999), che consiste in prove di ragionamento astratto, verbale e numerico. 

DAT-5 (Differential Aptitude Tests), una batteria composta da 7 test specifici di ragionamento astratto, meccanico, numerico, verbale, di velocità e precisione, di rapporti spaziali e di uso del linguaggio. Permette di descrivere e quantificare le differenti attitudini di un soggetto, confrontate con quelle della popolazione di riferimento. Soggetti, infatti, con uno stesso livello di abilità mentale generale, possono differenziarsi notevolmente rispetto alle attitudini specifiche.

Ambiti Applicativi  - Ambito clinico I test e gli studi relativi alle abilità intellettive hanno importanti risvolti applicativi in ambito clinico. I test di intelligenza, meglio se inseriti all’interno di una batteria di test, consentono un’attenta valutazione psicodiagnostica. La WAIS, ad esempio, è uno strumento utile per la valutazione dei disturbi intellettivi e consente, inoltre, di quantificare il deterioramento mentale. Gli strumenti sopracitati quindi permettono di individuare la presenza di patologie a carico delle funzioni intellettive, come ad esempio il ritardo mentale. I test di intelligenza possono essere utili anche nella valutazione dei soggetti superdotati, che spesso presentano difficoltà nell’apprendimento e nell’adattamento all’ambiente circostante.

I

problemi di apprendimento presentati da questi bambini/ragazzi, così come da altri, sono

individuabili grazie alla somministrazione ad esempio dei test IST-2000 e della batteria BAS descritti precedentemente. - Ambito evolutivo I contributi forniti dall’approccio cognitivista agli studi sull’intelligenza hanno delle implicazioni importanti sul piano educativo. Ciò favorisce l’elaborazione di una programmazione curriculare capace di essere rispettoso in ogni momento della maturazione naturale del bambino. In sostanza, non si devono insegnare contenuti di apprendimento che richiedono strutture cognitive che l’allievo ancora non possiede (le istruzioni devono adeguarsi alle fasi dello sviluppo). L’insegnante deve assumere anche una funzione diagnostica utilizzando sia le tecniche di Piaget di osservazione e di colloquio, sia le classiche prove (di conservazione, di inclusione) per la determinazione dello stadio di sviluppo. Ovviamente tutto ciò presuppone un’adeguata preparazione psicologica del docente, soprattutto per quanto riguarda gli stadi e la loro costruzione evolutiva. L’ambiente scolastico deve strutturarsi in modo tale da facilitare e stimolare il bambino a risolvere da solo e spontaneamente i compiti cognitivi che gli vengono posti (principio della scoperta attiva). Disporre di test e strumenti per la misurazione dell’intelligenza permette in ambito educativo di individuare gli studenti con e senza problemi, prevederne il futuro successo scolastico e consente anche di avere informazioni circa l’orientamento scolastico. Nella psicologia clinica dell’età evolutiva, per diagnosticare i DSA, si utilizza una batteria di test che include anche i test di intelligenza. Per il disturbo di apprendimento, si somministrano test specifici per valutare quel tipo di disturbo. In genere, in questi bambini l’intelligenza è nella norma. Anche nella psicologia dell’arco della vita, che segue i cambiamenti psicologici nel tempo: ad esempio negli anziani. I vari test d’intelligenza trovano spazio anche in ambito professionale come misure del profilo attitudinale richiesto agli individui valutati. Nei contesti di selezione permettono di assumerne personale qualificato. Vengono utilizzati anche in ambito militare per selezionare le reclute più idonee. Batterie come la TVA e la DAT-5, così come anche l’IST-2000, vengono quindi utilizzate per la formazione, l’orientamento scolastico e professionale. Lo scopo è comprendere gli eventuali punti deboli del soggetto e aiutarlo nella scelta dell’iter scolastico -professionale più adatto....


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