Appunti Consulenza Familiare 20/21 (Prof.ssa Laura Formenti) PDF

Title Appunti Consulenza Familiare 20/21 (Prof.ssa Laura Formenti)
Course Consulenza familiare: teorie e pratiche
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Appunti Consulenza Familiare 20/21 (Prof.ssa Laura Formenti)...


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Corso di CONSULENZA FAMILIARE Prof.ssa Laura Formenti a.a 2020/21 Titolo corso: “Famiglie e contesti istituzionali: tutela dei diritti, partecipazione e riflessività” Famiglia come rete di interazioni/sistemi (APPROCCIO SISTEMICO) attraverso: - Strumenti osservativi - Strumenti partecipativi - Strumenti dialogici Per trasformare da situazione critica a situazione positiva. Lavoro PERSONALIZZATO e PARTECIPATO verso la famiglia. Famiglie intese come sistemi, con una loro identità, cultura, modo di stare insieme, narrativa, pratiche. Competenza di un pedagogista riflessivo: - Responsività - Autoconsapevolezza - Apprendere ad apprendere: trasformare e arricchire sguardo con nuove prospettive’ - Prendersi cura del proprio lavoro, del contesto, della relazione con altri. - Competenze trasversali: non solo tecniche. Metodo didattico utilizzato  costruttivista (learning by doing). RIFLESSIVITÀ SISTEMICA: 1) Condivisione 2) Personalizzazione (adulti in apprendimento; autonomia) 3) Apprendimento trasformativo 4) Pensiero critico Per Gianfranco Cecchin “non si può iniziare nessuna relazione formativa o di aiuto o di consulenza senza porsi la domanda: chi sono io per te? Chi sei tu per me? Cosa siamo qui a fare?” IMPORTANTE: mai generalizzare! Ognuno è portatore di una storia unica e potrà fare apprendimenti diversi. Apprendimenti teorici diversi da apprendimenti profondi = relazioni significative (postura che si dovrà regolare individualmente). Differenze tra: - OPERATORI 1* LIVELLO = lavorano con utenze su determinati obiettivi specifici. Ha sempre una cornice, una cultura di riferimento. - OPERATORI 2* LIVELLO = lavorano su costituzione di un contesto, attivazione di processi, sulla ricerca, sulla valutazione dei contesti. Sta al pedagogista aiutare gli operatori o direttamente i genitori ad analizzare i propri presupposti per mettere in atto un cambiamento/trasformazione. Può fare leva sulla sua estraneità (a differenza degli educatori/insegnanti/genitori) per cambiare il contesto. LE PAROLE CHIAVE DELL’APPROCCIO SISTEMICO PARTECIPAZIONE

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Essere dentro una relazione che avviene in un contesto, ha dei vincoli dettati dai ruoli. Importante leggere la relazione e chiederci come le persone stanno partecipando (POSTURA). Sono diversi i modi di partecipare, può esserci anche del silenzio. Partecipazione è un FATTO RELAZIONALE. Si sviluppa nel tempo: non è sempre uguale, non è lineare. Il miglior modo di partecipare è chiedere: “chi sono?” “cosa fai?”). Una persona con approccio sistemico cerca di non essere lineare nella partecipazione, interroga i processi. La partecipazione è un oggetto complesso, polisemico, da contestualizzare, da capire a livello:  MICRO  MESO  MACRO La partecipazione – a livello sistemico – è legata ai VINCOLI che sono reali (ese: il fatto di essere online crea vincoli ma crea anche possibilità). Su questa regola di base vanno ad innescarsi i comportamenti concreti delle persone (=corporee). Quindi, partecipare è una cosa concreta. AFFORDANCES Per poter partecipare devo innanzitutto interrogarmi sulle capacità/possibilità/affordances di senso e di setting che mi offre il mio contesto (ovvero, luogo specifico di lavoro). POSTURA DI REALISMO INGENUO Ad esempio: usare il verbo “sembrare” come modo di essere (la mamma è ansiosa  la mamma sembra essere ansiosa. Ma forse questa mamma non è ansiosa in tutti i contesti. Si manifesta così perché qualcosa ha fatto scatenare il suo comportamento). Ad esempio: penso che esista qualcosa che si chiama “empatia”; esiste qualcosa che si chiama “famiglia”; esiste qualcosa che si chiama “partecipazione” = c’è molta ontologia. La prof chiede di spostarsi da ontologia ad: EPISTEMOLOGIA  ovvero, quali sono le condizioni nelle quali si può pensare così. Esistono altre condizioni in cui quel qualcosa prende altre posizioni. C’è sempre un’altra possibilità. Il corso ci insegnerà a non ragionare in termini ontologici – causali – lineari (ese: il bambino si comporta così perché è la mamma ad essere così). Stop al concetto di “empatia”. L’IDENTITÀ delle persone non è fissa. In molte culture c’è l’idea dell’IO che rimane fisso. Ese: film “Balla con i lupi”: la tribù Opi identificava/chiamava le persone con nomi che rimandavano alle loro azioni, quindi con nomi propri e fissi ma che mutavano in continuazione. PERSONALIZZAZIONE Processo dove esistono più persone che attribuiscono significati diversi ad una stessa cosa. Individualizzazione non è personalizzazione. Ese: personalizzazione è adattare la danza alle persone che partecipano a questa danza e al contesto in cui vi partecipano. CALIBRAZIONE = concetto di Bateson, per intendere quelle azioni prese in considerazione alla luce di contesti e relazioni in costante cambiamento. Contesti lavorativi

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– professionali – lavorativi dinamici caratterizzati da incertezze e imprevedibilità. La riflessività ne tiene conto e non cerca di eliminarla o scacciarla. STORIE UTILI Negli anni ’80 riscoperta della narrativa (storie raccontate). Una persona racconta, attraverso le proprie lenti, una storia. C’è sempre un’attribuzione di significato. Storie utili  storie che aprono, che rendono la possibilità di avere/vedere da punti di vista diversi. Tutte le storie possono diventare utili al cambiamento, alla trasformazione, all’apprendimento. Aprono possibilità, pensabilità nuove che mi danno delle nuove piste di lavoro. Ese: una domanda è utile se la risposta apre. Come rendere le storie utili? - Moltiplicare sguardi/linguaggi - Lavorare sulla postura di chi ha raccontato. - Contestualizzare le storie. Spostarle in altro contesto - Decostruire le informazioni che la persona aveva nel momento dell’accaduto = ricostruire filo delle informazioni. Storie non utili  chi – per raccontare una storia – dice “questo bambino è molto sensibile” “questa famiglia è molto problematica”. Ovvero chiudono una situazione dentro una cornice molto stretta. Difficile aprire un dialogo nelle storie non utili. Esistono anche storie che chiudono. ESPERIENZA AUTENTICA Quando si scrive una storia è bene scriverla in maniera automatica, senza riflettere su cosa si vuole scrivere. Raccontare le storie su 3 livelli: 1) Livello corporeo 2) Livello emotivo 3) Livello intelligente Accorgersi che siamo in costante dialogo con quanto c’è al di fuori di noi = uno dei temi di Bateson. OGGETTIVITÀ Non esistono storie oggettive nella sistemica. Dentro la soggettività c’è l’oggettività e viceversa. Non sono separabili. Nella sistemica: oggettività come risultato di più sguardi uguali. Quando più persone vedono allo stesso modo, la storia non è più utile. Nell’equipe sistemica non si deve essere tutti d’accordo altrimenti si diventa collusivi. APPROCCIO REALISTICO Non dimenticarsi dei dati di realtà. Ese: un bimbo che prende botte tutti i giorni. SVELAMENTO DELL’OVVIO Concetto di Andrea Prandin. Cose sotto l’occhio di tutti ma che non vengono mai nominate. Ese: mamma di uno studente che denuncia la scuola per poca proattività. Un pedagogista non deve far finta di niente ma analizzare il problema, avere una visione più larga. DOMANDE ILLEGITTIME Sono le domande retoriche, hanno già una risposta pertanto non producono riflessione, pensiero autentico.

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ADVOCACY Dare voce a chi non ha voce. Diventare advocate. RICONCILIAZIONE Creazione di contesti comunicativi in cui vittima e aguzzino si parlino direttamente. È curativo/terapeutico ma non superativo. Per la sistemica, il CAMBIAMENTO è un’EMERGENZA, in quanto emerge, non ha cause. Nessuno può decidere il cambiamento. OGGETTO EVOCATIVO Oggetto ricordo, tipico per una famiglia (ese: video “Stella” di Salvatores su Yuotube. Oppure gioco “Dolce forno”). L’oggetto usato per ritrovare il “noi familiare” (ese: racconto caramella Rossana). Si tratta di oggetto transizionale e transazionale. La sistemica dovrebbe guardare le relazioni tra le persone, il loro ambiente, la loro casa, gli oggetti della loro casa. ADFORDANCE Spazio di interazione tra me e l’oggetto (Oggetto – Adfordance – Me) EMPATIA “cosa provi tu?”. Nella sistemica non ci interessa, non è una risposta informativa. Opacità dell’empatia = difficoltà a mettersi nei panni dell’altro. Non si può mai avere il corpo dell’altro, quindi esperienza incompleta. ETEROTROPIA / EXOTROPIA = vedersi negli occhi dell’altro. Modo per ragionare sull’altro. Guardare alle cornici dell’altro. Per la sistemica è meglio non scoprire le emozioni dell’altro “come pensi?” “come hai pensato in un dato momento?” sono domande errate. *** uno degli aspetti interessanti della sistemica è che sfida la nostra idea che esista qualcosa fuori di oggettivo e che c’è sempre qualcosa di sbagliato o giusto. Vero – Reale – Oggettivo – Serio – Essere – Necessario – Dover essere = Vocaboli da non usare mai nella sistemica. CONTENUTI EXTRA: JACK MEZIROW: è sua la Teoria dell’Apprendimento Trasformativo = cambiare la propria prospettiva di significato. Si tratta di un apprendimento: - Autonomo - Critico - Dove c’è da posizionarsi - Dove c’è riflessione (riflessione; riflessività). Campi di competenza/ricerca delle collaboratrici prof. Formenti: SILVIA LURASCHI: linguaggio del corpo; riflessività = relazione mente/corpo; storie di vita. ALESSANDRA RIGAMONTI: affidi familiari; tutela minori; formazione professionisti in ambito tutela minori FEDERICA VERGANI: servizi tutela minori; pedagogista 0-6 anni.

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Webinar di Alessandra Rigamonti CONCETTO DI RIFLESSIVITÀ SISTEMICA NEL LAVORO SOCIALE, EDUCATIVO E PEDAGOGICO Differenza tra: RIFLESSIONE = reflextion. Conducibile al solo pensiero, quindi individuale e cognitivo. Tende a prendere in considerazione il livello personale (“micro”). Riflettere sull’azione RIFLESSIVITÀ = tiene conto della dimensione individuale ma è un individuo sempre connesso ad altre persone, altri individui, altri contesti. Il suo sguardo si pone su: Azioni – Reazioni – Contesti - Processi ricorsivi - Relazioni  viste dal livello cognitivo, emotivo, incorporato (emboded) e immaginativo. Qui si compongono il livello conscio e inconscio. Non sono separabili. La riflessività ha a che fare con l’interdipendenza di livelli: 

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MESO = si parla di RIFLESSIVITÀ CONDIVISA e RICORSIVA dove utente e operatori portano delle pratiche relazionali tra operatori e famiglie, operatori e colleghi. Questo mette a fuoco le dinamiche di potere insite in qualsiasi relazione sociale comunicativa, dove i concetti di partecipazione e collaborazione della famiglia nei nostri interventi corrono il rischio di essere mistificati se non accompagnate da una pratica riflessiva. Qui diventa interessante una valorizzazione di molteplici versioni interpretative della realtà e quindi la possibilità di contemplare diverse PUNTEGGIATURE. Bibliografia: Articolo Dugmore et al., 2018 sulle pratiche relazionali articolo Bingle & Middleton, 2019 sulle pratiche relazionali Patridge et al., 2019 sulle pratiche relazionali Andersen, 1997 sulle punteggiature Cecchin, 1987 sulle punteggiature Fook, 2012 sulle punteggiature Watson, 2019 sulle dinamiche di potere



MACRO = favorisce l’analisi della critica di:



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MICRO = si riferisce alla riflessività dell’operatore e dell’utente, dove le cognizioni – emozioni – azioni vengono plasmate dalla biografia e dalle proprie premesse implicite. Si parla di elementi BIAS (bias cognitivi = distorsione del ragionamento condizionata dal preconcetto o dal pregiudizio che portano ad errori di valutazione o a mancanza di oggettività nel giudizio) di cui diventare consapevoli come gli elementi di dimensione (genere, età, appartenenza sociale, giudizi personali/emotivi, storie professionali pregresse, apprendimenti passati, modelli relazionali interiorizzati)  tutti elementi che entrano in gioco durante la nostra pratica professionale. Bibliografia: articolo Formenti & Rigamonti, 2020 sulle premesse implicite articolo Bingle & Middleton, 2019 sulla riflessività operatore-utente Taylor & White, 2020 sulla riflessività operatore-utente

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contesti culturali e organizzativi – discorsi dominanti – teorie principali – pratiche consolidate che molto spesso si danno per scontate, che influenzano e vengono influenzate da: cornici sociali, storico, economico e culturale. La riflessività cerca di intercettare, mettere in luce questi aspetti, di decostruirli e di comporre modelli culturali diversi. Bibliografia: Burnham, 2012 Formenti, 2017 Taylor & White, 2000.

COME PROMUOVERE/ALLENARE LA RIFLESSIVITÀ SISTEMICA? Forte connessione tra riflessività e NARRAZIONE intese come storie professionali, di operatori, di resoconti di relazioni tra operatori diversi, operatori famiglie, report come buona base per allenare pratiche riflessive sistemiche. Le narrazioni contengono, oltre al livello micro-meso-macro, anche pensieri, emozioni, intenzioni, effetti di emozioni e azioni che avvengono in particolari contesti e processi ricorsivi/dinamici. Queste narrazioni non sono il racconto di una realtà assoluta ma sono sempre parziali e connesse ad una particolare punteggiatura. Da qui è possibile scorgere il potenziale delle DESCRIZIONI MULTIPLE (possibilità interpretativa diversa e multiverso). Ese: Storia raccontata da un operatore potrebbe essere ri-narrata da un bambino o da un genitore coinvolto nella storia raccontata. Quindi, ci si potrebbe chiedere: come lo racconterebbe quel genitore o quel bambino? Inoltre, un’equipe potrebbe andare attraverso un atteggiamento curioso e attento alla ricerca di una: STORIA MIGLIORE  Intesa come una storia condiviso tra gli attori coinvolti, composita, rispettosa e coerente con aspettative desideri degli attori coinvolti, aperta sempre ad una possibile revisione. La narrazione e ri-narrazione attraverso linguaggi diversi promuove la molteplicità di sguardi ed interpretazioni = complessità di esperienza e di avere rinnovati sguardi che sono l’elemento utile nelle nostre pratiche sociali, educative, pedagogiche. Riassumendo: La riflessività sistemica è una meta-competenza (di secondo ordine) professionale – composita, ovvero di diversi livelli micro-meso-macro: relazionale, emozionale, immaginativa, individuale e collettiva, epistemica, critica, incorporata. Connessa fortemente alle narrazioni per incoraggiare l'autoriflessività di operatori e utenti, per consentire un'analisi critica di relazioni e contesti e presupposti impliciti dove l’osservatore e il sistema osservato non sono separabili tra di loro. La riflessività sistemica mira ad aprire: - Nuove possibilità - Nuove posture - Rinnovare ruoli, copioni, identità.

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Bibliografia: Articolo Roets et al., 2017 sulle pratiche riflessive sistemiche

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articolo Taylor & White, 2000 sulle pratiche riflessive sistemiche articolo Formenti & Rigamonti, 2020 su organizzazioni e servizi White, 1997 sulle descrizioni multiple Pocock, 1995 sulla storia migliore Formenti, Luraschi, Rigamonti 2017 sui linguaggi diversi.

RIFLESSIVITÀ E METODI ESTETICO-NARRATIVI L’idea del corso è di attuare apprendimenti trasformativi. Ma da pedagogisti dobbiamo rimettere in discussione le nostre CORNICI DI SIGNIFICATO = adottare metodologie date particolari condizioni. Esercitazione individuale: “dietro ogni bambino c’è la sua famiglia”. Frase da de-costruire: “Cosa c’è dietro un bambino?”. Per molti è difficile uscire dalla postura del biasimo. Bisognerebbe prendere la famiglia per quello che è. È la famiglia a chiedere di voler essere cambiata, non possiamo cambiarla noi senza che loro per primi non lo vogliano. Lavoro del pedagogista  lavorano con educatori/insegnati che portano una storia bloccata/non utile poiché non sono stati in grado di apportare cambiamenti, di apportare benessere. Raccontare, scrivere vuol dire che posso inserire qualcosa di nuovo nella storia che ho vissuto. Discutere la storia mi dà uno sguardo diverso, lo sguardo di chi sta ascoltando quella storia. I metodi estetico-narrativi favoriscono la molteplicità degli sguardi, rendono utili le storie. La riflessività sistemica vuole che si veda la famiglia come una possibilità, risorsa per il bambino (anche se famiglia abusante, negativa, sparita). Per quel bambino è un pezzo della sua storia. Ogni famiglia è un vincolo. Nel lavoro di riflessività si deve essere in minimo 3 persone  PRESENTIFICAZIONE DEL TERZO = tecnica classica della sistemica: sedia vuota dove immaginariamente facciamo sedere un attore della storia. Chiediamo ai presenti di raccontare il punto di vista dell’attore mancante. Si deve avere immaginazione. Non si deve dare voce alla proiezione di quella persona ma alla personificazione di quella persona. Per la Sclavi: ETEROTROPIA al posto di empatia (termine che non si usa nella sistemica, poiché se leggo una storia non posso immedesimarmi nei panni dell’altro perché ci metto sempre del mio). Nella relazione a due, invece, è interessante SPIAZZARE LA RELAZIONE (ragionare con l’altro sul COME e non sul “cosa” = utile per l’evoluzione delle storie). Ognuno di noi ha reazioni diverse rispetto ad una situazione analoga. Dipende tutto dai contesti precedenti dai quali ho imparato. Uscire dall’idea che colloquio = parole. Il lavoro pedagogico può usare moltissimi altri linguaggi, come ad esempio corpo e sguardo. LIVELLI MICRO – MESO – MACRO La sistemica opera per distinzioni: se il cons. pedagogico vuole lavorare con la famiglia, convoca tutta la famiglia. Se vuole lavorare con il singolo, non convoca tutta la famiglia.

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Bateson: “interessa tenere distinte le cose (tra generale e particolare)”. Da osservatore decido dove porre lo sguardo: Livello MICRO  singoli individui = CURA DI SÉ. “come questa mamma sta prendendo cura di sé?” Livello MESO  guardiamo alle interazioni, quindi “noi” = SISTEMA PROSSIMALE DI CURA. Se il livello micro è saturato ci si può chiedere nuovamente “come questa mamma sta prendendo cura di sé?”. Nuova domanda “chi vede questo bambino? Chi può prendersi cura di questa mamma e di questo bimbo? Riferendosi a chi circonda quella persona. Livello MACRO  ciò che sta fuori dalla famiglia (istituzioni, leggi) = SOCIETÀ. Questo livello genera delle storie obbligate, che ereditiamo. Ese: usiamo parole inventate dal sistema più ampio, esterno alla famiglia. La riflessività, connessa a questo livello, ci aiuta a punteggiare la realtà guardando quali sono i giudizi, valori della società che ruota attorno alla famiglia. È necessario non adattarsi a giudizi e pregiudizi ma creare una propria riflessività. Per la sistemica, Osservatore e Osservato non sono mai separati. I sistemi sono interconnessi tra di loro. Per l’ontologia sistemica il pre-esistente è la relazione tra cose del mondo e tra me e il mondo (e non l’oggetto).

Webinar Silvia Luraschi (esperta nel metodo Feldenkrais) EMBODIED REFLEXIVITY Idee sistemiche intorno alla riflessività incorporata o EMBODIED = INCARNATO: mente non è un’entità separata dal corpo (visione tradizionale) ma corpo incarnazione della mente. TEORIA DELL’EMBODIMENT Organismo connesso con l’ambiente nel quale si muove. La conoscenza ha origine dagli atti motori, movimento. Alla base di tutto c’è il corpo. REFLEXIVITY Riflessività = supera la riflessione che è un’azione del pensiero, che pensa mente separata dal corpo. Crea pensiero attraverso il movimento del corpo e della mente, indissolubilmente legati. ENACTIVISM: L’APPROCCIO ENATTIVO “The embodied mind: Cognitive Science and Human Experiences” di Varela, Thompson, Rosch (1991) Ha alla base la visione sistemica  sostenuta precedentemente da Bateson, la cognizione emerge dall’interazione dinamica tra un organismo che agisce e il suo ambiente. L’approccio enattivo sostiene che è l’interazione con il mondo a co-creare l’ambiente: le strutture percettive emergono dagli schemi (PATTERNS) senso-motori ricorrenti che permettono all’azione di essere guidata dalle percezioni. METODO FELDENKRAIS È la metafora di come funziona la nostra vita.

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Mira a sviluppare nei partecipanti più consapevolezza dei movimenti quotidiani. In alcune situazioni tendiamo a trattenere il respiro, ma il respiro ci fa entrare in contatto con gli altri per cui è molto importante. Articolo dialogo tra Bateson e ...


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