Art.9 - Montanari - Riassunto PDF

Title Art.9 - Montanari - Riassunto
Author Ma Ol
Course Istituzioni e gestione dei beni culturali
Institution Università per Stranieri di Siena
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Summary

Riassunto dettagliato, del libro art.9 del professore Montanari; con annessi appunti dello stesso professore che ha illustrato in classe...


Description

Come tutti sappiamo il 17 marzo 1861 si verificò in Italia l’unità nazionale, ma per circa un ventennio nell’ambito dei beni artistici e culturali non successe nulla in quanto il liberalismo politico dei primi anni dell’Italia post-unificazione si tradusse in pieno liberismo dal punto di vista economico e quindi in piena libertà di commercio delle cose. Solo agli inizi del 900 ci fu una svolta, prima con la legge Rosadi1 e poi con la legge Bottai2.

L'articolo 9 della Costituzione Italiana, cita:

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio storico e artistico della Nazione.

Come si è giunti a questo testo? Il primo embrione di ciò che sarà l'articolo 9 della nostra costituzione, comparve nel'autunno del 1946. Il 2 giugno, L'Assemblea Costituente della Repubblica Italiana (che fu l'organo legislativo elettivo preposto alla stesura di una Costituzione per la neonata Repubblica e che diede vita alla Costituzione della Repubblica Italiana nella sua forma originaria. Le sedute si svolsero fra il 25 giugno 1946 e il 31 gennaio 1948), nominò una Commissione di 75 membri, suddivisi in 3 sottocommissioni : 1. si occupò dei diritti e dei doveri dei cittadini della Repubblica 2. si occupò della parte relativa all'ordinamento dello Stato 1 Legge 20 giugno 1909, n. 364 1 CHE STABILISCE E FISSA NORME PER L'INALIENABILITÀ DELLE ANTICHITÀ E DELLE BELLE ARTI

2 Legge 1089/39 Tutela delle cose d'interesse artistico e storico La legge fondamentale in materia di tutela (n. 1089 del 1939o Legge Bottai, oggi rifluita nel T.U. dei beni culturali, D.Lgs. 490/99) La legge, nota anche come legge Bottai, dal nome del suo relatore, risale al 1939, ma è ancora valida nei suoi principi essenziali; essa disciplinando i beni del patrimonio culturale viene oggi considerata, in virtù delle successive integrazioni, una legge quadro del settore. La Legge 1089/39: fornisce la definizione di bene culturale; afferma il principio del godimento pubblico dei beni culturali; sancisce l'indipendenza dei beni culturali dai Piani Regolatori; dispone sulle autorizzazioni in caso di intervento di qualsiasi natura sul bene culturale; impone il principio della conservazione anche ai privati possessori di cose di interesse culturale; regola le alienazioni, i prestiti, i trasferimenti, le importazioni e le esportazioni dei beni culturali; disciplina i ritrovamenti e le scoperte; stabilisce le sanzioni in caso di contravvenzione di detti principi

3. si occupò dei rapporti economico-sociali (ciò che sarà il titolo III della prima parte della Carta) I relatori della prima sottocommissione furono : Concetto Marchesi (comunista) e Aldo Moro (democristiano) che trattarono il tema della scuola e della cultura. Aldo Moro si occupò solo di scuola, mentre il Marchesi, inspirandosi alla Costituzione della Repubblica di Weimar, propose :

Già da questa prima proposta possiamo notare due aspetti fondamentali che ritroveremo nell'articolo definitivo (art.9) : arte e natura e il fatto che è lo Stato che deve vigilare anche sul patrimonio privato. (Nella versione del Marchesi, quest'ultimo aspetto è implicito, mentre nell'art. tedesco è esplicito: " Spetta al Reich di prevenire l'esportazione del patrimonio tedesco all'estero). Le prime reazioni a questa proposta non furono positive; immediatamente il Tupini (presidente della Prima Sottocommissione e vicepresidente della Costituente) ebbe da ridere in merito, sostenendo che non vi era necessità di sottolineare quest'aspetto che ha proposto il Marchesi perché non esistono antecedenti tali da giustificare un articolo di questo tipo. Il Marchesi risponde al Tupini chiamando in causa argomenti principali sia della discussione della costituente, sia in merito al rapporto tra Stato e Regioni. Il Marchesi infatti, lungimirante, voleva impedire che le regioni potessero autogestire il patrimonio che non è regionale ma bensì nazionale, della Nazione. Questo lo sottolineò, inserendo > (che troveremo il giorno succesivo) La prima seduta, si chiuse con l'opportunità di ritornare e rivedere questa prima proposta del Marchesi. Il giorno successivo, il Tupini rimette in discussione l'articolo proposta da Moro - Marchesi, il quale citava: > Cosa ci deve stupire in questa seconda citazione ? La parola PATRIMONIO (nella prima proposta era tesoro), che ci permette di capire che il Marchesi si sta concentrando sul rapporto Stato territorio e non più sulla vigilanza ma sulla protezione. Marchesi ripropose una rivisitazione di questo articolo e andò a sottolineare due aspetti da mettere in discussione: l'alternativa a vigilanza , cioè la parola protezione e la tutela dei beni privati. Il Moro concluse questa prima seduta proponendo: >.

Fu però la seconda Sottocommissione, che snodò quello che sarà poi l'art. 9 della nostra Costituzione. Il presidente Terracini mise ai voti le future competenze delle regioni (proposte da Mortati). Si trattava di 8 materie, tra le quali la terza includeva : antichità e belle arti, archivi e deputazioni storiche; e la quarta: turismo e tutela del paesaggio, industria alberghiera. Le parole sottolineate nel testo precedente, sono tali perché vengono prese in considerazione per la prima volta. Il punto 3 (la terza materia di competenze) venne rigettato da Umberto Nobile, il quale riteneva assurdo che le belle arti potessero appartenere solo alle regioni. Dunque, la Seconda Sottocommissione disegnava un patrimonio culturale non nazionale ma bensì regionale. Intanto nel verbale della riunione della Prima sottocommissione si fa presente, ancora un volta che il Tupini ritiene superfluo l'articolo proposto dal Marchesi (numero 6). Marchesi chiede di prendere in esame nuovamente la sua proposta e il Tupini decide di riproporre una nuova formula dell'articolo: >. Nel 1946 tutti gli articoli approvati dalla Commissione dei Settantacinque furono rivisti da un Comitato, formato da 18 costituenti che lavorarono al fine di ordinare ed armonizzare tutti gli articoli. Il lavoro definitivo che emerse, portò ad un nuovo articolo, proposto come articolo 29, che citava quanto segue: >. Questo articolo venne messo in discussione il 30 aprile. Il primo ad intervenire a tal proposito fu un avvocato di nome Clerici (Edoardo), democristiano, che ritenne inutile l'articolo (favorendo l'idea del Tupini). In opposizione a coloro che ritenevano superfluo quest'articolo, si aveva il gruppo formato da Marchesi, Nobile, Codignola e Tristano, i quali proponevano una modifica: >. A questo punto, emergeva un altro problema... GLI STATUTI REGIONALI AUTONOMI, come la Sicilia, la Valle d'Aosta. Come bisognava farli comportare? A tal proposito intervenne Salvatore Mannironi, democristiano eletto a Nuoro , che propose di rinviare la discussione al momento in cui l'Assemblea avrebbe affrontato la questione. Il Tupini appare completamente disinteressato perché non gli importa dell'articolo, figuriamoci degli emendamenti. Allora intervenne il Marchesi che oltre a ri- sottolineare l'importanza di quest'articolo, propone un intervento pratico che permise di capire perché il patrimonio doveva essere nazionale e non regionale, citando: >; ed ancora il Marchesi: >. A favore di questa posizione intervenne anche Emilio Lussu, proponendo solo di sostituire Stato con la parola Repubblica. Il risultato di questi interventi furono delle votazioni che portarono ad un nuovo testo: >. A quel punto, si vide intervenire Giuseppe Firrao (democristiano), il quale difese la necessità di inserire un art 29 bis , che cita quanto segue: >. Questa proposta venne approvata dall'Assemblea. Il 4 Giugno, l'Assemblea si trovava a discutere dell'art. III, quello in merito alla possibilità di affidare alle Regioni un qualunque potere legislativo in fatto di patrimonio artistico. Di Fausto (democristiano), intervenne a riguardo con un lungo intervento che si concludeva confermando il senso dell'art. 29 già approvato, secondo il quale "la tutela del patrimonio artistico deve restare integralmente nell'ambito dell'ordinamento nazionale". L'intervento del Di Fausto viene considerato di grande rilievo perché si parla del patrimonio culturale italiano in senso concreto, riportando esempi esistenti, casi, battaglie che lo hanno salvato. Le sue parole ci permettono di capire il contesto nella quale si sta parlando e decidendo della Costituzione ed in più ci presenta un dibattito su uno dei nodi più simbolici della tutela, come l'Appia Antica. Dopo un'articolata discussione, il 22 dicembre del 1947, venne consegnata una nuova versione del testo, rielaborata dai Diciotto, che citava: >. Come si è arrivati a quest'ultimo testo? Possiamo capirlo dal materiale dell' Assemblea, nell'archivio della camera dei deputati. Questo lavoro è stato realizzato da Alice Leone. Possiamo notare che i costituenti- redattori recuperarono per questa " lo sviluppo della cultura" un emendamento di Enrico Medi che citava: > Questa fu una scelta un po' strana e non di facile interpretazione visto che questa versione dell'art. 29- bis era stata respinta quando venne preferito il testo di Firrao. Lo stesso giorno in cui si approvò la Costituzione nella sua interezza, venne deciso di farla aprire con la seria dei Principi Fondamentali; una scelta spiegata meglio dal presidente della Commissione Meuccio Ruini. Quest'ultimo segnalò il concetto aggiunto di >. L'art. II (che divenne poi art.9) fu approvato con 453 voti favorevoli su 515 votanti.

La giornata si concluse con Alcide De Gasperi che disse:

L'interpretazione di questo comma va letta in relazione al rapporto con il comma dell'art. 33 : " L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento [...] Le istituzioni di alta cultura ecc... hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato." A questo punto viene da chiedersi come stabilire un equilibrio tra l'intervento dello Stato (che promuove) e la libertà della scienza; in un dibattito dominato dalla paura che si possa ritornare allo Stato culturale di radice fascista. Bisogna dunque sottolineare che il comma I dell'art. 9 non prefigura una cultura egemonizzata dalle forze che la governano; infatti viene sottolineato che con il termine Repubblica si indica uno Stato in tutte le sue possibili articolazioni, ne consegue che il compito di promuovere la cultura e la ricerca scientifica è attribuito ad ogni singolo soggetto pubblico, indistintamente nella misura e nei limiti ammessi dal proprio ambiti di competenze. A tal proposito va ricordato il discorso di Pignedoli che in linee generali volle aggiungere al comma : >, con l'obbiettivo di impegnarsi a lottare affinché gli spiriti eletti non debbano emigrare lontano. Quella che oggi chiamiamo la fuga dei cervelli, era stata in qualche modo anticipata già da quanto detto dal fisico Pignedoli. Quest'ultimo aveva in mente sicuramente l'esilio di Enrico Fermi e di tanti altri scienziati italiani che nel periodo fascista furono costretti a portare le loro conoscenze e la loro sapienza fuori dall'Italia. - LA COSTITUZIONE guarda al futuro, è un progetto, una promessa di un nuovo e giusto ordine politico - sociale. La costituzione è composta da 139 norme, suddivisa in:    

I Principi Fondamentali dall'articolo 1 al 12 Parte I: I diritti e i doveri dei cittadini dal 13 al 54 Parte II: Ordinamento della Repubblica dal 55 al 139 Parte IV: Disposizioni transitorie e finali dal I al XVIII

Qualche pagina prima abbiamo detto che l'aggiunta > si deve a Medi, ma è difficile andare oltre il livello di una verosimile ipotesi sul nome di Medi, ma sfogliando le biografie, saltano agli occhi nomi come: Moro, Dossetti e Piero Calamandrei. E forse, analizzando più approfonditamente queste biografie possiamo dare un significato più profondo di questo >. In un discorso del Calamandrei a proposito dell'omicidio dei fratelli Rosselli per mano dei fascisti, si sottolinea la cultura come principio fondamentale della Repubblica per rafforzare la tenuta democrazia. La cultura intesa come senso critico, come strumento per la resistenza al potere, cosa che oggi si fa fatica a trasmettere al mondo contemporaneo. LA CULTURA COME RESISTENZA. I Rosselli e Calmandrei pensavano ad una cultura umanistica, e legata alla storia: di qui forse nasce la necessità di far un riferimento esplicito alla ricerca scientifica e tecnica che richiesero a gran voce Firrao, Nobile e Pignedoli. Ma cosa voleva dire " La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura"? La risposta ci viene data dalle parole di Antonio Gramsci che nel 1937 sostiene che tutti i servizi pubblici intellettuali, dunque la scuola, ma anche il teatro, le biblioteche ecc... devono considerarsi utili all'istruzione e alla cultura pubblica e dunque far parte dello Stato e degli enti locali. Dunque, promuovere lo sviluppo della cultura vuol dire renderla accessibile a tutti i cittadini, fornendo in questo modo tutti gli strumenti utili al fine di esercitare la propria sovranità. Capitolo 3. Il comma 2: la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale L'inizio di attuazione dell'art 9. avvenne negli '70 del '900. Perché proprio nel '70? 1) perché si crearono le Regioni 2) per la sempre più evidente aggressione all'ambiente e ai paesaggi italiani Il primo passo da analizzare non appena si prese consapevolezza dell'articolo, è la parola Repubblica. Nel primo comma (dell'art.9), viene esplicitato il soggetto "Repubblica", mentre nel secondo viene sottinteso. Prima domanda: per Repubblica s'intende ?: - LO STATO-PERSONA? inteso come centrale, in opposizione alle autonomie centrali o s'intende lo STATO - ORDINAMENTO? intenso come tutto il sistema istituzionale che va a comprendere anche le autonomi locali?

Questa domanda necessitava a breve di una risposta perché quando le Regioni iniziarono ad essere istituite, iniziarono a darsi Statuti (atti che disciplinano l'organizzazione ed il funzionamento dell'ente) che includevano la tutela delle rispettive porzioni di paesaggio e di patrimonio. Merusi, a tal proposito, notò che la scelta di esplicitare la parola Repubblica non era stata una casuale proposta dell'onorevole Lussu ma era stata adottata proprio per lasciare impregiudicata la questione dell'autonomia regionale. La scelta più giusta da prendere in considerazione è quella di trovare un comune accordo tra Stato e Regione, che vada a tutelare armonicamente un bene comune. Nel 2001, con la riforma del Titolo V (Titolo V - Le Regioni,le Province e i Comuni; dal 114 al 133), nell'articolo 114: La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione; insomma ciò che si sostiene è che la Repubblica non è ripartita ma bensì costituita da un insieme di enti, ovviamente tra i quali abbiamo lo Stato che però ha la stessa valenza degli altri enti (paradossalmente).

Nell'art. 1173, successivamente, si presente un altro paradosso, ovvero che lo Stato mantiene la legislazione esecutiva in fatto di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, ma lo stesso articolo assegna alla legislazione concorrente delle Regioni, la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e promozione, organizzazione di attività culturali. Nel 2010, la Corte Costituzionale ha dichiarato che:

(sia ordinarie che a statuto speciale --> come Sicilia, Valle d'Aosta ecc...)

3 La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Dunque, l'obiettivo è quello ottenere una tutela massima per i beni culturali, perché potendo lavorare insieme, allo stesso scopo, Regioni e Stato, avrebbero potuto garantire un grande funzionamento ed un ottimo mantenimento dei nostri tesori. A quanto pare, questo non è avvenuto. Mi sembra interessante riportare in grandi linee, l'intervento di Marchesi, il quale si preoccupò per la sua regione Sicilia, la quale avrebbe potuto subire in materia un forte rischio d'interessi e irresponsabilità locali. Purtroppo, negli anni, invece di migliore, le cose sono ulteriormente peggiorate, ed è per questo che con la RIFORMA COSTITUZIONALE RENZI-BOSCHI (per fortuna non approvata dal referendum popolare del 2016) si rischiava di avere un art. 117 che lasciava allo Stato la TUTELA, e alle Regioni la PROMOZIONE4. Ad oggi non si sa quale possa essere la differenza tra tutela e promozione ( a mio parere le due cose sono inseparabili) e a questo punto si sarebbe potuto aprire un nuovo dibattito sull'interpretazione. Un dibattito aperto e forse mai chiuso, per decenni si è discusso quel significato della parola Repubblica; un dibattito che voleva chiare non per il bene della democrazia ma per l'amore del cemento. Per fortuna esiste ancora qualcuno, come Margherita Corrado che combatte per la tutela della regione Calabria, dove sono i malavitosi a guidare i danni all'ambiente e al patrimonio.

TUTELA s. f. [dal lat. tutela, der. di tutus, part. pass. di tueri «difendere, proteggere»]. Codignola, tra i primi, disse che lo Stato non protegge ma TUTELA. Probabilmente usò queste parole, facendo riferimento alla legge 1089/1939, che appunto era stata intitolata: "TUTELA DELLE COSE D'INTERESSE ARTISTICO E STORICO". L'Assemblea dunque adottò tutela e lasciò da parte le prime proposte avanzate di "vigilanza" e "protezione" . "Tutela" emergeva tra le altre perché con la parola s'intendeva l'obiettivo di rendere sicuro il patrimonio e di consegnarlo inalterato alle generazioni future. La parola tutela appare nella Costituzione per 4 volte (art. 6, 32, 35, 37). In tutti questi casi " La Repubblica tutela" significa che la Repubblica sa che non può lasciare quelle cose ad altri mani che sono gestite da economie e poteri sociali. Il concetto di TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE, ha una storia che affonda le su radice nella storia della letteratura artistica, quando Raffaello scrisse una lettera a Leone X, nel 1519. Raffaello tra le tante cose che scrive al Papa mediceo, riesce a mettere in rapporto diretto IL POTERE PUBBLICO e LA SORTE DEL PATRIMONINO,infatti sollecita Papa Leone X ad occuparsi delle rovine della città di Roma che l'autorità politica ha distrutto nel tempo. Raffaello e Castiglione infatti, attribuiscono il titolo di PAPI E TUTORI, perché quelle rovine non hanno più i padri e dunque la loro sopravvivenza è affidata ad un potere ch ne va ad assumere anche i doveri,...


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