Capitolo 12 - Costrutti e paradigmi della psicoanalisi contemporanea. I presupposti teorici della psicologia dinamica PDF

Title Capitolo 12 - Costrutti e paradigmi della psicoanalisi contemporanea. I presupposti teorici della psicologia dinamica
Course Psicologia dinamica progredita
Institution Università degli Studi di Torino
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Riassunto del capitolo 12 del libro "Costrutti e paradigmi della psicoanalisi contemporanea" di Nespoli...


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Capitolo 12:

LA MODALITA’ DEPRESSIVA Il passaggio dalla posizione schizoparanoide alla posizione depressiva La posizione depressiva infantile si organizza intorno a una esperienza di lutto: la perdita dell’oggetto buono, rappresentato dal seno, che si attua con lo svezzamento. Durante il primo anno di vita il bambino, inoltre, deve confrontarsi anche con un’altra esperienza di perdita importante, rappresentata dall’educazione sfinterica. Essa non si configura soltanto come apprendimento del controllo della funzione di trattenere e rilasciare le feci, ma consiste più in generale nel dover imparare a tollerare la perdita dell’illimitatezza del piacere che caratterizza l’oralità. L’ingresso nella posizione depressiva è reso possibile dalla progressione dei processi di integrazione psichica connessi allo sviluppo e relativi alla perdita: processi che via via progrediscono fisiologicamente, a patto che le esperienze gratificanti del bambino siano state preponderanti rispetto a quelle frustranti. Il bambino viene chiamato a vivere la perdita, il dolore e la colpa che sono connessi all’esperienza della perdita, dovendo riuscire ad elaborare questi stati d’animo interni senza perdere la capacità di trarre beneficio dal buon rapporto con l’oggetto d’amore. Tali operazioni sono facilitate se l’oggetto sarà capace di rinsaldare “la fiducia nella bontà propria e degli altri” (Klein, 1940). Al contrario, le esperienze spiacevoli, la mancanza di esperienze piacevoli, e soprattutto la mancanza di un rapporto intimo e felice con l’oggetto d’amore, accrescono l’ambivalenza, riducono la fiducia e consolidano le angosce per l’annientamento interno e per la persecuzione esterna. La posizione depressiva è per Klein il momento centrale dell’evoluzione psichica, modalità di relazione con l’oggetto dovuto all’attivazione di sentimenti di angoscia paranoide e disperazione generata dalla fantasia che l’oggetto buono (seno materno) stia per essere perduto a causa dello svezzamento. Mentre le angosce tipiche della posizione schizoparanoide dipendono dalla percezione che venga minacciato il Sé e la sua integrità, le angosce tipiche della posizione depressiva riguardano piuttosto il timore che l’oggetto sia stato danneggiato a causa della propria aggressività, mettendo quindi in gioco i sentimenti di colpa, l’elaborazione del lutto e la riparazione, tentativi che l’individuo fa di rimediare a un danno arrecato a un oggetto d’amore. Nel momento in cui l’utilizzo della scissione si fa meno massiccio, vi è una minore proiezione di parti “cattive” del Sé nel mondo esterno e il sentimento di pericolo legato all’esistenza di un oggetto cattivo si affievolisce. Viceversa l’Io si rafforza, dal momento che la proiezione non lo priva più di parti di sé, facendolo sentire meno impoverito. In sostanza, il bambino diminuisce la necessità di proiettare all’esterno le parti indesiderate le Sé, riuscendo a sostenere la loro presenza dentro di Sé: la progressiva rinuncia all’utilizzo dei meccanismi di scissione e proiezione, determina una maggiore integrazione tra l’Io e l’oggetto. Le modalità e i processi della posizione depressiva L’accesso alla posizione depressiva è possibile solo se l’individuo è in grado di superare la maggior parte dei sentimenti che vive nella posizione schizoparanoide. Il bambino nella posizione depressiva definisce maggiormente la propria relazione con il seno: riconosce gli occhi della madre come oggetti separati da sé, anzi egli è in grado di distinguere la madre come oggetto intero, separato da sé, che può essere di volta in volta buono o cattivo; buono se è presente e quindi amato, cattivo se è assente e quindi odiato. Quanto considerava prima come oggetto parziale, ovvero le parti del corpo della madre (seno, viso, mani), ore rientra nella rappresentazione unica di un oggetto totale. Il bambino abbandona la percezione e la corrispondente fantasia che esista un oggetto buono fonte di esperienze di gratificazione, e un oggetto cattivo fonte di frustrazione, a favore del fatto che: Esiste un oggetto intero e separato da lui che piò avere ora qualità positive, ora negative La percezione dell’oggetto dipende principalmente dai sentimenti che lui stesso prova nei confronti dell’oggetto Lo scoprire di amare e di odiare la stessa persona, il comprendere che i suoi sentimenti distruttivi e benevoli sono rivolti a un medesimo oggetto, lo espone a forti e penosi conflitti dovuti alla sua ambivalenza All’angoscia paranoide (ovvero all’angoscia derivante dalla fantasia inconscia di essere annientato dagli oggetti cattivi) si sostituisce nel bambino l’angoscia che deriva dalla propria ambivalenza, e quindi dal timore che i propri impulsi distruttivi possano aver danneggiato l’oggetto che ama. Il conflitto di ambivalenza assume allora un posto centrale. Per Klein l’angoscia depressiva deriva dai processi di integrazione dell’Io grazie ai quali “l’amore e l’odio e conseguentemente gli aspetti buoni e cattivi degli oggetti diventano, nella psiche del lattante, meno distinti e separati” (Klein, 1950) e l’oggetto viene introiettata come persona nella sua totalità, aumentando la capacità di adattamento del bambino alla realtà. Nella prospettiva kleiniana, il senso di colpa ha un’origine completamente differente da quella ipotizzata da Freud (secondo cui questo sentimento è in relazione con il tramonto del complesso edipico, la competizione con la figura paterna e il timore della castrazione). Secondo la Klein il bambino sperimenta la colpa in relazione agli intensi impulsi distruttivi verso l’oggetto, “per il male procurato dai desideri sadici e cannibalici” (Klein, 1950). Tuttavia, senza lo sviluppo del senso di colpa non sarebbe possibile per il bambino preservare l’oggetto. A sua volta la possibilità di sperimentare il senso di colpa implica necessariamente una certa capacità di integrare e riconoscere l’oggetto come totale. Ma la consapevolezza che l’oggetto primario è un oggetto totale mette il bambino nella condizione di provare un sentimento di impotenza di fronte al grande potere che questo oggetto ha nei suoi confronti: il bambino si capacita così della propria dipendenza dall’oggetto. La “posizione” kleiniana è una modalità di relazione con l’oggetto a cui corrisponde un preciso assetto di difese: nel momento in cui muta il rapporto con l’oggetto, fanno la loro comparsa tipologie di angoscia diverse e, di conseguenza, differenti meccanismi di difesa. È la qualità depressiva di un’angoscia generata dal timore di perdere l’oggetto primario a determinare l’organizzazione della nuova posizione. Questi processi di sintesi che riguardano l’ambito delle relazioni oggettuali vanno di pari passo a processi che portano a una sempre maggior integrazione dell’Io. Tali cambiamenti cono favoriti dalla maturazione fisiologica dell’Io così come dallo sviluppo della memoria: la memoria permette al bambino di ricordare la madre gratificante nel momento in cui essa è frustrante e viceversa. Con l’ingresso nella posizione depressiva, viene fatto maggiore ricorso ai meccanismi di proiezione; al contrario i meccanismi espulsi diminuiscono drasticamente poiché il bambino teme di porre fuori da sé l’oggetto buono insieme alle parti cattive. L’uso dell’introiezione assume anche una finalità difensiva, al fine di mantenere dentro di sé l’oggetto buono e preservarlo dai propri impulsi aggressivi. Il bambino sperimenta verso l’oggetto sentimenti del tutto differenti rispetto al passato: ora che è identificato con l’oggetto intero, sente la necessità di riparare ciò che ritiene di aver danneggiato con i sentimenti aggressivi che prova.

Nella posizione depressiva l’introiezione prevale dunque sulla proiezione, per la necessità del bambino di possedere l’oggetto, sentirlo dentro di sé, e anche proteggerlo dalla propria invidia e distruttività. Qualora in questo periodo l’oggetto “buono” non riuscisse ad essere introiettato si avrà come conseguenza una condizione di “mancanza dell’oggetto d’amore”, che assume lo stesso significato dei sentimenti di melanconia negli adulti. Nel caso in cui il bambino fallisse nel compito di introiettare l’oggetto buono con una certa stabilità si avrà verosimilmente l’insorgere di stati depressivi in età adulta. La tendenza alla riparazione dell’oggetto che si teme di aver danneggiato fa il suo ingresso nella mente del bambino attivata dal senso di colpa; senso di colpa che si sviluppa quando il bambino riconosce che la propria aggressività è ricolta all’oggetto amato, ora inteso come persona totale, e si attiva l’assoluta necessità di riparare, conservare o far tornare in vita l’oggetto d’amore danneggiato. In sintesi, i processi caratteristici della posizione depressiva apportano un contributo fondamentale per uno sviluppo fisiologico. Le difese più primitive lasciano il posto a difese più mature, come la rimozione, l’inibizione, lo spostamento. Questi cambiamenti, soprattutto l’esperienza del lutto, rappresentano i presupposti per la formazione del simbolo. Il transito dalla posizione schizoparanoide a quella depressiva avviene naturalmente in maniera progressiva: ma un aspetto fondamentale che Klein rimarca energicamente in proposito è che per tutta la vita esiste un’oscillazione continua tra le modalità caratteristiche della posizione schizoparanoide e depressiva di relazione al mondo oggettuale interno ed esterno. La funzione del lutto Il fine ultimo dello sviluppo, e nella prospettiva kleiniana l’obiettivo finale di un’analisi, è la possibilità di accedere alla posizione depressiva. Klein ritiene che “al termine del trattamento si riattivano nel paziente antiche situazioni di distacco del tipo dell’esperienza dello svezzamento” e pertanto sostiene che “verso la fine dell’analisi vengono rivissute intensamente le emozioni provate all’epoca dello svezzamento quando i primi conflitti infantili si innalzano al culmine” (Klein, 1950). L’esito dello sviluppo e dell’organizzazione della personalità sono dunque strettamente collegati al grado di integrazione tra gli oggetti interni raggiunto nella posizione depressiva. Tollerare la perdita, al pari del procedere in un’analisi, significa andare incontro ad una progressiva riorganizzazione e rinuncia a parti di sé che implica necessariamente delle rotture. La perdita comporta fatica psicologica, poiché determina il doversi confrontare con la rielaborazione e una nuova organizzazione del proprio mondo interno che può avere un esito favorevolmente solo se il soggetto è in grado di riparare dentro di sé i primi oggetti buoni e renderseli così disponibili. La capacità di provare senso di colpa e di riparare gli oggetti che si sviluppa con la posizione depressiva è strettamente collegata alla perdita e alla capacità di tollerarla, ovvero con il lutto e la sua elaborazione. Elaborare il lutto significa avere la capacità di conservare dentro di sé l’oggetto buono anche se perso nella realtà. Le difese maniacali Alla base dell’esperienza affettiva della posizione depressiva si trova la percezione di avere dentro di sé un oggetto fondamentalmente buono, dal quale il bambino si sente dipendente. Un sentimento di dipendenza verso un oggetto vissuto come importante è tuttavia in pericolo a causa degli impulsi aggressivi che possono in qualsiasi momento arrecargli danno. Ma non sempre la riparazione sortisce l’effetto benefico aspettato. L’ingresso nella posizione depressiva è infatti reso possibile dalla progressione dello sviluppo con i processi di integrazione psichica ad esso connessi, che progrediscono fisiologicamente. Un raggiungimento parziale o deficitario della posizione depressiva impedisce allora lo sviluppo di una sufficiente capacità di riparazione. L’obiettivo delle difese maniacali è pertanto quello di disconoscere il sentimento di dipendenza verso l’oggetto, in quanto il sentimento di dipendenza è legato alla distruttività e quindi all’angoscia per la perdita dell’oggetto stesso. Soprattutto inizialmente l’Io del bambino non possiede una sufficiente fiducia nella propria possibilità di riparare l’oggetto danneggiato, né possiede la capacità di tollerare l’angoscia attivata dalla paura di annientamento l’oggetto buono e, con esso, sé stesso. In questi casi, per superare l’angoscia e mettersi al riparo dal dolore, il bambino può tentare di utilizzare l’onnipotenza maniacale. Essa non impiega meccanismi così diversi da quelli usati dalle difese della posizione schizoparanoide: le difese rimangono le stesse; ciò che muta è il tipo di angoscia verso cui sono rivolte e il loro grado di maggiore organizzazione, dovuto alla maturazione dell’Io. Nel caso il livello di attivazione di tali difese sia molto elevato, se tali difese rimangono eccessivamente attive, possono avere una ricaduta sfavorevole sullo stesso processo di riparazione, fino al punto di impedirne la realizzazione. Le difese maniacali negano l’esperienza di un mondo interno, cioè l’esperienza della propria realtà psichica; oppure negano che il mondo interno possa contenere un oggetto buono e amato. Un raggiungimento parziale o deficitario della posizione depressiva che impedisca lo sviluppo di una sufficiente capacità di riparazione, pregiudica l’acquisizione di sufficienti competenze relazionali con l’oggetto con ricadute importanti sulla vita affettiva e sulla possibilità di essere in contatto con essa: diventano predominanti dei meccanismi di difesa che impediscono di vivere gli affetti e di poter quindi avere una loro rappresentazione psichica. Le più importanti tra queste difese sono l’idealizzazione dell’oggetto, la negazione del mondo interno e la negazione del mondo esterno, con il controllo onnipotente sull’oggetto:” il rapporto maniacale con gli oggetti è caratterizzato da una triade di sentimenti: il dominio, il trionfo e il disprezzo. Tali sentimenti costituiscono una difesa contri i sentimenti depressivi relativi alla valutazione dell’oggetto e alla dipendenza da questo, nonché alla paura di perderlo e alla colpa” (Segal, 1964). 





Il dominio permette al soggetto di negare la dipendenza dall’oggetto e “nello stesso tempo di costringere l’oggetto a esaudire un bisogno di dipendenza, perché un oggetto che è interamente dominato diventa un certo punto tale che si può dipendere da esso” (Segal 1964). Dipendere da un oggetto dominato, è una maniera per eludere la percezione di un sentimento che risulta intollerabile. Il dominio è dunque un modo illusorio di negare la dipendenza e contemporaneamente di assicurarsela, tramite un controllo onnipotente dell’oggetto che ha a che fare con la manipolazione. Oltre al dominio, Klein inserisce tra i meccanismi maniacali la volontà di trionfare sull’oggetto, quando il bambino vuole essere uguale o addirittura superiore al proprio oggetto, con l’intenzione di allontanare da sé i propri limiti e la propria fragilità in rapporto all’oggetto da cui dipende. Il trionfo è quindi un diniego dei sentimenti depressivi di genere onnipotente. Il disprezzo. Nel tentativo di conservare gli oggetti buoni interiorizzati senza vivere la dipendenza da essi “denegando l’importanza tanto degli oggetti buoni quanto dei pericoli minacciati dagli oggetti cattivi” (Klein, 1935). Il disprezzo per l’oggetto e il suo svilimento si accompagnano sempre al meccanismo della negazione. Lo svilimento,

togliendo importanza all’oggetto, impedisce al soggetto di vivere con angoscia tanto il senso di perdita quanto quello di sperimentare la colpa. Una presenza eccessiva e piuttosto stabile delle difese maniacali può a sua volta compromettere la capacità di riparazione, e tendenzialmente trasformare gli oggetti nuovamente in oggetti persecutori, riattivando le angosce caratteristiche della posizione schizoparanoide ed i meccanismi di difesa conseguenti. La stessa riparazione può essere usata alla stregua di una difesa maniacale. In questo caso essa è profondamente diversa dalla riparazione per come l’abbiamo intesa, che “è basata sul riconoscimento della realtà psichica, sulla sperimentazione di sofferenza causata da questa realtà e sul compimento di un’azione appropriata per il suo sollievo, sia nella fantasia che nella realtà” (Segal,1964). La riparazione maniacale costituisce invece una difesa perché il suo scopo è di riparare l’oggetto in modo tale che la colpa e la perdita non siano mai sperimentate....


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