Clima- Organizzativo-E- Gestione- Delle- Risorse- Umane PDF

Title Clima- Organizzativo-E- Gestione- Delle- Risorse- Umane
Author Irene Bordoni
Course Comunicazione D'impresa
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
Pages 38
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Summary

Riassunto del libro completo, arricchito da screen shot delle tabelle originali per rendere più chiari i riferimenti descritti....


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CAPITOLO 1: IL COSTRUTTO DI CLIMA ORGANIZZATIVO 1. L’affermazione e l’evoluzione del costrutto di clima▼ Il concetto nasce nel 1939 con gli studi condotti da Kurt Lewin e al filone psicologico della Gestalt: “il tutto è più della somma delle parti”, è più grande della semplice unione di percezioni isolate, perché è una struttura frutto di relazioni maturate dalle persone nelle organizzazioni. Il contributo di Lewin si basa sulle ricerche condotte sulle dinamiche di gruppo: suoi sono i concetti di climate e social atmosphere nell’ambito di studi per analizzare le condizioni psicologiche di gruppi di giovani dai loro capi. A seconda della leadership (autoritaria, democratica, lassez faire). STILE DEMOCRATICO: + propensione collaborazione dei giovani, a cui corrispondeva anche più elevati livelli di partecipazione. Lewin notò che questo tipo di leadership creava un’atmospere caratterizzata da diffusa percezione di esperienze positive. Il tipo di leadership non condiziona solo le azioni e le performance, ma anche il clima psicologico. Lewin creò anche il CENTER FOR GROUP DYNAMICS all’Università del Mitchigan. Successivamente anche gli studi di Katz e Kahn degli anni 60 si muovevano nel far notare che sulle performance, oltre la produttività, influiva molto le condizioni create nell’ambiente di lavoro. ARGYRIS negli anni 60 diede una visione strutturata di ORGANIZATIONAL CLIMATE in tre componenti che formano la ORGANIZATIONAL BEHAVIOUR, ovvero livello di analisi risultante dall’interazione dei livelli di analisi individuale, formale, informale e culturale. Il clima, visto come un processo dinamico, è cioè un elemento di regolazione del sistema organizzativo che ne permette il funzionamento 1) POLITICHE, procedure e posizioni organizzative; 2) FATTORI PERSONALI (valori bisogni e capacità dei singoli; 3) VARIABILI associate agli sforzi degli individui per conformare gli scopi degli individui con quelli dell’organizzazione. La ricerca e la riflessione sul clima si è focalizzata sul ruolo dei capi.

MCGREGOR (1960) ha analizzato il clima manageriale attraverso la sua teoria X e Y basata sullo stile relazionale. I capi si comporterebbero in base alle convinzioni sulla natura delle persone, e ciò condiziona la natura dei rapporti con i collaboratori.

1.1 TEORIA X E TEORIA Y▼ Contenuta in “The Human Side of Enterprise, è considerata dall’Academy of Managent la teoria più influente sullo sviluppo del pensiero organizzativo. X e Y sono due diverse visioni da parte del management rispetto alle motivazioni del personale. TEORIA X: vede l’uomo come pigro, riluttante al lavoro, vuole fare meno. Di conseguenza l’organizzazione deve dotarsi di strumenti di supervisione, controllo e punizioni per far sì che il personale si sforzi quanto basti per gli obiettivi dell’organizzazione. Consegue minima autonomia e responsabilità, comunque non volute dal personale. TEORIA Y: le persone nei contesti lavorativi possono trovare SODDISFAZIONE e MOTIVAZIONE. Ne discende autodisciplina e autocontrollo se è coinvolto negli obiettivi dell’azienda. Il management dovrebbe più che pretendere controllo, offrire supporto e sviluppo. Il riconoscimento della soddisfazione nello svolgimento del proprio lavoro porta il management a creare un contesto di lavoro basato sulla fiducia e coinvolgimento. CLIMA ORGANIZZATIVO VS CLIMA PSICOLOGICO▼ CLIMA ORGANIZZATIVO: si riferisce ad attributi organizzativi e agli effetti principali o stimoli; CLIMA PSICOLOGICO: si riferisce a attributi individuali chiamati PROCESSI PSICOLOGI INTERVENIENTI. Rappresenta la percezione che gli individui elaborano di tutte le componenti che caratterizzano la sua esperienza di lavoro. Per Quaglino e Mander il Clima psicologico è la Percezione del clima organizzativo. CLIMA PSICOLOGICO VS SODDISFAZIONE PER IL LAVORO: CLIMA: nella sua concezione organizzativa, è una dimensione che si consolida a livello di gruppo e la seconda a livello individuale.

SODDISFAZIONE: è una RISPOSTA AFFETTIVA degli individui in merito agli aspetti più sifinificativi del proprio lavoro (Schneider e Snyder). CULTURA ORGANIZZATIVA (p. 23,24). 2. COME SI FORMA IL CLIMA ORGANIZZATIVO▼ Come comprendere i meccanismi che possono favorire la formazione del clima, ovvero percezioni uniformi? Moran e Wolkwein hanno individuato 3 APPROCCI PRINCIPALI + 1 di matrice culturale: 1) STRUTTURALE: il clima è un attributo/manifestazione dell’organizzazione, ed è quindi influenzato dalle condizioni esistenti nella struttura. Secondo Payne e Pugh, l’organizzazione produce da sé un clima con caratteristiche (dimensioni, livelli gerarchici, ruoli formali) indipendenti da quelle percepite dai componenti. Le persone acquisiscono il clima della struttura nella quale operano, ovvero dal contesto. LIMITI: - non dà spiegazioni perché all’interno della stessa organizzazione esistano climi diversi; - perché allora aziende con stesse caratteristiche hanno climi diversi? - presuppone la sensibilità delle persone nell’identificare dimensioni organizzative complesse; - manca la considerazione dell’impatto soggettivo delle variabili strutturali sulle reazioni dei singoli individui 2) PERCETTIVO/PSICOLOGICO: pone in primo piano l’individuo. Si fonda sul fatto che le persone basano la propria percezione del clima in base al significato psicologico che attribuiscono agli stimoli situazionali. Considerano quindi CONDIZIONI ORGANIZZATIVE ( leadership, comunicazione e modelli decisionali) > strutture organizzative.

Limiti:

- strutture e processi organizzativi sono privi di significato, perché vengono dati dalla percezione del personale. - non considera che i processi di attribuzione di senso non sono condotte solo dai singoli, ma nella maggior parte dei casi sono frutto di interazioni che avvengono tra membri di una stessa realtà organizzativa. Gli studiosi più importanti furono JAMES E JONES. Infatti è complementare… 3) APPROCCIO INTERATTIVO: basato sull’interazione, sullo scambio continuo degli individui tra di loro e con l’organizzazione. L’interazione è quella che crea il significato, ma richiede il confronto tra contesto oggettivo e quello soggettivo. L’approccio interazionista ricompone le contrapposizioni tra approccio strutturalista e percettivo.

Tutto ciò presuppone l’esistenza di un elemento essenziale: la comunicazione, che diventa la raffigurazione dell’interazione e partecipa come elemento centrale alla formazione del clima. Gli autori più importanti furono Blumer, Poole e Mc Phee. Limite: non considera il contesto più ampio, cioè fino a quanto una cultura organizzativa condivisa possa influenzare le interazioni tra i membri del gruppo. 4) APPROCCIO CULTURALE: sposta l’attenzione dalle percezioni individuali all’interazione tra individui, compiendo un ulteriore evoluzione: delineare il ruolo che la cultura

organizzativa ha nella formazione del clima, abbracciando una visione di tipo sociologico. DA INDIVIDUI A GRUPPI.

Il clima quindi è creato dalle interazioni di un gruppo di invidui che condividono uno stesso frame of reference, ovvero la cultura organizzativa (norme, valori ecc), poiché si confrontano con le stesse specificità del contesto. LIMITI: richiede continui chiarimenti della relazione tra cultura e clima. 3. CLIMA E CULTURA▼ Clima e cultura si consolidano attraverso le interazioni tra gli individui e le relazioni che instaurano con il contesto lavorativo.Secondo Schein(1985) la cultura organizzativa è un

insieme coerente di assunti fondamentali che hanno funzionato così bene da poter essere validi per essere insegnati a nuovi membri come il modo corretto di percepire. Martin nel 1995 pensava che per comprendere le culture organizzative occorre tenere in mente CONTEMPORANEAMENTE 3 PROSPETTIVE: 1)PROSPETTIVA CHE PRIVILEGIA L’INTEGRAZIONE: la cultura è determinata dal consolidamento dei valori e delle norme comunicate e comprese dalla maggioranza delle persone che operano in un contesto organizzativo. Questo processo è favorito da leader carismatici che stabiliscono principi

e

valori

di

riferimento,

che

confluiscono

solitamente

nella

VISION

DELL’ORGANIZZAZIONE. Linguaggio, simboli, miti e cerimonie sono strumenti di ciò. Secondo l’autrice Martin questa visione è la più diffusa e condivisa da manager e consulenti perché secondo loro CULTURA FORTE = MIGLIORI PERFORMANCE. 2) DIFFERENZIAZIONE: le organizzazioni sono composte da persone che esprimono interessi contrastanti, sia como portato di modelli culturali sia come conseguenza di ruoli organizzativi orientati verso obiettivi opposti. E’ indispensabile che le persone trovino il modo di cooperare nonostante le diversità individuali ricercando elementi di vicinanza. 3)PROSPETTIVA CHE PRIVILEGIA LA FRAMMENTAZIONE: LE culture contemporanee sono ambigue e deboli rispetto a norme e valori = sottogruppi con visioni diverse. Comprendere la cultura di un’organizzazione vuol dire comprendere l’ambiuguità che caratterizza le condizioni di vita attuali. Le relazioni tra le persone non sono durevoli, perché cambiano gli equilibri per rispondere a cambiamenti esterni/propri interessi. Secondo Ashforth e Mael, la pervasività e l’importanza della cultura organizzativa sono legate al processo ideologico di IDENTIFICAZIONE. Secondo Schneider le persone sono attratte dalle organizzazioni che sembrano avere valori simili. A loro volta, secondo O’Reilly, questo meccanismo è usato ai colloqui per trovare candidati FIT con la cultura. DENISON 1996: per lui cultura e clima rappresentano due facce della stessa medaglia che vengono osservate reciprocamente da sociologia e psicologia, ma che dal punto di vista operativo sono uno strumento potente se visto nella loro connessione o unità. Vanno viste differentemente dal punto di vista dell’interpretazione e non della fenomenologia.

CONVERGENZA: -Entrambe si focalizzano sull’ambiente interno, inteso come contesto sociale olistico definito in modo collettivo; - il contesto è sia frutto delle interazioni, sia ciò che determina le interazio.,

4) CLIMA E COMPORTAMENTO ORGANIZZATIVO▼ Alla base nel legame tra clima e comportamento organizzativo c’è la convinzione che le percezioni condivise in ambito lavorativo influenzino l’agire individuale e collettivo. Il filone di studi che analizza i fenomeni di scelta dei lavoratori ad accettare determinate mansioni è l’ ORGANIZATIONAL BEHAVIOUR, che propone di - dare risposte ai perché del comportamento dei singoli individui- per comprendere la complessità che scaturisce dalle relazioni - comprendere le dinamiche intra e inter gruppo.

Tosi e Pilati propongono un modello del comportamento individuale basato su 4 elementi: 1) Ambiente 2) Individuo 3) Comportamento 4) Conseguenze Lewin attraverso la teoria del campo sostiene la possibilità di indagare il comportamento umano con la funzione C= f (A,P). C= COMPORTAMENTO UMANO, f = funzione dell’ A= AMBIENTE in cui lavora e vive P= persona con caratteristiche. Data la difficoltà di isolare le due componenti porta Lewin a utilizzare un’unica variabile “Spazio di vita” : C= f (SpV). L’ambiente (inteso come insieme delle esperienze vissute nel contesto lavorativo) e i processi mentali individuali sono i fattori che indirizzano l’agire dei singoli e dei gruppi. Per questo motivo, il clima organizzativo è importante perché attraverso i comportamenti organizzativi, è possibile avvicinare COMPORTAMENTI e PERCEZIONI INDIVIDUALI alle PERFORMANCE ORGANIZZATIVE. 4.1 Le percezioni nel contesto di lavoro▼ La percezione è il contesto cognitivo attraverso il quale le persone elaborano gli stimoli esterni interpretando ciò che li circonda. Fiske e Taylor, analizzando il processo di cognizione sociale, (percezione reciproca tra persone) hanno sottolineato che l’individuo ORIENTA IL PROPRIO AGIRE IN BASE AL SENSO CHE ATTRIBUISCE AGLI EVENTI E ALLE INTERAZIONI in cui si trova. Per Kreitner e Kinicki il processo di elaborazione di percezione è in 4 fasi: - SELEZIONE E COMPRENSIONE DEGLI STIMOLI;

- CODIFICAZIONE E INTERPRETAZIONE; - IMMAGAZZINAMENTO E CONSERVAZIONE; - RECUPERO E REAZIONE/DECISIONI. Le persone quindi selezionano dal contesto gli stimoli importanti per bisogni e obiettivi, poi queste vengono interpretate in rappresentazioni mentali, in base a esperienze maturate in precedenza e schemi di riferimento. Per il management è fondamentale tenere conto delle percezioni dei collaboratori, perché in base a come percepiscono, si comporteranno. Le persone agiscono come information processor rielaborando in percezioni di sintesi gli stimoli situazionali in base ai quali attribuiscono maggiore rilevanza. Ha impatto diretto sulle relazioni interpersonali, al clima organizzativo e performance. CAPITOLO 2. LE DIMENSIONI DEL CLIMA 1)L’APPLICAZIONE DEI MODELLI TEORICI I 4 approcci (strutturale, percettivo, interattivo, culturale) sottolineano la NATURA MULTIDIMENSIONALE del clima. Anche 4 sono i modelli teorici che offrono una panoramica sulle possibili declinazioni del clima organ. 1.1

Il modello di Litwin e Stringer (1968) 9 dimensioni, bilanciamento tra sfera individuale e quella organizzativa.

La struttura consiste nell’insieme di regole e procedure; Responsabilità: possibilità di autonomia dei collaboratori Sis. Ricompensa: riconoscimenti economici e di sviluppo Standard attività: livelli di prestazione in base allo svolgimento corretto dei propri compiti Identità: percezione di far parte dell’organizzazione con orgorglio Calore: relazioni amichevoli/contesto lavorativo amichevole Sostegno: sostegno di colleghi e management Accettazione dei rischi: Conflitto: propensione del contesto a fare emergere situazioni contrast 1.2 IL MODELLO DI JONES E JAMES (FINE ANNI 70) 6 DIMENSIONI: (l’ultima coglie aspetti legati alla mancanza di fiducia nel management)

1.5 I SEI BUILDING BLOCK DEL COSTRUTTO▼ Queste variabili sono state prese in considerazione nel filone di studi dello Human Resource Management. Le percezioni relative a queste dimensioni possono influenzare significativamente l’efficacia dei sistemi di people management introdotti dalle organizzazioni. 1) SUPPORTO DELL’ORG E DEI CAPI 2) INTEGRITA’ 3) FIDUCIA 4) GIUSTIZIA/IMPARZIALITA’

5) AUTONOMIA 6) COLLABORAZIONE 1) IL SUPPORTO DELL’ORGANIZZAZIONE▼ Un elemento molto importante nel consolidare i rapporti tra le persone e il proprio contesto lavorativo è la PERCEZIONE DI UN ADEGUATO SUPPORTO DELL’ORGANIZZAZIONE. Questo aumenta l’APPARTENENZA E L’IDENTIFICAZIONE con l’organizzazione. Alla base del costrutto vi è l’assunto che l’ambiente rappresenti un’importante fonte di risorse socio- emotive e di benefici. I dipendenti hanno bisogno di Approvazione, Stima e Affiliazione.La sensazione di essere apprezzati induce a ritenere che gli sforzi saranno premiati, motivandoli a migliori performance.LEVA= PRINCIPIO DI RECIPROCITA’. La percezione di supporto organizzativo si ha quando le persone si sentono rispettate, accesso alle info, SOSTEGNO in situaz. stressanti. EISENBEG e i suoi colleghi hanno sviluppato uno strumento ormai condiviso accademicamente: la SURVEY OF PERCEIVED ORGANIZATIONAL SUPPORT, costituita da 8, 16 o 36 item e con una scala di 5 valori da totalmente d’accordo a completamente no. Ciò di cui bisogna tenere conto è che nonostante con questo costrutto l’organizzazione è intesa come entità vivente, in realtà i collaboratori tendono ad associare CAPI = SUPPORTO D’AZIENDA. Si delinea quindi una sorta di catena di percezioni che coinvolge i responsabili diretti e l’organizzazione in generale. Le percezioni relative al supporto dei capi si chiama PSS (Perceived Supervisor Support).(studio Shanok e Eisenberg) 2) L’INTEGRITA’ DEL MANAGEMENT▼ Secondo la definizione di Simons, l’integrità rappresenta la coerenza tra i valori PROCLAMATI e i valori AGITI, sia la capacità di mantenere le promesse fatte. L’integrità è alla base del terzo building block, ovvero la fiducia. INTEGRITA’= viene percepita nel presente sulle esperienze pregresse; FIDUCIA= è proiettata in a vanti verso situazioni future.

La percezione di integrità è soggettiva, perché a percepirla è lo stesso attore(dipendente) che è una delle due parti della relazione. Tuttavia può diventare oggettiva quando le percezioni vengono condivise in gruppo. Per due motivi i capi possono essere NON coerenti con quanto detto 1)CONTRAPPOSIZIONE con stakeholders (interni/esterni all’azienda) 2) PROFEZIE CHE SI AUTOAVVERANO: i capi si lasciano trasportare. Secondo Prottas è opportuno utilizzare due ITEM che si riferiscono al management generale: - Posso fidarmi di quello che dicono i manager nella mia organizzazione - I manager sono etici e onesti con collaboratori e clienti. INTEGRITA’ CAPI DIRETTI(DINEEN LEWICKI E TOMLISON 2006)

INT. TOP MANAGEMENT (MAYER E DAVIS 1999)

3) FIDUCIA NEL MANAGEMENT▼ E’ stata riscoperta dalle organizzazioni la rilevanza di questo elemento negli ultimi decenni. E’ un requisito per SODDISFAZIONE, PERFORMANCE E MIGLIORE CLIMA ORGANIZZATIVO. La fiducia è un costrutto complesso perché ha diverse connotazioni: - componente emotiva/psicologica, nella dimensione della relazioni;

- componente comportamentale sulla coerenza azioni/ quanto detto - componente cognitiva (ECONOMIA) = calcolo tra costi/benefici. Per Kramer e Mayer la fiducia esprime il grado di accettazione della propria vulnerabilità di fronte a un soggetto esterno in una situazione di incertezza. Specialmente nella relazio. dei collaboratori con i loro capi. Se c’è fiducia, si crea un legame emotivo tra le parti. Per Cummings e Bromiley la FIDUCIA ORGANIZZATIVA, personale o condivisa, si articola su tre punti, sia che si tratti di un capo o top mngt. 1) CAPACITA’ DI MANTENERE GLI IMPEGNI PRESI 2) ONESTA’ NELLE TRANSAZIONI/TRATTATIVE PRELIMINARI 3) NON TRARRE VANTAGGIO DALLA PROPRIA POSIZIONE Esistono diverse scale per valutare la fiducia, nel libro si propone la scala di Mayer e Davis(1999)

4) GIUSTIZIA ORGANIZZATIVA/IMPARZIALITA’▼ GIUSTIZIA= valutazione degli individui di come l’organizzazione svolge le sue attività e si rapporta con i collaboratori. Più ce n’è, migliori sono le performance e il clima dell’organizzazione. Si suddivide in:

-Giustizia DISTRIBUTIVA: si concentra sull’equità percepita dalle persone tra quanto ricevuto dall’org. E IMPEGNO/RISULTATI. Non si valuta in senso assoluto ma in confronto a quanto si riteneva equo ricevere. -Giustizia PROCEDURALE: correttezza e adeguatezza delle procedure che stanno alla base della distribuzione delle risorse da parte dell’organizzazione, soprattutto se sono stabili e poco soggettivi. Riguardano anche le pratiche formali/Concreta applicazione. -Giustizia INTERAZIONALE: percezione del trattamento mentre si applicano pratiche e procedure. La giustizia si manifesta se sono presenti rispetto, sensibilità e comunicazione dei principi alla base delle scelte. ---BOX: LA TEORIA DELL’EQUITA’--Come sottolinea Adams, in ogni circostanza può capitare che una delle due parti percepisca l’esito dello scambio come iniquo. Non basta pagare quanto si deve, perché secondo Homans le persone nel loro lavoro mettono l’INVESTIMENT, l’insieme di competenza, esperienza, motivazione, entusiasmo. La percezione di equità si costituisce dal confronto dell’input e dell’output (riconoscimenti tangibili e/o morali). E’ importante sottolineare che i riferimenti di paragone sono rappresentati sia dai colleghi interni, sia da persone che svolgono lo stesso lavoro in altre realtà organizzative. Se è presente iniquità, i dipendenti possono:

- Modificare gli input: lavorare di meno o con meno impegno - Modificare gli output: tentare di avere più ricompense. - Distrorcere input/output: tralasciare alcuni input che non portano a out. - Distorcere input in base alla competenza o cambiare riferimento

- Cambiare contesto di lavoro.

IMPARZIALITA’: si riferisce alla percezione della presenza/assenza di discriminazione nel trattamento dei dipendenti da parte dell’organizzazione in base a caratteristiche de mografiche/p Questo ha portato alla formulazione del costrutto del DIVERSITY CLIMATE, che rileva le percezio...


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