Comportamentismo e Cognitivismo PDF

Title Comportamentismo e Cognitivismo
Course DIDATTICA GENERALE
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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Lavoro ben fatto...


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2.1.1.1 Linee teoriche essenziali del comportamentismo L’apprendimento associazionistico: il condizionamento classico e operante La scuola psicologica del comportamentismo nacque negli Stati Uniti all’inizio del novecento per opera di Watson1. Secondo Watson l’oggetto di studio di un psicologia scientifica doveva essere il comportamento osservabile piuttosto che la coscienza, la mente o le sensazioni. Il comportamentismo si presenta come una psicologia rigorosamente obiettiva, fondata sull’osservabile e sul tangibile, che elimina ogni tecnica introspettiva e in pratica ogni interrogazione sul soggetto. Il solo oggetto di una psicologia scientificamente fondata è il comportamento osservabile e quindi manifesto, ogni riferimento alla coscienza e alla mente è escluso. Lo studio dell’apprendimento occupò un posto centrale, tanto da identificarsi con lo studio della psicologia stessa di quel periodo. Nell’ottica comportamentista l’apprendimento si identifica con l’acquisizione di nuovi comportamenti e abitudini. Questi possono essere il risultato di un’associazione tra uno stimolo e un altro, nel caso del condizionamento classico, o tra una risposta dell’organismo e una conseguenza che ne deriva, nel caso del condizionamento operante . Questa corrente ebbe come antecedenti le ricerche di Thorndike2 sull’apprendimento per prove ed errori e le scoperte del filologo russo Pavlov sul condizionamento classico. Inizialmente l’interesse di Pavlov era rivolto alla fisiologia della digestione e per questo nei suoi studi utilizzava un apparato sperimentale che consentiva di raccogliere, e quindi registrare, la quantità di saliva emessa da animali in laboratorio (dei cani) quando veniva dato loro del cibo. In questo tipo di situazione Pavlov osservò che il cane iniziava a salivare non solo in presenza del cibo, ma anche in presenza di stimoli di per se neutri, quali la ciotola o la persona che lo nutriva. I numerosi esperimenti permisero di ottenere una risposta, che si presentava in origine come risposta riflessa (quale ad esempio la salivazione) in seguito alla presentazione di stimoli neutri (una luce o un suono). L’esperimento tipo presentava inizialmente una luce (uno stimolo neutro) all’animale. In questa situazione il cane non sempre rispondeva con la salivazione, mentre risultava salivare sempre (risposta incondizionata) in seguito alla presentazione del cibo (stimolo incondizionato). Ma , se in una serie di presentazioni successive la luce risultava precedere la presentazione del cibo, ben presto l’animale cominciava a salivare anche alla sola presenza della luce. In questo modo la salivazione assume le caratteristiche di una risposta appresa: una risposta condizionata a uno 1“La

psicologia così come la vede il comportamentista, è un settore della scienza naturale del tutto obiettivo e sperimentale. Dal punto di vista teorico, il suo obiettivo è la previsione ed il controllo del comportamento. Per nessuna ragione l’introspezione fa parte dei metodi da essa impiegati. In nessun modo il valore scientifico dei dati da essa ottenuti dipende dalla possibilità di venire interpretati in termini di coscienza. […] Lo si può fare in termini di stimolo e di risposta, in termini di formazione dell’abitudine, di integrazione dell’abitudine e così via.” Watson J. B., “Psycology as the Beahviorist View it” , Psychological Review, X, 1913, pp. 158-177; tr. it. Meazzini P. (a cura di), La psicologia così come la vede il comportamentista, Bologna, Il Mulino, 1976, pp. 53-75. 2 Torndike E.L. (1898), “L’intelligenza degli animali” in Dazzi N., Mecacci L. (a cura di), L’uomo psicologico, Milano, Franco Angeli, 1982.

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stimolo, quale la luce, che non è più neutro, ma condizionato. Importante sottolineare che la risposta condizionata, un volta consolidata, continuava a ripresentarsi anche in assenza di cibo, e per molte volte prima di estinguersi gradualmente. Leggi importanti dell’apprendimento associativo sono la generalizzazione ( il cane risponde salivando a stimoli simili) e la discriminazione (il cane dà risposte differenti a stimoli differenti). La teoria del condizionamento classico, si presenta come una forma semplice di apprendimento, spiega anche alcune situazioni umane, in particolare le risposte involontarie. Ad esempio sembra avere un ruolo importante nell’acquisizione di reazioni emotive, come la paura o l’ansia, anche in particolari contesti scolastici. La risposta condizionata (salivazione del cane) è una risposta fisiologica emessa dal cane alla presenza di cibo, ma se si vuole che il cane apprende una nuova risposta, come salutare con la zampa, non potrà essere utilizzato il condizionamento classico in quanto non c’è nessuno stimolo incondizionato capace di suscitare tale comportamento. In questo caso è necessario indurre il cane a esibire il comportamento desiderato e poi ricompensarlo con del cibo e con delle approvazioni che servono da rinforzo. Questo tipo di condizionamento si differenzia da quello classico e viene definito da Skinner condizionamento operante3, infatti qui il soggetto agisce, opera nell’ambiente e lo modifica emettendo dei comportamenti in risposta a degli stimoli. Nel momento in cui un certo comportamento viene esibito, la probabilità che questo si ripeta e poi venga appreso dipende dalle conseguenze che ne derivano. Gli esperimenti classici sul condizionamento operante prevedono un animale affamato in una gabbia provvista di una leva attraverso al quale è possibile regolare la somministrazione di cibo. L’animale casualmente preme la leva e la frequenza di questo comportamento spontaneo fornisce un criterio di riferimento del livello operante dell’animale prima del condizionamento. A questo punto si inizia a rinforzare il comportamento di pressione della leva che consente la disponibilità del cibo immediatamente dopo l’azione dell’animale. Ben presto la frequenza della pressione della leva aumenta notevolmente. Si può concludere che l’animale in questione ha appreso a premere la leva in relazione all’obiettivo di ottenere il cibo. Se il comportamento non viene rinforzato dal cibo si estingue. L’apprendimento per condizionamento operante risulta più rapido quando il soggetto che apprende possiede nel suo repertorio di attività l’azione che rappresenta il comportamento che si vuole condizionare. Se il comportamento non risulta immediatamente disponibile, ad esempio un bambino che deve imparare a scrivere correttamente, è necessario procedere con un programma di rinforzo progressivo di comportamenti sempre più simili a quello finale, che costituisce la meta da raggiungere. Questa procedura viene definita modellaggio (shaping). Gli studi sul condizionamento operante hanno analizzato con particolare attenzione le caratteristiche del rinforzo. I rinforzi4 possono essere: di tipo primario, come il cibo, o secondario, come atteggiamenti di approvazione e stima; positivi, se costituiscono un evento piacevole per il Cfr. Cornoldi C., “Il comportamentismo” in Legrenzi P., Storia della psicologia, Bologna, Il Mulino, 1992 3, pp. 141169. 4 Cfr. Travers R. M.W., Psicologia dell’educazione, Torino, Loescher, 1986, pp. 394-437.

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soggetto, o negativi, se consistono nella cessazione di uno stimolo spiacevole. Il rinforzo immediato risulta essere più efficace di quello ritardato. In ambito educativo significa che se desideriamo che venga appreso un comportamento è importante rinforzare subito il soggetto che apprende. In ambito scolastico è importante fornire subito delle indicazioni su come è andato un compito. Un rinforzo continuo (dato alle azioni e comportamenti corretti) è utile per instaurare l’apprendimento ma poi nel tempo, per mantenerlo, risulta più efficace un rinforzo “intermittente”. A scuola quando uno studente deve apprendere qualcosa di nuovo necessita inizialmente di rinforzi in ogni fase dell’apprendimento che evidenziano i progressi o gli eventuali errori, ma quando l’apprendimento è avvenuto si daranno dei rinforzi in modo saltuario, senza tuttavia trascurarli. Il rinforzo, positivo o negativo, è quello stimolo che porta all’aumento della frequenza di un determinato comportamento. La punizione, invece, comporta la cessazione di un determinato comportamento. La punizione però presenta degli svantaggi. Prima di tutto i suoi effetti non sono così prevedibili come quelli seguiti da rinforzi positivi. La gratificazione dà infatti il messaggio di ripetere un’azione mentre il castigo dà quello di sospenderla, ma non offre delle alternative comportamentali. Come risultato l’organismo può sostituire la risposta indesiderabile con un’altra ancor meno desiderabile. Inoltre, come effetto secondario, può portare a rifiutare o temere la persona che dà la punizione, ad esempio il genitore e l’insegnante, e il luogo in cui è stata ricevuta. Infine, un castigo drastico o doloroso può provocare una reazione aggressiva. I risultati degli esperimenti sul condizionamento operante, condotti con animali, possono essere estesi anche al comportamento umano, con implicazioni sia sull’ambito educativo sia in quello specificamente scolastico. Tuttavia gli apprendimenti di cui questo settore di ricerca può rendere conto sono sempre di tipo associativo, anche se si collocano a un livello superiore rispetto a quelli realizzabili per condizionamento classico. Gran parte dell’apprendimento scolastico può essere difficilmente spiegabile da tale approccio, anche se l’associazionismo ipotizza che le leggi dell’apprendimento sono indipendenti da ciò che si apprende e dall’organismo che apprende. A partire da tale considerazione, Skinner ha ad esempio elaborato una teoria dell’acquisizione del linguaggio fondata sul condizionamento operante. In ogni caso i contributi dell’associazionismo nell’ambito dell’apprendimento scolastico sono stati rilevanti e vanno al di là della semplice applicazione del condizionamento come forma d apprendimento. In primo luogo, porre l’accento sul ruolo del rinforzo nella dinamica insegnamento-apprendimento è di fondamentale importanza in tutti i contesti dell’istruzione. In particolare, nell’ambito della psicologia dell’educazione è stata analizzata l’efficacia di un feed back tempestivo e accurato nel migliorare la prestazione. In secondo luogo, porsi nell’ottica di insegnare un comportamento o un’abilità implica la predisposizione di un piano rigoroso, articolato nelle seguenti fasi: 1. esplicitazione di obiettivi e sottoobiettivi in termini comportamentali, attraverso un’attenta analisi del compito (task analysis), 2. accertamento della situazione di partenza dell’allievo in termini di abilità e conoscenze possedute, 3

3. scelta di metodi, strumenti, modalità che rendono possibile l’apprendimento, 4. valutazione dei risultati raggiunti dagli allievi e della bontà del progetto di istruzione realizzato dall’insegnante attraverso strumenti appropriati. L’apprendimento latente e l’apprendimento per insight Nell’ottica comportamentista apprendimento e prestazione si identificano5. Tale assunzione viene messa in crisi da Tolman6, uno psicologo neo-comportamentista, attraverso un esperimento considerato ormai classico. Nella sua situazione sperimentale tre gruppi di topi venivano posti per diversi giorni in uno stesso labirinto. I topi del primo gruppo ricevevano del cibo quando raggiungevano una scatola collocata all’estremità opposta a quella di entrata nel labirinto. Quelli del secondo gruppo esploravano liberamente il labirinto senza ottenere alcun rinforzo. Il terzo gruppo era trattato come il secondo per i primi dieci giorni e per i successivi sette come il primo. Nella prima fase erano i topi del primo gruppo, cioè quelli rinforzati, che ottenevano i risultati migliori, ma dal momento in cui il terzo gruppo ricevette il rinforzo, questo migliorava molto velocemente la sua prestazione e superava ben presto quella del primo gruppo. Tale risultato metteva in discussione sia il ruolo del rinforzo nell’apprendimento, sia il binomio “apprendimento è uguale a prestazione”. Infatti dimostrava che nel corso della prima fase dell’esperimento anche i topi appartenenti al terzo gruppo benché non rinforzati, avessero appreso efficacemente la struttura del labirinto. Tale apprendimento, che si rese manifesto solo nella fase successiva in presenza del rinforzo, venne definito da Tolman “apprendimento latente”. In questo senso Tolman e altri esponenti del neo-behaviorismo giungono ad osservare che né i processi di condizionamento, che pure si attuano nella vita individuale e sociale, agiscono ciecamente, né il nesso stimolorisposta, fatta eccezione per i comportamenti elementari costituiti dai riflessi, sono automatici. Interviene, in entrambi i casi, un processo di ‘mediazione’ esercitato dall’attività mentale che contribuisce a dare un senso a eventi diversi, diversificandone anche i significati. Per Tolman il comportamento non è diretto semplicemente dalla stimolazione esterna ma da uno scopo che vi si inserisce; l’apprendimento è scoperta e perfezionamento da parte dell’organismo delle varie soluzioni possibili tra le quali viene selezionata quella maggiormente rispondente ai bisogni e ai desideri del momento; comportamento ed ambiente non sono rappresentati in modo frammentario ma come mappe cognitive, come unità mentalmente organizzate che possono agire anche al di là dello stimolo immediato7. La posizione di Tolman aprì la strada a concezioni dell’apprendimento che vanno oltre l’associazione di sequenze di stimoli e di risposte di tipo comportamentale, per approdare al campo dei processi cognitivi. Un importante contributo in tal senso venne negli stessi anni da alcuni 5 Cfr. De Beni R., “Memoria, apprendimento e immaginazione” in Legrenzi P. (a cura di), Manuale di psicologia generale, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 251-337. 6 Tolman E. C., L’uomo psicologico, Milano, Angeli, 1958. 7 Cfr. Amerio P., “Verso un soggetto attivo” in AA.VV. Scienza cognitiva ed educazione, Torino, Bollati Boringhieri, 1992.

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rappresentanti della scuola della Gestalt, sorta in Europa per opera di Wertheimer, Kohler e Koffka, che si è occupata di processi cognitivi come il pensiero e la percezione8. In particolare si deve a Kohler lo studio sull’apprendimento per insight, così chiamato perché caratterizzato da una soluzione che sembra prospettarsi improvvisamente al soggetto. In un esperimento uno scimpanzé veniva messo in gabbia al di fuori della quale vi era della frutta, non raggiungibile direttamente. Con il braccio poteva arrivare solo ad un bastone che era troppo corto per raggiungere il cibo. Fuori dalla gabbia veniva collocato un bastone più lungo, che poteva essere recuperato solo utilizzando quello più corto. Dopo un certo periodo di irrequietezza in cui lo scimpanzé cercava invano di raggiungere il cibo sporgendosi, seguivano lunghi momenti in cui l’animale scrutava tutt’intorno l’area visibile; poi, improvvisamente, l’animale afferrava il bastone corto e, con l’aiuto di questo, recuperava quello lungo. A questo punto poteva facilmente raggiungere la frutta tanto desiderata. L’intuizione dello scimpanzé non si prospettava come apprendimento di prove ed errori, caratterizzato da un graduale avvicinamento all’obiettivo. Si configurava piuttosto come una modificazione repentina e unitaria del ‘campo’, che portava a riconsiderare in modo qualitativamente diverso gli elementi in esso contenuti.

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Luccio R., “Storia e metodi” in Legrenzi P., Manuale di psicologia generale, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 13-73.

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2.1.1.2 Linee teoriche essenziali del cognitivismo Il cognitivismo è quel movimento teorico-sperimentale della psicologia contemporanea caratterizzato da uno specifico interesse per i processi cognitivi. Il soggetto viene indagato a partire dalle strutture, dai meccanismi e dai processi caratterizzanti la ‘mente’, viene riscoperto protagonista di un mondo nel quale vive ed agisce costruendo la realtà che lo circonda. Le scienze ‘di confine’9 che hanno influenzato la nascita del cognitivismo sono molteplici, tra i contributi più importanti si ricordano quelli provenienti dalla scienza dei calcolatori, gli studi compiuti nel campo neuroscientifico, gli esiti delle ricerche condotte nel settore della psicolinguistica. La scienza dei calcolatori nasce negli Stati Uniti negli anni della seconda guerra mondiale con il nome di cibernetica10. In pochi anni, grazie all’apparato matematico applicato alla modellistica dei calcolatori, i lenti e enormi calcolatori funzionanti con valvole termoioniche vengono sostituiti dai transistor, poi da macchine seriali. La nozione cibernetica di ‘retroazione’ (feed back) ha consentito di creare nuovi modelli di comportamento, estremamente lontani da quello fondamentale del comportamentismo, basato sulla nozione di riflesso. Alla luce delle nozioni fornite dalla cibernetica, l’organismo comincia a venire considerato alla stregua di un sistema per l’elaborazione dell’informazione , capace di usare diversi ‘piani’ e strategie, di accumulare e di utilizzare in modo appropriato l’informazione proveniente dall’esterno. Invece di semplici “connessioni” di riflessi, le diverse forme di comportamento vengono considerate prodotto di distinti “programmi” o “gruppi coordinati” di azioni. Nel 1960 ad opera di Miller, Galanter, Pribram che si autodefiniscono “comportamentisti soggettivi” 11 veniva pubblicato Plans and structure of Behavior che, oltre a proporre una nuova teoria del comportamento, basata su mete e verifiche del loro conseguimento, metteva in rapporto la psicologia con quanto si andava studiando nel campo dell’Intelligenza Artificiale. L’opera nasce da una ricca riflessione interdisciplinare che mette esplicitamente in rapporto quanto si andava studiando in psicologia con i primi risultati delle ricerche relative all’intelligenza artificiale. Gli autori affermano che attività e comportamento sono caratterizzati da una complessa e gerarchica organizzazione di scopi; ogni comportamento è guidato da un piano12, che è una gerarchia di azioni per raggiungere uno scopo; l’esecuzione di un piano comporta il controllo della sequenza di operazioni che si sta compiendo e un procedimento graduale. Ciò che mette in moto il sistema di azioni è l’immagine13, ovvero la conoscenza del mondo, la mappa cognitiva, la rappresentazione 9 Gardner riporta una mappatura delle scienze interessate allo sviluppo della cognizione evidenziando le connessioni fra intelligenza artificiale, neuroscienza, antropologia, linguistica, filosofia, psicologia sotto forma di un esagono cognitivo. Cfr. Gardner H., La nuova scienza della mente, Milano, Feltrinelli,1988. 10 Cfr. Boscolo P., Cibernetica e didattica, Firenze, La Nuova Italia, 1969. 11 G.A.Miller, E. Galanter, K. Pribram, Piani e struttura del comportamento, Milano, Angeli, 1976, p. 67. 12 “Un piano è ogni processo gerarchico nell’organismo che può controllare l’ordine in cui deve essere eseguita una sequenza di operazioni.” G.A.Miller, E. Galanter, K. Pribram, Piani e struttura del comportamento, op. cit., p. 84. 13 “L’immagine è tutta la conoscenza accumulata ed organizzata che l’organismo ha di se stesso e del suo mondo. […] Essa include tutto ciò che l’organismo ha appreso, i suoi valori, così come i suoi fatti, organizzati attraverso qualsiasi concetto, immagine o relazione, sia stato in grado di padroneggiare.” G. A. Miller, E. Galanter, K. Pribram, Piani e struttura del comportamento, op. cit., p. 142.

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interna. Il comportamento dipende dall’immagine. Allorché un organismo costruisce un’immagine interna in relazione ad uno stato percepito, e quindi ha uno scopo, elabora anche un piano per affrontarlo e per poter guidare le sue azioni a superare l’incongruenza che si è creata. A volte si usano piani diretti, memorizzati direttamente, come l’alfabeto; in circostanze più complesse si lavora nei termini di un metapiano, cioè secondo un insieme di regole che più facilmente può essere memorizzato. Da questo si possono generare piani diversi, secondo le necessità e in una grande varietà di situazioni mai viste prima. La facoltà di generare piani da altri piani costituisce un grande vantaggio in termini di economia mentale, inoltre consente “agli uomini di essere creativi in modo significativo”14. I tre autori, disponendo dei primi risultati dei...


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