I Vociani Letteratura PDF

Title I Vociani Letteratura
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Messina
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I VOCIANI- LETTERATURA ITALIANA GUIDO GOZZANO Nasce a Torino nel 1883 e quando si inizia il nuovo secolo ha 17 anni. Nasce da famiglia borghese agiata, padre ingegnere, madre figlia di un senatore d'Italia, era donna di cultura. Egli ha un'educazione classicheggiante ma è anche un uomo sportivo, si da al pattinaggio su ghiaccio, alla boxe, finchè non si ammala di tubercolosi, malattia molto comune a fine 800, prima degli antipirotici. Si iscrive alla facoltà di giurisprudenza ma non si laureerà mai (viene soprannominato amichevolmente “l'avvocato”). Spesso invece che andare a seguire le sue lezioni, andava a seguire quelle di letteratura italiana tenute da Arturo Graf (fondatore della rivista Giornale storico della letteratura italiana). Verso il 1904, Gozzano inizia a pubblicare delle poesie. Le pubblica sparsamente su riviste e stringe amicizia con poeti piemontesi del tempo. Si lega in una relazione d'amore con una poetessa di toni dannunziani, Amalia Guglielminetti, che era più vecchia di due anni. Nel frattempo Gozzano fa molti viaggi, molti per cercare un clima migliore rispetto a quello torinese per la sua malattia (India), ma anche per il gusto dell'esotico. La sua salute peggiora, lui continua a scrivere poesia ma anche pezzi giornalistici e un soggetto cinematografico “San Francesco”. Nel 1916, a 33 anni, muore. Ci ha dato una produzione poetica con tre raccolte poetiche, due portate a stampa e una incompiuta. La prima è del 1907 e si intitola “La via del rifugio”, nel 1911 pubblica “I colloqui”. La raccolta incompiuta si intitolava “le farfalle”, dove la poesia è molto lunga e la narrazione in versi, che aveva un soggetto appunto entomologico. La via del rifugio 1907: si presenta come un'antologia della produzione giovanile di Gozzano, ne sceglie alcune e le pubblica. La sua preoccupazione nello scegliere le poesie è quella di non apparire troppo dannunziano, perchè lui sapeva bene che tendeva a riflettere la poesia di D'Annunzio. La novità rispetto a D. è una novità di lessico e sintassi, Gozzano punta su lessico quotidiano, domestico. Lui vuole abbassare i toni rispetto a D'Annunzio. E poi la sua è una sintassi narrativa, le sue poesie sono racconti in versi. Inoltre è capace di inserire improvvisamente delle citazioni da poeti italiani come Dante, Petrarca e Leopardi. Ci si ritrova queste citazioni lasciate tali e quali però inserite in un contesto che è di solito quotidiano e che all'interno di quella atmosfera poetica stonano un po'. Ne “la via del rifugio” ci sono tentativi di carattere filosofeggiante, attraverso questa poesia parlata, che vuole apparire dimessa (ma non lo è), ci sono delle ambizioni di poter meditare su cosa sia la vita, la morte, l'infinito. I colloqui 1911: sempre una antologia, dove sceglie delle poesie scritte tra il 1907 e il 1911 e qualcuna di prima, e divide questo libro in tre parti intitolandole: 1. Il giovenile errore: dal Canzoniere di Petrarca, primo sonetto, dove lui lo intendeva come peccato, il peccato di amare, Gozzano lo riprende sia perchè ci crede e sia perchè ci sorride su, c'è in lui una giovanile fiducia sulla possibilità di amare, un errore tipico dei giovani ma i giovani possono farlo. 2. Alle soglie: per lui la soglia è quella della morte, cioè tra la vita e la morte. Quando scrive queste poesie dei colloqui la sua malattia è molto avanzata. 3. Il reduce: il reduce è colui che ha fatto la guerra ma è tornato vivo, è un sopravvissuto. E lui si sente un sopravvissuto nonostante la giovane età, e vive in attesa della morte con il solo conforto della sua poesia. I colloqui è un libro di poesia narrativa e la sua struttura in tre parti è una struttura molto compatta, parliamo di “macrotesto” (una singola poesia è un micro testo). Un macrotesto è la somma di più poesie, più un qualcosa in più, che viene proprio dal fatto di essere messe insieme. Quindi il macrotesto aggiunge qualcosa ai singoli testi. Protagonista dei colloqui è Gozzano, l'io lirico, ma più che coincidere con l'autore coincide con quello che Gozzano chiama “lo spettro ideale di me”,

cioè quello che appare è una sorta di fantasma dell'autore, c'è una sorta di sdoppiamento tra l'autore e l'io lirico che emerge dal libro. La materia della poesia dei colloqui è blandamente autobiografica. Elemento fondamentale di tutta la poesia di Gozzano è l'ironia, egli sa essere autoironico Tra i primi critici di Gozzano troviamo Montale. Egli dice di lui che non ha uno spessore culturale grandissimo ma sicuramente ha letto molto, è un ottimo conoscitore dei suoi limiti ed è naturalmente dannunziano e ancora più naturalmente disgustato del dannunzianesimo. Egli fu il primo poeta del 900 che riuscì ad attraversare D'Annunzio, per approdare in un territorio suo come a suo tempo Boudelaire aveva attraversato Rimbaud per gettare le basi di una nuova poesia. È stato il primo a fare scintille facendo cozzare l'aulico col prosaico, cioè usare un linguaggio alto per una materia bassa. Egli mantiene una forma classicheggiante, non ripudia le forme poetiche della tradizione cioè il verso endecasillabo o settenario o le forme strofiche che usavano i poeti precedenti. Mantiene una metrica tradizionale. Ha poi un atteggiamento di ambiguità nei confronti della poesia, lui sarebbe stato naturalmente dannunziano ma non crede come lui nella poesia come opera d'arte e quindi che la vita deve diventare tale, lui si rende conto che il rapporto tra poeta e poesia è un rapporto ormai malato, per questo delle volte si rifiuta di chiamarsi poeta. Gozzano è stato inserito in un contesto di poeti che si chiamano crepuscolari: il crepuscolo è quella parte del giorno che precede il tramonto, la luce inizia a declinare ma non è ancora sera. D'Annunzio esaltava il mezzogiorno, il sole che batte forte. I crepuscolari non amano la troppa luce dannunziana ma nemmeno il troppo buio (i futuristi esalteranno la luna). Questi sono poeti che amano le sfumature, i mezzi toni. Sono caratterizzati dal rifiuto della poesia. Lettura e commento della poesia “La signorina Felicita ovvero la felicità” pg. 8 antologia. È una poesia di tipo narrativo, piccolo racconto in versi che parle dell'amore tra questo avvocato mancato e questa signorina Felicita SERGIO CORAZZINI Altro poeta crepuscolare (poeti che hanno delle caratteristiche comuni, ma vivono esperienze lontane l'uno dall'altro. Non formavano un gruppo, una scuola. I critici li considerano crepuscolari. In comune hanno una certa concezione della vita e della poesia). Il termine crepuscolarismo è stato coniato nel 1910 da Giuseppe Antonio Borghese, critico letterario, scrittore e giornalista. Dice: sono lirici che si annoiano e non hanno che una emozione da cantare: la torpida elimacciosa alinconia di non aver nulla da dire o da fare. È una poesia che non è più gloriosa, che non vive il suo mezzogiorno ma è una poesia che vive il suo tramonto, che si spegne. Nonostante questa loro negazione della poesia, i crepuscolari hanno dei modelli che vogliono superare o elevano (Pascoli del fanciullino: questi poeti spesso bamboleggiano) e poi tengono presente il decadentismo francese. Corazzini è un poeta romano nato nel 1886, ha una famiglia agiata ma erano tutti ammalati di tubercolosi. Il padre inizia a fare speculazioni in borsa e si trova povero in canna. Corazzini era stato mandato in collegio a studiare, liceo classico, viene ritirato per mancanza di soldi e viene mandato a lavorare in una agenzia di assicurazioni. Nel 1906 comincia il primo ricovero in un sanatorio e poi inizia a peregrinare in Italia per trovare un sollievo alla malattia, per esempio dolomiti o lido di Venezia. Nel 1907 muore, avendo già scritto vari “libri”, piccole raccolte di versi che stampava e pubblicava a sue spese, nonostante la famiglia non avesse molto. La raccolta più importante è pubblicata nel 1906 ed è intitolata “Piccolo libro inutile”. Vuole sottolineare già dal titolo che la poesia non serve a nulla. Corazzini nelle sue poesie si autodefinisci come un bambino lamentoso e malato, masochista e che ha come suo unico scopo quello di aspettare la morte. Questa sua tematica si può capire da un punto di vista psicologico ma anche sociologico, ma al di là di qst tematica và detto che da un punto di vista sperimentale egli è un poeta che prova vari tipi di versi, come il verso libero dove non ci sono né rime né misure sillabiche da mantenere e la lungheza dei versi sono indefinite, prova anche la prosa lirica. Ci sono delle diversità tra il crepuscolarismo romano e quello per esempio piemontese di Gozzano e

altri poeti. I romani sono molto meno ironici, sono legati di più al proprio dramma personale, e ci sono spunti di religiosità cattolica chesa un po' da vecchio cattolicesimo.

MARINO MORETTI Nato a Cesenatico nel 1885 da una famiglia di pescatori. Fa il liceo classico ma ad un certo punto va a Firenze ad una scuola di recitazione, dove conosce anche Palazzeschi. Nella sua vita sarà un giornalista. Durante la prima guerra mondiale farà l'infermiere in un ospedale da campo, poi tornato sarà responsabile della pagina letteraria del Corriere della Sera. La sua è una vita poco movimentata, qualche critico ha detto che la sua biografia consiste nella sua bibliografia. Tra il 1905-20 compone le sue principali raccolte di poesie: -poesie scritte col lapis; -poesie di tutti i giorni; -il giardino dei frutti. Le sue poesie vengono scelte e raccolte dallo stesso poeta in una antologia che esce nel 1919 col titolo “Poesie”. Marino Moretti è quel signore per il quale Giuseppe Antonio Borgese conia l'etichetta di “poesia crepuscolare”, recensendo proprio “poesie scritte col lapis”. M. M. però viene dopo altre esperienze crepuscolari, non è sicuramente il primo dei crepuscolari, anche se l'etichetta è applicata a lui, perchè egli fa proprie le esperienze che erano stato di Corazzini, Gozzano e Palazzeschi. Anche lui come Gozzano è un poeta estremamente ironico e autoironico, non dà importanza ai suoi versi e vuole eliminare dalla poesia quell'alone sacrale che ormai D'Annunzio aveva dato. La sua è una prosa poesia, con versi di vario genere in cui domina una dizione vicina al parlato. La sua sintassi è fatta di piccoli periodi di frasi, egli segue molto le metriche tradizionali (quartine, versi raggruppati a 4). ALDO PALAZZESCHI Aldo Palazzeschi (Giurlani) nasce a Firenze nel 1885 da una famiglia agiata di commercianti, che lomandano a studiare ragioneria. Diventa ragioniere e si iscrive a economia e commercio a Venezia e intanto segue degli studi di recitazione a Firenze quando torna, fa un po' l'attore studente. È spesso a Parigi e nel 1913 aderisce al manifesto del futurismo, che definisce finita la lirica tradizionale. Poi si cancella dalla firma del manifesto, anche perchè durante la prima guerra mondiale fu chiaramente anti-interventista, mentre i futuristi volevano che l'Italia entrasse in guerra. Durante il fascismo vive molto appartato e finito il fascismo di sposta a Roma, continua la sua attività di scrittore e giornalista, riceve dall'uniPD una laurea honoris causa, che non aveva mai ottenuto, ma non in economia bensì in lettere. Muore a Roma verso i 90anni.La sua attività è molto varia, di prosatore e poeta. La sua prima attività è però quella poetica, ma affronterà anche dei romanzi. Inizia anche lui verso il 1905 fino al 1910, dopodichè come Moretti raccoglierà le sue poesie e inizierà ad antologizzarle, fino al 1925 quando smetterà di interessarsi alla poesia e si darà soprattutto alla prosa. Nel 1905 pubblica una raccoltina, a sue spese, intitolata “I cavalli bianchi” e poi nel 1907 un'altra che si intitola “Lanterna”, nel 1909 “Poemi” e infine nel 1910 pubblica “L'incendiario” (pubblicato dalle edizioni futuriste di poesia). Dopodichè in sostanza pubblica antologie scelte tra queste 4 raccolte più qualche poesia nuova. Nel 1913 ne pubblica una con lo stesso titolo “L'incendiario” ma

che è una raccolta scelta di poesie precedenti. Lo farà ancora nel '25 e anche nel '30. Non è un poeta dotto, quando scrive non racchiude nei propri versi tutto il suo sapere, infatti dice “io non sono un letterato, sono uno scrittore nativo (ingenuo) d'istinto, non di sapere. La mia prima cultura letteraria me la sono fatta col teatro, che a 14 anni con vera passione frequentavo già.” È uno spirito avanguardistico, guarda in avanti, ma senza perdere la propria personalità nell'aderire alle avanguardie, come il futurismo a cui aderisce. Delle avanguardie a lui interessano gli apetti anticonformistici. Per quanto riguarda le sue prime due pubblicazioni, c'è chi ha parlato di un Palazzeschi crepuscolare, definizione corretta solo in parte perchè la tematica è sicuramente crepuscolare, ma viene trattata in uno stile fiabesco e surreale, senza ironia spinta di Gozzano e senza l'aria funerea di Corazzini. Egli lavora molto sul linguaggio poetico, dà vita ad una serie di tentativi di innovazione, usando un linguaggio volutamente povero, essenziale che diventa quasi formulare, si ripetono spesso espressioni o elementi che vanno bene in qualsiasi poesia. Caratteristiche sue sono le interazioni fonico-lessicali, i suoi testi sono uno scoppiettìo di suoni. Dal punto di vista ritmico, non si interessa di essere vario, nelle sue scetle metriche di verso libero utilizza una cellula ritmica di base: 3 sillabe in cui la prima è atona, la seconda tonica e la terza atona (ta-tàn-ta). Nelle due successive raccolte, ci sono delle novità che portano Palazzeschi verso il grottesco: deformazione caricaturale del reale. A questo si aggiunge una forte ironia che diventa sarcasmo, una ironia che si chiama “antifrasi”, cioè dire una cosa e intenderne un'altra. E accanto a questo ci sarà anche “il riso”, nel senso di lasciatemi divertire, che è uno dei suoi motti. Siamo agli antipodi di Corazzini. Nelle sue poesie troviamo anche la parodia di motivi tradizionali, per esempio il colloquio d'amore tra un uomo e una donna dove a un certo punto non sanno più cosa dirsi e per gioco inizano a dirsi parolacce, che mostra ancora la volontà di abbassare il registro di una poesia e dire che in poesia ci può stare di tutto. Troviamo anche la teatralizzazione dei testi, nelle sue poesia ci sono spesso degli schemi di dialogo e una metrica libera. La sua ironia va di pari passo con la critica verso la borghesia, cerca di colpire la classe borghese non direttamente ma tramite la scelta di soggetti, la resa stilistica piena di figure retoriche e ironia.

CORRADO GOVONI nasce in provincia di Ferrara a Tavara nel 1884, da una famiglia di agricoltori abbastanza agiata, non compie studi regolari e si dedica alle sue terre. Prima della prima guerra mondiale tenta di trasferirsi a Milano che era diventata capitale del futurismo, ma fallisce e torna dalle sue terre. Poco dopo però le vende e inizia a fare diversi lavori, quello che gli riesce meglio e più a lungo è dirigente della SIAE. Morirà vicino a Roma nel 1965. La sua produzione poetica è molto precoce, nel 1903 a 19 anni pubblica a Firenze una raccoltina di poesia intitolata “le fiale” e nello stesso anno scrive una raccolta “armonia in grigio et in silenzio” con parole chiave del crepuscolarismo. Nel 1905 pubblica una raccolta un po' diversa, almeno dal titolo, “fuochi d'artifizio” poi nel 1907 “gli aborti”. Aderisce al futurismo nel 1909 e su questa linea pubblica “poesie elettriche”. Nel 1915 pubblica “inaugurazione della primavera” che è una raccolta di nuove poesie ma che comprende anche “poesie elettriche” e poi nello stesso anno “rarefazioni e parole in libertà”. Questa fase più interessante della poesia di Govoni si conclude con un'antologia curata da egli stesso, “poesie scelte” che esce nel 1918. Continuerà ancora a scrivere poesie, ma saranno meno incisive nella storia della tradizione poetica italiana, ricordiamo nel '38 la raccolta “canzoni a bocca chiusa” e poi nel '46 “Paladino” dove compaiono poesie molto toccanti per il figlio morto nelle fosse Ardeatine. Govoni è un poeta molto più acculturato di quanto non appaia dalla sua immagine biografica.

Conosce bene anche i simbolisti francesi di fine '800. Un critico e poeta nostro, Edoardo Sanguineti, ha parlato a proposito di questo primo Govoni di uno stile Liberty allo stato selvaggio (era uno stile di fine 800 /primo 900 riconducibile all'art nouveau, caratterizzato da decorativismo, stilizzazione delle figure, preziosismo e questi elementi si ripetono nella sua poesia). Govoni dà un importante contributo al verso libero. Ma cos'è? È caratterizzato da: 1. perdita di funzione della rima, è assente o sporadica. E così anche l'assonanza viene eliminata (quando sono simili le parti finali di una parola per quanto riguarda l'aspetto vocalico). 2. Libera mescolanza di versi, versi di diversa lunghezza (la tradizione usava il settenario = ultima sillaba tonica è la sesta, e l'endecasillabo = ultima sillaba tonica è la decima) Dominano i versi lunghi. Nel vero libero è la sintassi che determina e regola il verso. Ha più importanza quello che si vuole dire rispetto alla forma. 3. Mancanza dell'isotrofismo (strofe tutte uguali). 4. La tecnica del verso libero spesso si incontra con una certa sciatteria. La sua poesia insiste su alcuni elementi che tornano quasi ossessivamente: l'idea dell'inventario (poesia fatta da un elenco di cose), la tecnica retorica usata è quella dell'accumulazione, dove si aggiungono cose su cose. Un altro elemento retorico sintattico tipico è quello dell'uso della frase nominale, cioè in questi elenchi mancano i verbi. Frasi nominali senza verbi accumulate l'una vicino all'altra. Dopo la fase futurista, Govoni rimane fedele a se stesso, semmai diventa più essenziale e abbandona in parte il sentiero del catalogo. Egli è stato fondamentale per la poesia successiva, per molti poeti che hanno letto le sue poesie e hanno imparato varie cose da lui, come il repertorio delle immagini, il fatto che nella poesia ci siano molte cose, cose e non sentimenti.

FILIPPO TOMMASO MARINETTI E IL FUTURISMO Egli ha prodotto il “manifesto generale del futurismo”, pubblicato a Parigi su “Le Figaro” il 20 febbraio 1909, che poi ripubblica in italiano e non riguarda solo la letteratura ma tutte le arti. Poi nel 1912 pubblica il “manifesto tecnico della letteratura futurista” e riguarda una serie di prescrizioni su come scrivere secondo le intenzioni futuriste. I risultati migliori del futurismo comunque si avranno più nelle arti visive che in quello delle arti tecniche. Lettura e commento del manifesto. Questo movimento venne raccolto anche in diverse parti d’Europa, movimentò le idee ma per ciò che riguarda la produzione poetica fece poca cosa. Lettura e commento del manifesto tecnico. Il futurismo si mostra in gran parte come una serie di teorie e spunti puramente teorici che poi difficilmente sono stati messi in pratica, è più importante quel che si dice di dover fare che quel che si fa. Il futurismo vuole essere un movimento internazionale, tenta anche di superare la barriera che c’è tra poesia e musica, tra pittura e musica, è un tentativo di liberare da confini troppo forti tutte le arti. All’estero alcuni risultati poetici legati al futurismo si hanno meglio che in Italia, come Majakovskij in Russia che riuscì ad arrivare a dei prodotti più importanti di quelli italiani. A quali risultati porta il Futurismo? Come risultati poetici diretti, poco niente, ma ci sono alcuni elementi che poi saranno accolti da altri poeti successivi, non futuristi, come delle “conquiste” formali e tecniche: per esempio la messa in risalto del sostantivo nudo, la ricerca di analogie, il rifiuto della poesia come specchio dell’io, la poesia che vuol essere più oggettiva.

CLEMENTE REBORA Nasce nel 1885 a Milano, il padre è ligure e questa origine ha importanza perché il padre ha idee Mazziniane, cioè repubblicane, progressiste, anticlericali e il figlio riceve dai genitori una formazione culturale laica e libertaria. Si laurea in lettere e intanto collabora con “La Voce”, rivista periodica di carattere culturale, con articoli di carattere pedagogico visto che era insegnante. Nel 1913 pubblica a Firenze una prima raccolta che si chiama “ Frammenti Lirici”, intanto convive con una pianista russa, Lydia Natus. Nel 1915 viene richiamato in guerra e servì nell’arma partendo da soldato semplice e diventando ufficiale. ma, subìto un trauma cranico in seguito a delle...


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