Marketing Internazionale Musso PDF

Title Marketing Internazionale Musso
Author Christian Riccardo
Course MARKETING INTERNAZIONALE CORSO PROGREDITO
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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Description

CAP 1 e 2 – LA CULTURA DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE L’internazionalizzazione è stata favorita dall’avvento del processo di globalizzazione, che ha comportato l’intensificazione dello scambio di merci, informazioni, persone e denaro, oltre che di una sempre maggiore connessione e interdipendenza tra determinati paesi ed aree geografiche. Tali scambi acquisiscono un ritmo sempre maggiore rispetto la crescita del PIL. Principali fattori che hanno favorito l’avvento del fenomeno di globalizzazione e. di riflesso. l’internazionalizzazione:  riduzione dei costi di trasporto e sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione, grazie allo sviluppo di nuove imbarcazioni per il trasporto marittimo, l’aumento dell’efficienza delle compagnie aeree e le ICT, che hanno facilitato i rapporti tra imprese permettendo di raggiungere istantaneamente potenziali interlocutori in tutto il mondo, attraverso il web (es. Skype). La riduzione dei costi di trasporto e la semplicità comunicativa rendono conveniente la delocalizzazione ed il decentramento di alcune attività d’impresa, quale la produzione, al fine di sfruttare vantaggi rilevabili in determinati paesi;  progressi in ambito di R&S. Gli investimenti volti all’innovazione richiedono spesso ampi mercati di sbocco al fine di recuperare i relativi costi, spingendo pertanto all’apertura internazionale. Inoltre, tenendo conto dell’obsolescenza delle tecnologie, bisogna sfruttare commercialmente ogni prodotto nel più alto numero ed il più rapidamente possibile, sfruttando economie di scala, ulteriore incentivo all’internazionalizzazione;  riduzione delle barriere agli scambi. Gli scambi internazionali sono stati favoriti dall’istituzione di organismi internazionali (es. UE, NAFTA) volti a consentire il libero scambio e l’integrazione fra gli stati membri, ed organismi sovrannazionali quali l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), volti a sviluppare una regolamentazione a livello mondiale per migliorare le condizioni di accesso ai mercati, favorire la concorrenza e sostenere le riforme economiche di paesi in via di sviluppo. Contestualmente vi sono tuttavia forme di protezionismo che creano blocchi regionali e barriere tariffarie, opposti al liberismo (libera iniziativa e mercato), per cui si parla di economia pianificata (caratterizzata da forte intervento statale);  crescita economica in aree geografiche meno sviluppate, che divengono nuovi possibili acquirenti ed aprono pertanto a nuove prospettive di espansione delle imprese occidentali;  omogeneizzazione dei modelli di consumo, tendenza dovuta alla spinta internazionalistica di imprese di beni di consumo e servizi standardizzati (es. McDonalds, Ikea) ed ai crescenti flussi migratori, che hanno intensificato la trasmissione culturale. Ciò ha permesso la nascita di segmenti trasversali, ovvero segmenti di domanda con caratteristiche simili a livello internazionale;  integrazione dei mercati finanziari ed accelerazione nel processo di trasferimento dei capitali. L’integrazione è stata spinta dallo sviluppo di ICT e da differenze e vantaggi normativi e fiscali, che hanno incentivato il trasferimento di capitali. Gli effetti della globalizzazione possono essere classificati in:  generali positivi, quali facilità e velocità di comunicazione, crescita economica di paesi meno sviluppati per mezzo di prodotti a basso costo, riduzione del rischio relativo lo scoppio di conflitti e/o guerre;  generali negativi, quali squilibri finanziari, aumento delle disparità sociali, questioni ambientali ed energetiche, flussi migratori stimolati da disuguaglianze geografiche;  vantaggiosi per l’impresa, quali facilità di reperire e vendere macchinari, tecnologie e servizi internazionalmente;  svantaggiosi, quali aumento dell’aggressività della concorrenza. Ciò è dovuto a fenomeni di dumping sociale (vendita all’estero a prezzi inferiori quelli praticati nel mercato interno, dovuti ad un costo minore della manodopera e del benessere sociale) ed ambientale (la vendita può essere effettuata a prezzi inferiori per l’assenza di oneri per la tutela ambientale). I fenomeni economici degli ultimi anni hanno posto le basi per un nuovo assetto dell’economia mondiale, e vengono ricondotti al fenomeno di globalizzazione 4.0. In tal senso, le imprese dovranno operare coerentemente con prospettive quali:  spostamento del baricentro dell’economia mondiale verso nuove aree di leadership economica. L’avvento dell’Asia, India, Brasile, Russia ecc. Determinerà uno spostamento della posizione di predominio verso l’oriente e la nascita di un pluralismo di business model e meccanismi di mercato;  l’emergere di nuovi paradigmi industriali. La competizione internazionale spinge le imprese a rivedere i propri business model in funzione di efficienza, velocità e snellezza dei processi. Un esempio è fornito dalla stampa 3D, che permette di eliminare la distinzione tra produzione, distribuzione e consumo (autoproduzione) (es. Barilla);  l’affermazione di modelli di comunicazione fra pari, attraverso social network, che permettono di raccogliere informazioni e aspettative direttamente dal consumatore finale, o Internet of Things, per cui tutti gli oggetti di uso quotidiano saranno con il tempo collegati alla rete;  il superamento delle tradizionali logiche di divisione internazionale del lavoro. Storicamente, i paesi più forti dispongono di tecnologia e capitali mentre quelli più deboli di materie prime. Tale tendenza risulta invertita per i fenomeni di delocalizzazione, ovvero per il trasferimento della produzione all’estero per sfruttare vantaggi di costo, normativi e fiscali, e di terziarizzazione, progressiva crescita del settore terziario rispetto quello primari;  l’affermazione dell’e-commerce, che porterà ad una sempre maggiore multicanalità (vendita attraverso canali distributivi alternativi), affermazione di modelli logistici alternativi (es. Consegna a domicilio tramite droni di Amazon) e omnicanalità (capacità di monitorare il comportamento del cliente e gestirne la comunicazione online e offline).

CAP 3 – L’IMPRESA E LE ATTIVITA’ CHE POSSONO ESSERE INTERNAZIONALIZZATE

Principali motivazioni alla base della scelta di internazionalizzazione sono:  reazione a stimoli e richieste di potenziali compratori esteri o intermediari. Approccio passivo, non strategico e di breve termine, volto ad assecondare eventuali proposte di investimento da parte di clienti, fornitori o intermediari esteri. La potenzialità dell’investimento è sconosciuta e potrebbe fruttare o meno;  soluzione a problematiche del mercato interno, approccio consapevole ma tardivo, poco strategico e non ottimale, dovuto ad un momento di difficoltà nella vita di una organizzazione;  mezzo per raggiungere obiettivi aziendali, approccio pienamente consapevole, strategico ed orientato al lungo periodo, finalizzato al perseguimento di opportunità di crescita individuate dall’impresa. Esistono inoltre spinte esterne che singolarmente o congiuntamente portano l’impresa a realizzare attività estere, quali rapporti di mercato (vendita ed approvvigionamento); condizioni economiche, politiche, normative e fiscali (quali ad esempio un costo inferiore della manodopera); struttura del settore (caratteristiche della domanda e della concorrenza). Le attività aziendali possono essere classificate in:  attività a monte, prettamente di supporto e predisposizione dell’offerta, quali R&S, progettazione, approvvigionamenti e produzione. Vengono tendenzialmente realizzate all’estero secondo una logica di concentrazione (in un solo paese), localizzandole nel paese che offre maggiori vantaggi nell’utilizzo dei fattori produttivi e che permette di sfruttare economie di scala (es. Imprese italiane concentrano la produzione nell’est Europa, per i costi inferiori e per la distanza non elevata, che rende possibile coordinamento e controllo anche a piccole e medie imprese);  attività a valle, primarie e di gestione del rapporto con il mercato, quali analisi di mercato, attività promozionali, rapporto con intermediari e vendita. Esse vengono tendenzialmente realizzate all’estero secondo una logica di dispersione (in più paesi), per la necessità di operare in prossimità dei mercati di destinazione. Eventuali eccezioni sono rappresentate da attività produttive per le quali si rende necessaria una collocazione più vicina ai mercati di sbocco (dispersione), al fine di minimizzare i costi di trasporto o realizzare combinazioni di costi simili a quelle sfruttate dai concorrenti locali (es. La vendita di prodotti di massa in Cina richiede una fabbricazione in loco al fine di poter competere con il prezzo applicato dai concorrenti locali); attività a valle con concentrazione per alcune funzioni di marketing come pianificazione delle campagne pubblicitarie ed attività di assistenza al cliente. Il fenomeno di globalizzazione ha reso gli approvvigionamenti internazionali tanto un’opportunità, poiché determinano un vantaggio competitivo in termini di prezzo o di qualità, quanto un’esigenza, al fine di ridurre il rischio di uscita dal mercato, attraverso la riduzione dei costi sostenuti per l’acquisizione di materiali o prodotti finiti. Gli obiettivi sono quindi rappresentati da:  acquisizione di vantaggi di costo, attraverso una riduzione del costo di acquisto di materie prime, semilavorati o prodotti finiti (cui viene successivamente posto il proprio marchio);  acquisizione di vantaggi di unicità, accedendo a risorse, competenze e fattori produttivi migliori;  acquisizione di vantaggi contrattuali, aumentando il proprio numero di fornitori e riducendo il rischio di dipendenza da un unico fornitore;  acquisizione di vantaggi localizzativi, localizzandosi in prossimità dei mercati di sbocco per sfruttare opportunità specifiche di un determinato paese (es. Costi di trasporto). Lo sviluppo di approvvigionamenti internazionali può essere realizzato secondo diversi gradi di coinvolgimento ed impegno da parte dell’impresa. L’impresa potrà quindi affidarsi a Local Sourcing, approvvigionandosi nel solo mercato nazionale, rifornirsi all’estero attraverso intermediari, aprire uffici acquisti all’estero, fino ad arrivare al massimo grado di coinvolgimento ed impegno, rappresentato dal Global Sourcing. Le principali difficoltà relative l’approvvigionamento a livello internazionale sono rappresentate da:  lunghi tempi di trasporto, ritardi, rischio di inconvenienti logistici (es. Danneggiamento carico di trasporto), prodotti di scarsa qualità, pratiche scorrette dei fornitori che possono ledere l’immagine societaria (es. Sfruttamento del lavoro minorile);  difficoltà nel difendere la riservatezza su tecnologie o conoscenze, che potrebbero entrare in possesso della concorrenza operante nel paese da cui si acquista;  differenze culturali e linguistiche, che potrebbero rendere difficoltoso il rapporto con i fornitori;  rischio di instabilità dei mercati di approvvigionamento, dovuta alla scarsa consapevolezza sulla possibile evoluzione dei mercati globali, per cui si rende necessario possedere quante più alternative in paesi differenti. L’organizzazione dell’approvvigionamento internazionale può essere realizzata attraverso approcci quali:  analisi economica della supply chain, misurando costi e rischi derivanti dall’approvvigionamento globale. Il calcolo del margine di contribuzione, pari al valore della produzione cui viene sottratto l’insieme dei costi, permette di ottenere indicazioni circa il risparmio sugli acquisti e l’incremento del margine;  acquisizione estera degli approvvigionamenti più rilevanti, sulla base di valutazioni circa costi, tempi di pagamento e di trasporto ed onere delle scorte. Viene pertanto calcolato il capitale netto circolante della fornitura;  analisi della rischiosità del rapporto con fornitori esteri.

L’impresa può ricorrere a terzisti esteri per realizzare lavorazioni sui propri semilavorati (trasformazione, adattamento, riparazione ecc.), valutando aspetti logistici e doganali, per evitare l’imposizione di dazi. In tal senso, le imprese possono ricorrere al traffico di perfezionamento passivo, autorizzazione dell’ufficio doganale all’esportazione temporanea per la lavorazione delle merci, pagando diritti doganali pari al solo valore delle merci acquisito per effetto della lavorazione. Aspetti negativi eventuali sono impossibilità di praticare l’operazione o differente valutazione delle dogane in sede di esportazione e importazione. Si parla di produzione estera quando l’impresa svolge direttamente l’attività di produzione anziché rivolgersi a fornitori. Vantaggi sono la riduzione dei costi (costo della manodopera o delle materie prime inferiore, minore burocrazia ecc.) e la possibilità di creare nuovi sbocchi di mercato; i rischi sono analoghi a quelli sostenuti nell’approvvigionamento, ma il controllo diretto permetterà di ridurre rischi circa qualità e caratteristiche delle lavorazioni, nonché puntualità delle consegne. Bisognerà scegliere correttamente il paese di destinazione e tenere in considerazione condizioni interne dell’impresa (strategia, organizzazione, equilibrio economico-finanziario ecc.), cultura, distanza geografica, condizioni fiscali (tasse o costi doganali), presenza di manodopera specializzata nel proprio settore, condizioni logistiche, condizioni produttive (normative a tutela dei lavoratori), condizioni giuridiche (divieti o vincoli) e condizioni finanziarie (finanziamenti volti ad agevolare la delocalizzazione). L’approvvigionamento estero potrebbe risultare meno vantaggioso per le imprese in futuro, in quanto:  il costo della forza lavoro è in aumento a causa di rivendicazioni sociali e salariali. Ciò potrebbe rendere meno conveniente l’acquisto all’estero realizzato al solo fine di una riduzione dei costi;  l’opinione pubblica considera negativamente fabbricazioni estere e a maggior valore aggiunto quelle interne;  la vicinanza tra luogo di acquisto e di produzione al mercato di sbocco porta ad un aumento della competitività, della rapidità di risposta e di adattamento alle richieste della domanda (es. Zara). Per tale motivo esiste la tendenza del reshoring, per cui fasi produttive precedentemente affidate a fornitori terzi vengono affidate a fornitori nazionali o realizzate direttamente dall’impresa a livello internazionale, oppure la regionalizzazione della supply chain, restringendo gli acquisti internazionali a paesi con un buon rapporto tra vicinanza geografica e costo contenuto dei fattori produttivi (es. PMI italiane prediligono est Europa ed Africa). La localizzazione di laboratori di R&S all’estero è finalizzata ad ottenere di innovazioni capaci di rivelarsi all’avanguardia nel mercato di riferimento. Tale scelta viene solitamente adottata da imprese di grande dimensione o operanti in settori avanzati (es. Imprese high-tech localizzano la ricerca in aree ad alta intensità tecnologica, in quanto attraggono investimenti, lavoratori specializzati e possibilità di sfruttare network consolidati). Fenomeno recente è lo spostamento della R&S in economie emergenti, al fine di sfruttare diversità culturale e lavoratori specializzati che percepiscono stipendi inferiori (es. India, Asia). I principali limiti di questa attività sono l’aumento dei costi all’aumentare della dispersione geografica della R&S, difficoltà nel trasferimento di conoscenza, rischio di diseconomie di scala e pericolo di appropriazione dei risultati da parte di soggetti esterni , soprattutto in paesi con sicurezza e cybersicurezza debole. L’internazionalizzazione commerciale è una delle possibili opzioni strategiche a disposizione dell’impresa per aumentare la dimensione del proprio mercato. Viene intrapresa con più facilità dalle grandi imprese rispetto le piccole. I vettori di sviluppo dei mercati esteri attraverso cui un’impresa amplia il proprio mercato sono:  espansione geografica, sfruttando appieno il mercato interno o dando priorità all’espansione internazionale qualora vi siano condizioni agevoli o il prodotto realizzato sia maggiormente spendibile all’estero;  ampliamento dell’offerta di prodotti, producendo direttamente o affidando la produzione a fornitori esterni cui verrà posta il proprio marchio, mantenendo inalterati capacità produttiva ed investimenti in macchinari;  aumento del segmento di mercato, raggiungendo diversi gruppi di clientela attraverso un diverso posizionamento. Il prodotto resterà fisicamente inalterato, varieranno solamente comunicazione, packaging, distribuzione e prezzo (es. Capi da lavoro proposti come capi di alta moda). Sulla base di queste tre possibili direzioni, la scelta strategica potrà essere sviluppo dei mercati esteri con gli stessi prodotti rivolti a stessi segmenti di domanda, proponendo parte del portafoglio prodotti a numerosi segmenti (es. GDO si limita a vendere i prodotti alimentari maggiormente conosciuti nel mercato estero); intera gamma di prodotti a pochi segmenti di domanda (es. Macchinari e strumentazione venduta tramite catalogo o commissione); focalizzandosi su una specifica combinazione prodottosegmento (strategia di nicchia); replicando l’offerta sperimentata nel mercato nazionale, adattando distribuzione, comunicazione e prezzo (es. Beni strumentali standardizzati, per i quali non vi sono particolari esigenze da parte della domanda estera); Sviluppo dei mercati esteri con nuovi prodotti rivolti a segmenti simili quelli serviti nel mercato interno, mantenendo lo stesso posizionamento e la stessa immagine, per cui l’adattamento o creazione del prodotto sarà realizzato su gusti e condizioni d’uso differenti del mercato servito; sviluppo dei mercati esteri rivolgendosi a nuovi segmenti di domanda con gli stessi prodotti (es. Beni di consumo italiani sono beni di lusso nel mercato orientale, rientrano in un differente segmento e la clientela è disposta a pagare prezzi più alti); sviluppo dei mercati esteri diversificando completamente offerta e posizionamento, per cui l’impresa adatta totalmente l’offerta al paese estero cui si rivolge, indirizzandola a differenti segmenti. Questa scelta viene solitamente intrapresa da grandi aziende, capaci di adottare logiche che tengano conto della ripartizione del rischio d’impresa.

Rispetto un prodotto, i servizi sono caratterizzati da intangibilità, che rende ne difficile la valutazione ex-ante ed importante fiducia e reputazione del soggetto erogante; inseparabilità, per cui momento della produzione e del consumo coincidono; deperibilità, dovuta l’impossibilità di conservazione di un servizio; eterogeneità, per la natura soggettiva della prestazione erogata; non proprietà, per cui il fruitore ne acquisisce solamente diritto d’uso, accesso, noleggio ecc. I servizi più internazionalizzati sono rappresentati da trasporti, turismo, assicurazione, bancari, formazione, sanità, intrattenimento ecc. Le loro caratteristiche determinano strategie di espansioni differenti da quelle realizzate dalle imprese manifatturiere, per cui sarà possibile:  erogare un servizio a distanza utilizzando il web (es. Distribuzione di giochi o prodotti digitali come programmi televisivi). I vincoli di tale attività possono essere rappresentati da normative estere e dall’eventuale necessità di apposite strutture logiche o amministrative a seconda delle esigenze del servizio (es. Obbligo di avere una sede legale nel paese estero);  insediarsi, proponendosi direttamente con propria struttura ed organizzazione (GDO) o utilizzando personale in trasferta per soddisfare richieste di intervento o commissioni (es. Consulenza aziendale o realizzazione arredamenti);  realizzare partnership (joint-venture, accordi commerciali, licenze) con operatori locali al fine di erogare il servizio (es. Nel settore alberghiero vengono realizzati accordi di franchising per avere controllo sul partner ed assicurarsi il mantenimento di standard qualitativi tali da non ledere l’immagine del brand). I principali ostacoli all’internazionalizzazione di servizi sono rappresentati da differenze culturali, che incidono prevalentemente nei servizi consumer (diretti al consumatore finale). Internazionalizzarsi prevede la standardizzazione di comportamenti, e ciò si scontra con l’esigenza di adattamento nel rapporto con il cliente (es. McDonalds impone ai dipendenti di sorridere durante l’interazione con il cliente in Polonia); barriere all’entrata e protezionismo, dovuti ad ostacoli ...


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