Mazzacurati, All\'ombra di Dioneo PDF

Title Mazzacurati, All\'ombra di Dioneo
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Riassunto di una sezione del libro all'ombra di Dioneo ...


Description

LO SPAZIO E ILTEMPO: CODICI FISSI E FORME MOBILI DEL PERSONAGGIO BOCCACCIANO 1.Nell’etimo di ‘rappresentare’ (re-praesentare) è presente un’idea di ripetizione, rifacimento. Gli accademici della Crusca, nella prima edizione del loro Vocabolario, davano come prima definizione ‘condurre alla presenza, rassegnare’ (ovvero ‘consegnare, restituire’). Rappresentare, nell’iconologia nella narrazione e nel teatro, è un compito ripetitivo: la restituzione di qualcosa che è stato già dato nella realtà o per la letteratura in un testo precedente, posto come intermediario, tra chi ora ripete o rappresenta e l’azione/evento, che si dà come accaduta nel tempo, davanti a dei testimoni divenuti depositari o trasmettitori. La catena degli intermediari può essere lunga, annodata, spezzata così come complessi possono essere i legami che ciascun mediatore ha posto tra l’evento e l’autore della sua ultima trascrittura. La ripetizione può essere diretta (da parte del testimone oculare) o indiretta (da parte di testimoni in sequenza cronologica fino all’auctor) . I testimoni possono essere trasmettitori di oralità, scrittura o essere misti (di oralità e scrittura). I testimoni possono essere espliciti  o rimanere impliciti:  quando un racconto comincia, qualcosa è stato comunque presentato a qualcuno e quella cosa viene ri-presentata da lui stesso o qualcun altro, che imita la cosa originaria, sia giunta a lui con gli occhi, uditivamente o da uno scritto. A questa idea di ripetizione o restituzione, che è alla base di ogni rappresentazione, si associa l’idea di un’imitazione perché ovviamente si ripete e restituisce qualcosa che non è più realtà in atto, ma quella sorta di realtà di fatto chiamata aristotelicamente mimesis, cioè sostitutiva di una verità originale resa inattingibile dal tempo, ma pur sempre realtà che ha tutti i titoli per divenire una verità: quella dell’autore e del testo che l’ha restituita al suo nuovo pubblico. Nell’introduzione alla quarta giornata del Decameron, Boccaccio insiste proprio su questo, cioè sul fatto che coloro che affermano che le sue storie sono andate diversamente da come lui racconta, vorrebbe proprio che portassero come prova gli originali; e nel caso in cui questi si rivelassero discordanti da ciò che lui scrive, considererebbe giusto il loro rimprovero, e si sforzerebbe di correggersi; ma finché non gli mostreranno null’altro che chiacchiere, lascerà che loro restino della opinione ed lui rimarrà della sua, e dirà di loro le stesse cose che essi dicono di lui. Perciò la narrazione non che è un tessuto di parole che si può confrontare solo con un prodotto simile, ma non certo con un evento originario che, se mai accade, è ormai

perduto. Il primato a cui il racconto aspira non può essere quello della verità, ma quello della verità della fictio, quella della scrittura e dei suoi artifici. Tutto ciò serve a renderci conto che il Decameron è completamente distante dalle regole teatrali.

2.Quante e quali informazioni preliminari offrivano i primi racconti, in prosa (exempla, conti, fatti) o in poesia (fabliaux, lais) circa le persone, i tempi e i luoghi? Di solito le informazioni erano molto poche: nome o rango sociale e addirittura le coordinate erano privi di indizi cronologici. Invece il mondo mercantile, nel quale si era formato l’autore, era pieno di date, elenchi dei contraenti e di testimoni, nomi di luoghi e di notai, responsabili degli atti. È questa formazione tecnica che determina nella narrazione dell’autore il codice d’identità, sociale, economica, psichica e caratteriale e anche spaziale e temporale. Quindi, in base a quanto detto, non è vera l’affermazione di Todorov, nella Grammatica del Decameron, secondo cui l’opera è dominata da rapporti di causa legati all’evento, senza complicazioni e mediazioni Come sottolinea Auerbach, la novità del Boccaccio non è solo nello stile, ma in un tempo ben preciso e una caratterizzazione del personaggio che si muove a seconda della società in cui vive. Il critico cita proprio come esempio la vicenda di Frate Alberto, di cui è narrata la vita precedente, con la quale si spiega la sia natura malvagia e astuta.

3.È possibile individuare, secondo Mazzacurati, un codice d’identità dei personaggi, ovvero i caratteri delle persone, il luogo e la condizione sociale descritti con precisione e con più ampiezza rispetto al passato. Questo codice è una sorta di rubrica fissa che viene posta all’inizio di ogni novella e deriva probabilmente a partire dalle pratiche di vita materiale, di responsabilità economica e civile, da cui hanno luogo anche i libri di conti dei mercanti e dei banchieri. I tempi, i luoghi, gli antenati, la cultura, le professioni sono caratteri di una ritrattistica nuova da un lato e riprendono la lettera di cambio, il conflitto tra gruppi, fondaci, filiali dall’altro. L’autore presenta dettagliate nozioni temporali e spaziali che vanno a costituire il cronotopo, che significa «tempo-spazio», è un termine mutuato dalla fisica in riferimento alla teoria della relatività di Einstein. Nell'ambito della scienza della traduzione viene usato per indicare le coordinate, quali tempo, spazio e cultura, in cui il testo nasce e viene tradotto.

Sul cronotopo si è espresso anche Michail Bachtin, che lo ha definito come il rapporto tra le coordinate temporali e spaziali che danno forma a un testo letterario. Bachtin introduce il cronotopo nel campo della letteratura, esprimendo così l'inscindibilità di spazio e tempo all'interno di un romanzo. Lo studioso parla di cronotopo letterario, che permette  di determinare il genere letterario di un romanzo e le sue varietà. Bachtin aggiunge anche che «la tipologia del “cronotopo” si costruisce sull'opposizione “mondo proprio/mondo altrui”, mentre la tipologia dell'”enunciato” sull'opposizione “linguaggio proprio/linguaggio altrui”». Un tale codice lo possiamo trovare nell’epitaffio di Giovanni Villani per la morte di Dante. Questo testo si può considerare a metà tra memoria domestica e atto notarile. È un antecedente boccacciano perché è indicato il nome del quartiere di Dante, la data del suo esilio. Ci indica qualche aspetto del suo carattere dicendo che era presuntuoso verso il suo sapere e poco conversava con i laici. Boccaccio sembra dipendere più da Dante che dai suoi anonimi precedessori anche se i suoi successori hanno dovuto incondizionatamente, pur allontanandosi, mettere le loro radici nel Decameron. 4. La tecnica narrativa del Boccaccio presenta uno schema ricorrente da una novella a all’altra: ● C’è una parte delle novelle definita statica sul piano degli eventi e fredda sul piano antropologico: è la parte che assomiglia di più a una sorta di mappa dove si raccolgono le definizioni del personaggio, a cominciare dal nome, i luoghi dell’azione e le indicazioni del tempo. La si potrebbe definire una sezione ‘informativa’, fatta di elementi storici e spaziali e attribuzioni sociali. Contiene spesso i tratti economici, attributi caratteriali ed elementi di psicologia sociale; ● Questa parte precede la parte ‘formativa’, dinamica e calda del racconto dove i personaggi vivono lo sviluppo e l’intreccio della trama, azionanti da moventi che vengono prima illustrati accanto o immeditatamente dopo i loro ritratti da fermo. ● Alla fine vi è l’epilogo, lo scioglimento (o snodamento), che è sempre tecnicamente separabile dalla trama, in cui convergono tutti i fili della trama. L’epilogo boccacciano è quasi sempre un luogo di patteggiamento, in cui si convalidano i primi due, saldandoli a un esito comune. Ma non bisogna pensare a un’opera in cui si trova un ordine a circuito chiuso senza sorprese, come sottolinea Sklovskij: ‘Vecchie novelle si narrano nel Decameron per essere smentite da una nuova interpretazione’. Questo significa che i nodi si sciolgono secondo una maniera nuova e complessa.

Ma ritorniamo alla zona di partenza vi è la presenza di eventi storici, illustrazioni ambientali, tratti somatici, identità sociali; tra tutti questi elementi vi è uno importante, cioè il tempo che, insieme ad altra coordinate fisse (cioè quella di luogo e stato sociale), può condizionare e diversificare la dinamica dell’avventura, l’identità dei protagonisti, gli ambiti della loro cultura. Il tempo diventa da assoluto a relativo e dipende da quel costume, da quella storia, da quel carattere del protagonista; cioè, per dirla più chiaramente, gli eventi dipendono e possono accadere nel modo in cui accadono in un determinato racconto, non solo perché si svolgono in un determinato luogo (ad esempio a Firenze o sulle coste nordafricane), non solo per quel particolare personaggio (ad esempio un castellano o un principe) ma anche in base al tempo, che può muoversi dal passato remoto a quello prossimo. Esso va a influenzare anche lo statuto giuridico, gli ordinamenti sociali, lo stile di vita e la mentalità di un personaggio. Ma soprattutto collabora anche alla decisione del genere o del sottogenere (tragedie, drammi, facezie, burle, storie esemplari) a cui ciascuna novella appartiene. Se analizziamo, per esempio, le dieci novelle della quarta giornata, la definizione del tragico -che si preciserà tra l’altro con la diffusione nel ‘500 della Poetica di Aristotele, ma che già in parte era diffusa grazie a Seneca- va bene solo per la prima (Tancredi e Ghismunda), quarta (Gerbino e Guigliemo) e nona novella (Guglielmo di Rossiglione e Guglielmo Guardastagno), non solo per la funzione sociale dei personaggi (re, principi, eroi di un lontano Medioevo barbarico o feudale) ma anche per l’evidenza che qui hanno i tabù, coi conseguenti nessi tra divieto e infrazione. Con qualche adattamento, si possono inglobare anche la terza e la quinta novella (Elisabetta da Messina), luogo di persecuzioni tragiche nel piccolo mondo mercantile. Invece la seconda (frate Alberto), la sesta (Andreuola e Gabriotto), la settima (Simona e Pasquino) e l’ottava (Girolamo e Salvestra) rientrano nei drammi d’amore, nei casi imprevedibili del destino, nei riti funebri, nelle punizioni esemplari dei malvagi di più che nel tragico teatrale antico (mettendo da parte la decima, fuori tema, narrata da Dioneo). Tempo, luogo e protagonisti delle nove novelle tragiche sono presenti nell’esordio della narrazione: il luogo attraverso nomi di città o di regioni, la cronologia attraverso forme verbali (es. seppi, fu) , meglio precisata dall’aggiunta frequente di avverbi o locuzioni temporali (es. già, non è da gran tempo) . ● Per i luoghi si evidenza Marsiglia, Messina, luoghi mercantili e poco Firenze al di là di Simona e Pasquino. ● Per la cronologia, si può notare che le novelle si muovono in un passato che va dal Medioevo barbarico lontano (la prima) alla Provenza tra XII e XIII secolo,

prima della crociata contro Albi (la terza e la nona), percorrendo anche due tappe della storia siciliana, tra la fine del XII (la quarta) e la prima metà del XIII secolo (la quinta). Ma gli elementi cronologici possono avvicinarsi al periodo del Boccaccio e del suo pubblico: come ad esempio, la Brescia di Andreuola e Gabriotto è riporta per alcuni indizi al periodo comunale del tardo ‘200, così come la Firenze della storia di Simone e Pasquino e quella di Salvestra e Girolamo è identica nello spazio sociale e vicina nel tempo alle coordinate contemporanee. Quindi si può concludere che il dramma, come la commedia, può giungere assai prossimo alla vita vissuta dalla brigata, mentre la tragedia invece è vissuta in tempi e luoghi lontani. La triade evento-luogo-tempo trasforma anche l’immagine della persona, cioè determina una differente rappresentazione delle culture, delle forme di vita, della giurisdizione. Il tempo ho un ruolo importante anche nella selezione dei temi: per esempio è remoto quando c’è il tema tragico mentre è più prossimo quando c’è il dramma. L’assunzione del tempo come elemento necessario delle figure caccia via la rappresentazione dell’iconografia gotica. Questo deriva più di ogni altra innovazione boccacciana dal gruppo sociale dei mercanti e dei banchieri perché il tempo, come lo spazio, viene suddiviso, identificato, separato e distribuito in armonia con l’evento che accoglie. Una prova è visibile nel sottogenere della novella-romanzo. Per le vicende del racconto, le qualità e le circostanze storiche del protagonista incidono ben poco perché questi è oggetto della mutevolezza della sorte; anche i luoghi, seppur riconoscibili, sembrano appartenetene a una topografia leggendaria. La seconda parte delle novelle, quella che abbiamo definito ‘informativa’ è costituita da una serie di ‘moventi’, che servono a dare avvio alla vicenda

Prendiamo come esempio il celebre passo di Filippo Balducci. Tra le molte fonti possibili è assai probabile che vada messo anche il ‘fiore’ XIV del Novellino. La prima differenza è che nel Nov. sta scritto che a un re nacque un figlio quindi un’informazione del tutto priva di attributi e di altri elementi descrittivi ed è assente ogni indicazione di tempo e luogo. Se volessimo raggiungere una sorta di grado zero della figuralità, bisognerebbe sostituire al ‘re’ un ‘uomo’ ; l’unico elemento iperdefinito è il rango sociale, che è il più alto di tutti (re) . Anche se non si riesce a comprendere rapidamente il nesso tra il ruolo sociale e lo sviluppo della vicenda, si può almeno ipotizzare che essa sia determinata dalle preoccupazioni dinastiche a

causa delle quali avviene di trovare rampolli regali circondati da maghi, astrologi e fate, che danno predilezioni o divieti, promesse o maledizioni sul loro destino. Invece nel testo boccacciano ci sono informazioni preliminari: luogo (nella nostra città) , tempo (già è buon passato) , identificazione del nome, del casato, della condizione sociale del protagonista, a cui si aggiungono la composizione del nucleo familiare originario, il bilancio degli affari e dei sentimenti. La minaccia di cui gli astrologi si fanno portavoci, nel Nov., c he è anche il movente diretto dell’azione successiva, deriva da entità superiori e onnipossenti. La deportazione del principe non comporta fattori di natura psicologica o di cultura politica. Il movente è la conseguenza di un verdetto sentito come fatale e naturale. Anche per questo l’evento inizia senza l’uso di quelle tecniche come indugio e rallentamento che saranno componenti decisive dell’organizzazione narrativa del Boccaccio. Bisogna fare una considerazione decisiva: l’analogia tra il verdetto degli astri e la morte della moglie di Filippo, entrambi definiti dai testi come esiti o storie naturali è falsa o solo apparente. Nel secondo caso, il movente vero risiede tutto nella scelta compiuta dal protagonista: è una scelta che deriva da una particolare condizione psicologica e culturale, dalla quale, per il figlio, derivano conseguenze pedagogiche. Nel primo caso, tutto era dovuto da una causa fuori campo e fuori storia. Il viaggio che compie il giovane porta alla scoperta della vita sociale: ‘i palazzi, le case, le chiese e tutte le altre cose di città’. Questo suo itinerario lo porterà a conoscere le istituzioni, il piacere, il risveglio dei sensi. Nel Novellino, il rapporto padre-figlio è narrativamente inerte e secondario, mentre la decisione di Filippo comporta un’autoritaria sopraffazione sulla vita del figlio...


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