Niklas Luhmann, \"Che cos\'è la comunicazione\" PDF

Title Niklas Luhmann, \"Che cos\'è la comunicazione\"
Course Sociologia politica
Institution Università degli Studi di Torino
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"Che cos'è la comunicazione" di Niklas Luhmann, Sintesi di Comunicazione Politica...


Description

Anteprima parziale del testo 1 Che cos’è la comunicazione? Non abbiamo più un sapere sui sistemi psichici e sui sistemi sociali che sia integrabile in un unico sapere. L’obiettivo è criticare la comprensione attuale della comunicazione e mettere al suo fianco una variante diversa sotto il profilo qualitativo. Innanzitutto, prendo le mosse da uno stato di fatto inconfutabile: la differenziazione tra le discipline della psicologia e della sociologia. Si tratta di sistemi estremamente complessi e strutturati, la cui dinamica propria è per qualsiasi osservatore in-trasparente e non regolabile; tuttavia esistono ancora concetti o teorie che sono all’oscuro su questo stato della questione. La risposta alla domanda posta come titolo del lavoro può essere ricavata attraverso diversi punti cruciali.  Soltanto la comunicazione può comunicare: “in fin dei conti sono sempre gli individui, i soggetti che comunicano”; al contrario, io sostengo che solo la comunicazione può comunicare e che ciò che noi comprendiamo come azione viene generato soltanto all’interno di un reticolo di comunicazione. La seconda osservazione a riguardo si incentra sull’autopoiesi; argomento che verrà trattato più avanti.  L’autoreferenza non è una proprietà specifica del pensiero: l’autoreferenza non è una proprietà specifica del pensiero o della coscienza, ma piuttosto un principio molto generale di formazione dei sistemi con conseguenze particolari che riguardo l’evoluzione e la costruzione delle complessità. In altre parole: l’evoluzione ha portato a un mondo che possiede molte possibilità diverse di osservare sé stesso senza contrassegnare una di queste possibilità come la migliore, l’unica corretta.  La comunicazione si realizza attraverso la sintesi di tre diverse selezioni: essa si realizza per mezzo della sintesi di tre diverse selezioni: informazione, atto di comunicazione e comprensione o incomprensione. Nessuna di queste tre componenti può realizzarsi da sola e soltanto assieme generano comunicazione. La comunicazione si realizza quindi soltanto se viene compresa la differenza tra atto del comunicare e informazione. Ciò la distingue dalla mera percezione del comportamento altrui e attraverso la comprensione, la comunicazione coglie la differenza tra il valore informativo del suo contenuto e la ragione per le quali il contenuto è stato comunicato. La comunicazione dipende però sempre dal fatto che entrambi i lati devono essere esperiti come selezione e in questo modo distinti tra loro. In altre parole, bisogna presupporre che l’informazione non si comprenda da sé e che sia necessaria una particolare decisione se si vuole comunicare. Se e nella misura in cui questa separazione di selezioni non si realizza, quello con cui si ha a che fare sarà mera percezione.  Distinguere tra percezione e comunicazione: è molto importante questa distinzione. La percezione rimane innanzitutto un evento psichico senza esistenza comunicativa; all’interno dell’evento comunicativo la percezione non è collegabile automaticamente. Si può anche non confermare e non contraddire, non fare domande e non rispondere a ciò che un altro ha percepito. Il risultato della percezione rimane “chiuso” dentro la coscienza.  Anche la comprensione è una selezione: la comprensione non è mai un mero duplicato dell’atto del comunicare in un’altra coscienza bensì un presupposto per il collegamento di ulteriore comunicazione. Qualunque cosa possano pensare i partecipanti nelle loro rispettive coscienze chiuse e autoreferenziali, il sistema di comunicazione si procura una propria comprensione o incomprensione e a questo scopo realizza processi di auto-osservazione e autocontrollo.  Non è semplice comunicare su comprensione e incomprensione: l’atto comunicativo “tu non mi comprendi” rimane perciò ambivalente. Da un lato esso significa: “tu non sei pronto ad accettare quello che ho da dirti” e cercare di provocare l’ammissione di questo dato

di fatto. Dall’altro lato esso è l’atto con cui si comunica l’informazione che la comunicazione non può continuare a questa condizione di non comprensione. E, in terzo luogo, esso è il proseguimento della comunicazione.  Che cosa c’è di nuovo in questo concetto di “comunicazione”: innanzitutto, è nuova la distinzione tra i tre elementi – informazione, atto del comunicare e comprensione. Una distinzione simile si trova in Karl Buhler dal punto di vista delle diverse funzioni della comunicazione linguistica.  Per quanto riguarda i tre componenti si tratta di selezioni diverse: le tre componenti non devono essere interpretate come funzioni, atti o orizzonti per pretese di validità; non si tratta nemmeno di elementi costitutivi della comunicazione. Si tratta piuttosto di diverse selezioni la cui selettività e il cui campo di selezione vengono costituiti soltanto attraverso la comunicazione. Non esiste alcuna informazione al di fuori della comunicazione; non esiste alcuna comprensione al di fuori della comunicazione. Un senso circolare di una presupposizione reciproca.  Un sistema comunicativo è un sistema completamente chiuso: un sistema comunicativo è dunque un sistema completamente chiuso che genera le componenti di cui è costituito attraverso la comunicazione stessa. In questo senso un sistema comunicativo è un sistema autopoietico che produce e riproduce, attraverso il sistema, tutto ciò che funge da unità per il sistema. Formulato in maniera più concreta: il sistema comunicativo specifica da sé non solo i propri elementi ma anche le proprie strutture.  La comunicazione non ha alcuno scopo: la tesi della chiusura circolare e autopoietica non è facile da accettare. La comunicazione non ha alcuno scopo, o accade o non accade. Qualsiasi altra spiegazione dovrebbe chiarire perché il sistema duri ben oltre il raggiungimento del proprio scopo. Altrimenti: “la morte è lo scopo della vita”.  La teoria della razionalità dell’agire comunicativo è falsa: “la comunicazione mira al consenso, all’accordo”, a questo mira la teoria della razionalità dell’agire comunicativo. Già sul piano empirico essa è falsa; si può anche comunicare per marcare dissenso, si può aver voglia di litigare, e non c’è alcun motivo stringente per considerare la ricerca del consenso più razionale della ricerca del dissenso. “senza alcun consenso la comunicazione è impossibile ma anche senza alcun dissenso”.  La comunicazione è rischiosa: la comunicazione costringe a prendere una decisione, il che non sarebbe necessario se non ci fosse la comunicazione. Per questo è rischiosa.  La comunicazione duplica la realtà: essa crea due versioni, una versione “si” e una versione “no” e così rende obbligatoria una selezione. Il confronto cruciale con l’alternativa fra accettazione e rifiuto non è perciò nient’altro che l’autopoiesi della comunicazione stessa.  Non si discute sui valori ma sulle preferenze: i valori sono validi perché si dà per scontata la loro validità. Chi ascolta deve chiedere di parlare se non è d’accordo. Non si discute sui valori ma sulle preferenze, sugli interessi, sulle prescrizioni, sui programmi. I valori sembrano condurre un’esistenza labile; qualche volta vengono utilizzati, qualche volta no. La loro stabilità è un artefatto comunicativo e il sistema autopoietico della coscienza utilizza questo artefatto a proprio piacimento.  Non esiste autorealizzazione dei valori: non c’è quindi un’autorealizzazione dei valori e c’è sempre la possibilità di far deragliare, nel corso della loro realizzazione, tutto quello che sembrano pretendere.  Conseguenze nell’ambito della terapia di relazioni sistemiche: l’impostazione enfatizza la differenza tra sistemi psichici e sociali. I primi operano sulla base della coscienza, i secondi sulla base della comunicazione. Entrambi sono circolarmente chiusi, ognuno dei quali può impiegare soltanto la propria modalità di riproduzione autopoietica. Un sistema sociale non può pensare; un sistema psichico non può comunicare. La coscienza contribuisce alla comunicazione soltanto come rumore, disturbo,

perturbazione, e viceversa.  La propria coscienza danza saltellando sulle parole come un fuoco fatuo: un osservatore può riconoscere forti indipendenze tra sistemi psichici e sociali. Tuttavia la selettività psichica è qualcosa di completamente diverso dalla selettività sociale, e già prestando poca attenzione ci accorgiamo di quanto imprecisamente dobbiamo scegliere le parole per dire ciò che si può dire. Questa dell’autopoiesi del sistema – con ulteriore pensiero, con ulteriore comunicazione. Da questo si capisce quale sia la funzione di specifici accoppiamenti strutturali: condensano e aumentano l’irritabilità dei sistemi autopoietici e lo fanno in modo da escludere altre fonti di irritazione. Il sistema della comunicazione si lascia irritare soltanto attraverso le condizioni psichiche degli individui che prendono parte alla comunicazione e non direttamente da eventi fisici oppure chimici che possono comunque agire in modo distruttivo; i corpi viventi possono essere uccisi e quindi smetterebbero di comunicare ma la morte può irritare il sistema di comunicazione soltanto se viene percepita da qualcuno consapevolmente e soltanto se questa percezione provoca un comportamento comunicativo. I sistemi sociali si distinguono nella misura in cui trattano come irritazioni stati di coscienza percepibili o fittizi. Un altro tema importante a riguardo è quello della paradossalità e in particolare la comunicazione paradossale che spesso è considerata responsabile di tutti i mali. Per stabilire che cosa si intenda con ciò spesso ci si accontenta di solito di una spiegazione basata sulla teoria: si tratterebbe del crollo – o del camuffamento – di una differenziazione di livelli logicamente necessari. La paradossalità viene “dispiegata” attraverso la distinzione di identità (dei livelli); ma questo non ci dice ancora nulla riguardo la connessione tra paradossalità e formazione di sistemi. Si potrebbe andare oltre chiedendosi: quale è la funzione della paradossalità? Esse servono alla separazione di operazioni e osservazioni. Le paradossalità lasciano che le operazioni accadono e bloccano però in parte le osservazioni. Essa oscilla tra due lati che si vogliono distinguere e non riesce a decidere a quale lato vadano collegate le operazioni successive. 3. In che modo la coscienza partecipa alla comunicazione? Il presupposto che gli uomini siano in grado di comunicare è una convenzione di questo sistema di comunicazione chiamato “società”. La convenzione è necessaria perché la comunicazione deve imputare le sue operazioni a dei destinatari che vengono impiegati per produrre altra comunicazione. Soltanto la comunicazione può comunicare. Partiamo dal fatto che noi non sappiamo affatto come la coscienza riesca a produrre comunicazione, l’idea rimane misteriosa. Il presupposto che ciò accada non è quindi nient’altro che l’attribuzione causale di un osservatore. Se si ammette tutto questo si arriva alla conclusione che la coscienza partecipa alla comunicazione. Ma che cosa significa “partecipare”? Quello che ciascuno di noi identifica come propria coscienza opera come sistema autopoietico operativamente chiuso. Non esiste alcuna connessione cosciente di una coscienza con un’altra coscienza e, ciò che appare come “consenso”, è il costrutto di un osservatore; una “sua” prestazione. La coscienza, dunque, non può comunicare coscientemente. Può immaginarsi di comunicare ma questa rimane una rappresentazione propria del sistema, un’operazione interna, che rende possibile la continuazione del proprio svolgimento di pensieri. Il presupposto di partenza è che la cognizione debba essere identificata come un processo ricorsivo di elaborazione di simboli all’interno di sistemi che sono chiusi grazie alle condizioni delle capacità di collegamento delle loro operazioni. A prescindere da tutto – e si ripete per l’ennesima volta – dobbiamo tenere separati i sistemi di coscienza dai sistemi di comunicazione. In entrambi i casi si tratta di sistemi strutturalmente determinati che attraverso le proprie operazioni tracciano

dei confini, accumulano la propria storia e definiscono quello che è il loro ambiente. Ma ciò non significa che coscienza e comunicazione non abbiano niente a che fare l’una con l’altra; si deve solo formulare in modo più preciso il loro rapporto. Un sistema di coscienza una volta sorto può essere attivo anche in momenti in cui non c’è comunicazione. La comunicazione, invece, difficilmente si realizza senza la coincidenza di una coscienza. Questo definisce parte del loro rapporto, un rapporto asimmetrico. Non c’è alcuna comunicazione senza coscienza; ma anche: senza che la coscienza comunichi? Quindi – tra i tanti quesiti: come può la comunicazione riprodurre sé stessa se è vero che dipende da cervelli che vibrano e da coscienze irrequiete? Si può rispondere inizialmente soltanto con un postulato: la prosecuzione della comunicazione esige evidentemente il mantenimento di una propria organizzazione che venga a capo di questo materiale e che può essere conservata soltanto finché ciò accade. In effetti, forse si potrebbe descrivere tutto ciò che viene comunicato anche sul piano degli stati mentali, ma con un’unica eccezione: l’autopoiesi del sistema emergente; con l’unica accezione quindi di ciò soltanto che può descrivere in modo adeguato che cosa sia la comunicazione. Un sistema può determinare sé stesso soltanto se, nella sua riproduzione autopoietica, esso è adattato all’ambito in cui opera. E può proseguire le proprie operazioni soltanto se rimane in un costante accoppiamento strutturale con il proprio ambiente attraverso le strutture del sistema. La riproduzione accade o non accade. La comunicazione, quando si svolge e finché si svolge, affascina e tiene occupata la coscienza. Ogni singola comunicazione, per il fatto che dice qualcosa di determinato, riduce l’ambito delle possibilità di collegamento, ma allo stesso tempo, per il fatto che lo fa nella forma del senso, tiene aperto un ampio spettro di possibili comunicazioni da collegare. L’autopoiesi dei sistemi sociali non è altro che questo costante processo di riduzione e di apertura dei sistemi di collegamento. I sistemi di coscienza e di comunicazione cessano comunque quando le loro operazioni non possono continuare; ma soltanto un osservatore può parlare di inizio o di fine. Si può cessare soltanto sul piano delle operazioni. Sul piano dell’osservazione, invece, smettere risulterebbe un paradosso. L’evoluzione della comunicazione societaria è possibile soltanto sulla base di un continuo accoppiamento operativo con degli stati di coscienza. Questo accoppiamento è stato raggiunto prima di tutto attraverso il linguaggio e in seguito, attraverso la scrittura e la stampa. Il linguaggio e la scrittura affascinano e tengono occupata la coscienza e in questo modo assicurano che essa prenda parte alla comunicazione. Il linguaggio e la scrittura, in altri termini, garantiscono al sistema della comunicazione ciò che Maturana chiama “conservation of adaptation”: il costante adattamento della comunicazione alla coscienza. Dal punto di vista di un osservatore, il quale può essere un’altra coscienza, la coscienza può essere un medium che può assumere e trasmettere molteplici stati. L’osservatore può rappresentarti una coscienza come libertà, soprattutto come libertà di lasciarsi influenzare. Come medium invece, qualunque cosa venga attribuita alla coscienza, le viene attribuita da un osservatore. L’osservatore inoltre può anche essere lo stesso sistema osservato. La coscienza funziona come un medium quando si presume che essa possa accettare tutto ciò che si dice. Per lo svolgersi della comunicazione, comunque, è sufficiente che la coscienza collabori in modo quasi inerme. Questo conduce alla domanda: come può la coscienza essere contemporaneamente un sistema strutturalmente determinato e un medium? Si può rispondere a questa domanda facendo riferimento a quella conquista evolutiva chiamata linguaggio. Il linguaggio è un medium in cui la coscienza può imprimere le intenzioni concrete di

fare dichiarazioni, il che accade mettendo assieme, nel pensiero, le parole in forma di frasi e producendo eventualmente delle comunicazioni corrispondenti. La comunicazione è possibile soltanto come sistema autopoietico. Con l’aiuto del linguaggio essa riproduce comunicazione a partire dalla comunicazione e allo stesso tempo impiega questa condizione strutturale della sua riproduzione per servirsi della coscienza come medium. La coscienza e la comunicazione, i sistemi psichici e sociali, non possono mai fondersi, e nemmeno sovrapporsi parzialmente, ma sono sistemi completamente separati, chiusi in modo autoreferenziale, che si riproducono in maniera autopoietica. La coscienza non può istruire la comunicazione, in quanto la comunicazione si costruisce da sé. Ma per la comunicazione la coscienza costituisce una fonte continua di occasioni per questa o quella svolta nel corso delle operazioni comunicative. Solo la coscienza è in grado di percepire e la comunicazione opera perciò in modo cieco. Persino in un aereo che precipita si può comunicare sul fatto che si sta precipitando solo se ci si accorge di quello che sta accadendo. La caduta stessa non può influenzare la comunicazione ma solo farla terminare. Il loro rapporto è di complementarietà strutturale quindi. I sistemi di comunicazione possono essere irritati solo dai sistemi di coscienza; i sistemi di coscienza, a loro volta, prestano attenzione di preferenza a ciò che viene comunicato attraverso quel mezzo complesso che è il linguaggio. La collaborazione tra sistemi di coscienza e di comunicazione non si realizza formando un super sistema in grado di integrare le funzioni di entrambi i sistemi. I sistemi di coscienza sono capaci di osservare quelli di comunicazione, ma anche viceversa. Per poter dire questo introduciamo il concetto di osservazione. Il concetto di osservazione fa parte di una teoria della differenza. Osservare vuol dire indicare distinguendo. L’osservazione quindi è un’operazione e, come ogni operazione, si svolge in modo cieco. Soltanto sul piano dell’osservazione entra in gioco il senso e con esso la possibilità di negazione. Tutto ciò non c’è se non c’è un sistema che osserva. Per l’analisi del rapporto tra coscienza e comunicazione è rilevante soltanto il fatto che la separazione tra questi sistemi presuppone una reintegrazione al livello di osservazione. Il senso porta alla selezione e, senza capacità di distinzione dotata di senso, i sistemi autopoietici della coscienza e della comunicazione non avrebbero potuto chiudersi l’uno rispetto all’altro, perché non avrebbero potuto distinguersi. Quanto più radicalmente la coscienza è concepita come soggetto tanto più difficile diventa comprendere in che modo si possa giungere a costituire un altro soggetto, un “alter ego”. Un “io” come il “mio”. La soluzione kantiana a riguardo si basa su una petitio principii. Si fa esperienza esattamente di questa somiglianza fra la propria coscienza e la coscienza altrui e da quel momento in poi se ne tiene conto. Dal proprio punto di vista e da quello di un altro. Per la costituzione di un alter ego è decisivo dunque imboccare la strada della comunicazione e, sarà decisiva la partecipazione a un sistema che opera in modo completamente diverso e il carattere attraente della differenza costitutiva di questo sistema. In conclusione del capitolo è bene chiarire come si arrivi al fatto che nel sistema di comunicazione della società circoli l’opinione secondo cui l’uomo possa comunicare o addirittura, che l’individuo possa comunicare con la società. Il punto di partenza è l’idea che nessun sistema possa svolgere le sue operazioni al di fuori dei propri confini. Da ciò segue che nessun sistema può impiegare le sue operazioni per mettersi in contatto con l’ambiente. Nessun cervello può per esempio impiegare impulsi nervosi per cercare al di fuori del cervello altri impulsi da connettere ai propri. Per il tema classico “individuo e società” si può introdurre il complesso termine identificato come interpenetrazione; esso non indica né un

sistema complessivo di coordinamento, né un processo di scambio che si svolge sul piano operativo. Può significare soltanto che in ciascuno dei due sistemi di riferimento l’unità e la complessità dell’altro ricevono una funzione. I sistemi di coscienza vengono...


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