Orientalismo - Riassunto PDF

Title Orientalismo - Riassunto
Author Marco Liberatori
Course Storia dell'arte
Institution Politecnico di Bari
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Summary

Riassunto...


Description

Relazione del saggio: Orientalismo di Edward W. Said Edward W. Said nel 1978 ha pubblicato il saggio intitolato Orientalismo nel quale indaga le ragioni ideologiche e culturali che sono alla base dell’orientalismo; intendendo con tale accezione le modalità con cui la cultura occidentale ha creato l’immagine dell’Oriente, dando l’avvio a quella colonizzazione intellettuale che, grazie all’introduzione e alla persistenza di stereotipi ottocenteschi, si è mantenuto fino ad oggi a partire dal XVIII secolo. Nel 1994 Said ha dato alle stampe una seconda edizione del saggio in oggetto con l’intento dichiarato nella postfazione di chiarire alcuni aspetti, interpretati in modo controverso. Il saggio è costituito da tre capitoli nei quali l’autore si avvale di un criterio geografico temporale per delineare i confini dell’argomento trattato estendendo l’indagine alle implicazioni storico-politiche per poi, mediante lo studio delle affinità comuni a diversi scrittori, poeti ed intellettuali, trattare lo sviluppo del concetto di orientalismo moderno a partire dalla seconda guerra mondiale in poi. L’analisi di Said prende in esame le vicende storico politiche anglo-francesi in Oriente come modello delle tradizione orientalista, mentre a livello geografico e culturale il paradigma di tutto l’Oriente viene identificato con il mondo arabo ed islamico. All’esordio del saggio viene data una triplice visione dell’orientalismo inteso, in una prima accezione meramente accademica, come l’insieme di discipline volte a studiare la storia, gli usi e i costumi dei popoli orientali; in seconda battuta come pensiero basato sulla distinzione ontologica tra Oriente ed Occidente ed infine come processo storico della colonizzazione culturale occidentale con l’intento della “celebrazione e legittimazione” del dominio euroamericano in Oriente inteso come fenomeno culturale e politico. L’autore ci tiene a sottolineare come le tre diverse maniere di vedere l’orientalismo siano strettamente interconnesse. Said sottolinea la differenza tra società civile e politica, teoria già espressa da Gramsci, considerando come la cultura sia in grado di interferire nella società avvalendosi della ricerca del consenso (captatio benevolantiae) per supportare ed affermate una determinata ideologia. In tale contesto si colloca di diritto la dicotomia tra “sapere puro”, tipico degli umanisti e lontano da implicazioni politiche, e “sapere politico”, intriso di aspetti economici e politici.

Il legame tra conoscenza e potere inevitabilmente si ripercuote anche in ambito accademico. Dal Rinascimento in poi il linguaggio usato per riferirsi all’Oriente è rimasto sostanzialmente invariato, caratterizzato da elementi ripetitivi, enunciati assertivi, forme verbali al presente, terminologia comparativa tra ciò che è orientale e ciò che è occidentale con connotazioni positive e superiori per la controparte occidentale. In questa struttura linguistica estremamente ripetitiva, statica, prevedibile e paranoica come la definisce lo stesso Said, l’originalità e la fantasia vengono meno. Di qui la necessità di classificare ed omologare per eliminare ciò che è diverso con l’introduzione di modelli codificati entro concetti universali; il carattere diventa principio ereditario e tipologia genetica. Nascono archetipi in quanto manca la volontà di chiarire una corrispondenza tra il linguaggio usato per descrivere l’Oriente e l’Oriente stesso. Si afferma ad esempio la figura del tipo orientale come persona imperscrutabile, solitaria, malvagia, naturalmente incline a quello che oggi si identifica con il terrorismo. L’uso di figure retoriche, modelli cui far riferimento contribuisce decisamente a creare quella “famiglia di idee”, come la definisce Said, che concorre al mantenimento del processo di rappresentazione dell’orientale nell’occidente con tutte quelle caratteristiche di prevedibilità e rassicurante staticità che ha rafforzato l’idea di superiorità dell’Occidente nei confronti dell’Oriente. L’immagine dell’Oriente si modifica con i resoconti dei viaggi e con il contributo della letteratura, tramite i quali, nel tardo XVIII secolo, divenendo nell’immaginario comune un luogo sensuale, fantasioso e di piacere; visione che rimarrà predominante fino alla campagna napoleonica d’Egitto del 1798, che getterà le basi dell’orientalismo moderno. L’azione militare napoleonica diverrà l’esempio della possibilità che l’Occidente ha di appropriarsi di una civiltà culturalmente diversa, mediante il dispiego di forza militare e di “forza intellettuale”. In quanto al seguito dell’esercito, l’imperatore francese voleva una nutrita schiera di intellettuali appartenenti a diversi campi di studio, conscio che per dominare una popolazione appartenente a una cultura totalmente diversa fosse necessario assorbire e comprendere ogni aspetto di quest’ultima.

Tramite questo nuovo approccio col “diverso” viene ricostruita l’idea dell’Oriente. Al processo di “ricostruzione” contribuiscono, tra il XIX ed il XX secolo, la scoperta e la successiva traduzione (si ricordi che la Stele di Rosetta, che ha permesso di tradurre i geroglifici, venne ritrovata proprio durante la spedizione napoleonica) di testi orientali. Tuttavia, l’orientalismo grazie alla sua solida staticità e ripetitività, non viene intaccato nella sua struttura fondamentale dal proliferare delle nuove correnti di pensiero che, sulla scia dei nuovi progressi e delle nuove scoperte, stavano maturando in quegli anni. L’orientalismo moderno punta a creare, in un contesto temporale mutato, i principi alla base dell'orientalismo antico. In tale processo assume un ruolo non secondario la pratica delle varie discipline orientalistiche; tra le quali spicca, come viene riconosciuto dallo stesso Said, la filologia. L'Oriente antico continua ad essere presente nel mondo occidentale. L'aspetto filologico comincia a cambiare forma assumendo le caratteristiche di materia accademica incentrata sul comparativismo. Con l'uso di tale modalità di studio la discrepanza ontologica tra Oriente ed Occidente si mantiene, considerando che in tale ambito il modello indoeuropeo resta come termine di paragone positivo. L'origine divina della lingua viene rifiutata mentre si amplifica la dicotomia tra lingua di origine semitica e lingua di origine indoeuropea dove la seconda assume di nuovo connotazioni positive di superiorità, legando in tal modo il concetto di razza a quello di lingua legittimando, in un certo senso il predominio occidentale sul mondo orientale anche in termini culturali. L'orientalismo vive in un circolo chiuso dove, paradossalmente, l’Oriente esiste scisso dalla realtà che effettivamente lo determina; si identifica nella proiezione di se stesso operata dal mondo occidentale, legando il proprio sviluppo al periodo di massima espansione imperialista. Il Colonialismo costituisce esso stesso un mezzo attraverso cui L’Oriente si fa largo nella cultura occidentale, favorito dalla diffusione di opere letterarie e pittoriche nonché dallo sviluppo di discipline scientifiche. La politica coloniale attuata principalmente dall'Inghilterra e dalla Francia ed in tempi e modi successivi dagli Stati Uniti condiziona l'approccio occidentale nei confronti dell'Oriente.

La politica coloniale inglese sviluppa un atteggiamento pragmatico nei confronti dell’orientalismo: la cultura diventa un mezzo indispensabile per il governo dell'impero coloniale e non solo un vezzo intellettuale. L’atteggiamento francese nei confronti dell’Oriente si pone in maniera diversa rispetto a quello inglese; l’Oriente diventa un luogo esotico, suggestivo, e per certi versi, onirico. Nella cultura europea l'Oriente ha mutato aspetto nel corso del tempo. La cultura greca e quella romana hanno contribuito, attraverso la conquista di territori orientali ed esotici, alla nascita della discrepanza ideologica tra Oriente ed Occidente con la spiccata tendenza o meglio necessità di catalogazione e classificazione di ciò che è altro da se stessi. La religione cristiana crea il concetto di “pericolo ottomano” legittimando così il conservatorismo della cultura occidentale vigente per tutto il Medioevo, momento storico in cui religione e cultura islamica rappresentano una modifica di un qualcosa già presente nella tradizione cristiana; pertanto fino al XVIII secolo il termine di Oriente coincide con l'Oriente islamico. Con le possibilità di viaggi ed esplorazioni tipiche del XVIII secolo l'Oriente torna alla ribalta grazie alle opere di scrittori ed artisti tanto da creare una corrente di orientalismo popolare fino al 1798. Il 1798 corrisponde alla campagna napoleonica in Egitto, simbolo della conquista occidentale sull'Oriente in termini politici e culturali, a tale data si fa corrispondere la nascita dell'Orientalismo moderno. Il XIX ed il XX secolo rappresentano il periodo di massima espansione dell'imperialismo che comporta massima diffusione dell'orientalismo. La ripetitività del concetto binario e dicotomico tra mondo orientale e occidentale si intreccia con il periodo di fioritura delle nuove scienze biologiche ed antropologiche. La commistione di discipline con caratteristiche diverse insiste sulle caratteristiche distintive tra razza e civiltà che secondo Said non sfocia nel razzismo ma nella necessità dello studioso di trovare l'essenza radicale delle cose.

Nel periodo delle due grandi guerre mondiali l'orientalismo mantiene i propri capisaldi di “staticità ripetitiva” trasportando l'orientalismo in un meccanismo di alienazione che mantiene vivo lo stesso orientalismo all'interno di una confortante immutabilità. Il periodo post bellico vede l'ascesa del potere e dell'egemonia degli Stati Uniti mentre si assiste al tramonto della potenza inglese. Gli Stati Uniti concentrano la propria attenzione sul Medio Oriente per interessi economici coadiuvati da una strumentalizzazione culturale volta all'appropriazione del Vicino Oriente nella propria cultura attraverso la conoscenza della stessa. L'unico passaggio importante dall'orientalismo anglofrancese a quello statunitense è rappresentato dall'inserimento dell'orientalismo nell'ambito delle scienze sociali come specializzazione e non come disciplina filologica. L'ostilità intellettuale europea e statunitense si ritrova nella mancanza di emotività tipica dei primi mentre i dogmi di supremazia statunitense ed occidentale permangono. Inconclusione Said analizza come i mezzi di comunicazione, oggi, restino strumenti di demonizzazione per mantenere immutati concetti secolari....


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