P. Caretti, U. De Siervo, Diritto costituzionale e pubblico PDF

Title P. Caretti, U. De Siervo, Diritto costituzionale e pubblico
Course DIRITTO COSTITUZIONALE
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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P. Caretti, U. De Siervo, Diritto costituzionale e pubblico...


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DIRITTO COSTITUZIONALE RIASSUNTO

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SOMMARIO Capitolo I03 CARATTERI FONDAMENTALI DEL FENOMENO GIURIDICO

Capitolo II06 LE FORME DI STATO E LE FORME DI GOVERNO NELLA LORO EVOLUZIONE STORICA

Capitolo III11 LE TRASFORMAZIONI DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE DALLO STATUTO ALBERTINO ALLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA

Capitolo IV18 L’ITALIA E L’UNIONE EUROPEA

Capitolo V21 IL CORPO ELETTORALE

Capitolo VI34 IL PARLAMENTO

Capitolo VII54 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Capitolo VIII60 IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA

Capitolo IX00 L’ORGANIZZAZIONE DEGLI APPARATI AMMINISTRATIVI STATALI

Capitolo X00 PRINCIPI IN TEMA DI ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA

Capitolo XI00 REGIONI ED ENTI LOCALI

Capitolo XII00 LA CORTE COSTITUZIONALE

Capitolo XIII00 IL POTERE GIUDIZIARIO

Capitolo XIV00 I DIRITTI DI LIBERTA’

Capitolo XV00 IL SISTEMA DELLE FONTI NORMATIVE

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CAPITOLO I CARATTERI FONDAMENTALI DEL FENOMENO GIURIDICO Diritto e società Il diritto è quel complesso di regole di condotta che disciplinano i rapporti tra i membri di una certa collettività, in un dato momento storico. Il fenomeno giuridico nasce dove esiste una forma di aggregazione umana, e lo sviluppo della società si svolge all’interno del diritto. L’esigenza delle regole nasce con le prime aggregazioni stabili, le “città-stato”. L’esistenza di finalità comuni (conservazione, commercio e difesa) pone le basi per un’evoluzione nelle strutture sociali, ha così origine quello che oggi chiameremmo “stato”: un’ entità che si colloca in una posizione di supremazia rispetto a tutti i soggetti (il popolo), un’entità che dispone del potere di sovranità e della forza necessaria per assicurare sopravvivenza e sviluppo al gruppo sociale che ne ha determinato la nascita. Un’entità che partecipa alla formazione di regole che disciplinano i rapporti con gli altri stati. REGOLE DEL DIRITTO STATALE Disciplinano in modo stabile i rapporti tra individui di una comunità, in quanto tali; funzionali al raggiungimento di fini di interesse generale; legate ad eventi storici concreti.

ALTRE REGOLE Disciplinano i comportamenti dei singoli e del gruppo; perseguono fini particolari; Legate ad eventi trascendenti; Adesione spontanea.

Coattività: l’esistenza di meccanismi sanzionatori volti a reprimere le violazioni delle regole. Le regole giuridiche che non sono sempre contenute in atti (diritto scritto) ma a volte da comportamenti consuetudinari (diritto non scritto o consuetudinario). Storicamente si è assistito ad una progressione del primo. Le caratteristiche del fenomeno giuridico Effettività: una regola del diritto può considerarsi esistente se i membri della società le riconoscono un valore obbligatorio e collegano la sua violazione all’irrogazione di determinate sanzioni giuridiche o sociali. A una regola deve associarsi l’effettivo adeguamento dei comportamenti individuali e sociali alla norma stessa. Se una regola, esistente formalmente, perde il suo valore per un distacco del comportamento dei consociati ai suoi precetti, si parla di “desuetudine”. Certezza del diritto: l’effettività di una norma si raggiunge attraverso strumenti che ne garantiscono la conoscibilità. Particolari strutture (ordinamento giudiziario) e istituti (sanzioni) vengono applicati nei casi di accertata effrazione della regola. Relatività del diritto: possono mutare le regole così come può mutare ciò che è considerato giuridicamente rilevante. Ciò che oggi è disciplinato dal diritto può in futuro non aver più bisogno di disciplina giuridica, e viceversa. Il contenuto delle norme giuridiche La norma giudiziaria è una regola di comportamento obbligatoria per tutti i componenti di una determinata società. Per imporre un comportamento bisogna determinare: 1. Quale ordine di fatti si vuole regolare; 2. Quali effetti si intendono riconnettere a tali fatti, una volta assunti ad oggetto. Bisogna innanzitutto selezionare gli eventi a cui riconoscere determinati effetti giuridici. Tali fatti costituiscono la fattispecie (giuridica) astratta che la norma intende disciplinare: essa può consistere o in un’espressione della volontà dell’uomo (atti giuridici) o in un fatto/evento naturale (fatti giuridici).

Page | 5 Gli effetti giuridici da stabilire per la norma possono consistere in: un’attribuzione, ai destinatari della norma, dell’obbligo di svolgere o di non svolgere un’attività (posizione soggettiva di svantaggio) oppure del diritto di esigere un comportamento conforme a alla norma (posizione soggettiva di vantaggio).

Alle posizioni soggettive di svantaggio si attribuiscono: 1. doveri (previsti per la soddisfazione di un interesse generale), 2. obblighi (previsti per un interesse particolare di un soggetto), 3. oneri (previsti per un interesse proprio e non altrui). Alle posizioni soggettive di vantaggio si attribuiscono: 1. diritti soggettivi (di cui è titolare colui che per la norma può imporre un obbligo di rispetto di un interesse ad altri soggetti), 2. diritti assoluti (l’interesse individuale è tutelato mediante l’imposizione di obblighi nei confronti di soggetti determinati) 3. interessi legittimi (la tutela assicurata dalla norma è solo indiretta dell’interesse del singolo). 4. Interessi semplici/di fatto (il diritto oggettivo non riconosce nessun rilievo, ma può rappresentare una situazione potenzialmente di diritto soggettivo o di un interesse legittimato). Soggetti giuridici I destinatari delle norme giuridiche sono i soggetti giuridici. Essi sono innanzitutto le persone fisiche: ciascuna di esse è dotata di capacità giuridica e cioè può essere titolare di diritto e destinatario di obblighi, fin dalla nascita (ART. 1 CODICE CIVILE “la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita.”). Idoneità ad essere titolari di posizioni giuridiche non significa idoneità a svolgere in concreto le attività ricondotte (capacità di agire). La capacità di agire è limitata dal diritto (ipotesi in cui non si ritiene il soggetto in grado di esprimere consapevolmente la propria volontà, cui si sopperisce attraverso terzi). Esistono poi le persone giuridiche: una pluralità di persone che danno vita ad un’organizzazione al fine di perseguire una finalità comune; una pluralità di beni gestiti da persone fisiche, in vista del raggiungimento di un fine comune. Tra le persone giuridiche si distinguono: private e pubbliche. Tra le pubbliche: lo Stato, soggetto giuridico nei confronti dei cittadini e nei confronti degli altri Stati. Il concetto di ordinamento giuridico e la pluralità degli ordinamenti giuridici Quando le regole di diritto divengono espressione del gruppo sociale e dei suoi fini, esse possono essere considerate un sistema, un ordinamento giuridico. L’insieme delle regole giuridiche ha bisogno di un apparato organizzativo di soggetti istituzionali che ne assicurino: produzione, applicazione e osservanza. La natura dell’ordinamento giuridico dipende dal rapporto tra l’ordinamento e il gruppo sociale che a esso si richiama. In base alla natura dei fini si distinguono: 1. gli ordinamenti particolari (che propongono il raggiungimento delle finalità più varie, delimitate ad un certo settore) e 2. gli ordinamenti generali (che propongono il soddisfacimento di una finalità comprensiva di tutti i possibili interessi sociali). Tra quelle generali si distinguono poi quelli originali (che ripetono il loro carattere di sovranità; es. Lo Stato) e quelli derivati (che ripetono i loro poteri da un altro ordinamento; es. Comuni, province, regioni). Sul piano interno il problema principale è la convivenza armonica dei diversi ordinamenti, e perciò si riconosce all’ordinamento giuridico statale il compito di regolare i rapporti tra i singoli membri della comunità e quelli tra i vari ordinamenti. Anche sul piano esterno è nata l’esigenza di una convivenza non conflittuale tra la pluralità di ordinamenti giuridici, così si sono sviluppate forme di collaborazione

Page | 6 internazionale di natura politica, economica e militare (es. ONU, UE..) e si sono messi a punto strumenti volti a disciplinare le relazioni tra regole di diversi ordinamenti statuali, e relazioni tra norme giuridiche nate su piano internazionale. Ordinamenti giuridici di Common Law e Civil Law L’ordinamento inglese si ascrive all’area della common law, tutti gli altri a quella della civil law. L’elemento differenziale attiene ai modi di produzione delle norme e ai soggetti coinvolti. Common Law: si basa su regole non contenute in specifici atti normativi, su decisioni giurisprudenziali, basate sull’affermazione di principi tratti da esperienza, consuetudine, prassi. Le regole costituzionali non sono contenute in un testo unico ma si rifanno a vari atti normativi (Magna Carta, Petition of Rights, Bill of Rights, Act of Settlement e Parliaments Acts) e in parte a regole consuetudinarie. La sentenza del giudice acquisisce valore normativo ed è fonte di diritto. Un principio cardine è quello dello “stare decisis” in base al quale nessun giudice può discostarsi dai principi affermati in un’altra pronuncia riguardante un caso analogo. Civil Law: si basa sulla tradizione romanistica. Le regole sono scritte a livello costituzionale e inferiore. La norma giuridica è tale solo se contenuta in atti cui lo stesso ordinamento riconosce la capacità di produrre regole di questo tipo. Le regole consuetudinarie avranno valore solo se richiamate dalla legge. Il giudice ha il solo compito di interpretare la regola giuridica scritta e applicarla nel caso concreto. Col passare del tempo le differenze sono andate attenuandosi dato che negli ordinamenti di common law è andato aumentando il ricorso al diritto scritto (statute law), mentre negli ordinamenti di civil law il ruolo del giudice è andato arricchendosi di funzioni analoghe ai giudici dei paesi anglosassoni. Le fonti del diritto e i principi che ne regolano i rapporti Le norme nascono nell’ambito di un determinato consorzio sociale attraverso due distinti meccanismi: 1. mediante l’attribuzione a certi organi di potere di creare, integrare, modificare il diritto (produzione di fonti-atto); 2. mediante il riconoscimento di valore giuridico a regole che nascono da comportamenti umani (produzione di fonti-fatto). Le varie fonti normative sono ordinate in modo gerarchico: al vertice c’è la Costituzione. La Costituzione può essere rigida (non può essere modificata o derogata da forme normative di livello inferiore), formale (le cui disposizioni sono formalmente previste come costituzionali), effettiva (la cui parte formale è davvero operante in un dato ordinamento giuridico) o materiale (risultante di concezioni culturali e istituzionali delle forze politiche dominanti). Un principio che regola i rapporti fra le fonti normative è quello della competenza, che si riferisce non al valore normativo delle regole del diritto ma all’organo che è titolare del potere di emanare le regole stesse. Relativamente al valore delle norme del tempo e nello spazio la regola è: tra norme di pari grado gerarchico prevale quella entrata in vigore per ultima. Se le norme sono di grado gerarchico diverso si applica il principio gerarchico. Il principio generale che si applica è quello della territorialità del diritto, ovvero le norme giuridiche hanno efficacia con riferimento a determinati individui posti in determinate aree. L’interpretazione del diritto come metodo e come fonte Un altro meccanismo di produzione di norme giuridiche, collegato all’attività interpretativa del giudice, è diritto giudiziario. L’attività giurisdizionale consiste nell’applicazione della norma giuridica (concepita in termini generali e astratti) ad una specifica vicenda umana o ad una fattispecie concreta. Ciò che deve fare il giudice è

Page | 7 identificare quale sia la norma da applicare al caso concreto utilizzando alcuni criteri interpretativi: 1. interpretazione letterale 2. interpretazione logica 3. interpretazione analogica (ricerca di una norma da applicare a fattispecie analoghe) 4. interpretazione sistematica (desumere la regola da applicare dai principi v vigenti nel sistema giuridico complessivo).

CAPITOLO II LE FORME DI STATO E LE FORME DI GOVERNO NELLA LORO EVOLUZIONE STORICA Concetto di forma di stato e di forma di governo Quando si allude ad una forma di stato si fa riferimento al modo in cui è risolto il rapporto tra autorità e libertà, il rapporto tra potere statuale e società civile. Per forma di stato si intendono l’insieme di finalità che lo stato si propone di raggiungere ed i valori a cui ispira la propria azione. Alla nozione di forma di governo fanno riferimento l’insieme degli strumenti e dei mezzi mediante i quali una determinata organizzazione statuale persegue le sue finalità. Modi e mezzi che si traducono in un insieme di regole che disciplinano i rapporti tra gli organi di vertice dell’apparato statale (organi costituzionali). Le forme di stato: lo stato patrimoniale Lo stato patrimoniale è la prima forma di stato affermatosi dopo il disfacimento dell’Impero Romano (alto medioevo). Manca un’organizzazione amministrativa stabile (un grado di conseguire il perseguimento di fini generali). Non sempre sicura risulta la sovranità delle entità statuali rispetto al potere di entità sovranazionali (Impero e Chiesa), né sempre costante è la subordinazione ad esse. A fondamento dello stato patrimoniale l’accordo che ha ad oggetto la tutela del diritto di proprietà per i feudatari. L’unico fine dello stato è la difesa del diritto di proprietà contro le minacce interne ed esterne e su questa base fonda i rapporti che si stabiliscono tra i detentori del potere politico. La sfera dei diritti si arresta a quella dei soggetti titolari del diritto di proprietà, al di là di questa: una comunità indistinta di individui, oggetto di diritto altrui. Lo stato assoluto e lo stato di polizia L’affermarsi di uno stato assoluto va di pari passo con l’apertura della società medievale a una serie di attività economiche, al passaggio da un’economia finalizzata alla produzione di beni sufficiente alla domanda interna, ad un’economia di scambio. Si producono così una serie di cambiamenti anche sul piano istituzionale: si passa da uno stato preoccupato della difesa da minacce esterne a uno stato che si assume più fini di carattere generale. Nascono le grandi monarchie assolute, lo stato sviluppa la

Page | 8 sua azione nei vari settori in cui si svolge la vita sociale ed economica, secondo una concezione interventista. I caratteri fondamentali di uno stato assoluto sono dunque: 1. l’assunzione da parte dello stato della cura di interessi generali, 2. l’arricchimento dei suoi compiti 3. l’intervento diretto nei settori delle attività sociali. A tutto ciò si accompagna un fenomeno di concentrazione del potere nelle mani di un sovrano su un asserito principio di origine divina, mettendosi così al riparo da ogni interferenza o controllo. Una variante/sviluppo dello stato assoluto è lo stato di polizia, affermatosi in Austria e in Prussia alla fine del XVIII sec., caratterizzato dal riconoscimento di posizioni soggettive ai singoli, tutelabili davanti ai giudici anche contro i pubblici poteri (preludio del principio secondo cui la pubblica amministrazione è tenuta al rispetto della legge). Lo stato liberale La forma di stato liberale si afferma nel periodo tra la fine del XVIII sec. e la metà del XIX, e caratterizza l’esperienza costituzionale europea. Per le ragioni legate a’aumento delle conflittualità internazionali, alla conseguente pressione fiscale, a una sempre più profonda crisi interna e per l’inadeguatezza della struttura di potere dello stato a soddisfare le esigenze (l’inclusione nel circuito delle decisioni politiche) delle nuove classi emergenti (borghesia imprenditoriale, proprietari terrieri, professionisti intellettuali) ormai divenute classe dominante sotto il profilo culturale, economico e finanziario, venne la fine dello stato assoluto. Una nuova forma di stato (lo stato liberale) andò ad affermarsi grazie al perseguimento di finalità generali come il soddisfacimento degli interessi dell’intera comunità attraverso un’azione indiretta volta ad assicurare condizioni di sicurezza sul piano esterno e sul piano interno (sicurezza pubblica e diritti di libertà). Lo stato liberale si presenta come uno stato non interventista, tutore di un libero, pacifico ed ordinato svolgimento della vita sociale ed economica. Il modello organizzativo dello stato tende a garantire la separazione e l’autonomia degli apparati preposti alle funzioni legislative, esecutive e giurisdizionali, introducendo nuove regole generali (nuova fonte normativa: la Costituzione) destinate a disciplinare l’azione degli organi di vertice, affermando il valore della legge come atto in grado di vincolare tutti i soggetti privati e pubblici. La prima realizzazione dello stato liberale si afferma in Inghilterra grazie alla resistenza ai tentativi assolutistici dei sovrani inglesi da parte dell’aristocrazia che voleva conservare la propria autonomia a livello locale. Là dove invece l’assolutismo aveva trovato terreno fertile (es. Francia) il passaggio allo stato liberale ha assunto toni più bruschi e traumatici. Lo stato totalitario Il primo conflitto mondiale e la conseguente crisi economica finiscono per funzionare da detonatori di una crisi (soprattutto in paesi come l’Italia con un sistema economico più fragile) che determina il crollo dello stato liberale. Lo sblocco di questa situazione di crisi fu rappresentato dall’avvio in molti paesi europei (Itali, Germania, Spagna) dell’esperienza dello stato totalitario. Uno stato che nasce con l’obiettivo di introdurre una nuova organizzazione, non più fondata sui meccanismi elettorali ma, ispirata ad un forte accentramento del potere intorno alla figura di un “capo” o di un organo supremo. Uno stato impegnato in ogni settore della vita economica e sociale. Uno stato che utilizza, per il raggiungimento dei fini, nuovi strumenti: il partito unico, i sindacati di stato, i mezzi di comunicazione di massa. Uno stato che persegue una politica repressiva dei diritti di libertà arrivando a calpestare lo stesso principio di uguaglianza. Lo stato rappresenta l’artefice di ogni situazione giuridicamente rilevante. Lo stato socialista

Page | 9 La nascita dello stato socialista risale alla rivoluzione che portò alla caduta del regime zarista in Russia. Nel secondo dopoguerra si estende a molti paesi dell’Europa centrale, sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, e in paesi fuori il continente europeo. Uno stato che critica i limiti classici dello stato liberale e ha una diversa valutazione delle ragioni determinanti le condizioni di diseguaglianza dei cittadini. “Le diseguaglianze derivano dalla proprietà privata dei mezzi di produzione”, così si afferma la nozione di proprietà socialista. “Le diseguaglianze derivano dalla divisione della società in classi” così si ha un superamento autoritativo della divisione. “Le libertà e i diritti individuali sono un privilegio per i soli gruppi sociali dominanti” e si ha un riconoscimento delle libertà collettive. “La mancanza di strumenti di aggregazione sociale estromette le classi subalterne dai processi decisionali” così si ha un’affermazione della nozione di partito comunista. La crisi di questa forma di stato si manifesta con la rivendicazione di principi e istituzioni occidentali (pluripartitismo, diritti civili, libertà economiche, effettiva autonomia locale). Lo stato sociale Lo stato sociale ha alle spalle la crisi ottocentesca dello stato liberale. Il fine primario di questa forma di stato è quello di rimuovere le diseguaglianze grazie all’azione dei pubblici poteri. Lo stato, i cui organi politici sono di fatto rappresentativi di tutti i cittadini, si propone di assicurare ad essi la partecipazione alla vita politica del paese (partiti, sindacati). Elementi tipici dello stato sociale sono: 1. l’accrescimento degli apparati amministrativi e la loro differenziazione in relazione alla diversificazione dell’azione statale; 2. il massiccio intervento nell’economia; 3. l’aumento delle risorse necessarie alla finanza pubblica. Lo stat...


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