Riassunti Dispense Geografia Umana PDF

Title Riassunti Dispense Geografia Umana
Author Elena Steffanoni
Course Scienze dell'educazione e della formazione
Institution Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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RIASSUNTI DISPENSE GEOGRAFIA UMANA La definizione della parola geografia deriva da una parola greca composta (descrizione della terra). La geografia in età greco romana ebbe l’obbiettivo di rappresentare la terra solo marginalmente e utilizzando le cognizioni astronomiche di allora, si pose il compito di risolvere alcuni problemi teorici come la forma e le dimensioni del nostro pianeta. L’illustrazione della terra era indispensabile per muoversi sui mari , nei territori poco conosciuti e negli spazi ancora da conquistare e così i geografi fino al secolo scorso furono quelli che disegnarono le carte geografiche, che descrissero gli itinerari e che raccontavano la differenza tra i climi, le culture e i costumi tra una regione ed un'altra. I grandi viaggi di esplorazione, la competizione per la conquista delle terre e lo sviluppo del commercio portarono la geografia a partire dal 16 secolo su posizioni sempre più importanti. Anche la fede religiosa diede un contributo alla geografia poiché portò i missionari ad esplorare, a riconoscere ed a descrivere regioni e popoli non noti in Europa. Nel contempo lo sviluppo dell’astronomia consentiva nuovi progressi alla cartografia che già dal 18esimo secolo usciva fuori dall’insieme di conoscenze che venivano genericamente chiamate geografia. Solo nel 19esimo secolo la geografia iniziò a diventare una scienza con metodi e obbiettivi specifici, ponendosi lo scopo di dare una spiegazione razionale al rapporto tra uomo e superficie terrestre e analizzando in maniera comparatistica la diversità degli spazi e la varietà dei comportamenti dei differenti gruppi umani. Questo nuovo indirizzo chiude il capitolo della geografia classica e apre quello della geografia moderna. Statuto epistemologico della Geografia Secondo la cultura illuminista un sapere diviene scienza quando acquisisce uno statuto epistemologico, quando è identificabile l’obbiettivo, quando sono esposti i contenuti e quando sono enunciati i principi metodologici. Lo statuto della geografia si ebbe nel 1798. Quando Kant nel “ Geografia fisica” pone le basi per la geografia moderna, enunciando i concetti basilari del rapporto tra spazio e tempo. Un secolo dopo fine 800, con Ratzel “ la Geografia dell’uomo” dedicata a definire la visione della presenza dell’uomo sulla Terra.  ratzel si pone l’obbiettivo di individuare il problema. La Terra in questa prospettiva viene vista senza disgiungere il concetto di uomo da quello di vegetale e animale. Viene quindi vista in termini olistici, vero e proprio organismo unico. Ratzel individua il territorio e lo definisce come realtà materiale fatta di elementi connessi tra loro. Analizza i rapporti di causa ed effetto, così facendo poggia le proprie origini: alla natura la funzione di causa e al modo di abitare il rapporto di effetto determinismo ambientale concetto attraverso il quale l’ambiente domina il comportamento umano. Ratzel individuò nella geografia la scienza madre e suddivise in ambiti le sue articolazioni: geo fisica, umana, politica, ecc.. La scuola germanica e la geografia deterministica. Karl Ritter scrisse tra il 1822 e il 1859 un’opera in 19 volumi, fondamentale per lo sviluppo della geografia comparatistica nella quale cercava di mostrare le diverse relazioni fra l’ambiente fisico e l’attività umana. Friedrich Ratzel Introdusse la distinzione tra la geografia fisica e la geografia umana non contrapponendole una all’altra, ma considerando la prima come scienza fondamentale per comprendere il comportamento dell’uomo nello spazio terrestre. L’opera più nota di Ratzel è intitolata “Geografia antropica” e per la prima volta l’oggetto dello studio geografico non è la Terra con tutte le sue caratteristiche fisiche e con tutte le forme di vita che ospita, ma è l’uomo osservato nel suo rapporto continuo e necessario con la superficie terrestre. La geografia antropica di Ratzel sostiene che la natura, con le sue esigenze e le sue leggi, condiziona in maniera determinante ogni atto umano. L’impostazione determinista, secondo la quale alla base dello studio geografico stava lo studio dell’ambiente fisico esclusivamente poiché attraverso questo si poteva comprendere l’ordine sociale e capire le leggi che regolavano il comportamento dei gruppi umani, trovò interpreti in tutti i paesi.

Successive elaborazioni del determinismo fisico e la necessità di collegare in un unico insieme l’ambiente e l’uomo portarono a nuove forme di determinismo, meno rigide e meccaniche di quelle ratzeliane. Una di queste è quella del behaviorismo cognitivo che afferma che la relazione fra ambiente naturale e gruppo umano deriva dal grado di conoscenza e dal livello di percezione che l’uomo ha nei riguardi delle risorse potenziali e degli ostacoli offerti dalla natura. Questa impostazione limita l’influenza dell’ambiente sulle scelte dell’uomo e dunque la relazione comportamentale dell’uomo verso l’ambiente. Huntington parlò di determinismo scientifico proponendo un determinismo basato sull’osservazione statistica di un gran numero di dati e limitando l’indagine solo a casi in cui il rapporto fra dato fisico e comportamento umano era chiaramente misurabile. Il determinismo Stop and go di Taylor è basato invece sull’affermazione che l’ambiente determina la direzione del comportamento umano, ma che l’uomo è in grado di accelerare o di rallentare il movimento in quella direzione, può infatti rallentare, fermarsi e poi riprendere il cammino verso il destino imposto dalla natura ma non può mutarlo. Il neo determinismo ecologista sostiene che, dato che l’ecosistema è retto da un insieme di reazioni reciproche fra tutti i suoi componenti, uomo compreso, le leggi naturale devono essere accettate senza tentare di imporne di diverse, pena la distruzione o l’alterazione di quell’ecosistema. La reazione al determinismo e il possibilismo di Vidal De la Blache Possibilismo  inizi 900 Maggior esponente Vidal de la Blache. Lui riconosceva, a differenza di Ratzel, all’uomo la possibilità di intervenire o prevalere sulla natura. Le comunità umane possono esercitare una scelta, questa presuppone libertà. La comunità si comporta come fattore geografico. In questa nuova visione il geografo è sempre più orientato verso una produzione sul campo aumentando il divario tra geografia umana e fisica. Il geografo che si occupa di geografia umana è impegnato nel processo descrittivo, quello fisico è impegnato nel processo atto ad individuare le leggi che governano i processi. Il paesaggio è lo strumento che più caratterizza l’identità regionale. Scuola geografica francese Una nuova interpretazione della relazione fra gruppi umani e ambienti naturali venne data dal geografo francese Vidal de La Blache il quale, introducendo nell’analisi geografica una visione storica, considerò la lunga azione dell’uomo per modificare o adattare alle sue esigenze, secondo le proprie possibilità, l’ambiente in cui viveva. L’uomo per Vidal non è costretto dalla natura, questa pone all’uomo problemi e difficoltà, ma che l’uomo può affrontare e risolvere in tutti i modi a seconda della sua cultura, della sua capacità organizzativa e dalla tecnologia che possiede. Egli ha la possibilità di intervenire sulla natura e di modellare gli ambienti naturali dando ad essi l’impronta della sua capacità operativa. Questo nuovo modello interpretativo della geografia umana venne chiamato possibilismo ed ebbe subito un gran numero di seguaci, anche perché l’uomo nella prima metà del 900 stava trasformando vaste regioni della Terra. Il determinismo veniva continuamente smentito dall’iniziativa dell’uomo che dimostrava sempre di più di non essere uno schiavo della natura. Con la geografia possibilista si aprono nuovi modelli interpretativi per la geografia umana. Ogni parte del territorio abitato porta le tracce dell’azione dell’uomo sull’ambiente. Hartshorne intuì nelle scienze geografiche la possibilità di studiare tutta una vasta serie di fenomeni umani. Conseguenze sono state molte 1) sviluppo della geografia regionale volta all’individuazione e all’analisi delle differenti entità socio territoriali e il loro numero varia a seconda della scala che si utilizza per l’analisi 2) messa a punto di due concetti fondamentali: paesaggio geografico e il genere di vita. Con l’espressione paesaggio si intende l’insieme dei dati oggettivi percepibili sul territorio, questi analizzati uno per uno e nella loro relazione reciproca rappresentano la testimonianza dello sforzo dell’uomo per modificare l’ambiente naturale nel corso del tempo. I possibilisti hanno sempre ritenuto che il paesaggio non andasse inteso solo nel senso di panorama ma come l’oggetto

fondamentale dello studio geografico in quanto è attraverso la sua analisi che si possono individuare le differenze regionali. Gli elementi che costituiscono il paesaggio, sia di natura fisica che di natura umana, che sono percettibili dai sensi dell’uomo, sono stati definiti paesaggio geografico per indicare l’insieme di caratteristiche che rendono possibile la descrizione di un tipo di paesaggio. Per genere di vita si intende l’insieme delle modalità materiali con cui i gruppi umani provvedono alle loro esigenze in stretto rapporto con l’ambiente geografico, e l’analisi di queste modalità è di competenza dell’antropologo. I limiti di una geografia basata sui paesaggi geografici e sui generi di vita sono evidenti. Ma nonostante questo, la geografia europea è rimasta ancorata fino alla fine degli anni 60 a queste idee. Negli anni 60, appunto, quando era evidente la necessità di un’azione di pianificazione territoriale ed economica di vasta portata, i geografi erano intenti a descrivere paesaggi come pittori. La regola dichiarata era che poiché ogni territorio è a se stante, non era possibile individuare delle norme condivise in grado di comprendere un sistema unico e per questo motivo l’unica possibilità di studio per il geografo era la descrizione del paesaggio. La geografia poteva, dunque essere solo una scienza descrittiva senza mai poter diventare nomotetica cioè senza poter mai trovare norme certe e costanti. Strutturalismo  momento storico fine anni 30 Interpretazione nella geografia rendendolo funzionalismo uno attuazione dell’altro. Maggior esponente Hartshone Ogni realtà naturale è costituita da strutture ognuna delle quali si compone di un complesso di elementi legati da relazioni Viene considerato come prosecuzione del pensiero positivista che definisce la realtà come una macchina banale che produce funzioni Funzionalismo Ha conseguenze molto rilevanti soprattutto inerenti al tema della città e delle reti di comunicazione La finalità è quella di leggere i processi e trasformazioni in modo evolutivo attraverso una semplificazione dei processi. Cosa che non poteva avvenire prima con la sola lettura del paesaggio Individuati elementi come risorse naturali e funzioni a loro connesse ad esempio le formule di uso agricolo è possibile costruire metodi matematici. Grazie a questo nasce l’opportunità di rinforzare questi con altre discipline come l’economia, l’urbanistica e la sociologia Nello strutturalismo la realtà viene vista come una macchina in cui strutture vengono a loro volta considerate come cause che producono effetti. A differenza del possibilismo che prestava attenzione alle forme, lo strutturalismo si concentra sulle funzioni per questo il filone di studio viene definito funzionalismo. Questo infatti viene anche considerato come espressione del pensiero strutturalista in geografia. Teoria sistemica anni 70 Maggiori esponenti Le Moigne e Vallega (presidente dei geografi italiani) Lo strutturalismo ha una evoluzione naturale data dalla nascita del sistema territoriale. La struttura è infatti posta in relazione a 3 elementi non considerati o sottovalutati:  Ambiente esterno nella teoria sistemica nasce la necessità di arricchire il pensiero strutturalista attraverso la considerazione di questo. Non si scompone più in sole strutture semplici ma la volontà diviene quella di analizzare la sua posizione all’interno della rete urbana e le connessioni con gli altri centri urbani. Si tiene dunque conto degli impulsi provenienti dall’esterno che sono in grado di modificare quanto avviene internamente ad un processo  Obbiettivo Esigenza di guardare la finalità di un processo. E’ essenziale chiedersi qual è lo scopo a cui si tende. Nasce l’esigenza di pianificare un processo. L’oggetto va di pari passo con il progetto. Non si può pianificare una città senza tener conto del suo sviluppo economico. Il sistema generale tende a considerare il territorio come un

insieme di sistemi spaziali aperti relazionabili con l’ambiente esterno da cui ricevono e danno impulsi modificando la propria connotazione  Cambiamenti Descrive la traiettoria temporale della struttura territoriale anche in relazione al mutare tra le relazioni tra oggetto ed ambiente esterno. Sistema complesso anni 80 Nello strutturalismo ma anche nel sistema generale la città viene analizzata come realtà complessa e particolare attenzione all’oggetto mentre il soggetto rimane penalizzato. Il sistema complesso tende a considerare la rilevanza del soggetto pur cercando di mantenere inalterata l’oggettività della rappresentazione. Le domande inerenti al sistema complesso non sono più relative al come è fatto l’oggetto tentando di scomporlo ma cercando di comprendere come si comporta e dove conduce. Le realtà non sono più finalizzate al processo causa effetto ma conducono ad un processo più articolato. Applicato alla geografia, l’immagine del territorio è vista come un insieme di sistemi complessi. Applicando la teoria del sistema complesso cerchiamo di fornire comprensione in una prospettiva di assieme.

I nuovi approcci alla geografia umana la geografia quantitativa/ strutturalismo A partire dagli anni 50 le grandi trasformazioni dei modi di produrre, i grandi problemi sociali e politici, l’evoluzione delle tecniche, come l’elettronica e dei sistemi di comunicazione e trasporto, i nuovi modelli comportamentali hanno portato ad una revisione critica delle basi concettuali delle scienze umane, alla ricerca di schemi interpretativi della realtà più in linea con i bisogni, le speranze e le delusioni che si stavano profilando. Anche la geografia umana non poteva evitare quindi questa revisione al fine di non divenire una scienza inutile del tutto staccata dai problemi etici sociali ed economici della realtà vissuta. Lo sviluppo delle scienze statistiche e la sempre più maggiore disponibilità di dati quantitativi indusse i geografi americani ad abbandonare il descrittivismo tradizionale e a dedicarsi all’analisi quantitativa dei fenomeni territoriali. La rivoluzione quantitativa ebbe inizio negli anni 50 e continuò ad essere in campo per circa 20 anni. La geografia quantitativa si basò sui numerosi modelli matematici e sugli studi fatti con l’aiuto di formule matematiche. Ma tutto ciò portò la geografia solo su un piano numerico. La critica alla geografia quantitativa Una corrente della geografia umana sviluppatosi a partire dagli anni 60 contro la geografia quantitativa per spiegare il comportamento dell’uomo relativamente al territorio è la geografia comportamentale che, con l’aiuto della psicologia, tende a descrivere non una realtà oggettiva dei fatti ma piuttosto come questa viene percepita dall’uomo che regola il suo comportamento sulla base della percezione soggettiva della realtà. Di conseguenza la geografia umana dovrebbe studiare prima di tutto la qualità degli stimoli che ciascuna persona riceve dal territorio e che tipo di risposta deriva dai processi mentali indotti da quegli stimoli. Il pensiero marxista L’approccio marxista alla geografia risale alla fine degli anni 60. Per la geografia marxista l’analisi dell’organizzazione territoriale va fatta attraverso la critica della società secondo la visione propria del marxismo. Il territorio nella sua organizzazione subisce continuamente gli effetti della lotta fra le classi e dell’accumulo di potere da parte delle classi capitalistiche a scapito di quelle subalterne e qualsiasi forma dell’organizzazione territoriale può essere letta e interpretata in funzione i questo scontro. I primi teorici della geografia marxista furono alcuni geografi americani, che sostennero che compito del geografo ero lo studio dei problemi sociali e la ricerca di modelli organizzativi in grado di promuovere i grandi mutamenti sociali. Questa impostazione della geografia umana non ebbe vita lunga nell’ambiente degli Stati Uniti, dove le idee marxiste non erano facilmente tollerate.

Geografia umana Dalla polemica fra marxisti e antimarxisti sono derivati altri approcci alla geografia umana che da allora ha raggiunto un approccio più umanistico e attento a tutti i fenomeni sociali. La geografia umana ha finito così per assumere una grande articolazione, diventando un contenitore di idee e di metodi di ricerca. La geografia umana tra teorizzazione ed empirismo pratico Il rischio è quello di trasformare i geografi in teorici dell’immagine e della cartografia e di lasciare ancora agli altri come sociologi urbanisti ecc. l’analisi dell’organizzazione del territorio. La geografia umana attuale è diventata più eclettica ed empirica, si è sciolta da strette ideologiche e si è attrezzata per comprendere i problemi della società moderna. Capitolo 1 La geografia è spesso considerata la scienza dello spazio. Questa potrebbe meglio essere definita come il sapere che ha come interrogativo di partenza il motivo per cui i fenomeni differiscono da luogo a luogo. La geografia fisica rivolge la sua attenzione al versante fisico del rapporto uomo-ambiente: si interessa delle forme fisiche della Terra e della loro distribuzione, di condizioni atmosferiche e modelli climatici, della combinazione dei suoli o dei tipi di vegetazione. La geografia umana si occupa del mondo come è e come potrebbe essere. Il suo ambito specifico di interesse è quello degli esseri umani. Nella geografia umana confluiscono tutti gli interessi e gli ambiti della geografia che non sono direttamente connessi con l’ambiente fisico. Questa disciplina offre la possibilità di integrare tutte le scienze sociali, ci aiuta a capire il mondo in cui viviamo e le vicende che riguardano popoli e paesi diversi dal nostro. Concetti geografici essenziali Per il geografo lo spazio può essere inteso in senso sia assoluto sia relativo. Lo spazio assoluto è indipendente dalla natura dei fenomeni che consideriamo operanti in esso. E’ fondamentale per la redazione di carte di tipo tradizionale e per la spiegazione di fenomeni di tipo fisico-ambientale. Lo spazio relativo invece varia le sue proprietà in funzione dei fenomeni che dal nostro particolare punto di vista scientifico consideriamo operanti. I luoghi hanno un’ubicazione, una distanza ed una direzione in relazione ad altri luoghi. Un luogo ha una dimensione: può essere grande o piccolo , possiede sia una struttura fisica sia un contenuto culturale. La scala I geografi si occupano di scale. Studiare un problema su una scala di tipo locale, regionale o mondiale oppure si può parlare di scale facendo riferimento ad una caratteristica di tutte le carte geografiche. Tecnicamente, infatti, la scala suggerisce il rapporto matematico tra le dimensioni di un area geografica sulla carta e le dimensioni effettive sulla superficie terrestre. Ma in entrambi i casi determina il livello di generalizzazione. CAPITOLO 2. LA POPOLAZIONE: tendenze regionali e modelli mondiali La geografia della popolazione fornisce gli strumenti per analizzare fattori come l’ampiezza della popolazione, la distribuzione degli individui in base all’età e al sesso che, insieme ai tassi di fecondità, natalità e mortalità, alla densità abitativa ed al tasso di crescita, che influenzano l’organizzazione sociale, politica ed economica di una società ma al tempo stesso sono influenzati dall’organizzazione. Questa disciplina si differenzia dalla demografia (studio statistico della popolazione) in quanto dedita all’analisi spaziale ossia alla relazione che intercorre tra gli individui e l’area che essi abitano. Demografia Il primo momento in cui ci si pone il problema della pressione demografica è verificabile nella rivoluzione industriale, fine del 700. Questo fu il primo momento in cui la popolazione mondiale venne considerata.

Uno dei precursori degli studi sulla ...


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