Capitolo 1 - Che cos\'è la geografia umana PDF

Title Capitolo 1 - Che cos\'è la geografia umana
Course Geografia umana
Institution Università degli Studi di Napoli L'Orientale
Pages 19
File Size 129 KB
File Type PDF
Total Downloads 86
Total Views 181

Summary

Riassunto contenente informazioni dettagliate sul primo capitolo (seconda edizione, 2016)....


Description

Capitolo 1 – Che cos’è la geografia umana? 1.1 Introduzione alla geografia umana La geografia umana studia come le popolazioni, le culture, le società e le economie, con le loro manifestazioni materiali, si diversificano nello spazio terrestre, in relazione al variare delle condizioni ambientali e storiche. A differenza delle geografia fisica, che utilizza i metodi delle scienze naturali, quella umana si rifà alle scienze sociali, sebbene non possa ignorare la prima in quanto tutte le attività umane hanno qualche rapporto con gli ambienti naturali e non possono essere comprese, interpretate o valutate senza tener conto di ciò che ci lega al clima, al suolo, alle acque, alla forma del rilievo e agli altri organismi viventi. Quando parliamo di natura indichiamo tutto ciò che è estraneo alla creatività umana. Il concetto di cultura, invece, spazia dalle espressioni più alte della spiritualità alle differenze che esistono tra i popoli in termini di vestiti, cibo o abitazioni. Uno dei massimi studiosi del rapporto tra natura e cultura, Luca Cavalli Sforza, ha definito a cultura come l’accumulo di conoscenze, di capacità e innovazioni, derivante dalla somma dei contributi individuali trasmessi attraverso le generazioni e diffusi all’intera società. Se per società consideriamo l’umanita intera parleremo di cultura universale, se invece ci riferiamo alle diverse società in cui l’umanità si suddivide, avremo tante culture specifiche diverse tra loro. Negli ultimi decenni si è assistito ad un significativo ripensamento della nozione di cultura, che si fonda sui seguenti argomenti: 1) essa è una costruzione sociale che riflette diverse fattori economici, storici, politici, sociali ed ambientali; 2) la cultura non è qualcosa di fisso, si modifica nel tempo e può generare sia scambi che conflitti; 3) la cultura è un sistema dinamico complesso: interagendo tra loro, le persone creano ed esprimono una cultura che a sua volta definisce ed influenza le caratteristiche delle persone che l’adottano.

Storicamente le culture si presentano differenziate su base geografica e quindi si parla di culture locali, nazionali o sovranazionali. Le culture diversificate su base territoriale non erano del tutto chiuse, ma lo scambio di elementi culturali tra loro era limitato e molto diluito nel tempo. Oggi permangono notevoli diversità culturali su base territoriale, ma crescono le ibridazioni tra culture diverse e la globalizzazione tende a imporre certi caratteri culturali comuni a tutte le società e a tutti i territori. Ciò non significa che il rapporto tra cultura e natura venga meno, ma se un tempo esso si svolgeva quasi esclusivamente in scala locale, oggi coinvolge l’umanità intera. Nel pensiero occidentale, il dualismo tra natura e cultura ha svolto un ruolo importante nello sviluppo di diversi modi di considerare le differenze culturali e sociali. Si pensava infatti che la cultura fosse ciò che permetteva all’uomo di porsi al di sopra della natura e di dominarla e plasmarla secondo i propri fini. Questa linea di pensiero è stata adottata per giustificare le gerarchie sociali e il colonialismo, portando a considerare i popoli non occidentali come inferiori perché più vicini alla natura rispetto a quelli occidentali. Oggi va affermandosi una corrente di pensiero che rifiuta tale dualismo, secondo la quale l’uomo, nonostante la proprio predisposizione alla cultura, faccia pienamente parte della natura e che quindi debba fare i conti con certe sue leggi fondamentali. Chi ritiene che i fattori terrestri incidano direttamente sullo sviluppo delle caratteristiche fisiche ed intellettuali degli esseri umani abbraccia le tesi del determinismo ambientale. Anticamente si pensava che i climi più estremi incidessero negativamente sulle capacità intellettuali delle persone, che i popoli dalle menti più acute risiedessero in territori con climi temperati. Tra la fine del 1800 e l’inizio del secolo successivo tali teorie si diffusero ampiamente tra i geografi per poi essere abbandonate alla luce di tre punti di critica: 1) non era dimostrabile scientificamente la relazione di causa ed effetto, come se gli individui rispondessero automaticamente agli stimoli ambientali senza le mediazioni culturali della tecnologia o delle ideologie politiche;

2) non necessariamente fattori ambientali identici danno luogo a pratiche culturali o comportamentali simili; 3) il determinismo ambientale era sospettato di essere un’ideologia travestita da teoria scientifica per giustificare il colonialismo. La reazione al determinismo ha portato alla nascita del possibilismo, alla cui base sta l’idea che i singoli e le collettività possano usare la propria creatività per reagire alle condizioni o alle costrizioni di un particolare ambiente naturale. Esso ritiene che ogni ambiente offra una gamma di alternative più o meno vasta e che in uno stesso ambiente società e culture possano differire tra loro a seconda delle scelte, basate sulle conoscenze e sulle capacità tecniche di cui dispongono. Le teorie del possibilismo hanno contribuito a diffondere la consapevolezza dell’azione umana nei confronti dell’ambiente, a partire dall’osservazione di come tale azione abbia modificato i paesaggi naturali in paesaggi culturali. Nei secoli scorsi si è formata una visione della nature come costruzione sociale, un costrutto mentale che deriva da percezioni e modi di pensare condivisi, la quale riconosce che l’uomo tende a modificare l’ambiente naturale a partire dall’idea che si fa della natura e di come andrebbe trasformata. Le difficoltà e i rischi insiti in un rapporto dualistico con la natura possono essere superati con una visione più realistica, che vede gli esseri umani intrinsecamente legati al mondo naturale: - la Terra funziona come un sistema costruito da diverse componenti naturali e culturali, che interagiscono con modalità complesse e poco prevedibili; - la Terra è soggetta a continui cambiamenti che dipendono sia dagli eventi naturali che dall’azione umana; - il sistema culturale umano è un sottosistema di quello naturale terrestre: può modificarlo in modo durevole solo obbedendo ad alcune leggi naturali incontrollabili, come quelle del clima. La visione della cultura come l’insieme delle idee, delle pratiche e dei manufatti che caratterizzano società e territori è

ormai da tempo alla base di gran parte della geografia umana, attraverso i due approcci basati sulla lettura dei paesaggi culturali e sull’analisi regionale. Il concetto di paesaggio culturale è mutato nel corso del tempo. È stato introdotto dal geografo e naturalista Alessandro di Humboldt nel 1800 come espediente per indurre i suoi contemporanei a studiare i fenomeni geografici, immaginandoli come se si presentassero in una galleria di quadri dipinti dalla natura. Questo approccio al paesaggio riconosceva ad esso il duplice significato di percezioni soggettive e di realtà oggettive, che di recente è stato fatto proprio dalla Convenzione Europea del Paesaggio, nel 2000. Questo documento afferma come il paesaggio designi una determinata parte del territorio così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interazioni. Questa idea di paesaggio si era persa tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, quando, sotto l’influenza del Positivismo, il paesaggio geografico veniva considerato come un’entità puramente oggettiva. Nella geografia del secolo scorso, in particolare quella italiana, l’osservazione del paesaggio divenne il metodo principale per studiare in chiave deterministica o possibilistica i rapporti tra gli ambienti naturali e le popolazioni insediate. Questo metodo fu criticato da Gambi, che sosteneva come l’osservazione del paesaggio non desse delle spiegazioni, ma suggerisse solo l’esistenza di correlazioni spaziali tra i fatti visibili, ignorando quelli non osservabili. Sosteneva che per capire i paesaggi occorreva percorrere la storia della loro formazione e delle trasformazioni subìte, oltre a sottolineare la confusione concettuale tra paesaggio, territorio e ambiente, entità geografiche oggettive contrapposte a quella che invece rappresentava qualcosa di percepito, tra l’estetico e il razionale. L’importanza della componente soggettiva del paesaggio divenne il canone interpretativo negli studi degli ultimi decenni. Il geografo francese Berque sintetizzò questa recente visione definendo il paesaggio come una mediazione generatrice di legame sociale, che ci fa cogliere il senso del mondo in cui viviamo e ci fa capire che la società non riuscirebbe a mantenersi in un mondo privo di senso.

Per il geografo, il paesaggio resta comunque come una pergamena che, per quanto ripetutamente cancellata e riscritta, conserva le tracce di ciò che vi è stato impresso nelle epoche. Espressioni culturali in esso leggibili, come i modelli di insediamento, le tipologie di costruzioni, gli stili architettonici e le modalità di utilizzo del suolo, sono indizi riguardanti i valori delle popolazioni, facendo sì che il paesaggio faccia parte del patrimonio di beni comuni naturali e culturali di un dato territorio. In molti paesi si elaborano dei piani paesaggistici che dettano norme e indirizzi affinché i processi di trasformazione del territorio rispettino certe norme di invarianti strutturali, che riguardano i modi in cui le cose vengono di volta in volta trasformate per adeguarle al mutare delle esigenze sociali ed economiche. Esse assicurano la riproduzione e lo sviluppo del sistema territoriale, conservandone i valori naturali, culturali, estetici, sociali e simbolici che ne fanno un bene a disposizione di tutti. L’analisi regionale è diversa dalla lettura del paesaggio. Essa cerca di indagare i fattori, spesso non visibili, che determinano la diversità Le regioni sono innanzitutto una costruzione mentale che si basa su fatti esistenti e assume importanza sulla nella misura in cui tali fatti incidono sulla vita stessa delle regioni. La regione formale è un’area definita in base ad una o più caratteristiche fisiche o culturali omogenee, distribuite uniformemente nella regione e non in quelle confinanti. In questa categoria hanno importanza le regioni storiche, che presentano al loro interno una certa omogeneità socio-culturale dovuta al fatto che in passato sono state a lungo unite politicamente, come la Provenza per la Francia. La regione funzionale è un’area in cui i luoghi sono connessi da relazioni più intense di quelle che questi stessi luoghi intrattengono con l’esterno, come le ecoregioni, le regioni funzionali urbane, formate da una grande città e dai centri minori che vi gravitano attorno per lavoro o servizi, i distretti economici, caratterizzati dalle forti relazioni che le legano le imprese al loro interno, e le regioni istituzionali o politiche, cioè gli stati, le unioni di stati e le unità politico-amministrative in cui si divide il loro territorio (in Italia: regioni, città

metropolitane, comuni).

1.2 Pensare come un geografo Quando i geografi usano il termine luogo fanno riferimento ad una località contraddistinta da specifiche caratteristiche fisiche, culturali e sociali. Ciascun luogo può essere identificato tramite la sua ubicazione assoluta, misurata per mezzo di latitudine, longitudine e altitudine sul globo terrestre, oppure con riferimento a cosa gli sta attorno: il sito, che racchiude le caratteristiche fisiche quali composizione del suolo e delle acque, vegetazione; la posizione geografica, ovvero la posizione che un luogo occupa in un contesto regionale più ampio con riferimento alla rete di comunicazioni del luogo con tale contesto. Le caratteristiche hanno importanza in merito al funzionamento sociale, economico e politico che riescono a garantire. L’industria del turismo, ad esempio, si fonda sul fatto che non esistono due luoghi perfettamente identici e che alla gente piaccia sperimentare queste differenze. I luoghi sono importanti anche in riferimento alle identità umane offerte dalla provenienza. Lo stesso senso di identità dipende dalle esperienze legate ai luoghi che frequentiamo. Il senso del luogo indica il complesso attaccamento emozionale che le persone sviluppano verso determinate località, riconducibile anche all’identità collettiva condivisa dai gruppi culturali, spesso veicolato da una stessa appartenenza geografica. Lo spazio è un’estensione della superficie terrestre di dimensioni non definite. Lo spazio assoluto è un’entità le cui dimensioni, distanze, direzioni e contenuti possono essere rilevate con precisione con la metrica corrente. È lo spazio delle cartine geografiche, dove ogni luogo trova una sua precisa ubicazione. Per molto tempo i geografi hanno guardato allo spazio come ad un’entità reale che contenesse qualcosa delineandone dimensioni e confini, come nel caso delle regioni formali. Lo spazio è in realtà una rappresentazione mentale che varia a seconda delle problematiche prese in analisi. Nel caso dovessimo costruire un ponte sarebbe più opportuno

considerare lo spazio assoluto, mentre calcolando la distanza da una città ad un’altra ci serviremmo dello spazio-tempo, che invece rientra nel concetto di spazio relativo, le cui proprietà non sono immutabili ma variano a seconda dei fenomeni che vi si svolgono. Lo spazio relazionale è definito dalle interazioni umane, dalle percezioni o dalle relazioni tra gli eventi, ed è mutevole in quanto influenzato dalle contingenze, variando a seconda delle persone e degli oggetti coinvolti. Un buon esempio è offerto dal commercio, la cui contingenza consiste nel continuare a fornire i beni che uno scambio necessariamente richiede. Quando due paesi ne avviano uno, creano uno spazio relazionale che esiste fino a quando le condizioni sono soddisfatte. Gli scambi commerciali, le interazioni politiche ed economiche, possono incidere sulla produzione di spazi relativi, vere e proprie costruzioni sociali. A ben vedere anche lo spazio assoluto rientra nella categoria, in quanto costruzione mentale che si è affermata come vera per via del suo successo sul piano tecnologico, politico e militare. È quindi possibile dire che lo spazio geografico è sempre relativo e relazionale, dipendendo dalle relazioni che sussistono tra soggetti e oggetti. Una descrizione geografica, per quanto accurata, non potrà mai comprendere la miriade di cose che contiene, dovendo sceglierne solo una parte che possa essere coerente con gli scopi che si prefigge di illustrare. Ogni geografia è la costruzione mentale di uno spazio relazionale e si occupa potenzialmente di tutte le relazioni che intercorrono tra ciò che è localizzato sulla superficie terrestre. Di fatto, ogni geografia sceglie un particolare numero di oggetti, soggetti e relazioni che andranno a soddisfare l’interesse cognitivo richiesto. Le percezioni spaziali possono essere influenzate da molti rapporti, compresi quelli di potere. Foucault mostrò come queste relazioni, associate allo spazio controllato, possano condizionare il comportamento umano. La prospettiva spaziale permette di individuare le differenze tra un luogo e l’altro. La distribuzione spaziale indica la disposizione dei fenomeni

sulla superficie terrestre. La variazione spaziale indica i cambiamenti nella distribuzione di un fenomeno da un luogo all’altro. La correlazione spaziale indica il grado in cui due o più fenomeni condividono una stessa distribuzione o variazione spaziale. La diffusione spaziale è un fenomeno in cui la variabile temporale del movimento rappresenta una dimensione essenziale. Essa permette di capire come facciano determinati eventi culturali a diffondersi tra la gente e da un luogo ad un altro. I geografi ne identificano quattro tipi: - per rilocalizzazione, attraverso le migrazioni; - per contagio, attraverso un contatto diretto fra le persone; - gerarchica, attraverso una successione di rango, come gli spettacoli teatrali che si dipanano dalle grandi città a quelle più piccole; - per stimolo, che si verifica quando la diffusione di un’idea contribuisce a generarne un’altra, come avviene nelle catene di fast-food, ad esempio. Talvolta è possibile che i quattro tipi di diffusione si influenzino tra loro, come nel caso dell’influenza suina, diffusasi prima in Messico, poi negli stati confinanti per contagio, e infine in quello di New York attraverso la rilocalizzazione dei numerosi studenti tornati da una vacanza in Messico. La diffusione di un dato fenomeno può essere influenzata dalle barriere assorbenti, che la fermano, o dalle barriere permeabili che invece la rallentano. La globalizzazione è la crescente interconnessione e interdipendenza fra persone e luoghi di tutto il mondo, dovuta al dilatarsi delle interazioni spaziali. Queste ultime sono l’insieme delle relazioni tra due o più soggetti nel corse delle quali essi si scambiano idee, merci, servizi e regolano le azioni in base ai comportamenti reciproci. Interazioni spaziali a scala globale erano già presenti nel mondo naturale prima della comparsa dell’uomo: le differenze climatiche e quelle derivanti dal ciclo dell’acqua, delle rocce, del biossido di carbonio e di altri gas sono il risultato di interazioni globali. Le interazioni globali tra soggetti hanno avuto modo di

svilupparsi solo negli ultimi secoli, con la penetrazione europea nel cuore di continenti come l’America settentrionale e meridionale, l’Africa equatoriale e l’Oceania, già abitati, ma rimasti fino ad allora isolati. Tuttavia si è cominciato a parlare di globalizzazione solo negli ultimi decenni, dopo che informatica, telecomunicazioni e connessioni aeree intercontinentali hanno permesso una circolazione sempre più ampia di persone, merci, denaro e informazioni lungo tutto il pianeta. La forza trainante di una tale unificazione è stata l’economia capitalistica di mercato, responsabile di aver innescato e favorito processi di cultura, di relazioni internazionali e di interventi militari da parte delle grandi potenze in ogni angolo del globo. Parziale è invece la globalizzazione del mercato del lavoro, che riguarda solo poche categorie molto qualificate, mentre i lavoratori non qualificati dei paesi poveri che cercano di raggiungere i paesi ricchi per trovare lavoro o vengono respinti o diventano clandestini. Assente è invece la globalizzazione legislativa, specie per quanto riguarda i diritti umani e la possibilità di regolare i mercati finanziari allo scopo di evitare crisi economiche globali, che si riflettono negativamente sulla vita di miliardi di esseri umani. L’interazione spaziale è influenzata da tre fattori: la complementarietà, la trasferibilità e l’intervento di opportunità alternative. La complementarietà si verifica quando un luogo o una regione trovano altrove una risposta alle proprie esigenze di beni e servizi, creando un’interazione spaziale che si sviluppa su distanze più o meno lunghe. È la complementarietà a creare le basi per il commercio, come nel caso dei grandi paesi produttori di caffè, come Brasile, Colombia e Indonesia, che contribuiscono a soddisfare la domanda dei principali consumatori, come il nord America e l’Europa occidentale. Oltre che col mercato, si può avere complementarietà anche con la cooperazione, quando si hanno scambi di opere d’arte tra musei, risultati di ricerche universitarie o esperienze amministrative tra città, anche quando ci si reca da una città all’altra per acquistare beni o servizi che non si trovano in quella di appartenenza. La complementarietà è frutto della variazione spaziale, legata a sua volta alla disponibilità di risorse naturali o a condizioni economiche, sociali e culturali

specifiche. Ad esempio, molti americani visitano l’Europa in virtù del patrimonio artistico e culturale di cui non dispongono; i paesi con scarsa dotazione di risorse carbonifere fanno affidamento sui paesi ricchi di carbone per soddisfare le proprie esigenze. Le condizioni economiche associate alla variazione spaziale, che determinano la complementarietà, includono i bassi costi di produzione e le economie di scala: un basso costo del lavoro e dei trasporti può rendere la produzione di un bene meno costosa in luogo, rispetto ad un altro, fornendo al primo un vantaggio dal punto di vista economico, detto vantaggio competitivo. Un secondo fattore che influenza l’interazione spaziale è la trasferibilità, che è inversamente p...


Similar Free PDFs