Riassunto Marcovaldo PDF

Title Riassunto Marcovaldo
Course Letterature comparate
Institution Università degli Studi di Torino
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Italo Calvino – Marcovaldo Il volume fu scritto nell’arco di dieci anni: iniziato nel 1952 e pubblicato per la prima volta nel 1963 a Torino, dalle edizioni Einaudi. Il libro “Marcovaldo” ovvero Le stagioni in città è composto da 20 novelle. Ogni novella è dedicata a una stagione, il ciclo delle quattro stagioni si ripete quindi cinque volte all’interno del libro. I racconti mettono in evidenza come il rapporto con il protagonista e la sua famiglia cambi a seconda della stagione. Ogni novella vede come protagonista Marcovaldo, un padre di famiglia numerosa che lavora otto ore come manovale in una ditta della quale si sa solo il nome: Sbav. La famiglia vive in città ma non si sa con certezza quale sia: per certi aspetti potrebbe essere Milano, per altri (il fiume, le colline), Torino. La città non è mai nominata poiché l’autore non intende distinguerle, ma prendere come esempio una qualsiasi città poiché tutte presentano le stesse caratteristiche. Inoltre, l’uomo contemporaneo ha perso l’armonia tra sé e la natura e l’ambiente in cui vive causato dallo sviluppo di una nuova città industriale. Anche Marcovaldo sembra sia capitato per caso in città; in ogni novella egli è sempre in cerca della natura, in mezzo ai rumori dei tram, allo smog della città, alle insegne luminose e ai grandi palazzi che non lasciano intravedere nessun bosco. Ma la sua continua ricerca, di una natura buona e naturale, dà come risultato il ritrovamento di una natura contraffatta, dispettosa ed artificiale. Nonostante ciò, Marcovaldo non è un pessimista, ma un uomo sempre pronto a riscoprire il mondo e a non arrendersi mai. 1. Primavera – Funghi in città Come ogni mattina Marcovaldo si recava alla fermata per prendere il tram che lo conduceva al lavoro; ma quella mattina di primavera si accorse che nell’aiuola dietro alla fermata stavano crescendo dei funghi, finalmente un po’ di natura in mezzo al grigiore della città. Durante la giornata fu parecchio distratto, il suo pensiero erano i funghi, come sarebbero cresciuti di giorno in giorno e delle modalità con cui raccoglierli. Arrivato a casa, diede la bella notizia alla moglie Domitilla e ai suoi figli, non dicendo però a nessuno dove si trovavano per evitare che qualcuno potesse andare a raccoglierli prima di lui. Qualche giorno dopo piovve, i funghi sbucarono fuori dal terreno e Marcovaldo, con tutta la sua famiglia, si recò sul posto per raccoglierli. Arrivato sul posto vide che non era l’unico a raccogliere i funghi ma lo spazzino, Amadigi si era accorto della presenza dei funghi prima di lui. Le due famiglie raccolsero funghi in quantità e la sera stessa Marcovaldo e Amadigi si ritrovarono uno di fronte all’altro in ospedale per una bella lavatura gastrica. 2. Estate – La villeggiatura in panchina Ogni mattina andando a lavoro, Marcovaldo passava sotto il verde di una piazza alberata e sognava di poter dormire lì la notte, in mezzo al verde, al fresco e tra il

cinguettare degli uccelli invece che nella sua stanza bassa e calda tra i pianti dei bambini e il russare della famiglia. In particolare, sognava di dormire su una panchina posta in un angolo della piazza un po’ appartata. Una notte, mentre tutti dormivano, si decise e si recò con il suo guanciale nella piazza. Tutto ciò che aveva immaginato c’era: il fresco, la natura e la pace, ma la panchina era occupata da due giovani innamorati che litigavano. Marcovaldo decise di passeggiare e ammirare la città di notte, sperando che i due si alzassero presto. Dopo circa un’ora i due si alzarono e finalmente egli si mise su quella tanto desiderata panchina ma, distratto dagli alberi, dalle affissioni pubbliche, da un monumento posto in mezzo alla piazza e dal semaforo che continuava a mostrare giallo, non riusciva a dormire. La sua attenzione fu poi catturata da una corona di alloro secca posta ai piedi del monumento del generale; decise di prenderla, salire sulla statua e porre la corona in testa al generale in modo da coprire la luce del semaforo. Nel frattempo, il vigile notturno, Tornaquinci stava attraversando la piazza e bicicletta e, per non farsi notare, Marcovaldo decise di passeggiare per le vie vicine. Notò una squadra di operai al lavoro, tornò alla panchina e questa volta era distratto dal rumore dei saldatori. Non riusciva nuovamente a dormire e si accorse che nella piazza vi era fontana chiusa poiché durante le notti d’estate, per la minor disponibilità d’acqua la chiudevano. Con il suono della fontana riuscì finalmente ad addormentarsi. Poco dopo fu svegliato dall’odore del camion della nettezza urbana e dalle voci degli uomini, si alzò nuovamente per annusare un roseto, che potesse coprire l’odore dei rifiuti e tornò a dormire. Fu svegliato da un idrante, che si attiva al mattino per innaffiare i giardini ma era già alba, la città si era risvegliata ed egli corse al suo lavoro. 3. Autunno – Il piccione comunale Arrivato l’autunno, Marcovaldo andava a lavoro fissando il cielo per vedere stormi in cielo che emigrano con risultati sempre negativi poiché gli uccelli non arrivano mai verso le città. Un giorno gli capitò di vedere uno stormo di uccelli e per seguirlo, per poco, non venne investito e presa una multa. Arrivato a lavoro fu rimproverato dal capo ma, spiegandogli il motivo della sua distrazione, il capo Viligelmo si concentrò sul grande bottino che avrebbe potuto conquistare il sabato successivo cacciando. Anche Marcovaldo ci pensava ma adottò un metodo alternativo poiché a cacciare non era capace. Salì nel terrazzo di casa con i suoi figli, cosparsero il pavimento di chicchi di granone e spennellò sui fili che si utilizzano per stendere il vischio, di modo che gli uccelli potessero rimanere attaccati. A turno i bambini facevano la guardia e verso mezzogiorno, un primo uccello fu catturato. Il giorno stesso, Marcovaldo fu chiamato dalla padrona di casa perché arrivò la voce che qualcuno sul terrazzo stesse dando la caccia ai colombi del Comune. Nello stesso momento, Guendalina, la lavandaia arrivò dalla padrona urlando che aveva steso i panni ed erano rimasti attaccati ai fili.

4. Inverno – La città smarrita nelle neve Quella mattina, quando Marcovaldo si alzò dal letto vide che c’era qualcosa di strano, dalle persiano non entrava luce, sembra ancora notte. Aprì le finestre e tutto era ricoperto di bianco: era arrivato l’inverno. Quella mattina i tram erano fermi per la neve ed egli andò a lavoro a piedi affondando le gambe nelle strade ghiacciate e ricoperte di neve. Nonostante la città fosse cambiata la sua vita non cambiava, anzi, arrivava al suo lavoro e doveva spalare la neve davanti alla ditta con la pala che il suo capo Viligelmo gli aveva già preparato. Marcovaldo si mise a lavoro e iniziò a spalare la neve gettandola al centro della via. Non era l’unico al lavoro, c’era ancora il disoccupato Sigismondo incaricato dal comune che aveva proprio appena spalato la parte di via in cui Marcovaldo stava rigettando la neve. Grazie a lui imparò ad ammucchiare la neve in muretti compatti. La cosa lo incuriosiva: in questo modo avrebbe potuto definire i muri di una strada che percorre solo lui e modellarla come voleva. Mentre camminava, si ritrovò sotterrato dalla nove poiché non si era accorto che sul tetto c’erano degli uomini che stavano togliendo la neve. Capitò proprio vicino ad un pupazzo di neve che era stato realizzato da dei bambini i quali, tornati dal raccogliere carote e altri oggetti per decorarlo, scambiarono Marcovaldo per il pupazzo di neve. Una volta sciolta la nave, stranutì talmente forte da far sgomberare tutto il cortile e tutto tornò grigio come prima. 5. Primavera – La cura delle vespe Iniziata la primavera, Marcovaldo passava la sua pausa pranzo seduto su una panchina al sole e ogni giorno un certo signor Rizieri lo raggiungeva lamentandosi dei suoi reumatismi. Ogni giorno Marcovaldo mangiava il suo cibo avvolto nella carta di giornale e ogni giorno Rizieri leggeva gli articoli presenti sul giornale. Un giorno capitò sott’occhio un articolo sul sistema di guarire i reumatismi con il veleno d’api. I due incuriositi decisero di provare: Marcovaldo catturò l’ape e Rizieri fece da cavia, la cura funzionava. Tornato a casa, decise di provare anche sulla moglie Domitilla e sulla figlia Isolina. Da quel giorno, aveva diviso la sua piccola dimora, in sala d’aspetto e studio, con tanti clienti in fila e con i bambini che si occupavano di catturare in barattoli le vespe. Tutto procedeva bene finché un giorno, per fare più in fretta e prenderne di più, il figlio Michelino decise di avvicinarsi all’imboccatura del vespaio, fu punto da due vespe e lasciò cadere il barattolo nel vespaio. Allontanandosi vide uscire una grossa nuvola nera di vespe che lo inseguirono fino a casa. Vennero i pompieri e la Croce Rossa e si ritrovarono tutti in ospedale punti dalle api. 6. Estate – Un sabato di sole, sabbia e sonno Il dottore della mutua aveva consigliato a Marcovaldo delle sabbiature per combattere i dolori. Così, un sabato pomeriggio, si recò lungo il fiume con i figli i quali avrebbero dovuto sotterrarlo nella sabbia. Tra la ricerca di rena asciutta in cui inserirsi, tra i numerosi lavori presenti lungo il fiume e le mille domande dei bambini, che chiedevano di fare un bagno nel fiume, la sua attenzione fu

catturata da due renaioli che stavano setacciando della rena per metterla su una barca e portarla via. Notò anche che i due, una volta sistemato il carico, si misero a sorseggiare del vino e si sdraiarono. Una volta addormentati, Marcovaldo ne approfitto e si fece sotterrare tutto tranne la testa nella barca con la rena preparata dai due renaioli. Marcovaldo grondava di sudore ma continuava a ripetersi che solo le cure faticose o le medicine sgradevoli fanno davvero effetto. Si addormentò cullato dalla corrente fino a che, il nodo che aveva legato il figlio Filippetto si sciolse e la barca cominciò a viaggiare in mezzo al fiume. Dopo una serie di scosse aprì gli occhi e vedeva le nuvole e i fili elettrici viaggiare troppo velocemente. Si girò di lato e si accorse che in realtà, a viaggiare era proprio lui! Sapeva che doveva alzarsi ma la sua preoccupazione più grande erano i benefici delle sabbiature. Arrivò ad un ponte e si ricordò che dopo poco ci sarebbe stata una rapida; la barca si sarebbe quindi ribaltata e lui sarebbe stato sommerso dalla sabbia, dall’acqua e dal barcone senza nessuna speranza di sopravvivere. Attese il crollo, avvenne e fu catapultato in aria vedendo il fiume sotto di lui pieno di persone: famiglie con donne e bambini, animali, barche a remi, canotti, pescatori; non sapeva dove sarebbe atterrato ma di una cosa era certo: non direttamente sul fiume. 7. Autunno – La pietanziera Ogni giorno, Marcovaldo non torna a casa per pranzo ma porta con sé una pietanziera, in cui la moglie inserisce il pranzo e pone in tasca, avvolte in un fazzoletto, le posate. Siede su una panchina vicino al lavoro, apre la pietanziera, mangia vedendo le persone camminare e beve a una fontana. D’autunno sceglie i posti dove arriva qualche raggio di sole. Quando apre la pietanziera è sempre pieno di gioia poiché ritrova i sapori familiari ma subito si ricorda che non è cibo fresco ma sono avanzi della sera prima e la felicità svanisce dopo poco. Poi chiude il recipiente, avvolge le posate e mette tutto in tasca. Non è mai già ora di tornare a lavoro quindi va a bere o passeggia per la città. Accadde una volta che la moglie aveva comprato una grande quantità di salsiccia e la preparò per tre sere di seguito. Il giorno dopo, a rivedere ancora una volta nella pietanziera la salsiccia, gli passò l’appetito ed iniziò a passeggiare con la pietanziera in una mano e la forchetta nell’altra. Giunto davanti ad una casa notò un bambino al davanzale, in castigo, perché non voleva mangiare un piatto di cervella. Dopo essersi conosciuti decisero di fare cambio di cibo. Iniziarono a mangiare finché entrò in camera una governante che, pensando si trattasse di un ladro, lanciò per la strada forchetta, coperchio e pietanziera, la quale si ammaccò. 8. Inverno – Il bosco sull’autostrada Era arrivato l’inverno e quella sera la famiglia guardava tutta incappucciata le ultime stecche di legno rimaste nella stufa. Marcovaldo decise allora di vestirsi per bene, prendere una sega con sé e uscire in piena notte alla ricerca di legna, una ricerca ben difficile in città! Nel frattempo Michelino stava leggendo un libro di fiabe preso in biblioteca che raccontava di un bambino che andava per legna

nei boschi. Raccontò ai fratelli e decisero tutti insieme di uscire e andare alla ricerca del bosco. Dopo una lunga camminata arrivarono all’autostrada e, ai lati di questa, notarono tronchi e rami dalle forme e dai colori strani (a forma di dentifricio, formaggio, mano, rasoio, bottiglia..). Tutti contenti iniziarono ad abbatterli e li portarono a casa. Una volta tornato a casa, Marcovaldo, si accorse che i bambini avevano portato a casa cartelli pubblicitari; decise allora di seguire il loro esempio e recarsi nuovamente lungo l’autostrada per portare a casa dell’altro legno compensato. La sera stessa viene denunciato il fatto che un gruppetto di monelli stesse buttando giù cartelli pubblicitari dall’autostrada e fu chiesto all’agente di polizia stradale Astolfo di verificare. Egli era un po’ a corto di vista e per vedere bene avrebbe avuto bisogno degli occhiali ma non lo diceva per paura di avere un danno nella sua carriera. Marcovaldo e i figli stavano segando cartelloni stradali ma, vedendo poco, Astolfo pensava che facessero parte dei disegni dei cartelloni pubblicitari. 9. Primavera – L’aria buona L’unica cura, per i quattro bambini ammalati, disse il dottore della Mutua, era un po’ d’aria buona ma, carichi di debiti e con otto bocche da sfamare, la famiglia non poteva permettersi alcuna gita in collina ed inoltre, abitavano nel quartiere di città più lontano dalla collina. Ma, un sabato pomeriggio, appena i bambini furono guariti, Marcovaldo decise di portarli a fare una passeggiata in collina. Presero tram e camminarono molto ma finalmente si ritrovarono in mezzo al verde e agli alberi appena fioriti poiché ormai, era primavera. Passarono la giornata in cima alla collina, lontano dallo smog della città. Era arrivata la sera, il vento si alzava ed era ora di tornare a casa. Furono tutti attratti da uomini anziani con un pesante pigiama grigio che stavano in gruppetti in mezzo al verde; uno di questi si avvicinò a loro e gli spiegò che erano tutti ammalati ed erano ricoverati al sanatorio e quella era la loro ora libera. I bambini tornarono a casa stanchi e contenti della giornata passata, con ciliegie in mano e incoronati di foglie. 10. Estate – Un viaggio con le mucche Era arrivata l’estate, la notte le finestre rimanevano aperte e i rumori della città notturna arrivavano fino al seminterrato in cui Marcovaldo e la sua famiglia vivevano. Una notte, Marcovaldo non riusciva a dormire ed era nel letto ad ascoltare i rumori della città: persone che camminano, ragazzi che dialogano, fino a che gli sembrò di sentire un suono di campani ed un muggito. Si alzò dal letto, si vestì e uscì fuori con tutta la famiglia. Saliti in strada, videro che si trattava proprio di una mandria di mucche che si dirigeva verso il pascolo estivo in montagna. I bambini, estranei all’argomento, facevano mille domande al padre (qual è il capolinea della mucche? Fanno le fermate come i tram?), tutti tranne il figlio più grande Michelino che aveva già la sua idea sulle mucche e si limitava soltanto ad osservare e seguire la mandria. Quando l’ultimo branco fu passato, decisero di tornare a casa, ma si accorsero che Michelino non era più con loro e che invece si fosse messo a seguire la mandria. Marcovaldo tornò in strada a cercare il figlio ma non vi era nessuna traccia. Si rivolse allora al commissariato in

cui, qualche giorno dopo, arrivarono notizie del bambino: era in montagna, stava bene e si occupava delle mucche. Alla notizia, il padre era contento poiché finalmente il bambino poteva svagarsi e respirare aria buona, vivere in mezzo alla natura; la madre invece era piuttosto preoccupata e ogni sera, sperava nel ritorno del figlio. Ogni notte stavano in ascolto dei rumori per la via e la notte tanto desiderata finalmente arrivò: per le strade si sentivano suono di campani e passi pesanti di grandi animali. Michelino era tornato, seduto a cavalcioni sulla groppa di una mucca. Raccontò ai genitori della bella esperienza: lavorava come un mulo, si occupava delle mucche, ogni sera spostava i bidoni per il latte da una mucca ad un’altra e al mattino seguente li caricava su un camion che li portava in città. Non aveva un contratto di lavoro e per questo motivo, fu pagato pochissimo. 11. Autunno – Il coniglio velenoso Marcovaldo aveva appena finito il suo periodo di cure in ospedale, stava aspettando che il dottore gli scrivesse certe cose sul suo libretto della mutua ma non era felice come realmente deve essere una persona che esce dall’ospedale; gli toccava tornare alla ditta e risolvere i problemi che i figlioli avevano combinato durante la sua assenza. Era nell’ufficio del dottore e si guardava intorno per distrarsi quando improvvisamente la sua attenzione fu catturata da un bianco coniglietto in gabbia. Pensava a quanto fosse triste, lì chiuso in gabbia con una carota fuori e senza poterla mangiare. Decise allora di prenderlo e dargli da mangiare. Stava girando per la stanza per cercare qualcos’altro da mangiare quando improvvisamente arrivò il dottore, si infilò il coniglio nella giacca ed uscì. Arrivato al lavoro, il capo Viligelmo si accorse che Marcovaldo non stesse ancora bene: aveva un enorme gonfiore al petto e ogni tanto faceva qualche strano rumore, decise quindi di rimandarlo a casa. Tornato a casa mostrò il coniglietto alla famiglia e si raccomandò di non toccarlo poiché voleva farlo crescere per poi mangiarlo a Natale. Per nutrirlo si procurava delle foglie dalle piante dell’ufficio, bucce, scorze o petali. Ad un certo punto il capo lo chiamò e lo avvisò che c’erano il caporeparto della Croce Rossa ed una guardia civica che chiedevano se avesse visto un coniglio bianco; era sparito dal laboratorio ed era velenoso poiché gli avevano iniettato i germi di una malattia terribile e avrebbe potuto spargerla per tutta la città. Si recarono allora di corsa verso casa. Quella mattina però, Domitilla non sapeva proprio cosa fare da mangiare e chiese hai figli di portare in giro in coniglio fino dalla signora Diomira per ammazzarlo e spellarlo. I bambini uscirono con l’intenzione di non andare dalla signora Diomira ma di salire sul suo terrazzo e liberarlo lì. Marcovaldo e la Croce Rossa arrivarono prima a casa e poi dalla signora Diomira, ma del coniglio nessuna traccia. Il coniglio, libero, incominciò a muoversi e tutti gli abitanti non appena lo vedevano gli tiravano fuori dalle finestre cibo, tutti con l’intento di mangiarselo un giorno. In quei giorni, in città iniziò a passare una camionetta della polizia che annunciava della scomparsa di questo coniglio pericoloso e malato e da quel giorno tutti, quando vedevano il coniglio chiudevano le finestre. Il coniglio aveva capito tutto, viveva ormai in solitudine, senza cibo e con il rischio di morire ogni giorno perché ogni giorno numerosi cacciatori provavano a sparargli. Si mise

allora sul ciglio di un tetto e si lanciò giù, finendo tra le mani di un pompiere. Fu caricata su un’ambulanza, la stessa in cui c’era Marcovaldo e la sua famiglia che veniva trasportati in ospedale per una serie di controlli e vaccini. 12. Inverno - La fermata sbagliata Una delle passioni di Marcovaldo era la visione di film al cinema. Gli piaceva guardare i film nel grande schermo riguardanti praterie, montagne rocciose e la natura in generale. Era un’occasione per sognare e fantasticare ma, una volta uscito da lì, tornava tra il freddo della città e davanti a sé non c’erano più bei paesaggi colorati ma soltanto tram, semafori, roba stesa e magazzini ed ecco che la tristezza tornava. Quella sera avevano dato un film sull’India, parlava del sottobosco paludoso, del Gange, della giungla e dei serpenti. Una volta uscito, si recò alla fermata del 30 per tornare a casa ma c’era nebbia e batté contro un palo ma si sentiva felice perché poteva continuare a sognare paesaggi colorati senza vedere il grigiore della città. Salì sul tram, la sua ...


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