Riassunto roncaglia - Breve storia del pensiero economico PDF

Title Riassunto roncaglia - Breve storia del pensiero economico
Course Storia del pensiero economico
Institution Università degli Studi di Catania
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riassunto storia del pensiero economico...


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La ricchezza delle idee – Alessandro Roncaglia 1. A cosa serve la storia dell’economia politica? 1.Introduzione La storia dell’economia politica è essenziale per chiunque sia interessato a comprendere il funzionamento dei sistemi economici. Ma la maggior parte degli economisti contemporanei ritiene che guardarsi indietro non sia di nessuna utilità, soprattutto per il progresso delle teoria economica.

2. La concezione cumulativa Secondo la concezione cumulativa, la storia del pensiero economico è caratterizzata da una progressiva ascesa verso livelli sempre più alti di comprensione della realtà economica. Essa è connessa al Positivismo logico degli anni Venti del Novecento. Secondo tale dottrina gli scienziati lavorano applicando i metodi dell’analisi logica al materiale grezzo fornito dall’esperienza empirica. Per i risultati è possibile stabilire criteri oggettivi di accettazione o rifiuto. Gli enunciati analitici, relativi al ragionamento astratto sono o tautologici, implicazioni logiche degli assunti di partenza, e vengono accettati, o auto contraddittori, cioè contengono incoerenze logiche, nel qual caso vengono respinti. Gli enunciati sintetici, relativi al mondo empirico, sono o confermati o contraddetti dall’evidenza empirica. Quelli metafisici sono considerati esterni alla scienza. Su questo si è basata la concezione cumulativa, cioè l’idea che ogni successiva generazione di economisti contribuisce con nuove proposizioni al fondo comune della scienza economica. Nuova conoscenza viene ad aggiungersi a quella già disponibile, e in molti casi si sostituisce ad essa. Lo studio di una scienza deve quindi avvenire alla frontiera della teoria, cioè considerando la versione più aggiornata e non le teorie del passato. .

3. La concezione competitiva Varie critiche hanno riguardato la separazione netta tra enunciati analitici e sintetici. Infatti gli enunciati analitici, se intesi come puramente logici, sono privi di riferimento al mondo concreto. Sono vuoti di contenuto dal punto di vista dell’interpretazione dei fenomeni reali. Invece i sintetici incorporano un’ampia massa di elementi teorici nella stessa definizione delle categorie utilizzate per la raccolta dei dati empirici e nei metodi con cui questi dati vengono trattati; le scelte di accettazione o rifiuto non possono essere nette, ma sono condizionate da una lunga serie di ipotesi teoriche, che non possono essere valutate separatamente. Proprio la difficoltà di sottoporre a valutazione separata gli enunciati analitici e quelli sintetici costituisce una difficoltà di fondo per la concezione positivista. Un’altra critica al criterio di verifica degli enunciati sintetici viene da Popper: per quante conferme vengano addotte a favore di un enunciato empirico nulla può escludere che in un momento successivo ci si imbatta in un caso contrario. Lo scienziato non può pretendere di verificare una teoria, di dimostrarla vera per sempre. Può solo accettare provvisoriamente una teoria , restando sempre aperto alla possibilità che venga falsificata, cioè dimostrata falsa da un evento empirico che la contraddice. Il metodo della ricerca scientifica consiste proprio in una serie infinita di congetture e confutazioni: lo scienziato formula ipotesi e poi, anziché cercare conferme empiriche che non sarebbero mai risolutive, deve cercare confutazioni. Secondo Khun lo sviluppo della scienza non è lineare, ma è divisibile in stadi, ciascuno dei quali ha caratteristiche distintive. I diversi paradigmi sono considerati incommensurabili fra loro; ciascuno di essi costituisce una diversa chiave interpretativa della realtà, basata su uno specifico insieme di ipotesi semplificatrici, molte delle quali rimangono implicite. Nessun paradigma può dunque riuscire a includere l’intero universo in tutti i suoi dettagli. La metodologia dei programmi di ricerca scientifica di Lakatos consiste in un insieme di regole di lavoro per la critica e la costruzione, organizzate attorno a un nucleo duro di ipotesi relative a uno

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specifico insieme di problemi e utilizzate come fondamenta per la costruzione di un sistema teorico. Il nucleo duro resta invariato anche quando vi sono anomalie e viene abbandonato solo quando il programma di ricerca viene riconosciuto come regressivo, una perdita di tempo. Quindi l’accettazione o il rifiuto di un tipo di ricerca è un atto complicato. Gli economisti sono stati attratti dal ruolo attribuito all’esistenza di approcci alternativi. Qui entra in gioco la storia del pensiero economico. Quanti accettano una concezione competitiva dello sviluppo del pensiero economico e partecipando e partecipano al dibattito tra approcci diversi sono indotti ad indagare sulla storia di tali dibattiti, per individuare i punti di forza e di debolezza che spiegano il prevalere o il decadere dei diversi approcci. Quanti sostengono approcci alternativi a quello dominante possono trovare utile la storia del pensiero economico. L’analisi degli scritti degli economisti del passato aiuta a chiarire le caratteristiche dell’approccio che viene proposto e le differenze tra questo e quello dominante. La storia del pensiero economico aiuta a valutare le teorie basate su approcci diversi, portando alla luce le concezioni del mondo, il contenuto dei concetti e delle ipotesi su cui si fondano. Richiamare le radici illustri talvolta serve a uno scopo tattico, per controbilanciare la forza d’inerzia che costituisce un vantaggio all’approccio dominante. La concezione competitiva rifiuta l’idea che il cammino della scienza economica sia un processo monodimensionale.

4. Gli stadi della teoria: i concetti e i modelli Schumpeter divide la ricerca economica in 3 stadi: 1) Atto conoscitivo: si individua il problema da affrontare e si prospettano alcune ipotesi provvisorie di lavori con cui iniziare l’analisi. 2) Stadio della traduzione in concetti, fase della concettualizzazione. 3) Costruzione modelli scientifici. Poiché non è possibile fornire una definizione esaustiva di un concetto, il modo migliore di analizzarlo consiste nel studiarne l’evoluzione nel tempo, esaminando le diverse sfumature di significato che esso assume in diversi autori. La storia del pensiero economico ci permette di indagare 2 aspetti decisivi per qualsiasi linea di ricerca in economia: 1 se sia possibile e in quale misura necessario adattare il contenuto dei concetti ai continui cambiamenti nelle realtà oggetto di analisi. 2 Come operi il meccanismo d’interazione fra lo stadio della concettualizzazione e lo stadio della costituzione dei modelli.

5. Economia politica e storia del pensiero economico L’economia politica è una riflessione sulla società, con due caratteristiche. La prima è quella di essere una riflessione scientifica, secondo le regole prevalenti. La seconda è quella di considerare la società sotto un aspetto particolare: i meccanismi di sopravvivenza e riproduzione di una società basata sulla divisione del lavoro. In quanto riflessione sulla società, l’economia politica è una disciplina umanistica, con una dimensione storica essenziale. Ma nella fase attuale c’è una tensione perché ad essa vengono applicate regole “esatte”. La storia del pensiero economico è utile per il lavoro teorico all’interno di ciascun approccio, in quanto contribuisce a svilupparne le fondamenta concettuali e a chiarire i cambiamenti che intervengono in esse in risposta alle difficoltà incontrate nella costituzione dei modelli e all’evoluzione delle realtà; è indispensabile per il dibattito teorico fra approcci rivali, in quanto ci aiuta a comprendere le differenze e i cambiamenti nelle rispettive rappresentazioni del mondo

2. La preistoria dell’economia politica 1. Perché si tratta di preistoria La nascita dell’economia politica non avviene in un momento preciso, ma è un processo complicato che si svolge lungo un arco di tempo ampio. Occorre partire dall’antichità greca per arrivare fino al Cinque-Seicento. Questi due secoli possono essere considerati la fase culminante del processo formativo dell’economia. L’economia politica inizia ad essere riconosciuta a partire dal XVII secolo. Ma solo nell’Ottocento l’economista viene identificato come una figura professionale autonoma. Naturalmente cenni a problemi oggi di competenza degli economisti

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appaiono già nell’antichità e nel medioevo. Tuttavia i problemi economici sono stati trattati diversamente da oggi. L’economia politica nasce dalla congiunzione di due questioni. Da un lato c’è il problema morale: quali regole di comportamento deve adottare l’uomo nell’ambito delle attività economiche? Dall’altro il problema scientifico: come funziona una società basata sulla divisione del lavoro, in cui ogni persona o gruppo di persone produce un bene specifico e ha bisogno del prodotto altrui sia per la propria sussistenza sia per continuare la produzione? Le due questioni sono collegate tra loro; la risposta al problema morale viene fondata sulla risposta al problema scientifico. Il nesso tra morale e scienza economica dipendono dal modo in cui viene concepito il problema morale nel periodo storico che consideriamo. Quella adottata all’epoca è una morale deontologica, in cui i giudizi di bene e male sono basati su criteri assoluti, indipendenti dalle circostanze: uccidere è male aiutare gli infermi è bene. Quando poi si adotterà una morale utilitaristica, basando i giudizi sugli effetti concreti delle azioni nelle circostanze dei casi, la scienza sociale richiederà come suo presupposto necessario la comprensione del funzionamento della società. Tuttavia questo collegamento si affermerà solo nel ‘700 coi lavori di Bentham. In sostanza fino al XVII secolo la riflessione sui fenomeni economici è essenzialmente parte dello studio delle regole di gestione della società (Repubblica di Platone o Politica di Aristotele). La separazione tra etica e scienze obiettive della società dovrà attendere Machiavelli. Occorrerà arrivare a William Petty per avere una riflessione consapevole sul concetto di prezzo, merce e mercato.

2. L’antichità classica Per Finley:” Né in greco né in latino esisteva un termine per il lavoro o il concetto di lavoro come funzione sociale generale”. I greci avevano un approccio amministrativo, i problemi economici erano trattati nell’ambito della gestione delle casa e dell’assetto politico. Il termine economia deriva da oikos, casa e nomos, norma o legge; designa il campo dell’amministrazione della famiglia. Questa divisione non è netta, non c’è distinzione tra l’amministrazione della famiglia e del governo. La capacità di gestire i propri affari è considerata buona garanzia per l’affidamento di un incarico pubblico, anche militare. Platone e Aristotele divergono sulla proprietà: mentre Platone è favorevole ad una proprietà collettiva dei mezzi di produzione , Aristotele dice che gli uomini badano soprattutto a ciò che è di propria proprietà. Invece convergono per quanto riguarda ciò che caratterizza la stratificazione sociale e politica, che come un fatto di natura, derivante da differenze innate esistenti tra i membri della collettività; ma essi sono caratteri con indubbi connotati autoritari, che domineranno per lungo tempo.

3. La patristica Per i padri della chiesa la proprietà privata è una legge dell’uomo non divina. Dio ha assegnato i beni in comune a tutti gli uomini e il ricco è visto come un uomo ingiusto, o come figlio di un uomo ingiusto. Spogliarsi dei proprio beni è però un consiglio di perfezione, la norma generale era costituita dal rispetto delle regole vigenti. La schiavitù non è condannata perché è parte dell’assetto esistente, e quindi va rispettato. Essi si limitano a ricordare che di fronte a Dio tutti gli uomini sono uguali. Il lavoro è positivo, tiene l’uomo lontano dal peccato. Il commercio è visto con diffidenza; la cosa importante è che sia condotto in modo onesto. La ricerca di lusso e ricchezze è condannata

4. La scolastica Il problema morale domina il Medioevo. L’obiettivo primario dell’economia è quello di individuare regole morali. La Chiesa è vista come una realtà superiore rispetto al cristiano, quindi lo Stato è

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visto come una realtà superiore rispetto al cittadino. In questo periodo c’è però la concezione dell’uomo come animale sociale, che prefigura la posizione illuminista di Adam Smith.

5. Usura e giusto prezzo

I problemi dominanti, fra il XII eil XVI secolo, sono quelli del giusto prezzo e dell’usura, sempre affrontati nell’ottica dell’etica e al di fuori di una visione d’insieme del funzionamento del sistema economico. Aristotele condannava il commercio del denaro, ovvero il prestito a interesse. Così come facevamo i cristiani. Tommaso d’Aquino è più moderato e distingue da casi da condannare a casi giustificati. Gli scolastici richiedevano un comportamento corretto, senza frode o coercizione, ma anche il fatto di non approfittarsi di situazioni di debolezza contrattuale della controparte. La transizione verso la legalità dell’interesse è lenta. C’è stato un confronto fra rigoristi e lassisti: il predominio dei primi gradualmente dà spazio ai secondi. Svolta nel 1571 con un Atto: quest’atto dichiarava illegale ogni prestito che prevedeva un tasso d’interesse sopra al 10%. Tommaso D’Aquino identificava il giusto prezzo come il prezzo prevalente nei mercati. Gli scolastici consideravano il giusto prezzo come quello che permetteva al produttore di mantenere un tenore di vita appropriato alla sua posizione nella società. Il riferimento al prezzo comune non implica il riconoscimento di meccanismi concorrenziali. In Italia le autorità politiche intervenivano per fissare i prezzi.

6. Bullionisti e Mercantilisti Intorno al 1500 le riflessioni dei consiglieri dei principi erano centrali in materia economica. Il concetto di ricchezza nazionale assume così un ruolo centrale nel ragionamento economico. Smith gli accusa di avere una concezione errata della ricchezza; essi contano solo oro e metalli preziosi (da qui bullion). Schumpeter li rivaluta e attribuisce loro una posizione giustificabile. Ma il ruolo centrale attribuito ai metalli viene abbandonato. Serra identifica il benessere di un paese con la sua produzione nazionale. Mun, esponente della Compagnia delle Indie, sosteneva che l’esportazione di moneta permette di aumentare la ricchezza del paese. Qui c’è il passaggio dal bullionismo al mercantilismo. Si passa ad una visione più articolata che guarda al saldo complessivo del commercio di un paese. Non si può però parlare di una scuola mercantilista, gli autori di questo periodo non arrivano ad un coerente sistema interpretativo. Possiamo attribuire alla cultura mercantilista un importante sostegno all’affermazione delle nazioni, contro chiesa ed imperi. Lo sviluppo dei mercati costituisce un presupposto per la crescita del sistema delle imprese capitalistiche. In quanto potere nazionale il mercantilismo esprime l’esigenza di istituzioni politiche ed economiche adeguate nell’affermazione dell’economia di mercato, da un sistema fiscale certo ed equo al catasto e più in generale a norme a sostegno della proprietà privata, fino allo sviluppo di un sistema bancario e creditizio.

7. La nascita del pensiero economico in Italia: Antonio Serra Antonio Serra scrive nel 1613 un libro che offre consigli di economia politica per migliorare le condizioni del Regno. La sua opera riaffiora dall’oblio dopo oltre un secolo, grazie a Galiani, che ne parla positivamente. Il Breve Trattato è diviso in tre parti. La prima indaga le cause per le quali i regni possono abbondare di oro e argento, in pratica sulle cause della prosperità economica della nazioni. La seconda mira a confutare De Santis, che voleva ridurre i cambi per attirare moneta estera nel Regno. La terza discute degli interventi politici per la ricchezza della nazione.

3. William Petty e la nascita dell’economia politica 1. Vita e opere Petty nasce nel 1623 a Romsey nello Hampshire e muore nel 1687 a Londra. Nel 1648 ottiene il titolo di dottore in medicina ad Oxford e nel 1650 diventa professore di Anatomia. L’anno dopo è nominato medico dell’esercito di Cronwell in Irlanda. Deve realizzare la rilevazione topografiche

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delle terre irlandesi destinate ad essere spartite fra i soldati dell’esercito. Ne esce ricchissimo. Da allora fino alla morte è impegnato nell’amministrazione dei suoi possedimenti. Con l’eccezione di Treatise of taxes and contributions i suoi scritti sono stati pubblicati postumi: Political aritmetik, Verbum sapienti, Political anatomy of Ireland, Quantulucumque concerning money.

2. Metodo Petty è il fondatore dell’artimetica politica, ed intende introdurre il metodo quantitativo nell’analisi dei fenomeni sociali. Petty usa l’algebra nella politica riducendo molti termini di ragionamento a termini di numero, peso e misura. In quel periodo c’è l’affermarsi della fisica quantitativa e in tutti i campi di ricerca la quantità è posta ad oggetto d’indagine. Inoltre c’è una critica spietata all’aristotelismo. Al sillogismo Bacon contrappone il metodo induttivo, fusione di empirismo e razionalismo. Tale è seguito da Petty, che non si limita a derivare le quantità ma ragiona sui dati. Petty usando numero, peso e misura e solo argomenti empirici si contrappone alla Scolastica. Pone alla base delle proprie teorie ciò che è visibile in natura. L’aritmetica politica è lo strumento adeguato non solo per descrivere, ma anche per rappresentare la realtà proprio perché la realtà stessa è quantitativa.

3. Stato nazionale e sistema economico Oggetto dell’analisi di Petty è il corpo politico, lo stato nella duplice accazione di sistema politico e di sistema economico. La nascita del capitalismo è collegata alla nascita degli stati nazionali. In Petty il concetto di corpo politico indica il fatto che la rete di rapporti e di scambi che costituiscono la vita di un sistema produttivo sono sottomessi a un’unica autorità politica. Non coglie le interrelazioni città-campagna e sono costretti a trovare nella politica l’elemento unificante. Il sistema economico concettualizzato da Petty non hanno la forma di trattati sistematici, ma di interventi nel dibattito politico dell’epoca. “Il denaro è la sovrabbondanza del corpo politico, ne può ridurre l’agilità o li fa ammalare.” Il sangue e i succhi del corpo politico sono agricoltura e artigianato. Sul commercio estero dice che un attivo alla bilancia dei pagamenti è uno strumento per far affluire metalli preziosi nel paese. Per il fisco vuole uniformità di condizioni all’interno del paese e certezza delle regole del gioco economico, per avere uno sviluppo dell’economia. Le regole contraddittorie inglesi erano tra i maggiori ostacoli alla grandezza dell’Inghilterra. Il prelievo colpiva solo l’attività terriera in modo diseguale e la riscossione ha costi molto elevati. Petty propose un’imposta proporzionale su tutti i tipi di reddito e commisurata alla spesa.

4. Merce e mercato Le pagini di Petty del dialogo sui diamanti offrono un esempio del formarsi dei concetti di merce e mercato. Il diamante è un bene il cui prezzo è determinato dalla scarsità. Il mercato è un’astrazione, esiste in quanto dalla miriade di scambi individuali è possibile astrarre un certo insieme di relazioni. Lo stesso vale per la merce: in concreto esistono solo oggetti specifici. La merce è anch’essa un’astrazione che corrisponde a un certo livello di aggregazione. Anche il prezzo ha un certo livello di astrazione. Esso corrisponde alla merce, esso è una molteplicità di valori di singoli atti di scambio di beni inclusi in un’unica categoria merceologica. Petty distingue tra un prezzo effettivo e uno politico, il prezzo teorico. Il prezzo naturale dipende dallo stato delle conoscenze tecnologiche e delle condizioni dei lavoratori. Quello politico tiene conto anche dei costi sociali. Il prezzo corrente è definito come espressione del prezzo politico in termini della merce usata come unità di misura. Nel Dialouge of diamonds introduce due fattori: intrinsechi ed estrinsechi. I primi entrano nella determinazione del prezzo politico, i secondi di quello effettivo.

5. Sovrappiù, Distribuzione, Prezzi Tra i maggiori meriti di Petty c’è l’individuazione de...


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