Title | Zhuangzi - Riassunto Storia del pensiero cinese |
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Author | Laura Cellini |
Course | Storia Della Filosofia E Delle Religioni Della Cina 1 |
Institution | Università Ca' Foscari Venezia |
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Riassunto pensiero di Zhuangzi ...
Storia del pensiero cinese 5-Zhuangzi Mentre Confucio inaugura una visione etica e si abbozza con Mozi un discorso razionale con un pensiero utilitaristico, si apre parallelamente una terza via che rifiuta entrambe le precedenti in favore di una che è la Via per eccellenza, il Dao. La maggior parte delle correnti del tempo parte dalla constatazione che il mondo è violenza e caos. La corrente taoista però muove in una direzione diversa dalle altre che cercano delle vie o dei metodi positivi: i confuciani esortano a far regnare il ren, i moisti a conseguire l’interesse della maggioranza, per i legisti è necessario imporre la legge a tutti. Zhuangzi e Laozi invece non cercano di rimediare a una situazione , ma si mettono nell’atteggiamento del “non-agire”, ascoltando la “melodia del Dao” (=nella letteratura taoista il Dao è spesso simboleggiato con la musica).Zhuangzi in particolare sogna di ritrovare l’armonia primaria del Dao. Tradizionalmente Zhuangzi è il secondo maestro taoista dopo Laozi, tuttavia la storiografia inverte l’ordine e colloca la composizione del Z huangzi a l IV secolo, prima di quella del Laozi databile alla fine del IV o all’inizio del III secolo. In proposito, ci sono due stadi del pensiero filosofico degli Stati Combattenti: il Z huangzi s arebbe rappresentativo di una prima fase ( insieme al logici e al M engzi), mentre il Laozi sarebbe caratteristico di una seconda fase (insieme a Xunzi e ai legisti). Inoltre i due nomi, che oggi vengono sempre citati assieme non furono accostati prima dell’età imperiale. Fu soltanto all’inizio dell’epoca Han (II secolo a.C) che apparve l’etichetta di “scuola taoista” (daojia道家) nella classificazione delle sei grandi scuole operata da Sima Tan e Sima Qian nello Shiji. La corrente di cui parlano i Sima è “Huang-Lao” dedita a tecniche e strategie di potere che risultano però più importanti nel Laozi. Il “taoismo” è quindi una costruzione a posteriori. Il Zhuangzi h a una forma diversa dal Laozi (ricco si aforismi in rima). In confronto all’anonimato, il Zhuangzi è una prosa messa come opera d’autore dal tono personale. Occorre tuttavia distinguere diversi gradi di autenticità nella composizione = compilazione di scritti attribuiti a Zhuangzi, tutti concordi nell’esaltazione di una vita in ritiro disimpegnata, ma rappresentativi di correnti diverse dall’ epoca di Zhuangzi (fine del IV secolo) agli Han (fine del III secolo a.C.). L'edizione attuale che data solamente al III secolo della nostra età comprende 33 capitoli: i capitoli “interni” (da 1 a 7) sono tradizionalmente attribuiti a Zhuangzi, mentre i capitoli “esterni” (8-22) sarebbero di dubbia autenticità,e gli ultimi dieci (23-33) sono detti “misti”. A differenza di Laozi, di Zhuangzi è certa l’esistenza, ma si sa poco di lui. Il suo nome personale era Zhou e sarebbe stato originario di Chu. (area raffinata ed esuberante, differente dalla cultura ritualistica e confuciana della pianura centrale). Zhuangzi vi sarebbe vissuto tra fine del IV e l’inizio del III secolo, circa 370-300, nella stessa epoca di Mencio. Dopo aver occupato un posto amministrativo subalterno si ritirò dal mondo, dando di sé l’immagine di un personaggio eccentrico. Relatività del linguaggio: Si apre una nuova era della riflessione filosofica incentrata sulla questione del rapporto tra l’uomo e il Cielo (o il Dao). Il Zhuangzi condivide con il Laozi la medesima posizione iniziale: il Dao è il corso naturale e spontaneo delle cose, che bisogna lasciar agire. Il solo a staccarsene è l’uomo con la sua pretesa di sovrapporvi le proprie parole e le proprie azioni. La condizione primaria per la ricerca del Dao è mettersi in libertà in modo da percepire la melodia che ci giunge dall’origine, malgrado i rumori che la soffocano come la convinzione dell’uomo di avere un ruolo definito nell’universo e la fiducia nel linguaggio. (che non è naturale). Per Zhuangzi c’è il Dao e ci sono i dao, ossia frammenti parziali della realtà. Vie intese anche come metodi, tecniche o approcci di determinate correnti di pensiero e, nella sua accezione verbale, può significare anche “parlare”. Rispetto alla realtà totalizzante che è il Dao, i dao non sono che sezioni praticate dal discorso. --->”Taglio” è il significato del termine “bian”辯 scritto con il radicale di lama che designa l’attività preferita dagli “argomentatori”. (stesso che troviamo nel Mozi).
Zhuangzi ricorre ad ogni procedimento per deridere la ragione discorsiva. Nel suo libro, in maniera ironica, le parole sono intese in un senso diverso o opposto rispetto a quello che hanno nel linguaggio comune. Predilige l’evento paradossale che si conclude nel nonsense finalizzato alla provocazione. ---> mette le proprie idee in bocca a Confucio. Un altro procedimento è intavolare una discussione pseudo logica per poi concluderla in modo delirante. (cit. pag 105) I paradossi di Hui Shi: Un dialogo mette in scena Zhuangzi e il suo amico Huizi o Hui Shi (380-305) che hanno posizioni opposte riguardo al linguaggio: mentre il primo non perde occasione per criticarlo in quanto troppo relativo per costituire un valido strumento di riferimento, il secondo cerca di farne uno strumento ideale. )tipico della tendenza dei (“logici”). Stando a quanto dice l’ultimo capitolo del Zhuangzi, le opere di Hui Shi erano numerose, ma a noi rimangono solo dieci proposizioni (immagine 1). Questi dieci paradossi si possono raggruppare in tre tematiche: 1) Tema della relatività dello spazio (1-2-3-6-8-9) mostra che ogni misura quantitativa e ogni distinzione spaziale è illusoria. 2) Tema della relatività del tempo (4-7) anche le distinzioni di tempo sonostabilite artificialmente e non hanno realtà in sé. 3) Relatività delle nozioni di similitudine e differenza. Tendiamo a raggruppare ciò che sembra simile, ma lenozioni disimilitudine e differenza non possono valere come criterio perché sono relative. (5). L’uccello gigante e la rana: I paradossi puntano a screditare le distinzioni spazio-temporali mostrandole come contraddizioni. Dunque non rimane che il linguaggio come riferimento. Partendo dalle contraddizioni c’è un modo per capire la relatività del discorso. Però Hui Shi quando denuncia la relatività delle distinzioni e designazioni, ha come unico scopo pervenire a un linguaggio e un discorso più rigorosi. Zhuangzi invece scredita totalmente il linguaggio e la stessa ragione discorsiva. “La rana in fondo al pozzo non può parlare dell’oceano, rinchiusa com’è nel suo buco. L’insetto che vive una sola estate non può parlare del ghiaccio. Il letterato, confinato nella sua saccente arroganza non può parlare del Dao, prigioniero di quanto ha appreso”. (Dff. da Laozi: si può conoscere il mondo anche senza uscire dalla porta di casa). Il capitolo iniziale del Z huangzi si apre sull'immagine di un pesce che si trasforma in un uccello enorme. Una quaglia lo deride quando vola in alto, credendo che a più di una certa altezza non si possa andare. Ciò fa percepire che quello che noi chiamiamo “conoscenza” dipende dalla prospettiva limitata e relativa in cui ci poniamo. Ciò che in un brano è messo un causa non è solo l’uso del linguaggio, ma il linguaggio stesso. Per Zhuangzi il linguaggio non può dirci nulla sulla vera natura delle cose per il fatto che è esso a porre non solo i nomi che diamo alle cose ma anche le cose stesse. Mettendo insieme i nomi e la realtà, il linguaggio non è che un sezionamento artificiale della realtà, per cercare di conoscerla = è questo 是 o non è questo非? E’questo o non è questo: L’essenza della riflessione sulla relatività del linguaggio è nel secondo capitolo: Qi wù lùn 齊物論 “L'Appianare che rende le cose equivalenti”: “La saggezza degli antichi ha raggiunto altezze sublimi. Di quali si tratta? 1- Coloro che pensano che non ci sono mai state cose distinte e hanno raggiunto la saggezza. 2-quelli che pensano vi siano delle cose ma non ci sono delimitazioni tra esse. 3-quelli che pensano vi siano delimitazioni , ma senza opposizioni tra “è questo” “non è questo”.
Cos’è che permette di decidere che “è questo” è un punto di riferimento assoluto? E cosa di decedire che qualcosa “è questo” o non lo è? Se una persona fa un’affermazione di questo tipo, questa sarà valida solo per lui in quanto il suo “è questo” sarà basato sulla sua prospettiva soggettiva. Come conoscere? Zhuangzi attacca la validità del linguaggio non perché questa ci dia una rappresentazione falsata della realtà, ma perché non si può essere sicuri della capacità del linguaggio di conoscere effettivamente la realtà. “Conoscere” in cinese antico implica, piuttosto che un contenuto vero o falso, quello che di un'attitudine che consente di essere adeguato o meno. = “sapere come” piuttosto di un “sapere cosa”. La questione che si pone non è quindi “cosa possiamo conoscere?” ma “cosa conosciamo?” La nostra pretesa di conoscere è tema di un dialogo tra due personaggi in cui uno cerca di indurre l’altro ad ammettere che sa qualcosa. (cit. pag 112) Confucio è quello che crede di conoscere qualcosa. (diceva al suo discepolo Zilu “vuoi che ti insegni cos’è la conoscenza?” ecc…) Parodia del passo dei Dialoghi in cui confucio si vanta a quarant’anni di “non avere più alcun dubbio” a cinquanta “di conoscere il decreto del cielo”ecc… “A sessant’anni Confucio non aveva fatto altro che cambiare idea sessanta volte. Ogni volta che aveva cominciato a dire “è così”, aveva poi concluso con “non così”. Dalle cose che affermo ora, io non conosco ancora nulla che possa essere certo di non dover negare altre cinquantanove volte.” Dimenticare il discorso. In pieno IV-III secolo, epoca in cui imperversavano le dispute, Zhuangzi non dà ragione a nessuno. Questo lo porta a chiedersi: la ragione è davvero ragionevole? E può pretendere di essere essa stessa qualcosa a cui aggrapparsi? La ragione analitica funziona solo sul principio del terzo escluso: una cosa è quella o non lo è. M è illusorio pretendere di affermare qualcosa poiché è possibile simultaneamente affermarne il contrario. Zhuangzi è l’alternativa che non prende parte, che non afferma nulla. Se una contraddizione si rivela irrisolvibile non resta che dissolverla. In un passaggio, egli mostra che a partire dal discorso si può arrivare all’infinito. (cit. pag 113). In alcuni capitolo “esterni” e “misti” si delineano due tendenze. La prima (capitolo 22) sembra pendere verso la tentazione di distruggere il linguaggio. La seconda (capitoli 17 e 25): il linguaggio può essere dimenticato in vista di altro. In questa prospettiva il saggio risulta essere quello che non si lascia intrappolare dal linguaggio. Anche se il linguaggio non va preso sul serio, va utilizzato con la consapevolezza che crea un mondo artificiale e limitato. Resta la possibilità di inventare un linguaggio nuovo. Gli scritti non valgono più della parola. La parola ha un valore, ma esso risiede nel senso che si riferisce a qualcosa ma questo qualcosa non si può comunicare a parole. Zhuangzi concluse: “Colui che non sa parla, colui che sa non parla”. (paradosso anche nel Laozi = sogno di fare a meno del discorso). Come un pesce nel Dao. “I pesci vivono tra loro nell’acqua, gli uomini nel Dao.” Metafora acquatica: l’acqua segue un corso naturale e aderisce ai rilievi invece di cercare di modificarli, mentre l’uomo vi resiste frapponendovi degli ostacoli mediante il linguaggio. (cit. pag 115/116) La mano e lo spirito. Per entrare nella corrente del Dao come il nuotatore della citazione a pagina 116, Zhuangzi lascia cadere la “decisione di apprendere” volgendosi al versante del “saper fare” istintivo e acquisito insieme proprio dell’artigiano. Apprendere il Dao è un’esperienza che non si può esprimere né trasmettere a parole. Mentre l’intelletto non può mai conoscere nulla con certezza, la mano sa quel che fa con sicurezza. Ma questo “saper fare” è una metafora per designare un certo tipo di conoscenza che non rappresenta il risultato dell’acquisizione di un contenuto, ,a di un processo d’apprendimento simile a quello di un mestiere. (Metafora del cuoco Ding pag 117)-->ciò che è in questione è un “saper fare” preciso = pratica fisica e spirituale insieme (gongfu 功夫) termine reso popolare dal Kung fu e designa tempo ed energia che si dedicano ad una pratica con lo scopo di raggiungere un determinato livello = allenamento, un apprendimento che non si trasmette tramite parole. (Cit pag 118) Il termine shen 神 che originariamente indica il divino, viene a evocare lo spirito quando è al colmo della sua spontaneità e si muove senza alcun intralcio (sforzodiriflessione). Tuttavia non è dettato
dall’incoscienza ma dall’oblio della coscienza. Non lo si può descrivere a parole:lo può evocare solo la perfezione del gesto che a forza di pratica non è più cosciente. La spontaneità come in uno specchio. La storia del cuoco come quella del carradore : tema centrale nel pensiero taoista: la spontaneità (ziran = tale di per sé) che lungi dall esaltare la libertà alla maniera romantica va associata all inevitabilità. Mentre il romanticismo privilegia l’intensità dell’azione spontanea che consente di deformare la realtà ad opera della soggettività, secondo Zhuangzi nella spontaneità non c’è posto per l’”io”. = il nuotatore che per seguire il dao si affida alla corrente. Si raggiunge superando la tendenza a giudicare e classificare = aderire alla situazione e rifletterla , alla maniera di uno specchio che riflette le cose come sono. Noi conosciamo le cose per i nomi e concetti e andiamo loro incontro, ma così lo spirito non è recettivo. Bisogna espellere i concetti per attirare il vuoto. Sogno o realtà. Il pensiero di Zhuangzi si articola in due tempi. Inizia con un attacco alla ragione e al discorso mostrando come tutti i principi che si ritengono fondativi della conoscenza siano privi di fondamento. Dopo aver demolito tutto cosa rimane? Solo ciò che è naturale e spontaneo e che basta riflettere così com’è come uno specchio. Z. non considera la realtà come prodotto dell’immaginazione, si limita a dubitare che la ragione analitica possa coglierla = sogno di Zhuangzi farfalla. Si addormenta e sogna di essere una farfalla che si addormenta e sogna di essere un uomo. quando si sveglia non sa se essere un uomo o una farfalla. Il problema è che non c’è modo di sapere se chi parla è in stato di veglia o sonno così come non c’è modo di sapere se quello che si pensa è conoscenza o ignoranza. E’ solo nel momento in cui ci svegliamo che sappiamo se è stato tutto un sogno. Solo gli sciocchi credono di essere già svegli. Uomo o cielo.La meditazione sulla distinzione tra statodi veglia e di sonno va collocata entro una più grande sulla distinzione tra ciò che dipende dall’uomo e ciò che dipende dal Cielo. = distinzione tradizionale nella corrente confuciana per cui sono delimitati da un lato l’ambito dell’uomo (dove l’uomo può agire) e l’ambito del Cielo. ( Il fatto che i buoi e cavalli abbiamo quattro zampe dipende dal cielo. Il fatto che abbiano le briglie dipende dall’uomo.) Ma come si fa a sapere cosa dipende da cosa? Così come non posso sapere se sogno o son sveglio non posso sapere se sto agendo io o il cielo tramite me. Ogni volta che la mia azione è volontaria, quando cerco di imporre il mio Io, andando contro la naturalezza delle cose, dipende dall’uomo = wei 為 l’agire che forza la natura. Quando l’azione va nel senso delle cose = wuwei 無 為 agire aderendo alla natura. Conoscenza suprema: conoscere ciò che dipende dal cielo e ciò che no. L’ideale è che l’uomo si liberi della sua parte propriamente umana che i confuciani fanno derivare dal cielo ma che secondo Zhuangzi è ciò che impedisce la vera natura dell’uomo. L’uomo vero. Mentre i confuciani esortano l’uomo ad esaltare la propria umanità, Zhuangzi esorta a fonderla con il Dao. ---> figura dell’”uomo vero” (zheren) tanto che in lui non c'è più distinzione tra Cielo e Terra. Ha una “divina potenza spirituale” ed è in virtù di questa che si fonde con il Dao. Preservare l’energia esistenziale. l potenza a cui il saggio attinge è di natura spirituale, pur valendosi del mondo fisico. E’ la quintessenza del qi 氣 che è insieme energia vitale influsso spirituale. Poiché il corpo è percepito come qi al suo stato più denso, per unirsi al Dao deve affinarsi fino a raggiungere il suo stato quintessenziale (jing精), cioè lo stato spirituale (shen神 ). L’affinamento si raggiunge mediante il “lavoro sul qi” (qigong 氣 功) : controllo della respirazione, meditazione ecc...La fusione ha come esito non inabissarsi in una totalità indifferenziata, ma nel considerare le cose come farebbe uno specchio, non per avere presa su di esse ma per distaccarsene....