Storia del Pensiero Liberale - Bedeschi PDF

Title Storia del Pensiero Liberale - Bedeschi
Author Lawliet 202
Course Storia delle dottrine politiche
Institution Università di Pisa
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Summary

riassunto del libro "storia del pensiero liberale" di Bedeschi, indicato per l'esame di storia delle dottrine politiche del prof. roberto giannetti nel programma da non frequentanti (aa 2018/19) contiene esattamente quanto indicato dal programma: "introduzione, pp. 3-48 e capp. vi, ix, xiii, pp. 151...


Description

STORIA DEL PENSIERO LIBERALE di Bedeschi

INTRODUZIONE: DEFINIRE IL LIBERALISMO (p 3 - 48) Premessa: il liberalismo non è stato un unico soggetto ideologico compatto, deriva piuttosto da una ricostruzione delle caratteristiche proprie dei vari pensatori/movimenti liberali. è la dottrina che sostiene la limitazione dei poteri dello Stato in virtù dell'esistenza di una legge naturale precedente allo Stato stesso la quale attribuisce agli uomini diritti naturali, inalienabili e imprescrittibili di cui lo Stato deve garantire il rispetto e la tutela. La definizione di liberalismo si lega dunque alla concezione giusnaturalista. Esattamente come il suo nemico, il socialismo, il liberalismo non è solo una teoria o un programma politico, ma anche una predisposizione, un atteggiamento, una prospettiva attraverso cui osservare la vita sociale, che parte dal postulato fondamentale secondo cui la libertà è intimamente connessa alla natura umana, fa parte di essa. Il liberalismo giunge ad affermare che "tutti i cittadini posseggono diritti individuali indipendenti da ogni autorità sociale e politica, e ogni autorità che violi tali diritti diviene automaticamente illegittima. I diritti in questione sono la libertà individuale, la libertà di pensiero, di religione, e la proprietà".

Un tema cruciale che attraversa tutto il pensiero liberale è la necessità di proteggere i cittadini da eventuali abusi di potere da parte dello stato. Questo è possibile attraverso la frammentazione del potere politico (Montesquieu), poichè il suo frazionamento consente ai vari corpi distinti, titolari delle diverse prerogative, di limitarsi e controllarsi l'un l'altro evitando degenerazioni dispotiche. Locke smentisce la concezione del potere sovrano di tipo paternalistico per due ragioni: 1. il potere paterno è sempre duale (si abbina a quello materno) 2. ha un esercizio limitato alla sola età minorile della prole (è temporaneo)

Il liberalismo ritrova i suoi fondamenti filosofici nel giusnaturalismo (Locke, Montesquieu, Kant, Costant ecc) ma non tutti i pensatori liberali vi si sono ispirati: Jeremy Bentham, opponendosi all'astrattezza e all'apriorismo dei principi giusnaturalistici, afferma che la politica debba fondarsi su un principio reale ed empirico che è l'utilità. Compito del buon legislatore è fare leggi che garantiscano la felicità al maggior numero dei cittadini.

Una delle critiche più ricorrenti mosse vs il liberalismo è quella di rappresentare degli interessi di parte di una classe sociale specifica (borghesia) innalzando la proprietà privata alla posizione del diritto per eccellenza. Il liberalismo afferma di voler creare le condizioni di libertà di tutti, quando lo fa invece solo per una ristretta minoranza, crede di costituire istituzioni e regole universali quando invece crea solo istituzioni e regole che soddisfano interessi particolari (queste ultime accuse gli furono lanciate soprattutto dai sostenitori del pensiero marxista). (N.B. Locke ha una concezione della proprietà che va ben oltre il solo aspetto dei beni materiali: vi include anche l'integrità fisica, la sicurezza, la libertà) Per Kant (che presenta sul tema un'opinione alquanto classista) la proprietà definisce il cittadino: per essere cittadini in senso pieno occorre essere padroni di sè, cioè possedere una proprietà che procuri mezzi di sussistenza. Chi è privo di proprietà (operai) non è cittadino, ma semplice consociato sotto tutela dello Stato. Un'opinione affine è quella presentata dal giusnaturalista Benjamin Constant, secondo cui nè la nascita su suolo nazionale nè il raggiungimento di una certa età costituiscono di per sè criteri sufficienti al conferimento di diritti politici: occorrono una cultura e una maturità di giudizio adeguati, che solo la proprietà può permettere di far acquisire. Constant inoltre avversa il "grande errore" commesso da chi fino ad allora aveva interpretato la proprietà privata come un qualcosa di naturale e presociale: essa non è che una convenzione sociale che non può esistere al di fuori dello Stato, poichè in tal caso si tratterebbe di un mero diritto di forza del primo occupante. In realtà Labourlaye, primo curatore degli scritti di Constant, ravvisò un errore in questa interpretazione della proprietà: a suo giudizio è vero che la proprietà al di fuori della società è priva di difesa, tuttavia essa sussiste, non è dunque una creazione sociale. Robinson Crusoe è proprietario del campo che ha seminato sulla sua isola, anche se non garantito contro chi lo attacca

Il pensatore che rielabora più profondamente il legame tra liberalismo e propreità privata è J.S. Mill. Egli ritiene (e l'esperienza storica conferma la sua idea) che un regime comunista produrrebbe una nociva uniformità di pensieri e azioni, lasciando poco spazio all'autonomia individuale. Piuttosto che sopprimere la proprietà privata dunque, bisognerebbe concentrarsi su un novo meccanismo di distribuzione della ricchezza. Quali sono le aspettative future di Mill? Egli ritiene che la classe lavoratrice diventerà sempre più matura x mezzo di istruzione e attività sindacale, al punto da non accontentarsi passivamente della propria condizione. Si passerà così a un sistema cooperativista, in cui il vecchio sistema padroneoperaio sarà sostituito dalle associazioni di lavoratori che possiederanno collettivamente il capitale e lavoreranno secondo le direttive di persone da loro elette e retiribuite. In tal modo la nuova società riuscirà a conciliare libertà e indipendenza individuale. Questa idea nella pratica si rivela utopistica: dal punto di vista dell'efficienza produttiva i sistemi di cooperative non si sono mai dimostrati superiori al sistema capitalistico.

Il pensiero liberale è sempre stato denotato dalla convinzione profonda della positività di una società pluralistica piuttosto che omogenea, una società piena di antagonismi tra individui e classi è ben più dinamica e produttiva rispetto a una priva di antagonismi. Sono proprio questi ultimi ad incentivare il progresso piuttosto che la stagnazione. Kant affermava che un contributo decisivo a tutto ciò venisse offerto dalla duplice natura umana: da un lato l'uomo è spinto ad associarsi agli altri perchè sa di poter meglio esprimere le proprie inclinazioni/talenti in società, dall'altro tende a dissociarsi perchè mosso dalla volontà di far prevalere l'interesse personale su quelli degli altri. Questa "contesa" spinge l'uomo a vincere la sua tendenza alla pigrizia e sfruttare le sue energie. Secondo Humboldt, il progresso della società può avvenire solo tramite il libero dispiegarsi degli individui, che richiede come condizione fondamentale la piena libertà in campo sociale e politico. Ecco perchè egli si dimostra diffidente verso il maggior intervento statale nella vita civile, consapevole che ciò comporterebbe una maggiore regolamentazione della società dall'alto a svantaggio dell'iniziativa privata. Si dimostra scettico anche nei confronti delle associazioni e delle grandi organizzazioni: esse non stimolano l'originalità individuale, al contrario favoriscono il conformismo del singolo come membro (strumento) dell'organizzazione stessa. Humboldt è il primo e più tenace difensore dello Stato minimo, cioè lo Stato teorizzato dai liberali le cui funzioni siano ridotte al minimo indispensabile. Da cosa nasce questa predilezione per lo Stato minimo? Dall'insieme di tutti quegli elementi che il liberalismo difende, sintetizziamoli di seguito:    

Antagonismo, pluralismo, dissenso e varietà fede che l'individuo viene prima del tutto concorrenza qualità individuali a confronto

Da cui deriva dunque una forte diffidenza vs lo Stato Lo Stato è coercizione. La società civile è il regno della libertà dei cittadini che la compongono. Dunque una maggiore libertà individuale, correlata a una restrizione della sfera d'intervento statale, assicura un più ampio progresso della società. Lo Stato resta comunque un "male necessario", poichè senza di esso le libertà individuali entrerebbero in collisione, al punto da rendere impossibile la reciproca convivenza.

Nel passaggio dal liberalismo alla democrazia sorgono nuovi, inattesi problemi. Toqueville ne riconosce essenzialmente due:

1. La tirannia della maggioranza, che sviluppa il conformismo di massa e spinge i cittadini ad esser sempre meno autonomi e originali e farsi guidare sempre più dall'opinione comune piuttosto che dalla propria Rimedi proposti: maggiore spazio all'associazionismo e alla libertà di stampa 2. l'accentramento politico amministrativo, che esercita un controllo sempre più capillare negli affari privati dei cittadini. Rimedi proposti: decentramento sull'esempio americano, affinchè si crei nuovo spazio per l'autogoverno locale. Tutt'ora queste osservazioni di Toqueville si presentano come estremamente attuali. Oggi viviamo in società dette "liberal-democratiche" a dimostrazione del fatto che liberalismo e democrazia sono fra loro conciliabili. Secondo alcuni addirittura la democrazia costituisce lo sbocco naturale, l'esito spontaneo dello sviluppo dello Stato liberale, che giunge a coronamento attraverso l'immissione degli strati più bassi della società nello Stato (cioè con l'estensione dei diritti politici a tutti). Il liberale J.S Mill era convinto che la democrazia fosse la miglior forma di governo, poichè quanto più aumenta il coinvolgimento individuale nelle attività politiche, tanto più aumenta la prosperità della cosa pubblica. Per tal motivo egli sosteneva il suffragio universale (anche femminile) e il criterio proporzionale (che assicurasse rappresentanza politica anche alle minoranze), insomma, la democrazia nel senso più ampio del termine. Ciò nonostante Mill non ha mai ignorato i pericoli insiti nella democrazia stessa, condividendo le preoccupazioni di Toqueville e individuando come rischio più grave l'abbassamento drastico del livello di intelligenza politica, ragion per cui occorreva aumentare l'influenza delle persone colte sulla vita pubblica.

LIBERALISMO E DEMOCRAZIA A CONFRONTO Vi sono tra di essi delle notevoli differenze di mentalità politica LIBERALISMO

DEMOCRAZIA

Ruota attorno al singolo, presenta una visione individualistica

Ruota attorno alla società, secondo una prospettiva collettivista

Solo ciò che accetta la maggioranza diventa legge, ma ciò non vuol dire che si tratti necessariamente di una buona legge Esaltazione della libertà Il fine ultimo della società è l'espansione della personalità individuale

Il solo fatto che la maggioranza voglia una legge rende quella legge buona Esaltazione dell'eguaglianza Il fine ultimo della società è lo sviluppo della comunità

Bobbio osserva che liberà ed eguaglianza sono in realtà antitetici: non si può espandere l'uno senza ridurre di conseguenza l'altro. Quello tra libertà ed eguaglianza è davvero un lungo dibattito

controverso: ci basti sapere che il pensiero liberale in senso proprio si è sempre dimostrato contrario alla svalutazione della libertà civile e politica a favore dell'eguaglianza sociale. Sia liberali che democratici convergono sull'importanza delle esigenze e delle finalità del Welfare State, cambia tra essi la concezione del modo in cui esse debbano essere perseguite:  

i liberali sono più attenti ai meriti/sforzi della persona, dunque propensi a limitare i sussidi i dem tendono a favorirli in misura più ampia

CONSTANT la libertà dei moderni (p. 151-176) 1) L'ispirazione filosofica C. credeva fermamente nell'idea di progresso. Era convinto che la teoria della perfettibilità umana costituisse la spiegazione ultima della nostra esistenza, il senso autentico della nostra vita e dei nostri sforzi Teoria della p. : la specie subisce un progressivo perfezionamento grazie al fatto che le generazioni lasciano in eredità alle successive il loro patrimonio di conoscenze, scoperte e acquisizioni spirituali Il progresso umano prosegue nonostante la storia sia costellata da gravi sciagure che sembrano distruggere tutto ciò che nobilita ed eleva la specie (guerre, invasioni barbariche, calamità naturali). Alla base di questa teoria c'è una particolare concezione dell'uomo come essere spirituale, la cui spiegazione parte paradossalmente da alcuni dati empirici: A. Tutte le impressioni che l'uomo riceve provengono dai suoi sensi (nega ogni forma di innatismo) e si dividono in due tipi: B. Le sensazioni propriamente dette, passeggere e fugaci, non possono essere trattenute, perciò non si possono perfezionare C. le idee, che si formano attraverso il ricordo e il collegamento di una o più sensazioni, si conservano formando un mondo interiore di pensiero, diviso e autonomo da quello esterno. Possono richiamarsi tra loro e moltiplicarsi e si perfezionano continuamente. Ecco come avviene gradualmente il perfezionamento dl genere umano. Constant suddivide la storia in 4 grandi rivoluzioni: 1) distruzione della teocrazia 2) distruzione della schiavitù 3) distruzione della feudalità

4) distruzione della nobiltà intesa come privilegio (Riv. francese), che segna l'inizio dell'epoca delle convenzioni legali e testimonia la possibilità di intendere la perfettibilità umana come tendenza verso l'eguaglianza. 4 fasi che fanno parte di un'unica e continua progressione Constant si oppone alla concezione di Betham fondata sull'utilità, perchè afferma che subordinare il diritto all'utilità significa sottomettere regole eterne ai nostri interessi quotidiani. Egli definisce la libertà come "trionfo dell'individualità, sia sull'autorità che vorrebbe governare col dispotismo, sia sulle masse che vorrebbero assoggettare la minoranza alla maggioranza" e puntualizza che l'obbedienza alla legge è certamente un dovere, ma non assoluto, bensì relativo: dev'essere osservato a patto che la legge abbia un'origine legittima e rispetti certi limiti, altrimenti è dovere morale disubbidirla.

2) La teoria politica C. riconosce due vincoli all'azione di chi viene investito del potere per volontà della maggioranza: 

non opprimere le minoranze



non intromettersi nella vita privata dei singoli

sottolineando inoltre come il consenso della maggioranza non sia di per sè fonte di legittimazione degli atti compiuti. In tal senso, Constant corregge il grave errore di Rousseau, che nel definire il contratto sociale come alienazione volontaria di tutti i diritti del singolo alla comunità aveva affermato che il corpo sociale non potesse nuocere a nessuno, in quanto ciascuno, dandosi a tutti, non si dava a nessuno perchè riacquisiva nella vita in società l'equivalente di ciò che aveva ceduto. Rousseau dimentica che quest'ultima frase non è affatto vera: il cittadino in società si dà a coloro che agiscono in nome di tutti, a chi esercita il potere. Proprio per questa ragione occorre limitare il potere. Constant suddivide la sovranità in 5 poteri: 1. Reale è un potere neutro che interviene nel caso di conflitto tra gli altri poteri per ristabilire ordine tra essi e ricostituire la loro sinergia. Constant lo individua nella persona del Capo di stato (re), a cui attribuisce le seguenti prerogative:  nomina e revoca dei ministri  nomina dei giudici  scioglimento camera elettiva  concessione della grazia ai condannati

Per Constant il re è superiore alla diversità delle umane opinioni e ha come unico interesse quello di mantenere ordine e libertà. Questa eccessiva idealizzazione del potere monarchico si accompagna a un'eccessiva salutazione del repubblicano, il quale secondo C. difende solo la propria autorità.

2. Rappresentativo durevole (Camera ereditaria) 3. Rappresentativo dell'opinione (Camera elettiva) elettiva su base censitaria. Per le ragioni già spiegate nell'introduzione, C. esclude gli indigenti dai diritti politici. Solo la proprietà rende gli uomini capaci di esercitarli e se essi fossero concessi anche a chi non è proprietario, questi li userebbe solo per ottenere la proprietà altrui, portando alla guerra civile. Constant afferma che i membri della Camera bassa, eletti per un periodo limitato, sentiranno sempre il bisogno di compiacere i loro mandanti e saranno dipendenti da esso. Quando il potere rappresentativo (entrambe le camere) non ha alcun limite, i rappresentanti si trasformano da difensori della libertà a difensori della tirannia. 4. Esecutivo 5. Giudiziario

Un altro punto cardine dell'idea politica di C. è la responsabilità dei ministri. Essi possono essere accusati per 3 motivi:  Abuso o cattivo uso del loro potere (giudicati da tribunale speciale, la Camera dei Pari)  Atti illegali pregiudizievoli (giudicati da tribunale speciale, la Camera dei Pari)  Attentati alla libertà, alla sicurezza, alla proprietà dei cittadini (giudicati da tribunale ordinario) Punire unicamente il ministro che impartisce un ordine illegale senza punire anche lo strumento che lo esegue, cioè il funzionario inferiore, è inutile. Anche i funzionari dovranno rispondere del loro operato davanti ai tribunali ordinari, non potranno appellarsi all'obbedienza dovuta ai superiori poichè questa non può mai essere cieca e passiva.

3) La libertà dei moderni paragonata a quella degli antichi In antichità, quanto più l'uomo dedicava i suoi sforzi alla partecipazione al potere collettivo, tanto più si reputava libero. Si trattava di una libertà concepita in senso collettivo: consisteva nell'esercitare collettivamente e direttamente i propri diritti politici. L'individuo era così sovrano negli affari pubblici, ma schiavo in quelli privati: come cittadino poteva decidere della pace e della guerra, come individuo era osservato dal corpo sociale in tutti i suoi movimenti.

Nella modernità al contrario, quanto più tempo dedica ai suoi affari privati tanto più ritiene di essere libero. Questo tipo di libertà di stampo individuale si configura come indipendenza privata ed è secondo Constant superiore a quella antica. Non possiamo più godere della libertà degli antichi, perchè nel mondo moderno le funzioni della sovranità inizialmente esercitate in modo diretto dagli antichi devono essere delegate a un corpo di rappresentanti, e questo avviene come conseguenza di tre svolte storiche: 1. l'enorme espansione degli Stati moderni 2. l'abolizione della schiavitù (in un'Atene senza schiavi 20.000 uomini liberi non avrebbero potuto deliberare ogni giorno nella piazza pubblica) 3. la crescente complessità dei commerci e delle attività economiche, che assorbono in larga parte la vita di ciascuno lasciando poco tempo alla gestione degli affari pubblici. Si badi, questa delega del potere non significa rinuncia al controllo del potere stesso (in tal caso si parlerebbe di dispotismo). Il popolo ha diritto a una continua sorveglianza e alla rimozione di quanti abbiano deluso le sue aspettative. Il peggior rischio della libertà moderna, afferma Constant, è che l'uomo diventi così assorto nei suoi affari privati da rinunciare facilmente al suo diritto alla partecipazione politica. Il messaggio di C. è quello di non rinunciare a nessuna delle due libertà sin ora trattate, nè alla libertà come indipendenza dallo Stato, nè alla libertà come partecipazione alla gestione della cosa pubblica, in quanto nella modernità la perdita dell'una porterebbe inevitabilmente anche alla perdita dell'altra.

JOHN STUART MILL elogio della varietà e del dissenso Mill ricevette dal padre, collaboratore di Bentham, una rigida educazione utilitaristica, le cui basi entrarono in crisi ben presto a seguito di una profonda depressione che il pensatore attraversò per diversi anni. Quest'esperienza trasformò radicalmente il suo carattere e le sue opinioni, come egli stesso affermò, abbandonò la concezione della felicità personale come movente esclusivo dell'azione umana individuando quest'ultimo in una felicità intesa in senso più ampio come felicità propria e altrui, come progresso dell'umanità. Mill si avvicinò alla "cultura dei sentimenti" che aveva in passato ignorato per dedicarsi al rigido utilitarismo di Bentham (calcolo dei piaceri e dei dolori volto a stabilire aprioristicamente se un'azione dovesse esser compiuta o meno in base della sua utilità), dando maggior peso ...


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