Riassunto tassi PDF

Title Riassunto tassi
Course Metodi e tecniche di studio dello sviluppo
Institution Università degli Studi di Firenze
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Riassunto del libro "Il mondo interpersonale del bambino" di D.Stern....


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IL MONDO INTERPERSONALE DEL BAMBINO – STERN CAP.1 – L’ESPERIENZA SOGGETTIVA DELL’INFANTE: IL RUOLO CENTRALE DEL SENSO DEL SE’ Nella mente del BAMBINO che nasce, i MONDI INTERPERSONALI vengono ricreati ogni giorno, anche se questi eventi restano lontani e quasi inaccessibili. L’immagine che noi ci formiano dell’esperienza del bambino plasma le nostre idee su di lui, e su queste stesse idee fondiamo le nostre ipotesi di lavoro sulla prima infanzia. Poiché NON POSSIAMO CONOSCERE IL MONDO SOGGETTIVO DEL BAMBINO, siamo costretti ad INVENTARLO, in modo da avere una base di partenza su cui costruire le nostre ipotesi. Questo lavoro, quindi, non è altro che un tentativo, un’ipotesi sull’esperienza soggettiva che i bambini piccoli fanno della loro VITA SOCIALE. Questa teoria trae il suo fondamento dagli enormi progressi fatti in questi ultimi anni nell’ambito della ricerca di nuovi metodi sperimentali per indagare sulla vita mentale dei bambini piccoli. Inoltre, questo lavoro si basa da un lato sull’ OSSERVAZIONE e sulla RICERCA SPERIMENTALE (che si concentrano unicamente sui fenomeni obiettivi), dall’altro sul fare INFERENZE (gli psicanalisti, nel costruire le loro teorie evolutive, operano continue inferenze sull’esperienza soggettiva del bambino). Ma le inferenze degli psicanalisti si basano esclusivamente su RICOSTRUZIONI CLINICHE e su CONCEZIONI VECCHIE E DATATE DELL’INFANTE COME OGGETTO DI OSSERVAZIONE, senza prendere in considerazione i nuovi dati forniti dall’osservazione. Oggi si cominciano a vedere dei tentativi di integrazione delle due metodologie. IL SE’ ED I SUOI CONFINI sono FENOMENI UNIVERSALI che influenzano profondamente tutte le nostre esperienze sociali. Per gli ADULTI il sé ha un senso molto reale, che permea la loro esperienza sociale quotidiana e si presenta in molte forme, ad esempio: c’è il senso del sé che riguarda un corpo singolo, c’è il senso del sé che riguarda un’azione, c’è il senso del sé che produce intenzioni, quello che architetta piani, che traduce l’esperienza in linguaggio, che comunica e che condivide le conoscenze. Istintivamente, noi tendiamo ad elaborare le nostre esperienze in un modo che ci porta ad

attribuirle ad una qualche forma di organizzazione del tutto soggettiva, che comunemente chiamiamo SENSO DEL SE’. Quest’ultimo, quindi, occupa una posizione del tutto centrale, soprattutto in un’INDAGINE SUL BAMBINO IN FASE PREVERBALE. Il quesito è: “esiste una qualche forma preverbale del senso del sé”?. Tre sono le possibilità: Il linguaggio e l’autoriflessione rilevano alcuni sensi del sé che già esistevano nel bambino in fase preverbale. Il linguaggio e l’autoriflessione trasformano i sensi del sé già esistenti. Il linguaggio e l’autoriflessione creano i sensi del sé, che comunque esisterebbero solo nel momento in cui diventano oggetto di autoriflessione. Nella FASE PREVERBALE esistono molti sensi del sé, sebbene sinora siano stati ignorati. Infatti, alcune forme di senso di sé esistono molto prima dello sviluppo del linguaggio e dell’autoconsapevolezza, fra cui troviamo: il senso di essere SOGGETTI AGENTI, il senso di coesione FISICA, il senso di CONTINUITA’ TEMPORALE, il senso di avere un’INTENZIONE e così via. Alcuni teorici classici della psicanalisi (soprattutto teorici dell’età evolutiva di orientamento SPERIMENTALISTA), respingono completamente l’idea dell’esistenza di una vita soggettiva preverbale, in quanto l’indagine sull’esperienza umana non può in alcun modo legittimamente comprendere lo studio delle sue origini. L’indagine sul senso del sé è anche uno strumento di comprensione dello SVILUPPO INTERPERSONALE NORMALE e ANORMALE, nel senso che ci consente di individuare quei sensi del sé la cui la grave compromissione potrebbe danneggiare il normale funzionamento sociale dell’individuo, portando alla follia o a gravi deficit sociali. Tra questi consideriamo: alterazione del senso di essere soggetti agenti (perdita del controllo e sensazione di non essere padroni delle proprie azioni); alterazione del senso di coesione fisica (frammentazione dell’esperienza corporea, spersonalizzazione, derealizzazione e così via); alterazione del senso di continuità (dissociazioni temporali, amnesie, fuga e così via); alterazione del senso di affettività (anedonia); alterazione del senso di sé soggettivo in grado di stabilire rapporti

intersoggettivi con gli altri (senso di solitudine); alterazione del senso di produrre significati (scarsa socializzazione, esclusione dalla cultura e così via). Questo ci consente anche di definire concettualmente vari tipi di PATOLOGIA DEL SE’. Inoltre, ci consente di fare delle previsioni sulle origini dell’eventuale patologia nei vari campi dell’esperienza di sé. Infine, l’indagine sul senso del sé ci consente di delineare una sorta di PROCESSO EVOLUTIVO. Lo sviluppo procede in maniera discontinua ed i cambiamenti maggiori si verificano: fra i 2 ed i 3 MESI (e in maniera minore fra i 5 ed i 6 mesi) fra i 9 ed i 12 MESI fra i 15 ed i 18 MESI. Fra i 2 ed i 3 mesi, da un lato i cambiamenti qualitativi che si presentano ci mettono davanti ad un bambino diverso e ci portano ad interagire con lui in maniera diversa; dall’altro è il bambino stesso che ha un nuovo senso del sé, degli altri e del tipo di interazione che possono avere. Quindi, i cambiamenti di organizzazione all’interno del bambino e la loro interpretazione da parte dei genitori si favoriscono a vicenda. A 9 mesi, i bambini sembrano avvertire una propria vita interiore soggettiva, diventano meno interessati ai fatti esterni e più interessati ai fatti interni che stanno all’origine degli eventi ma soprattutto iniziano a partecipare al mondo sociale, condividendo l’esperienza soggettiva con gli altri.

IN SINTESI: I neonati cominciano a sperimentare un SENSO DEL SE’ EMERGENTE fin dalla NASCITA e non sperimentano MAI un periodo di totale indifferenziazione fra sé e gli altri. Non c’è confusione fra il sé e l’altro, né alla nascita né durante la prima infanzia. Inoltre, poiché i neonati sono predisposti a rispondere selettivamente a eventi esterni di carattere sociale, non sperimentano mai qualcosa come la FASE AUTISTICA. Nel periodo che va dai 2 ai 6 mesi, i bambini consolidano il SENSO DEL SE’ NUCLEARE con un senso di essere AGENTI, dotati di affettività e continuità temporale. Non esiste quindi neanche qualcosa come una FASE SIMBIOTICA.

Il periodo che va dai 9 a 18 mesi è caratterizzato dalla creazione di un’unione intersoggettiva con l’altro, che implica la condivisione della propria vita soggettiva con gli altri. AI PRINCIPALI CAMBIAMENTI EVOLUTIVI NELL’ESPERIENZA SOCIALE VENGONO ATTRIBUITI ALL’ACQUISIZIONE, DA PARTE DEL BAMBINO, DI NUOVI SENSI DEL SE’. Sono 4 i differenti sensi del sé, vediamoli: SENSO DEL SE’ EMERGENTE, che si forma dalla nascita ai 2 mesi. SENSO DEL SE’ NUCLEARE, che si forma dai 2 ai 6 mesi. SENSO DEL SE’ SOGGETTIVO, che si forma dai 7 ai 15 mesi. SENSO DEL SE’ VERBALE, che si forma dal 18esimo mese in poi. Questi sensi del sé vanno considerati come 4 FASI che si succedono l’un l’altra. Tutti e 4 i sensi del sé, inoltre, si mantengono per tutta la vita, coesistono e continuano a svilupparsi.

CAP. 2 – DIFFERENTI PROSPETTIVE TEOROCHE NELLO STUDIO DELLA PRIMA INFANZIA IL BAMBINO OSSERVATO E IL BAMBINO CLINICO La PSICOLOGIA DELL’ETA’ EVOLUTIVA può indagare sulla primissima infanzia solo attraverso l’OSSERVAZIONE DEL BAMBINO. Per mettere in relazione il comportamento osservato con l’esperienza soggettiva è necessario procedere per INFERENZE. Queste saranno più esatte se si parte da una BASE SPERIMENTALE ampia e consolidata. Ma osservare le capacità di cui dispone un bambino può solo aiutarci a definire i limiti dell’esperienza soggettiva. Se vogliamo descrivere pienamente tale

esperienza bisogna adottare una prospettiva CLINICA. Nel corso della pratica clinica, le TEORIE PSICANALITICHE hanno ricostruito un bambino diverso da quello che viene osservato dagli psicologi, frutto dell’unione di 2 figure: L’ADULTO, che è giunto ad essere un paziente psichiatrico; Il TERAPEUTA, che ha una sua teoria sull’esperienza infantile. Questo BAMBINO CLINICO è quindi frutto dei ricordi evocati nel TRANSFERT, di esperienze passate, di interpretazioni, perciò non va confuso con il BAMBINO OSSERVATO. Entrambi questi punti di vista sono indispensabili: il bambino clinico infonde una vita soggettiva nel bambino osservato; il bambino osservato serve come punto di riferimento per le teorie da cui si inferisce la vita soggettiva del bambino. Ma fino a che punto questi modelli possono coincidere? Sicuramente entrambi i modelli si riferiscono a versioni dell’esperienza sociale vissuta dal bambino, compreso il senso del sé. A prima vista, quindi, sembra che entrambi i modelli abbiano come oggetto l’esperienza sociale del bambino e lo sviluppo del senso del sè. Vediamoli più nel dettaglio. L’INFANZIA CLINICA è una costruzione molto particolare: essa viene creata allo scopo di dare un SENSO ad un periodo della STORIA del paziente (infanzia), una storia che emerge mentre viene NARRATA a qualcuno. Questa storia viene rilevata e ALTERATA sia dal narratore che dall’ascoltatore, facendo in modo che la VERITA’ STORICA dipenda da ciò che viene DETTO e non da ciò che è realmente accaduto. Esistono effettivamente delle teorie alternative su quella che fu realmente la vita nella primissima vita, dette POTENZIALI NARRAZIONI. SCHAFER ipotizza che le narrazioni prodotte in analisi non si limitino a spiegare o riflettere ciò che può realmente essere accaduto nel passato, ma che creino l’esperienza realmente vissuta, specificando ciò cui si deve prestare attenzione e ciò che è più importante. Quindi, è la vita reale che viene esperita a diventare un prodotto della narrazione, e non il contrario. Il passato, in un certo senso, è un’INVENZIONE. Da questo punto di vista, fra il bambino clinico narrato ed il bambino osservato NON c’è alcun punto d’incontro. RICOEUR assume una posizione meno estrema: egli non ritiene che non esista alcun punto d’incontro. Secondo la sua opinione, esistono

delle IPOTESI GENERALI sul modo in cui la mente funziona e si sviluppa, indipendentemente dalle narrazioni che si possono costruire. Queste ipotesi generali sono potenzialmente verificabili o fortemente avvalorate dall’osservazione. Attualmente c’è una forte tendenza a preferire i metodi basati sull’OSSERVAZIONE. Anche il BAMBINO OSSERVATO è una costruzione particolare che ci consente di osservare direttamente il bambino nella sua capacità di muoversi, sorridere, distinguere il volto della madre, registrare ricordi e così via. Ma queste osservazioni ci dicono ben poco su quale sia la QUALITA’ dell’esperienza soggettiva e sociale vissuta dal bambino. L’unica fonte di informazioni di questo genere sono le narrazioni della nostra vita, ovvero il modo in cui raccontiamo a noi stessi come ci è sembrato di vivere, ed è proprio su queste esperienze soggettive che si fanno delle inferenze. E’ inevitabile un certo grado di CIRCOLARITA’. Quindi, il bambino osservato presenta capacità che possono essere facilmente dimostrate, il bambino clinico contribuisce con alcune esperienze soggettive che sono basilari della vita sociale. Se ne evince che la CONGIUNZIONE fra questi due ambiti è necessaria per 3 motivi: Il punto d’incontro fra il bambino clinico ed il bambino osservato sta nel modo in cui gli avvenimenti reali, ovvero gli eventi osservabili, si sono trasformati nelle esperienze soggettive intrapsichiche. Il terapeuta, che ha più familiarità con il bambino osservato, può aiutare i pazienti a produrre narrazioni più appropriate. Il ricercatore sperimentale, che ha più familiarità con il bambino clinico, può essere indotto ad immaginare nuove direzioni per la sua ricerca.

CONCEZIONI DELLO SVILUPPO LA PSICANALASI Secondo la psicologia dell’età evolutiva, la maturazione di nuove capacità e la loro riorganizzazione costituiscono la base dei cambiamenti evolutivi. La psicanalisi, fondata sulla clinica e sui resoconti soggettivi, ha definito le progressive riorganizzazioni come

dei più ampi principi di organizzazione dello sviluppo, ossia della vita mentale. Ad esempio, per ERIKSON la progressione evolutiva dalla fiducia, all’autonomia, all’industriosità è una sequenza di riorganizzazioni dell’Io e delle strutture caratteriali. Tutte le teorie psicanalitiche dello sviluppo hanno in comune il fatto che PROCEDONO PER STADI, i quali costituiscono fasi specifiche non solo per lo sviluppo dell’Io e dell’Es, ma anche per determinati ASPETTI PROTOCLINICI. Infatti, le fasi evolutive riguardano il modo in cui il bambino affronta un particolare problema clinico che può manifestarsi in forma patologica nella vita successiva. Questo è ciò che PETERFREUND e MILTON KLEIN intendono quando parlano di un sistema evolutivo che è al tempo stesso PATOMORFO E RETROSPETTIVO. Paterfeund parla anche di 2 fondamentali errori concettuali tipici del pensiero psicanalitico, che sono: Una visione ADULTOMORFICA della prima infanzia; La tendenza a descrivere gli stati primitivi dello sviluppo normale in termini di ipotesi riguardando stati psicopatologici successivi. Ad esempio: Erikson cercava nelle sue fasi evolutive le radici di una successiva patologia dell’Io e dell’Es. Il lavoro di questi autori si svolge in una PROSPETTIVA RETROGRADA, in quanto, a differenza di tutte le altre psicologie dell’età evolutiva, muove dall’esigenza terapeutica di comprendere lo sviluppo della psicopatologia. Ma questo li costringe ad attribuire un ruolo centrale nello sviluppo a problemi clinici dell’adulto scelti con criteri patomorfici. Se da un lato è vero che le fratture nello sviluppo di un senso del sé possono rivelarsi premonitrici di una patologia successiva, dall’altro i differenti sensi del sé sono intesi a descrivere lo sviluppo normale e non a spiegare l’ontogenesi di forme patologiche. Ogni età o FASE EVOLUTIVA è un PERIODO SENSIBILE per lo sviluppo di un singolo problema clinico (simbiosi, fiducia, oralità) o di un tratto della personalità, e termina quando si conclude quella stessa epoca della vita. È quindi vero che questi problemi clinici corrispondono a ben definite fasi specifiche? Dal punto di vista dello psicologo dello sviluppo, l’uso l’uso di categorie cliniche per descrivere fasi evolutive comporta seri problemi. Prendiamo ad esempio due entità cliniche

fondamentali quali l’autonomia e l’interdipendenza: l’elemento decisivo che rende l’autonomia e l’interdipendenza specifici di una determinata fase sono i PROGRESSI REPENTINI DELLA MATURAZIONE DI CAPACITA’ MOTORIE E COGNITIVE che esulano dalla considerazione dell’autonomia e dell’interdipendenza di per sé. Non c’è dubbio che i nuovi comportamenti adottati dal bambino per fronteggiare determinati problemi possono essere più spettacolari ad un determinato punto dello sviluppo, ma la necessità di la necessità di creare delle fasi specifiche dello sviluppo è puramente CULTURALE. Dal punto di vista dell’OSSERVAZIONE, non esistono motivi convincenti per considerare i problemi clinici fondamentali come contrassegni di adeguate fasi o stadi di sviluppo. QUESTI ASPETTI CLINICI SONO PRESENTI IN TUTTO L’ARCO DELLA VITA, NON SONO PROBLEMI SPECIFICI DI UNA FASE. Di conseguenza, essi NON forniscono una spiegazione soddisfacente delle modificazioni cui vanno incontro la sensibilità sociale del bambino o la sua prospettiva personale sulla vita sociale.

LA PSICOLOGIA EVOLUTIVA A ORIENTAMENTO CLINICO A chi osserva direttamente i bambini, la presenza di fasi di sviluppo appare evidente. Queste fasi, tuttavia, non vengono viste nell’ottica di aspetti clinici futuri, ma piuttosto in relazione ai compiti adattivi attuali che sorgono con la maturazione delle capacità fisiche e mentali del bambino. Il risultato di ciò è che esiste una progressione di problemi evolutivi che la coppia MADRE – BAMBINO deve risolvere unita, perché l’adattamento continui. SANDER individua 5 fasi: LA REGOLAZIONE FISIOLOGICA, dalla nascita ai 3 mesi. LA REGOLAZIONE DELLO SCAMBIO RECIPROCO (modulazione socioaffettiva), da 3 a 6 mesi. LA REGOLAZIONE CONGIUNTA DALL’INIZIAZIONE DEL BAMBINO AGLI SCAMBI SOCIALI E ALLA MANIPOLAZIONE DELL’AMBIENTE, da 6 a 9 mesi. LA FOCALIZZAZIONE DELLE ATTIVITA’, da 10 a 14 mesi. L’ASSERTIVITA’, da 15 a 20 mesi.

GREENSPAN individua 6 stadi più eterogenei: L’OMEOSTASI, dalla nascita ai 3 mesi. L’ATTACCAMENTO, da 2 a 7 mesi. LA DIFFERENZIAZIONE SOMATOPSICHICA, da 3 a 10 mesi. L’ORGANIZZAZIONE e L’INIZIATIVA E INTERIORIZZAZIONE DEL COMPORTAMENTO, da 9 a 24 mesi. LA CAPACITA’ DI RAPPRESENTAZIONE, DIFFERENZIAZIONE E CONSOLIDAMENTO, da 9 a 24 mesi. In questi sistemi descrittivi troviamo la maggior parte dei principali cambiamenti evolutivi. Il punto centrale NON è se queste descrizioni sono VALIDE, ma da quale prospettiva esse vengono formulate. Il loro oggetto è la COPPIA MADRE – BAMBINO, impegnata nei vari compiti adattivi. Siamo quanto mai lontani da una qualsiasi considerazione dell’esperienza soggettiva del bambino, infatti: il bambino svolge il suo compito di crescere e di svilupparsi, ed entità astratte come l’omeostasi non sono concepiti come una parte significativa della loro esperienza sociale soggettiva, che è invece il principale oggetto della nostra ricerca. LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO, che abbraccia molti aspetti del fenomeno, non è altro che un INSIEME DI COMPORTAMENTI DEL BAMBINO, un COSTRUTTO TEORICO e un’ESPERIENZA SOGGETTIVA DEL BAMBINO sotto forma di MODELLI OPERATIVI. Alcuni livelli di attaccamento possono essere visti come fasi successive dello sviluppo, mentre altri, come la qualità della relazione madre – bambino, continuano per tutta la vita. Soltanto di recente i ricercatori hanno preso in considerazione l’idea di BOWBLY del MODELLO OPERATIVO DELLA MADRE PRESENTE NELLA MENTE DEL BAMBINO, per cui stanno cercando di rendere il concetto di attaccamento sempre più significativo per quanto riguarda l’esperienza soggettiva dell’infante. LO SVILUPPO DEI SENSI DEL SE’ La teoria presentata nel libro ha molto in comune con la TEORIA PSICANALITICA TRADIZIONALE e con la TEORIA DELL’ATTACCAMENTO dall’altro. Essendo che sono necessari dei PRINCIPI DI ORDINE SUPERIORE che fungono da PRINCIPI ORGANIZZATORI DELLO SVILUPPO, siamo pienamente in linea con entrambi i modelli, ma comunque risulta mancante

un tentativo sistematico di considerare il senso del sé come come un PRINCIPIO ORGANIZZATORE DELLO SVILUPPO. Sia la MAHLER che la KLEIN hanno messo l’accento sull’esperienza del rapporto con l’altro, ma considerandola principalmente come un derivato dello sviluppo libidico dell’Io, quindi non hanno mai considerato il senso del sé come principio organizzatore primario. La nostra descrizione, centrata sul SENSO DEL SE’ E DELL’ALTRO, trae origine dalle INFERENZE SULL’ESPERIENZA SOGGETTIVA DEL BAMBINO PICCOLO. LA PROGRESSIONE EVOLUTIVA DEL SENSO DEL SE’ Man a mano che emergono nuovi comportamenti e capacità, essi vengono riorganizzati a formare prospettive soggettive organizzanti del sé e dell’altro. Il risultato di ciò è l’EMERGERE DISCONTINUO DI DIFFERENTI SENSI DEL SE’, che sono 4, vediamoli. IL SE’ EMERGENTE, che comprende un senso del sé in via di formazione ed opera in un nuovo territorio chiamato CAMPO DI RELAZIONE MERGENTE. Questa formazione avviene fra la nascita ed i 2 mesi, quando il bambino dimostra tutta una serie di interazioni sulla base di CAPACITA’ INNATE. La capacità di stabilire delle connessioni si forma rapidamente, ed i bambini sperimentano l’emergere di un’organizzazione, che ancora non è integrata in un’unica prospettiva soggettiva organizzante. IL SE’ NUCLEARE, che si basa sul funzionamento di numerose capacità interpersonali. Al suo formarsi, il mondo sociale soggettivo viene modificato, e l’esperienza interpersonale opera in un territorio nuovo chiamato CAMPO DI RELAZIONE NUCLEARE. Questa trasformazione avviene fra il 2° ed il 6° mese di vita, quando il bambino avverte che lui e la madre sono entità fisiche separate, con storie separate e distinte esperienze affettive. Il campo di relazione nucleare opera al di fuori della consapevolezza e della possibilità di verbalizzazione. IL SE’ SOGGETTIVO, che rende possibile un’intersoggettività fra il bambino ed il genitore, ed opera in un nuovo territorio chiamato CAMPO DI RELAZIONE I...


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