riassunto Veleno Pastore PDF

Title riassunto Veleno Pastore
Course Storia moderna
Institution Università degli Studi di Verona
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riassunto del libro Veleno del Prof. Pastore...


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Alessandro Pastore: VELENO. Credenze, crimini, saperi nell'Italia moderna. Capitolo primo – Il veleno come arma letale I veleni nel Rinascimento: Jacob Burckhardt (storico svizzero autore di: la civiltà del Rinascimento in Italia 1860) ci ha consegnato l'immagine torbida di un rinascimento italiano denso di trame e di congiure tese a eliminare gli avversari, in forme occulte, e dunque per mezzo del veleno. Al centro della trama vi era soprattutto la Roma dei papi: la morte per veleno di Alessandro VI Borgia; evento clamoroso ampliato dalle voci circolate subito dopo, che attribuivano a Cesare Borgia, il figlio l'intenzione di eliminare con il veleno, un ricco cardinale. Ma per errore o per ingordigia il pontefice avrebbe ingerito il boccone o bevuto il vino non destinato a lui. Il discorso era quindi irreversibile. Chi restava vittima poteva anche aver avuto un ruolo attivo nell'utilizzo del veleno. Nei carteggi diplomatici e nei diari dei cronisti del periodo si snodano storie di sospetti. Caterina Sforza, signora di Forlì, venne accusata di aver ispirato un tentativo di avvelenamento contro Alessandro VI. Fondata o meno l'accusa, nel ricettario privato degli esperimenti farmaceutici e cosmetici di Caterina, si ritrovano rimedi validi contro la peste il veleno fra cui un antidoto mirato a neutralizzare un ferro avvelenato: un impasto di fichi e noci che avrebbe avuto la capacità di assorbire al materiale ferroso. Meno di vent'anni dopo il Riario provò ad attentare alla vita di Leone X (medici). Con un trafiere (pugnale acuminato) avvelenato. Anche le carte della giustizia criminale aprono squarci importanti sulla morte sospetta di grandi. Un esempio una serie di interrogatori nel tribunale del governatore di Roma ad uno scalco in servizio presso il cardinale Ippolito de medici, arrestato dopo la morte dubbia del suo padrone. La progressiva ammissione di colpa svelerà di essere legato alle trame del duca Alessandro de medici, che aveva promesso di far diventare grande chiunque lo avesse eliminato. I veleni erano due, uno in polvere (giallo e bianco) l'altro verdastro e in un'ampollina. Le due sostanze erano poi state mescolate a una minestra di brodo è pane che, portato alla messa, aveva ottenuto il risultato previsto, malgrado la somministrazione di antidoti, come olio è terra sigillata. Le stesse parole di Ippolito: datemi quel che volete, ma credo che gioverà poco se vien da Fiorenza. Dal resoconto risulta che il corpo era stato sezionato, asportandone gli organi interni, ma l'indagine era stata tralasciata per il fetore intollerabile che sprigionava ormai dal corpo, e per il timore degli astanti di venire a loro volta contagiati. commento che evidenzia il nesso della contiguità fra la trasmissione del veleno e il contagio della peste. La frequenza degli avvelenamenti generava un topos: non è tanto importante accertare l'autenticità, quanto cogliere e analizzare le reazioni a quello che si riteneva fosse realmente avvenuto. Veleni e venefici, trovavano una cassa di risonanza nelle voci in quella che verrà definita «popularis persuasio». La consapevolezza dei casi criminali perseguite con tecniche occulte erano oggetto di interesse pubblico e contribuivano la costruzione del mito del veneficio, ben colta in Fynes Moryson che visita le città italiane: «storie piacevoli a leggersi e di buona utilità, ma non voglio dilungarmi, perché ho già trattato le più recenti di esse, ed entrambe sono peraltro ben nota nelle storie e sulla bocca degli uomini». Consolidando così lo stereotipo dell'italiano avvelenatore. Costruzione di un'immagine forte del Rinascimento italiano, durante il quale l'individualità raggiunge il culmine in tutti i modi, e si afferma la presenza di uomini, nei quali le scelleratezze è portata al colmo, e che commettono il delitto per il delitto, o come mezzo al conseguimento di scopi perversi che esulano da ogni legge psicologica. L'erudito Guy Patin, un medico legato alla cerchia libertina di Gabriele Naudé, l'Italia restava, per elezione il paese della sifilide, degli avvelenamenti, dell'ateismo. Tre elementi che si collegano con la circolazione di un mito politico negativo riferito agli abitanti della penisola. Complessa la riflessione di Voltaire nella saggio sui costumi: nei cicli che precedono la Francia di Luigi XIV, l'autore propone un'immagine del Rin. italiano fondato sulla combinazione di aspetti fra loro contraddittori (la superstizione, l'ateismo, le devozioni) ma che fa comunque risultare la centralità di un elemento cruciale, quello appunto dei veleni e degli assassinii. Stendhal, è meno sfumato nella sua rilettura del passato e più incline a rappresentare il ruolo del veleno. Nelle sue passeggiate romane riporta le vivaci discussioni tenute con Agostino Manni, chimico esperto in tecniche di avvelenamento dei nobili capitolini a motivo di gelosia in amore, con utilizzo di anelli taglienti e avvelenati. Storie e narrazioni di avvelenamenti realizzati oppure attentati, che segnano una fase precisa della storia italiana, quella della crisi degli Stati italiani del 400e delle guerre del primo 500. Che si soffermano sulle azioni venefiche dei Borgia e degli avvelenamenti di cui sono autori o vittime i pontefici e i cardinali di Santa romana Chiesa. A livello collettivo, si snodano avvelenamenti di pozzi d'acqua potabile attribuiti agli ebrei alla metà del 300. Ma sono soprattutto i principi, perlopiù italiani, come organizzatori o autori che operano sulla scena del veneficio. Così la prima età moderna fra tante paure conosce il terrore del veleno. Concentrata sulla sostanza tossica in sé, oppure si lega ad altri pericoli considerati a livello colto e popolare, contigui e connessi come contagi epidemici.

Cartesio, analizzerà questa paura mettendone in risalto la capacità di ridurre le reazioni dell'uomo di fronte ai pericoli, e suggerisce come prevenire la sorpresa da essa suscitata con la premeditazione: ovvero l'antidoto. La percezione dei forti dolori indotti ad all'azione tossica della sostanza ingerita e la rappresentazione degli effetti distruttivi sugli organi interni, danno corpo e sostanza a quelle paura. Un qualsiasi peggioramento delle condizioni di salute poteva indurre nel paziente il terrore del veleno. Un'indagine giudiziaria del 1598 trasmesso al tribunale romano dal governatore Cesare valentini, che dopo aver mangiato, rileva una serie di sintomi preoccupanti, stitichezza, secchezza di lingua, e da attribuirsi a un'azione tossica. Egli suggerisce perciò di approfondire alcuni indizi materiali, come il deposito lasciato dall'acqua che gli porta la serva. Il medico fisico Giuseppe santi, gli prescrive il rimedio della triaca, dopo aver constatato l'annerimento della lingua e la formazione di vescicole sublinguali, il Valentini mostra il deposito dell'acqua bevuta. Il santi sospetta sia arsenico o sublimato. Tuttavia, il notaio della causa mostra alcuni piatti e pignatte con residui di cibo dove non sa riconoscere una imbrinatura di materia bianca. I due servitori sottoposti a interrogatorio ma invano, emerge però la convinzione della coppia sulle fobie del loro padrone. Parole del memoriale che qualificano l'idea diffusa che le improvvise alterazioni dello stato fisico dell'individuo fosse una conseguenza diretta di materie tossiche. Si coglie che la paura del veleno era diffusa quasi in ogni classe sociale, e negli ambienti non nobiliari la relazione fra il padrone e domestici dava adito al timore, non meno comune di quello di essere derubati. Nel 1410 e il nobile Niccolò barbo, venne ucciso con l'arsenico da una schiava che egli aveva preso cinghiate perché incinta. Certo erano soprattutto gli uomini di stato e di governo a sospettare di essere avvelenati, e Francesco Petrarca osservava che l'antidoto migliore era rappresentato dalla povertà. La prudenza esigeva di adottare due soluzioni: quella degli assaggiatori e quella delle probae, delle sostanze che si riteneva reagissero se poste a distanza ravvicinata da un veleno. Le mense dei principi costituivano il luogo privilegiato in cui mettere in atto i disegni di eliminazione degli avversari da parte di nemici interni ed esterni, e pure nel corso di viaggi ufficiali e durante i contatti con gli stranieri. Lo conferma la vicenda di masaniello, che nella breve fase di potere a Napoli mangiava e beveva raramente. Veleni in Italia e in Europa: Niccolò Machiavelli nei discorsi, su cospirazioni congiure, mette in luce due punti importanti: un possibile tradimento dei complici e l'esito incerto della congiura nel caso il veleno non si riveli letale. Secondo M. più numerosi erano i congiurati, più elevati pericoli di insuccesso. Questi dati critici suggeriscono a M. di non considerare positivamente il veleno come un'arma efficace per l'eliminazione dell'avversario. Filippo Cavriani, agente toscano in Francia nonché medico al servizio di Caterina dei medici , scriveva che: «ora l'uso dei veleni, già familiare ai principi italiani, è passato in Francia, di modo che non si potrà più rimproverare a noi il veneficio». Anche se i decenni precedenti avevano portato a un deciso consolidamento dell'immagine - dell'italiano. L'insistenza sull'uso politico del veneficio non appartiene in misura esclusiva al papato o al Grand Siècle della storia di Francia. Infatti una vera e propria «leggenda nera» circonda anche la Repubblica di Venezia. La persistenza della relazione stretta fra la pratica del veneficio e l'italiano lo si ritrova nel saggio dell'inglese Thomas De Quincey sull'assassinio come opera d'arte, che elogia i metodi trasparenti per metterlo in atto e critica l'impiego del veleno quale una delle abominevoli innovazioni italiane. Modello esemplare: Angelo Poliziano e la sua tragica morte relazione omosessuale, l'omicidio e il suicidio x vel. Italia e Francia (caso della marchesa di Brinvilliers, imputata di aver divulgato ai francesi l'uso criminale dei veleni) restano i 2 paesi più famosi per l'arte del veleno; in Inghilterra questa fattispecie di omicidio era raramente utilizzata. E il caso giudiziario che aveva portato al rafforzamento della legge era stata quella di un cuoco che aveva mescolato del veleno al porridge nella cucina del vescovo di Rochester, e che fu perciò condannato alla pena capitale. Al di là della maggior durezza della pena, la caratterizzazione del veneficio riflette sia una maggiore competenza d'esperienza dei membri della professione medica sia 1+ marcata attenzione a livello comunitario nei confronti del reato in effetti dalla metà del 500 al 600, il royal college physicians di Londra ha modo di esaminare casi ed esporre pareri, in merito alle responsabilità di medici e speziali quali presunti avvelenatori. Lo stesso re Giovanni nel 1216 fu avvelenato da un monaco, attraverso un veleno ricavato dal vomito di un rospo versato in un calice di vino. Curiosa la sorte del monaco, che beve anch'egli dal calice, e muore con le viscere che gli fuoriescono dal corpo. Storia questa che irrobustiva l'identità protestante, ruolo del veleno del clero cattolico. Nemici segreti, capri espiatori: Prima della nascita della tossicologia scientifica dell'ottocento, che ha reso possibile determinare la presenza la quantità di arsenico depositata negli organi interni, l'utilizzo consapevole di sostanze velenose rientrava a pieno diritto nei sospiri e nelle pratiche da considerare segreti: con questo termine venivano indicati nei ricettari tutti preparati aventi finalità curative ma anche nocive, la cui conoscenza veniva offerta come occulta, e quindi prezioso.

Al di là degli errori nell'alimentazione nella pratica medica e di laboratorio, è dunque lo spazio riservato al medico e al chimico per l'accertamento nei casi criminali, sia di omicidio che di suicidio, a dare impulso allo studio e alla divulgazione delle nozioni di tossicologia scientifica. Sappiamo quanto fosse ampia la dimensione del segreto e la sua rappresentazione nello spazio pubblico e in quello privato. Il segreto infatti può costituire la cifra identificativa di conoscenze tramandate attraverso svariate forme (circolazione di manoscritti, trasmissione orale di ricette che oscillano tra la medicina e la magia) e come tale viene riconosciuto tanto dei libri scritti dai medici quanto dalle regole formulate dai giuristi. In ogni caso sono gli stessi medici a mettere in guardia la propria categoria professionale e i lettori delle loro opere dal divulgare ogni informazione che possa risultare utile all'infame schiera dei veleni. Un giurista, accusava le donne di essere troppo malvagie e viziose: esse nascondono la coda velenosa dello scorpione sotto un volto innocente di colomba. L'autorevole criminalista Tiberio Deciani, trattando dell'omicidio sentenzia che le donne, se adultere, sono spesso anche venefiche. veleni semplici miscelati in cibi e bevande. Tecniche segrete di nuocere grazie alla conoscenza di sostanze vegetali, animali e minerali, rinviano le arti del veleno a quelle della magia e della stregoneria, arti che trovano appunto, nell'identità femminile un punto comune di riferimento e di relazione. La maggiore scaltrezza doveva compensare la minore energia nel progettare nell'agire. Anche altri gruppi sociali deboli erano accusati di fare un uso criminoso di sostanze tossiche: le accuse rivolte nel 1321 ai lebbrosi di aver avvelenato fontane pozzi e corsi d'acqua, e quelle rivolte agli ebrei di aver propagato nel 1348 la peste nera con polvere di unguenti venefici, accuse che hanno dato luogo a forme di sterminio degli uni e degli altri. Anche all'epoca della riforma della guerra in Germania fra i principi fedeli a Roma e quelli devoti a causa di Martin Lutero circolavano voci che il Papa aveva inviato sue spie e corrieri che fra l'altro avvelenavano infettavano i pozzi e le acque ferme, facendo terra bruciata impedendo di eccedere una risorsa indispensabile come l'acqua. X i casi del 1321 e 48, sugli ingredienti utilizzati per avvelenare le acque, si prevedevano miscele di sangue, urine e feci umane; ostie consacrate; serpenti, rospi, lucertole, pipistrelli; erbe non specificate. Non si fa comunque riferimento sostanze esplicitamente velenose, vegetali o minerali. Vent'anni dopo, in una digressione di un medico di Breslavia, attesta che gli ebrei sanno che in una montagna vicino a Milano è possibile trovare l'aconito nappello, un'erba fortemente letale; l'autore giunge che è stato posto un divieto al pascolo del bestiame nella zona, e tale divieto è stato esteso anche agli ebrei per evitare che possono procurarsi un facile mezzo per eliminare i cristiani. Il medico temeva l'insorgenza di una nuova epidemia, sull'ipotesi di un veneficio di massa, e che dunque occorresse più sicurezza. Un'altra testimonianza, racconta di un accordo criminoso stipulato l'ospedale di San Giovanni tra un medico e un religioso: dove quest'ultimo individuava gli infermi danarosi e il complice li eliminava con le sue pozioni. Nonostante ciò, nella donna, nell'italiano, nell'ebreo, nell'eretico, nello straniero, si trovano o si crede di trovare, i responsabili dei venefici, progettati o tentati o realizzati. Primo terreno su cui muoversi quindi: quello del diritto. Capitolo secondo - Lo sguardo del giurista L'osservatorio degli statuti cittadini: il veleno è oggetto di un diffuso timore per le modalità occulte con cui viene somministrato. Appare un'arma usata soprattutto da uomini e da donne di potere, scaltri e crudeli, per colpire neutralizzare quanti si oppongono ai loro disegni. Ma andiamo al di là di questo stereotipo mentale: in primo luogo rivolgiamo l'attenzione al mondo del diritto e all'opera di quei giuristi.. Liti di interesse contrasti familiari, violenza fra le persone danni ai beni mobili ed immobili si rispecchiano in un quadro che rappresenta in sequenza, una serie di fattispecie di reati e le sanzioni previste per i responsabili. Le rubriche degli statuti sono una prima e utile griglia per sondare, l'orientamento politico di chi ha redatto e interpretato la norma, le pratiche punitive per i crimini temuti. La soppressione della vita altrui con i metodi occulti segreti del veneficio, venga menzionata negli articoli statutari incentrati sull'ambito penale si è distinta dall'omicidio semplice? A Bologna, la pena prescritta era la condanna di morte per decapitazione, in caso di mancato decesso: l'amputazione delle mani, e un marchio a fuoco sul volto. La dimensione del supplizio e ruolo del dolore si univano alla volontà di individuare criminali recidivi, di consentire ai magistrati di identificarli e di punirli in modo esemplare. In altre compilazioni legislative viene segnalata in un'apposita rubrica, la specificazione del veneficio, conformando in tal caso la pena di morte prevista per l'omicidio. Altre raccolte di leggi municipali, non toccano il metodo dell'uccisione x veleno, non configurandolo come un crimine a sé stante. Del resto le regole punitive previste per l'omicidio contano su un precedente illustre: le costituzioni egidiane del 1347, rimaste in vigore nello stato ecclesiastico. In altri casi il legislatore si preoccupava denunciare la morte ottenuta con il veleno rispetto a quella infarto con la spada o il coltello. Lo statuto lucchese si sofferma sui responsabili, individuando non solo chi ha somministrato di persona la sostanza mortale ma anche chi ha consigliato semplicemente consentito che ciò avvenisse; Mentre ai parricidi e ai matricidi, l'impiccagione avrà l'aggravante che il cadavere resterà esposto e non verrà mai sepolto.

Mutando città, anche i metodi per la soppressione fisica dell'avvelenatore possono variare: il rogo è prevista a Trento, dove il complice, analogamente a Bologna, subisce il taglio della mano destra e un marchio fuoco sulle due guance. più cruenti a Todi, dove il podestà poteva far trascinare il corpo per le vie cittadine e farlo lacerare vivo. La carica simbolica di una pena infamante e aggiuntiva emerge anche in altri contesti locali che prevedono, prima dell'esecuzione tramite il rogo, il trasporto del reo di veneficio su un asino e con il capo coperto da una mitria (copricapo del Papa, paramento liturgico). In Francia il reato di lesa maestà che le pagine famose di Foucault hanno ripercorso nei dettagli più sanguinari, non si rintraccia un'attenuazione per il reo di rango nobiliare, che prevede l'ammenda davanti alla chiesa, per poi essere condotto a piedi nudi in piazza dove il boia lo attende per spezzargli le braccia e gambe, cosce e reni, lasciandolo poi esposto per un'ora su una ruota con il volto verso il cielo per gettarlo infine ancora vivo tra le fiamme del rogo. La morte avvenuta con rapidità e senza essere accompagnato dai segni di una violenza fisica impressa sul corpo da armi da strumenti atti a offendere, suscitava timori e sospetti, e suggeriva la presenza di influssi negativi esercitati da un potere soprannaturale. La teoria di un ruolo svolto dalla magia nell'azione mortale del veleno è dunque da tenere ancora in considerazione alle soglie dell'età moderna. E negli statuti delle città marchigiana di Fermo un articolo tratta degli omicidi e quello successivo affronta il tema, prevedendo la decapitazione per chi abbia spento la vita altrui, mentre nella seconda si applica la punizione del rogo contro chi esercitato l'arte malefica, quella venefica o negromantica. Emerge dunque una vicinanza, ma anche una distinzione. Quanto al filtro d'amore somministrato in forma di bevanda, dato segretamente alla persona oggetto del desiderio, e si ricorre anche nei pareri dei dottori e nei trattati giuridici. I Pocula amatoria, potevano essere più o meno gravemente rischiosi per la salute. Il danno fisico, senza l'intenzione di nuocere, costituiva un utile precedente in chiave di comparazione, al quale ricorrere per arrivare alla sentenza in altri casi giudiziari. I testi di medicina pratica del tempo non mancano di segnalare al rapporto tra incantesimo e uso criminoso del veleno, pur operando una distinzione fra donne malefiche e venefiche, unite però le urne e le altre dalla volontà di guastare uomini e animali con sostanze dannose; ma solo le prime agiscono con l'aiuto del diavolo. Paolo Ghirlandi, nella sua opera sui sortilegi. Per realizzare quelli amorosi devono figurare, oltre agli elementi materiali (fegato di volpe, occhi di lupo) anche le parole diaboliche che determinano l'effetto desiderato. Altri sortilegi che inducono la malattia e l...


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