Smottamenti riassunto PDF

Title Smottamenti riassunto
Author Giorgia Lippolis
Course Metodologia della ricerca archeologica
Institution Università degli Studi di Messina
Pages 18
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Summary

"Smottamenti: disastri, politiche pubbliche e cambiamento sociale in un comune siciliano" Introduzione I fatti: La sera del primo ottobre 2009, in poco più di tre ore e in un tratto ristretto di territorio (grande all'incirca 10 km), sono precipitati 300 mm di acqua...


Description

"Smottamenti: disastri, politiche pubbliche e cambiamento sociale in un comune siciliano" Introduzione I fatti: La sera del primo ottobre 2009, in poco più di tre ore e in un tratto ristretto di territorio (grande all'incirca 10 km), sono precipitati 300 mm di acqua piovana (fenomeno detto "bomba ad acqua"), accompagnati da colate di fango, detriti e rocce che hanno colpito soprattutto il centro abitato di Giampilieri e il comune di Scaletta Zanclea, provocando la morte di 37 persone. I 1600 sfollati sono stati ospitati negli alberghi della provincia o in private abitazioni messe a disposizione da familiari e amici. La genesi del libro: Il libro è un racconto etnografico di una storia reale e complessa, che racchiude al proprio interno molte altre storie. Si tratta di un'auto etnografia, una storia personale dell'autrice. Ma è anche la storia di un evento, di un disastro naturale. Questo concetto verrà decostruito nel libro. Infine è anche la storia di un piccolo comune siciliano, dei suoi abitanti e de loro incontro con il disastro. Scrivere questo libro non è stato semplice: l'autrice ha dovuto aspettare molti anni prima di trovarne la forza. I motivi di questa procrastinazione vanno dalla sua sfera privata a quella accademica e intellettuale, ma derivano tutti dall'incontro intimo col disastro. L'alluvione non è stato solo oggetto di interesse scientifico, poiché l'autrice ha subito sul suo corpo gli effetti del disastro. Ha scelto poi di tuffarsi "a capofitto nella crisi" , prima promuovendo e coordinando le attività e in seguito scrivendo questa etnografia. Gli studi antropologici mostrano come i disastri abbiano un carattere totalizzante: i loro effetti si riversano in ogni ambito della vita umana, costringendo ogni individuo a rivedere l'ordine quotidiano della propria esistenza. Per l'autrice, il disastro è diventato una sorta di lente con cui osservava sé stessa e il mondo circostante. Partendo da questa dimensione personale, ha poi sentito l'esigenza di prendere le distanze da avvenimenti, luoghi e persone così intensamente vissuti e studiati (per la tesi di dottorato). Persino il suo corpo si ribellava all'esercizio intellettuale di analisi critica. Trascorsi molti anni, ha deciso di riaprire il cassetto delle emozioni; la spinta le è stata data dagli esiti di un procedimento penale durante cui i Pubblici Ministeri hanno fondato l'impianto accusatorio sulle idee di prevedibilità dell'evento e della sua evitabilità. Nelle aule del Tribunale di Messina, l'alluvione (quasi del tutto ignorato dai mass-media) e dall'opinione pubblica nazione, ha acquisito una forte valenza conoscitiva. Eventi tanto intensi non rappresentano solo una rottura dell'ordine sociale, ma una conseguenza di questo stesso ordine: ecco che i piccoli comuni (in particolare quello di Scaletta) assumono una straordinaria densità etnografica, con la sua "duplice crisi", ambientale ed economica. Sintesi del libro:

L'autrice nel ripercorrere la storia dei disastri e dei luoghi che lo hanno subito, si muove dal suo vissuto personale, per ampliare poi il focus dell'analisi sulle rappresentazioni mediatico-istituzionali degli eventi e delle politiche di gestione dell'emergenza. Restringendo nuovamente la prospettiva, descrive infine gli effetti dell'alluvione sugli equilibri politici, oltre che le dinamiche relazionali. In un primo momento (prima parte), Irene discute criticamente i diversi livelli di coinvolgimento e i posizionamenti teorici che hanno orientato il processo interpretativo, e la scrittura scientifica a tratti cede lo spazio alla narrazione. L'intimità culturale che caratterizza le relazioni con gli abitanti del comune influisce infatti sul processo di produzione del sapere, e sulla modalità di raccolta dei materiali. Si tratta di una sorta di "partecipazione osservante", la quale ha almeno tre tendenze: un investimento particolarmente orientato nel tempo, il prevalere delle attività partecipative rispetto a quelle osservative, e il passaggio forme di partecipazione pure a pratiche di osservazione che portano a una conversione della ricerca. Tutto ciò viene collocato all'interno di una storia ambientale e politica di lunga durata, dove l'autrice analizza ciò che ha contribuito a rendere l'evento meteorologico un disastro. L'alluvione rappresenta infatti la manifestazione di una progressiva vulnerabilizzazione dei territori (la cosiddetta "tragedia annunciata"). La seconda e la terza parte del libro parlano invece delle tensioni che hanno attraversato il contesto d'indagine nel periodo della ricerca, prendendo in considerazione in che modo il disastro è stato narrato al grande pubblico, e come l'evento sia stato manipolato da soggetti istituzionali che agivano durante la ricostruzione per veicolare idee politiche e visioni del territorio contrastanti (che contribuivano a creare l'immagine di una città e di una nazione, caratterizzate da una grave instabilità politica). Nonostante gli intenti dichiarati, la ricostruzione di Scaletta è stata fortemente ostacolata da più contraddizioni e conflitti. Tra questi, anche i diversi modi di "governance" dell'emergenza della Regione Sicilia (fondata su un sistema partecipativo, con l'attuazione di modelli tra conoscenze tecniche e conoscenze locali), e quelli propri dei modelli dominanti (personificati da Guido Bertolaso, il capo Dipartimento della Protezione Civile). Nella terza parte del libro si parla invece delle conseguenze del disastro sugli assetti socio-politici sociali. L'autrice descrive prima le risposte al disastro messe in atto dagli attori locali, e poi le motivazioni alla base dei processi di attribuzione di responsabilità. Importanti in questo libro sono anche gli effetti perturbanti dell'alluvione sul mantenimento della fiducia personale e sistemica, nell'ipotesi che i disastri possano essere interpretati come quegli eventi complessi che distruggendo, creano percorsi differenti.

Il libro si compone di tre parti: Radici, Distanziamenti, Riavvicinamenti. Prima parte Radici Capitolo 1, La ricerca tra auto-etnografia e impegno pubblico

Nel tardo pomeriggio del primo ottobre del 2009 la Provincia Sud di Messina è stata colpita da un evento alluvionale di grandissime proporzioni, seguita da colate di fango, detriti e rocce che hanno colpito soprattutto il centro abitato di Giampilieri e il comune di Scaletta, provocando la morte di 37 persone e ingenti danni alle abitazioni, alle attività commerciali e alle infrastrutture. Questi luoghi si sono improvvisamente trasformati in caotici spazi di emergenza, per poi diventare quartiericantiere. Nei giorni successivi le testate giornalistiche nazionali e locali hanno analizzato il disastro come centrato sulle responsabilità che avevano contribuito a determinarlo. Altri articoli facevano riferimento invece alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, sottolineando l'opportunità politica di rinunciare al progetto per dirottare i fondi alla mitigazione del rischio e alla messa in sicurezza del territorio. Tutto ciò esclude dal dibattito nazionale fattori legati ad aspetti casuali, al fato o alla violenza di una natura matrigna. Cavalcano una dichiarazione rilasciata da Guido Bertolaso, la stampa nazionale rintracciava le cause del forte impatto dell'evento nelle pratiche di abusivismo edilizio. Si è così attenuata la risonanza emotiva, provocando un generale disinteresse dell'opinione pubblica. Mentre in altri casi di calamità naturali, come il terremoto aquilano, gli abitanti sono stati rappresentati come persone testarde orgogliose, a Messina gli alluvionati sono stati trasformati in "abusivisti", passando in attimo dallo status di vittime a quello di colpevoli. Tutto ciò ha creato un'immensa distanza tra cittadini e istituzione, e tra Nord e Sud. Da un punto di vista "più intimo" l'autrice del libro è una sopravvissuta al disastro; la sua casa si trovava vicina a uno dei torrenti più colpiti dagli effetti dell'alluvione, ed è stata sommersa dal fango. Proprio sopravvivere ha significato per lei contrarre un debito nei confronti del luogo in cui viveva, delle persone a lei care e di quanti non avevano avuto questa occasione. Nei giorni successivi all'evento, i territori colpiti sono stati animati da attori sociali e istituzionali con intenti diversi: offrire il sostegno, documentare gli eventi e così via. Col trascorrere del tempo ai giornalisti e agli operatori di primo soccorso si erano sostituiti rappresentanti di banche locali, tecnici ed esperti che proponevano soluzioni. Trascorso quasi un mese, l'autrice inizia a saldare il suo "debito con la vita", partecipando alle attività di un comitato cittadino nato con l'obiettivo di rappresentare gli abitanti del comune di Scaletta in contesti istituzionali e mediatici. L'incontro con il disastro e l'applicazione degli studi di antropologia hanno rappresentato per lei un'opportunità di unire conoscenze e pratiche di intervento, per provare a direzionare i processi di cambiamento politico. In numerose occasioni la sua posizione pubblica è entrata in contrasto con le aspettative dei membri del comitato e degli stessi abitanti di Scaletta. Inoltre, questo suo impegno pubblico ha esposto il suo lavoro a un rischio dell'antropologia impegnata: la frustrazione, e la convinzione (o la speranza) di poter contribuire a risolvere ogni problema, assumendo la postura di un "supereroe". L'auto-etnografia Con il crollo dell'oggettivismo del contesto etnografico e la svolta riflessiva, questioni di classe, razza e genere, l'impatto sconvolgente di un evento traumatico, il sopraggiungere improvviso di una malattia sono stati alcuni dei casi in cui elementi auto-biografici hanno fornito un input allo studio

di un determinato argomento. Si passa così da etnografia ad auto-etnografia: un movimento costante tra il personale e la struttura culturale, storica e sociale. Così, l'intimità familiare e culturale che legano al contesto, diventano strumento di ricerca. Uno dei rischi principali di questo lavoro antropologico è quello di rendere un tutt'uno il personale e l'etnografico, provocando reazioni emotive e vincolanti che restringono la prospettiva di analisi. Comunque, Irene ha trasformato questa osservazione in auto-osservazione, maturando personalmente e politicamente e soprattutto e liberandosi di quegli appellativi di "miracolata" e "vittima" in cui non si riusciva ad identificare. Capitolo 2, Geografia della vulnerabilità La vulnerabilità, intesa come combinazione di fattori che determinano il grado in cui la vita e la sussistenza di una persona o un gruppo sono messe a rischio da un evento della natura o della società, si produce nel punto di interconnessione tra società, tecnologia e ambiente. Le forme e i livelli di vulnerabilità dipendono dalla condizione geografica, dal sistema delle infrastrutture, dall'organizzazione sociopolitica e dall'ideologia di una società; sono connessi inoltre indicatori di qualità della vita come le prestazioni sanitarie e le condizioni delle abitazioni. La storia dell'alluvione può quindi essere interpretata come la storia di un processo di progressiva vulnerabilizzazione dei territori, che ha trasformato i rischi in pericoli per chi li abita. Per quanto riguarda le indagini sui "territori a rischio", Messina era stata descritta fin dagli anni '90 come una provincia estremamente vulnerabile. A questo però non è corrisposto un parallelo adeguamento della programmazione urbanistica, anzi: nel corso degli ultimi decenni la provincia è stata sottoposta a profonde trasformazioni che ne hanno accentuato le criticità, come lo sviluppo di nuovi nuclei abitativi nelle zone collinari. Descrizione di Scaletta: Il comune è collocato sul versante ionico dello Stretto di Messina, ed è attraversato da quattro aste torrentizie corte ma con ampi bacini. Esso è circondato da un lato dal mare, e dall'altro da zone collinari e montuose. Con uno sviluppo urbanistico sempre meno attento alle esigenze dei suoi abitanti, si è anche limitato lo sviluppo economico. Ecco perché il contrasto tra la bellezza del paesaggio e le storture dell'azione umana, rispecchia un'identità locale appassionata e frammentata. Il comune si compone di quattro frazioni: Scaletta superiore, Scaletta marina, Guidomandri superiore e Guidomandri marina, che hanno conosciuto fasi di sviluppo diverse tra loro. Lo spettacolo che si presentava agli occhi dei primi soccorritori era quella di un territorio scisso tra devastazione ed apparente normalità, che alimento conflittualità interne ed accuse di indifferenza al dramma tra i vari abitanti del comune. Storia della Protezione Civile e tragedia annunciata: Per quanto riguarda la storia della gestione delle emergenze in Italia, nel 1992 viene istituito il Servizio Nazionale della Protezione Civile, a cui è assegnato il compito di realizzare attività di

previsione, prevenzione e mitigazione del rischio. Eppure, l'emergenza va dall'esplosione di una centrale nucleare al traffico eccessivo che rischia di bloccare una città. A dimostrazione di questo, le "zone rosse" (zone pericolose e inaccessibili), istituite sia per importanti manifestazioni pubbliche che per situazione post-disastro. Ad aggravare ciò, la forte personalizzazione a cui è stato sottoposto il Dipartimento in seguito ai cambiamenti strutturali decisi da Berlusconi nel 2001. Lo stesso anno, è stato chiamato a dirigere il Dipartimento, Guido Bertolaso. Tra l'identificazione con il suo massimo esponente e le convinzioni dello stesso, secondo cui "l'Italia è in perenne emergenza", la gestione di Bertolaso comincia a mostrare le prime crepe proprio con i fatti di Scaletta. Gli avvenimenti hanno infatti resi evidenti le conseguenze di decisioni a livello nazionale: più volte era stata richiamata l'attenzione degli enti pubblici sul territorio, in seguito ad un'alluvione precedente (2007), ma mai nessuno era intervenuto, a causa dell'assenza di fondi. "Per intervenire aspettano il morto": è una frase che l'autrice sente frequentemente tra gli abitanti del luogo, e che rispecchia un'amara consapevolezza. Gli effetti dell'alluvione non erano quindi imputabili all'azione distruttrice della natura, piuttosto al disinteresse politico e istituzionale. La tragedia era già stata annunciata nel 2007, e questo ha permesso agli abitanti di comprendere per tempo la gravità della situazione che si era delineata nel pomeriggio del primo ottobre, consentendo ad alcuni di sfuggire alla morte. Seconda parte Distanziamenti Capitolo 3, Raccontare l'alluvione In questa parte vengono descritte le principali cornici interpretative che hanno guidato i discorsi e le rappresentazioni pubbliche dell'alluvione. In particolare, vengono discusse le rappresentazioni mediatiche e politiche sul piano nazionale, contrapposte alle risposte che queste hanno suscitato tra i tecnici e i rappresentanti delle istituzionali e della società locale. Nel primo caso (rappresentazioni nazionali), le responsabilità individuate sono attribuite genericamente alla cultura dell'abitare che intrattiene un rapporto distruttivo col territorio, sottoponendole a pratiche selvagge di abusivismo, nel secondo caso (rappresentazioni locali), le cause diventano politiche e indicano responsabilità precise. Vengono descritti i due livelli (locale e nazionale) di rappresentazione e interpretazione degli eventi tramite due fotogrammi a cui è legata la memoria dell'alluvione. Il simbolo dell'alluvione L'autrice racconta di un episodio: si trovava in treno verso Messina, quando osserva gli sguardi incuriositi dei passeggeri accanto a lei, accompagnati da commenti indagatori. Attraversando la linea ferrata vicino a uno dei torrenti, una donna chiede se era lì che si trovava il palazzo abusivo. In realtà quel palazzo non era abusivo, nonostante le apparenze. Questo famoso palazzo si trovava in direzione di uno dei torrenti più colpiti, Torrente Racinazzi. Nelle immagini proposte dai media, l'impressione che suscita il palazzo è quella di un edificio costruito "in mezzo al torrente". Così, il dirigente della Protezione Civile evita ogni riferimento alle precedenti calamità e propone un'immagine della Sicilia fortemente stereotipata. Eppure, l'edificio usato come simbolo negativo

del territorio, non risulta essere abusivo. Le dichiarazioni di Bertolaso vengono interpretate dagli abitanti di Scaletta come l'espressione di uno scarto tra quelle retoriche istituzionali fondate su concetti come sicurezza e prevenzione, e le effettive pratiche con cui erano state attualizzate a partire dall'alluvione del 2007. Su un piano generale, esse evocano l'eterna "questione meridionale" e il problema della gestione politica del Sud Italia. La lettera inviata da un abitante di Giampilieri alle autorità nazionali, pubblicata poi da un quotidiano online, esprime bene questi sentimenti di reazione all'accusa di abusivismo. La distanza radicale che separa la città di Messina dal resto dell'Italia non è geografica, ma culturale e simbolica. L'autore della lettera decide di sostituire la bandiera italiana con quella gialla e rossa di Messina: la sua televisione viene spenta durante la partita della nazionale, e la bandiera italiana viene consegnata ad un "extracomunitario". La soluzione a tutto ciò viene offerta dall'allora presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, che propone di costruire a Messina nuovi agglomerati abitativi destinati ad ospitare gli sfollati. L'ipotesi di queste new town non è che il risultato di una conoscenza poco approfondita delle criticità ambientali del territorio, che ostacolava l'individuazione di aree sicure ed edificabili. L'ipotesi di delocalizzazione era stata invece contrastata dal valore identitario dei villaggi alluvionati e dal forte senso di appartenenza degli abitanti. Questi rivendicano il diritto a vivere nei propri territori, garantendosi così una continuità esistenziale e non solo abitativa. Tutto questo contribuisce ad ostacolare la costruzione di new town; l'alluvione diventa così un'emergenza esclusivamente siciliana, e le accuse di abusivismo da escamotage retorico per giustificarsi, diventano una strategia di disimpegno politico nazionale. Capitolo 4, Gestire l'emergenza Il funzionamento della Protezione Civile italiana poggia su un sistema complesso che coinvolge numerose strutture e attività, al fine di tutelare la vita, i beni e l'ambiente dai danni o dal pericolo derivanti da calamità e catastrofi, ed è fondato sul principio di sussidarietà. Quest'ultimo prevede una ripartizione delle competenze dello Stato ed enti locali, ed incoraggia la collaborazione con la società tramite il sistema del volontariato, che costituisce la sua base. Nel caso di Messina, la struttura per la gestione dell'emergenza è stata dislocata a Palermo, mentre la struttura operativa della macchina emergenziale si trovava in luoghi tra loro distanti nella città di Messina. Quest'articolata geografia istituzionale è diventata per gli abitanti il simbolo di specifici modi di interpretare e agire l'intervento. Innanzitutto, vi sono state diverse e a volte contrastanti idee per la ricostruzione. La sfiducia nei confronti delle istituzioni è molta: simbolo di ciò, l'immagine del Presidente della Regione Siciliana sottobraccio al sindaco di Messina, che posano di fronte ai giornalisti tra le macerie ridendo con aria complice. Quest'immagine viene utilizzata come strumento di contestazione dell'autorità politica. Vi è una forte instabilità politica: nell'autunno del 2009 una forte crisi di governo turba gli equilibri politici e il Presidente della Regione è costretto a riformare ben due volte il sistema delle alleanze, ridistribuendo ogni volta gli incarichi assegnati. Il governo regionale è in forte contrasto col governo nazionale, lamenta gli scarsi investimenti previsti per la Sicilia e minaccia di privare il governo nazionale del suo sostegno. A loro volta, il Presidente della Regione e il sindaco di

Messina, a differenza dell'immagine che li ritrae sorridenti insieme, entrano presto in aperto conflitto. Ovviamente, questa crisi politica avrà delle ripercussioni sulla macchina dell'emergenza. L'opposizione alla costruzione di new town aveva reso l'alluvione un'emergenza locale, esasperando le conflittualità interne. I poteri di gestione dell'emergenza erano stati assegnati al presidente Lombardo, mentre il sindaco di Messina era diventato Soggetto Attuato...


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