Vita e Opere di Gioacchino Rossini. Saggio su uno dei grandi operisti dell\'Ottocento PDF

Title Vita e Opere di Gioacchino Rossini. Saggio su uno dei grandi operisti dell\'Ottocento
Author Mariangela Losacco
Course Storia del Melodramma 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Summary

All'interno di questo documento troverete informazioni sulla vita di uno dei più grandi operisti dell'Ottocento, accompagnato dall'analisi precisa e puntuale di tutte le sue opere, sia serie che buffe...


Description

Gioachino Rossini (1792-1868) Gioachino Rossini nacque a Pesaro nel 1792. Era il figlio di Giuseppe Rossini, un suonatore di trombetta, e di Anna Guidarini, una cantante lirica. Trascorre nella città natale i primissimi anni dell’infanzia, inseguito la famiglia si trasferì a Lugo dove Rossini cominciò a studiare musica nella casa dei fratelli Malerbi, dove iniziò a conoscere le musiche di Mozart e di Haydn. In seguito, si trasferì ancora con la famiglia a Bologna dove fu ammesso a studiare nel Liceo musicale, qui completò gli studi di violoncello, pianoforte e contrappunto (l'arte di combinare con una data melodia una o più melodie, più o meno autonome). Il suo insegnante di composizione fu padre Stanislao Mattei, che seguiva rigorosamente la tradizione italiana. Padre Mattei l’aveva soprannominato “il tedeschino”, poiché Gioachino Rossini prendeva ispirazione dai compositori europei di aria germanica (specialmente Mozart e Haydn) e poiché scriveva velocemente le sue composizioni musicali e non aveva mai ripensamenti. Aveva un carattere esuberante e ribelle che lo rendeva insofferente alle rigide regole imposte da padre Mattei, ma alla fine riuscì a diplomarsi. Quest’ambiente con una disciplina ferrea determinò nel giovane musicista uno stress psicologico e una ribellione alle inflessibili regole imposte, dato il suo carattere esuberante che non sopportava i rigidi schemi a cui doveva sottostare. Rossini già nel 1810 compose la sua prima opera lirica, Demetrio e Polibio. Un’opera seria scritta per la famiglia Mombelli, una famiglia di artisti, fu musicata su libretto di Vicenzina Viganò Mombelli, moglie del compositore e tenore Domenico Mombelli, che la misero in scena nel 1812 al Teatro Valle di Roma. Quest’opera ebbe un’ottima accoglienza e fu replicata, sempre dai Mombelli, in molti teatri a Milano, Bologna e Venezia. (Rossini è celebre per le opere comiche, un filone in voga nel secondo Settecento italiano, ma è stato soprattutto un grande innovatore, che ha rivoluzionato il genere del teatro serio. I caratteri fondamentali che contraddistinguono la sua musica sono: le invenzioni a getto continuo, una gioiosità ritmica inesauribile, un equilibrio tra il suono dell’orchestra e le voci dei cantanti lirici, e una fantasia musicale illimitata. Egli seguì le tracce e i modelli dei suoi predecessori, per quanto concerne i temi ricorrenti, la tipologia dei personaggi, le situazioni, evidenziando il meccanismo dell’uso del comico ampiamente sperimentato, ma la sua grande capacità fu di riuscire a portare questo sistema alla perfezione tenendo conto delle esperienze degli altri compositori.) Sempre nel 1810 iniziò la sua carriera di compositore al teatro San Moisè a Venezia, con la farsa La cambiale di matrimonio. Ma il suo vero successo lo ha nel 1812, quando debutta al Teatro alla Scala di Milano con la grande opera comica in due atti La pietra del paragone, un melodramma giocoso con il quale conquista il favore del pubblico. A Venezia Rossini compose sia opere di genere serio, sia di genere comico. Musicò il Tancredi, un’opera lirica in due atti, tratta dalla tragedia Tancrède di Voltaire del 1760, su libretto di Gaetano Rossi. La struttura dell’opera è rigida e chiara, ancora legata alla tradizione settecentesca, infatti è impostata essenzialmente su arie e duetti, recitativi secchi (veniva accompagnato solo da uno strumento a tastiera) e cori. Il protagonista del dramma, Tancredi, è rappresentato da un contralto en travesti (Adelaide Malanotte), figura che aveva sostituito definitivamente il castrato. La Prima fu messa in scena nel 1813 al Teatro La Fenice di Venezia. Il capolavoro entusiasma il pubblico, tanto che resterà in repertorio in Europa per quasi tutto l’Ottocento.

Sempre nel 1813 fu messa in scena al Teatro San Benedetto, sempre a Venezia, L’Italiana in Algeri, un dramma giocoso composto su un libretto già musicato in precedenza, scritto da Angelo Anelli. Questo testo aveva tratto ispirazione da un fatto di cronaca realmente accaduto. La vicenda parla di una signora milanese rapita dai corsari nel 1805, portata nell’Harem del Bey di Algeri, Mùstafà-ibn-Ibrahim, e poi ritornata in Italia. Rossini la compose velocemente, pare che avesse impiegato solo ventisette giorni. Rossini usò per L’Italiana ad Algeri i concertati, ossia pezzi vocali d’insieme, sistema musicale che fu usato in tutto il Settecento, soprattutto da Mozart. Un concertato è utilizzato nel momento in cui Isabella rivedendo il suo amato Lindoro, prigioniero alla corte del bey Mustafà, qui le voci s’inseriscono senza un ordine preciso, si sovrastano. Ci sono sette personaggi che cantano sottovoce tra di sé e sé, mentre Isabella cerca di mandare dei messaggi criptici a Lindoro incomprensibili agli altri. Come il Tancredi nel genere serio, L’italiana in Algeri ebbe un grandissimo successo e fu replicata numerosissime volte, in alcuni casi con alcune modifiche o rivisitazioni, in tanti teatri d’Italia. Le arie si stabilizzano in una forma bipartita: cantabile, prima sezione lirica, cabaletta, sezione caratterizzata dal virtuosismo. Non molto successo ebbe a Roma, invece, nel 1816 nel Teatro Argentina l’opera buffa Almaviva ossia L’inutile precauzione. La Prima fu un clamoroso insuccesso, dato che Il barbiere di Siviglia, ovvero La precauzione inutile (tratto dalla pièce di Beaumarchais Le barbier de Séville) era già stato musicato da Paisiello e rappresentato per la prima volta nel 1792, ma che continuava ad essere rappresentata. Per questo motivo i fans del grande compositore tarantino, che era ancora in vita, non avevano gradito che Rossini avesse avuto l’ardire di utilizzare lo stesso tema. Il barbiere di Siviglia di Rossini, nelle repliche successive, invece, fu acclamato e divenne uno dei maggiori capolavori di teatro di tutti i tempi. Nonostante sia stata composta in pochissimo tempo, dall’assunzione dell’incarico alla Prima passarono solo due mesi, e molti dei motivi siano stati ripresi da diverse altre opere, questa è un’opera stilisticamente molto ricca e una delle più rappresentative delle composizioni di Rossini: la scena si apre con un coro che intona, insieme al conte di Almaviva e al suo servo Fiorello, Piano Pianissimo, al quale segue la cavatina del conte e poi l’introduzione di Figaro, il protagonista, con la cavatina (aria di presentazione dei personaggi) Largo al factotum, ricca di virtuosismi, in cui si conosce il personaggio di Figaro, ma quella del barbiere non è l’unica, perché la cavatina Una voce poco fa ci introduce il personaggio femminile di Rosina. Ma il vero capolavoro è il finale d’atto, che si conclude con un crescendo di situazioni comiche al quale partecipano tutti i personaggi e un coro di soldati e che raggiunge il culmine con la Stretta. Nel secondo atto arie e concertati vengono utilizzati per raccontare i mille espedienti che Figaro mette in atto affinché Lindoro e Rosina possano sposarsi, raggiunto lo scopo, anche don Bartolo si rassegna e il lieto fine è sigillato con il coro Di sì felice innesto. Nel 1815 Rossini assunse la direzione musicale dei due prestigiosi teatri di Napoli: il Teatro San Carlo e il Teatro Fondo, grazie ad un contratto stipulato con l’impresario Domenico Barbaja. Qui si dedicò esclusivamente al genere serio. Tra il 1815 e il 1822 compose per il Teatro San Carlo numerose opere serie: (Elisabetta Regina d'Inghilterra, Armida, Mosè in Egitto, Ricciardo e Zoraide, Ermione, La donna del lago, Maometto II, Zelmira) Nel 1816 al Teatro Fondo fu rappresentato l’Otello: l’opera non era tratta direttamente dall’omonima tragedia di Shakespeare, ma, come in uso a quell’epoca, era un adattamento contemporaneo e si ambientava a Venezia: amore di una fanciulla e di un eroe; opposizione del padre di lei, che destina la figlia in sposa a un altro; gelosia dell’eroe, che crede infedele l’amata. Il lieto fine ordinario viene impedito: l’eroe uccide l’amata. Anche se nelle riprese dell’opera il finale tragico veniva volentieri mutato in un lieto fine, con la rappacificazione di Otello e Desdemona. La protagonista del dramma sarà interpretata da Isabella Colbran primadonna, soprano e compositrice spagnola, al Teatro San Carlo. I rapporti con l’impresario Barbaja si raffreddarono dopo l’incontro artistico della cantante Colbran con Rossini, soprattutto quando i due s’innamorarono perdutamente. La donna era

l’amante dell’impresario, che lasciò dopo essersi innamorata di Gioachino: alcuni anni dopo ne divenne la moglie. L’anno successivo, nel gennaio 1817, al Teatro Valle di Roma, Rossini presentò la Cenerentola, suo ultimo capolavoro di genere comico. L’opera è un melodramma giocoso, scritto su libretto di Jacopo Ferretti, tratto dalla rinomata fiaba Cendrillon di Charles Perrault. Rossini, nello scriverla, la trasformò in commedia escludendo tutti gli elementi magici: niente fata madrina, ma un uomo saggio, nessun incantesimo per aiutare la povera Cenerentola a partecipare al ballo del Principe, niente scarpette di cristallo, ma solo un bel vestito e un bracciale d’oro, che la fanciulla dona al principe affinché possa ritrovarla; la matrigna lasciò il posto a un patrigno, mentre rimasero le due sorellastre, rappresentate in maniera molto buffa. Nella composizione musicale di Cenerentola Rossini ideò un concertato di sestetti, vivacizzandole con un ritmo di danza. I protagonisti, quindi, non appaiono come persone reali, ma come personaggi che pensano fra sé. Il grande compositore pesarese chiudeva la sua carriera italiana nel 3 febbraio 1823 al teatro de La Fenice, a Venezia, con il melodramma Semiramide , basato su Sémiramis, una tragedia di Voltaire. Rossini, musicista ormai affermato e dal successo internazionale, nel 1823 lascia l’Italia e si reca prima a Vienna. Verso la fine del 1824 il compositore giunge a Parigi. Diviene direttore del Théâtre des Italiens, si dedica alla composizione di nuovi lavori per quel teatro e per il Théâtre de l’Academie Royale de Musique. Si dedica anche alla revisione musicale delle sue opere per adattarle ai gusti del pubblico parigino: Le siège de Corinthe del 1826, rifacimento del Maometto II, e Moïse et Pharaon (1827) rifacimento di Mosè in Egitto. L’ultima opera teatrale francese fu il Guillaume Tell (Guglielmo Tell) un capolavoro assoluto, Rossini la compose in quattro atti. Il libretto, scritto da Étienne de Jouys, s’ispira alla tragedia Wilhelm Tell di Friedrich Schiller, nel quale vengono raccontate le vicende legate alla liberazione degli svizzeri dalla dominazione austriaca con una leggenda medievale. Il finale dell’opera fu musicato in modo che, subito dopo la vittoria degli insorti e la cacciata degli invasori, si avesse un momento corale di estatica contemplazione. Segue un concertato, per far risaltare la gioia della riconquistata libertà: per riuscire nel suo intento, Rossini usò un Ranz de vaches (richiami dei pastori), un canto popolare svizzero. In essa possiamo riconoscere uno stile nuovo, adatto all’ambiente e ai tempi, che si pone a cavallo tra classicismo e romanticismo. Gli elementi romantici si ritrovano nel soggetto di carattere storico-patriottico tratto dall’omonimo dramma di Friedrich Schiller, che narra la lotta per l’indipendenza degli svizzeri guidati da Guglielmo Tell contro gli austriaci, e nell’amore del patriota Arnold per l’austriaca Mathilde. L’opera unisce il lirismo italiano con momenti coreografici, danze e scene grandiose, componenti della tradizione operistica francese. Viene accolta con stima dal pubblico e con entusiasmo da critica e musicisti. È l’ultima opera composta da Gioachino Rossini: lascia la scena in piena gloria, con un capolavoro ancora oggi ampiamente eseguito. Nella villa di Passy, che fa costruire nel 1859, il genio pesarese vive gli ultimi anni riconosciuto e omaggiato dalla società musicale internazionale. Muore a Passy a seguito di una grave malattia la sera del 13 novembre 1868, ormai celebratissimo e circondato dall’affetto di amici e ammiratori. Viene sepolto al cimitero di Père-Lachaise a Parigi; la salma sarà traslata in Italia e tumulata in Santa Croce a Firenze il 3 maggio 1887. Nominata erede dei suoi beni, la città natale di Pesaro si è dedicata alla fondazione del Conservatorio Statale di Musica a lui intitolato....


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