Economia Aziendale, Capitolo 3: Gli elementi costitutivi dell\'azienda PDF

Title Economia Aziendale, Capitolo 3: Gli elementi costitutivi dell\'azienda
Course Economia Aziendale
Institution Università degli Studi di Firenze
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Riassunto del capitolo 3 del libro di Economia Aziendale (F.Giunta), anno accademico 2018/2019. Corso insegnato dalla prof.ssa Laura Bini e superato con la votazione di 26/30....


Description

mercoledì 18 ottobre 2017

Gli elementi costitutivi dell’azienda 3.1 Il capitale finanziario! Esamineremo come è fatta un’azienda, quali sono, cioè, gli elementi da cui l’azienda deve essere costituita per realizzare la sua attività. Alcuni di questi elementi sono facilmente individuabili in virtù della loro consistenza fisica (es. macchinario), mentre altri non sono immediatamente visibili (conoscenze del personale). I fondamentali elementi costitutivi dell’azienda possono essere distinti in due classi:

- elementi che rappresentano il capitale finanziario; - elementi che esprimono il capitale intellettuale, riconducibile, prevalentemente, al fattore umano. Chi costituisce e amministra un’impresa non si limita ad accumulare denaro, ma, al contrario, lo interpreta come mezzo per acquisire tutti i diversi fattori necessari a realizzare l’attività. Nell’azienda, dunque, il denaro è trasformato in mezzi che, combinati con il lavoro e le idee, consentono di svolgere l’attività di produzione. Per questo, il capitale si configura, anzitutto, come una massa di investimenti, ossia impieghi della moneta in fattori grazie ai quali svolgere la produzione e lo scambio per il mercato di beni o servizi. Tuttavia, prima di realizzare gli investimenti, occorre prima procurarsi la moneta necessaria. Per farlo, bisogna attingere ai finanziamenti a disposizione dell’impresa. Il capitale finanziario, si presenta, dunque, simultaneamente sotto due aspetti:

- gli investimenti, ossia le forme di impiego dei mezzi monetari; - i finanziamenti, ossia le fonti da cui tali mezzi provengono. Gli investimenti Il capitale, dunque, si configura come un complesso di investimenti, tra cui ne vediamo i principali. 1. Fabbricati: ci si riferisce agli edifici di vario genere entro i quali viene svolta l’attività, o parte dell’attività, aziendale; 2. Impianti, attrezzature, macchinari, automezzi, mobilio e gli arredi;

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CAPITOLO TERZO

mercoledì 18 ottobre 2017 3. Brevetti, know how e marchi: sono elementi di natura immateriale, quali le conoscenze (il saper fare), i brevetti (acquisire la possibilità di sfruttare, in maniera esclusiva, determinati procedimenti di produzione) e i marchi; 4. Partecipazioni: ricordando le logiche di aggregazione aziendale (integrazione verticale e orizzontale, cfr. par. 1.3), l’esigenza di creare legami con altre imprese, grazie ai quali rendere più economica la propria attività di produzione. I vari investimenti richiamati concorrono a definire l’apparato produttivo stabile dell’impresa, la sua struttura produttiva. Siamo, insomma, di fronte a investimenti che vengono realizzati per predisporre le condizioni necessarie a svolgere durevolmente la produzione e che, pertanto, vengono impiegati lungo un ampio arco di tempo. Si parla, in questo senso, di capitale fisso o immobilizzazioni. I vari elementi del capitale fisso presentano caratteristiche diverse e sono chiamati a svolgere ruoli differenti. Impianti, macchinari, ma anche brevetti, marchi ecc. hanno, infatti, una stretta strumentalità tecnica rispetto alla realizzazione della produzione aziendale. Per questo, tali investimenti vengono talvolta definiti immobilizzazioni tecniche, sia pur distinguendo fra quelle materiali, dotate di una loro fisicità, come impianti, macchinari e simili, e quelle immateriali, caratterizzate da una sostanziale intangibilità, come brevetti, marchi ecc. A quelle tecniche si contrappongono idealmente le immobilizzazioni finanziarie, le quali sono espressione di attività di finanziamento di soggetti terzi, a vario titolo condotte dall’impresa; esempio tipico ne sono le partecipazioni. Più avanti seguono ulteriori precisazioni su questo concetto.* Le immobilizzazioni, comunque, non sono sufficienti per realizzare la produzione. 5.

Scorte di magazzino: una parte del capitale monetario deve essere investita in materie prime. Senza la disponibilità in magazzino di tale fattore, l’impresa non potrebbe svolgere con tranquillità i suoi processi produttivi. Fra gli elementi che formano il capitale troveremo anche scorte di magazzino di prodotti finiti, le quali consentiranno di far fronte a improvvisi picchi della domanda di mercato;

6.

Crediti: nella pratica commerciale, le vendite vengono negoziate prevalentemente a termine, ossia non in contanti, ma concedendo dilazioni di pagamento;

7.

Cassa e depositi bancari: è comprensibile che una parte del capitale monetario (quella che non investe) sia presente ancora in forma liquida, come cassa, o sostanzialmente liquida, come i depositi bancari. Si tratta di moneta

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CAPITOLO TERZO

mercoledì 18 ottobre 2017 riaffluita all’impresa in seguito al disinvestimento di determinati elementi del capitale e che attende di essere opportunamente reinvestita. Inoltre si tratta di moneta che, l’imprenditore, volontariamente mantiene non investita per fronteggiare evenienze particolari. Scorte, crediti e disponibilità liquide sono investimenti che si ricollegano allo svolgimento del ciclo operativo aziendale, ossia al complesso delle operazioni di acquisto dei fattori di consumo, loro trasformazione in prodotti (beni o servizi) e vendita dei medesimi: sequenza ciclica “acquisto-trasformazione-vendita”. Il ciclo operativo esprime la vita quotidiana dell’impresa, svolgendosi incessantemente in modo circolare con acquisti ai quali seguono atti trasformativi che si completano nella vendita della produzione. In questo senso, gli investimenti correlati al ciclo operativo rappresentano il capitale circolante dell’impresa. I componenti del capitale circolante, pur restando gli stessi come genere, si rinnovano costantemente come specie (es. le scorte di magazzino sono sempre presenti, ma i singoli elementi che le formano vengono regolarmente sostituiti in seguito a nuovi atti di acquisto e di vendita. Lo svolgimento del ciclo operativo, in ogni caso, presuppone l’esistenza della struttura produttiva. Senza questa non si può svolgere la fase trasformata che del ciclo costituisce il cuore. Analogamente, la struttura produttiva se non viene “messa in moto” dal ciclo operativo resta inerte e si dimostra incapace di realizzare qualunque produzione economica. In questo senso, capitale fisso e capitale circolante rappresentano le due fondamentali categorie di investimenti che vengono a formare il capitale di funzionamento dell’impresa, ossia il complesso di beni, materiali e immateriali, nonché di diritti per lo svolgimento della sua attività economica. Una distinzione fondamentale, a proposito degli investimenti, è la seguente:

- attivo circolante (AC); - immobilizzazioni. Affinché un investimento sia considerato AC, basta che l’azienda verifichi la presenza anche soltanto di uno dei seguenti quattro criteri: 1. Realizzazione (es. crediti) o consumo (es. materiali) entro la durata del ciclo operativo aziendale: • periodo che va dall’acquisizione dei fattori di consumo all’incasso dei prodotti venduti; • può avere durata superiore ai 12 mesi; 3

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CAPITOLO TERZO

mercoledì 18 ottobre 2017 • se la durata non è determinabile, si considera di 12 mesi. 2. Realizzazione in forma liquida entro dodici mesi dalla data del bilancio: • si tratta di un ritorno in forma liquida attraverso la vendita dei prodotti o servizi alla cui realizzazione tali investimenti hanno contribuito; • mantenendo l’impresa in funzionamento; • senza perdite di valore; • si esclude l’ipotesi di liquidazione dell’azienda. 3. Possedute principalmente per essere negoziate: • sono investimenti che, indipendentemente dalle loro caratteristiche fisicotecniche o giuridiche, l’azienda ha deciso di cedere nel breve periodo; • Es.: partecipazione azionaria di tipo speculativo e non strategica, immobile acquistato per fini speculativi, etc. • N.B.: si tratta di una particolare declinazione della condizione 2, poiché sono investimenti che dovrebbero essere realizzati in forma liquida entro i 12 mesi. 4. Sono denaro o suoi equivalenti: • per questi valori il ritorno in forma liquida non è un problema significativo; • Es.: denaro contante, conti correnti bancari o postali, valori bollati, assegni circolari. Come abbiamo già detto in precedenza, la composizione dell’attivo circolante è:

- scorte di magazzino; - crediti commerciali; - titoli e attività finanziarie a breve; - disponibilità liquide ed equivalenti. *D’altra parte, le immobilizzazioni si individuano per differenza rispetto all’AC:

- realizzazione (es. crediti) o consumo (es. materiali) oltre la durata del ciclo operativo aziendale;

- realizzazione in forma liquida oltre i dodici mesi dalla data del bilancio. NB. In sostanza, si ha un’immobilizzazione quando nessuno dei quattro requisiti richiamati in precedenza è presente.

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CAPITOLO TERZO

mercoledì 18 ottobre 2017 Come abbiamo già visto in precedenza, la composizione delle immobilizzazioni è la seguente:

- immobilizzazioni materiali terreni e fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature, mobili e arredi

- immobilizzazioni immateriali licenze, marchi, diritti d’autore, spese pluriennali, avviamento

- immobilizzazioni finanziarie partecipazioni azionarie, crediti pluriennali, attività finanziarie pluriennali Per concludere, in entrambi i criteri, gli investimenti si distinguono in:

- immobilizzazioni tecniche: • immobilizzazioni materiali; • immobilizzazioni immateriali.

- immobilizzazioni finanziarie; —————————————————

- attivo circolante (solvibilità): • disponibilità tecniche; • disponibilità finanziarie; • liquidità. I finanziamenti I finanziamenti rappresentano le forme di approvvigionamento del capitale o, anche, le fonti di provenienza dei mezzi finanziari necessari per gli investimenti. Guardando alla provenienza, si fa sostanzialmente riferimento a chi e con quale vincolo ha conferito il capitale. I capitali devono essere forniti, anzitutto, dal soggetto o dai soggetti che costituiscono e promuovono l’azienda. Presenti in ogni impresa, in quelle costituite sotto forma di società, questi mezzi finanziari assumono la denominazione di capitale sociale. Il capitale sociale rappresenta l’insieme dei conferimenti operati dai soci al momento di creare l’impresa; versamenti a titolo di capitale sociale, comunque, possono essere compiuti anche in seguito, in relazione alle esigenze finanziarie legate all’attività dell’impresa. 5

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CAPITOLO TERZO

mercoledì 18 ottobre 2017 Il capitale sociale è frazionato in quote, ognuna rappresentativa di una parte di esso. Le quote vengono assegnate ai soci in proporzione al capitale versato. Nel caso delle società di capitali, costituite nella forma di S.p.A., le quote sono rappresentate da particolari titoli detti azioni. Esistono diverse tipologie di azioni. Le principali sono:

- ordinarie: consentono il pieno esercizio dei diritti in assemblea; - privilegiate: pongono alcune limitazioni all’esercizio del diritto di voto, ma irrobustiscono gli altri diritti. Chi le possiede, cioè, è privilegiato nella ripartizione degli utili conseguiti dalla società. Inoltre, in caso di liquidazione della società, i possessori delle azioni privilegiate verranno rimborsati del capitale conferito, che eventualmente residua dopo il pagamento di tutti i debiti, prima degli altri azionisti;

- di risparmio: escludono il diritto di voto, ma privilegiano il diritto al rimborso di capitale e, soprattutto, alla partecipazione agli utili: minimo il 5% del loro valore nominale e comunque un 2% del loro valore nominale in più rispetto agli utili assegnati alle altre azioni. Le azioni di risparmio, però, non possono essere emesse da tutte le imprese, ma soltanto da società quotate in borsa. Merita sottolineare la logica delle azioni privilegiate e di risparmio. La presenza di tali azioni nasce dalla considerazione che molti possessori di quote del capitale sociale non desiderano, di fatto, partecipare alla conduzione dell’impresa. Essi sono animati dalla spirito più del risparmiatore che dell’imprenditore; ciò che desiderano, quindi, non è tanto esprimere il proprio voto nelle assemblee sociali, quanto ottenere un buon rendimento dei loro capitali. Il possesso delle azioni (o più in generale delle quote) attribuisce il diritto a:

- partecipare alla conduzione dell’azienda: tale diritto si realizza mediante l’esercizio del diritto di voto nelle assemblee, ossia nei consessi ove si raccolgono i soci dell’impresa, appositamente preposti a esaminare le principali problematiche amministrative dell’azienda e a deliberare in merito;

- ottenere il rimborso del capitale, a determinate condizioni; - percepire una parte degli utili conseguiti. Se la produzione si svolge in modo economico, l’impresa consegue degli utili. Questi possono essere distribuiti ai soci come remunerazione del capitale che hanno investito nell’attività produttiva oppure possono essere trattenuti nell’impresa andando a costituire quelle che si definiscono riserve. Le riserve, dunque, rappresentano una sorta di risparmio attutato dall’impresa che dà vita all’autofinanziamento, un finanziamento, cioè, generato dall’impresa stessa. 6

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CAPITOLO TERZO

mercoledì 18 ottobre 2017 Capitale sociale e riserve costituiscono nel loro insieme i finanziamenti propri o fonti interne dell’impresa. Essi sono sottoposti integralmente alle sorti dell’azienda. I soci, infatti, non hanno la garanzia di ottenere un rendimento da tali capitali, né di essere rimborsati, se non dopo che l’impresa, terminata la sua attività, ha rimborsato tutti i debiti contratti. In questo senso, si parla di capitale di rischio e si vede in tale capitale una garanzia nei confronti dei terzi. Capitale sociale e riserve possono essere interpretati facendo riferimento a due teorie:

- la teoria della proprietà: prevale l’aspetto giuridico della proprietà dei beni destinati all’attività produttiva per cui si parla di capitale proprio, sottintendendo di colui o di coloro che lo hanno apportato all’organismo economico;

- la teoria dell’entità: concentra la propria attenzione sull’unità produttiva che è stata costituita. Di conseguenza, le risorse acquisite da un qualunque soggetto terzo rispetto all’impresa, soci compresi, risultano della categoria dei finanziamenti esterni, mentre restano di origine interna e, quindi, costituenti il capitale proprio, soltanto i fondi generati dall’impresa stessa, per cui si parla di autofinanziamento. Anche nell’azienda individuale esiste un capitale di rischio. Tale capitale, però, si tratta, piuttosto, di una massa indistinta nella quale conferimento iniziale, ulteriori conferimenti, utili non prelevati si confondono. Questa minore rilevanza del capitale di rischio nell’azienda individuale ha una sua motivazione giuridica. La garanzia delle obbligazioni contratte dall’azienda non è rappresentata tanto dal capitale di rischio, quanto dal titolare stesso. Si conclude, perciò, che, nelle imprese individuali, i finanziamenti propri sono formati da una massa formalmente indistinta, mentre, nelle società, si ha una distinzione formale tra capitale sociale e fondi di riserva. Quindi, le caratteristiche dei finanziamenti propri sono:

- provengono “direttamente” o “indirettamente” dal soggetto economico (in senso ampio);

- non devono essere rimborsati se non in casi particolari; - non è garantita la remunerazione; - sono sottoposti a tutti i rischi dell’impresa (vincolo del pieno rischio). I capitali necessari alla costituzione e al funzionamento dell’impresa, oltre che dal soggetto economico, inteso in senso ampio, possono essere ottenuti, direttamente o indirettamente, da terze economie.

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mercoledì 18 ottobre 2017 Nascono, così, i finanziamenti di terzi o fonti esterne. La loro acquisizione comporta, per l’impresa, il sorgere di debiti da rimborsare a terzi creditori. In questo senso, si parla di capitale di credito. Come vedremo in maniera più dettagliata successivamente, se i finanziamenti di terzi hanno provenienza diretta, siamo in presenza di una negoziazione diretta di denaro (c.d. debiti di finanziamento), mentre se essa è indiretta, abbiamo delle dilazioni di pagamento (c.d. debiti di funzionamento). Anche i capitali ottenuti in prestito sono soggetti alle sorti dell’impresa. Tuttavia, per essi è contrattualmente prevista una remunerazione periodica e un termine entro il quale deve avvenire il rimborso; rimborso che, in ogni caso, deve precedere quello del capitale proprio. La maggior parte dei finanziamenti esterni è tradizionalmente collegata all’attività delle banche. I principali finanziamenti concessi dalla banca si possono presentare nelle seguenti forme tecniche:

- apertura di credito in conto corrente: è un contratto con il quale la banca mette a disposizione dell’impresa cliente una somma di denaro per un certo periodo, in genere indeterminato, ma riservandosi la possibilità di revocare il prestito in ogni momento.

- anticipazione su pegno di beni: è un finanziamento caratterizzato dalla combinazione di un contratto di prestito con un contratto di pegno su beni di varia natura concessi in garanzia. Sulla base dei beni ottenuti in pegno, la banca concede all’impresa una somma di denaro pari al valore di tali beni, prudenzialmente decurtato del cosiddetto scarto di garanzia.

- anticipazione di crediti: la banca anticipa una somma di denaro all’impresa a fronte di crediti che la stessa vanta nei confronti dei propri clienti. La logica è quella di una tipica apertura di credito in conto corrente. La differenza sostanziale, rispetto all’apertura di credito classica, è che il fido accordato non è fisso, ma varia in ragione della massa di crediti offerta dall’impresa.

- sconto di carta commerciale: la banca anticipa all’impresa una somma pari al valore attuale di titoli di credito, tipicamente cambiali, emessi dall’impresa o dai suoi clienti a fronte di operazioni di vendita; in sostanza, si ha una vera e propria cessione del credito alla banca. Normalmente, l’operazione è compiuta prosolvendo e non pro-soluto. Ciò significa che, se alla scadenza il credito non è onorato, la banca non si accolla la perdita, ma si rivale sull’impresa che ha scontato i titoli di credito.

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mercoledì 18 ottobre 2017 Due termini meritano di essere precisati: valore attuale; titolo di credito. Il significato di valore attuale risulta chiaro con un esempio. Supponiamo di avere, oggi, a disposizione 1000€ e di investirli in titoli di stato, con un rendimento del 2.5% annuo. Dopo un anno la nostra somma disponibile sarà pari a 1025€. Abbiamo, cioè, provveduto a capitalizzarla. Se, a questo punto, ci chiedessimo qual’è il valore oggi di una somma pari a 1025€ disponibile fra un anno, assunto un rendimento del capitale del 2.5%, dovremmo concludere che tale valore è pari a 1000€. Così facendo, abbiamo determinato il valore attuale di 1025€, in relazione a un certo tasso di interesse convenuto. Quanto al termine titoli di credito, si intende una dichiarazione scritta attestante che qualcuno deve una somma a qualcun altro. La cambiale è un particolare tipo di titolo di credito, avente una “maggior forza” rispetto agli altri, perché consente di: esigere direttamente la somma riportata nel titolo senza dover verificare per quale motivo il titolo è stato emesso; ottenere a garanzia dell’importo dichiarato nel titolo, senza eccessive formalità, il sequestro dell’equivalente in valore dei beni del debitore. La cambiale assume due schemi tipici. Si distingue, infatti, fra: vaglia o pagherò cambiario e cambiale tratta. Il pagherò è una dichiarazione scritta e firmata dal debitore (emittente) in cui quest’ultimo si obbliga a pagare la somma indicata nel titolo a una persona, in genere esplicitamente menzionata, detta beneficiari...


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