Letteratura Italiana 8 PDF

Title Letteratura Italiana 8
Author Giada Meroni
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Appunti di Letteratura italiana Prof. Franco Brevini...


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LETTERATURA ITALIANA 8 Modulo A Libro: “Così vicini, così lontani” Nasce da un progetto di studio inteso a chiarire il senso del nostro rapporto con il mondo naturale. È un’esperienza autobiografica (di Brevini) e di lontananza. Due tipi di lontananza: 1. lontananza intesa come viaggi e spedizioni (viaggiando ci si allontana dalle persone care); 2. lontananza intesa come perdita dei genitori e fine di una storia d’amore. Narciso = vede solo sé stesso Eco = vede solo l’altro Cap. I Per molti secoli la distanza di un luogo è stata direttamente proporzionale alla sua distanza fisica geografica. Se la lontananza oggi non è più garantita dalla distanza geometrica, che cosa rende oggi un luogo lontano? Cap. II “Lontano da dove?” nell’ebraismo per il fedele la lontananza equivale alla vicinanza con Dio. I mezzi di trasporto hanno trasformato profondamente l’esperienza del viaggio (oggi i viaggi sono confortevoli). Partire è sempre un po’ come morire, perché ci si distacca dalla vita quotidiana e dalle relazioni personali. In inglese viaggio di dice travel (dal latino tripallium  metodo antico di tortura con tre palle, viaggiare era una tortura) La fine dei viaggi non è solo un problema connesso alla velocità dei trasporti (percezione psicologica della distanza), ma ovunque nel mondo a dominare è la cultura del capitalismo dei consumi. Esiste un altro aspetto che è quello della globalizzazione (la fine del sistema chiuso), dal quale non si può né entrare né uscire. La diversità antropologica significa per alcuni la fine dei viaggi, che è una cosa vera (i viaggi sono sempre più irreali). Il corpo vuol dire prendere e costruire una distanza che passi attraverso la dimensione del corpo. La variabile del corpo è indispensabile per sperimentare il viaggio. Noi abbiamo un rapporto con le narrazioni/rappresentazioni sociali delle cose. Le rappresentazioni non sono mai neutre. Cap. III Un tempo il “diverso” stava lontano e ciò che stava vicino era “l’identico”, oggi ciò che è “diverso” è diventato vicino (es. ristoranti e negozi etnici). Noi abbiamo espropriato da loro la loro cultura.

I non luoghi sono quei luoghi che sono uguali in tutto il mondo (es. centri commerciali, aeroporti, hotel internazionali, autogrill). I locali non offrono più quello che vorrebbero (non sono più quello che sono), ma quello che ci aspettiamo di trovare. Diventiamo così stereotipi. L’alterazione delle geometrie percepite è la conseguenza della nuova velocità dei mezzi di trasporto ed è anche la conseguenza della globalizzazione. Questi fenomeni hanno portato ad un’artificializzazione della coscienza che ha previsto alla sostituzione di stereotipi alla realtà. L’accelerazione non intesa solo come la velocità nei mezzi di trasporto, ma anche come velocità dell’innovazione dei processi produttivi. L’accelerazioni dei progressi è diventato un problema per le imprese perché devono sempre stare al passo. La velocità ha avuto un limite quando noi ci siamo mossi nel mondo analogico. Con l’avvento dell’informatica l’innovazione è andata più veloce. L’istantaneità (subito, immediatamente) vuol dire che noi possiamo conoscere una cosa mentre succede. L’istantaneità si può dividere in:  simultaneità  cancella la lontananza lungo l’asse dello spazio  immediatezza  cancella la lontananza lungo l’asse del tempo Gli oggetti segnano le nostre vite. Il Web ha segnato un passo avanti enorme dal punto di vista della conoscenza. La cultura non è una stratificazione di conoscenze, ma è la capacità di muoversi nel sapere. Bisogna avere una chiara consapevolezza su quale sia il problema dell’intelligenza artificiale. Datizzazione della realtà  rottura dei dati, della realtà La sociologa Shosana (di origine russa) scrive “Il capitalismo della sorveglianza”, libro fondamentale per capire il capitalismo, una “macchina” molto pericolosa. Approccio tassonomico riguarda la grammatica (analisi logica e grammaticale). È un’analisi a piramide. I nativi tecnologici non sono tassonomici ma ipertestuali. La logica ipertestuale è una logica suggestiva e personalizzante, che rischia di portarti lontano e non ti permette di concentrarti sul momento (logica del surfing).

L’individualismo La distanza a livello intersoggettivo sociale L’individuo (uomo) è il principio da cui partiamo e oggi siamo in una società individualista. Un tempo essere individualista significava essere egoista, oggi invece, essere individualista è come avere una virtù. L’individuo ha acquisito un peso sociale straordinario. L’Io era in primo luogo un membro di una comunità. La società moderna è una società in cui la catena si è staccata, mentre nella società dell’antico regime sono tutti uniti.

La modernità dà libertà, ma nello stesso tempo produce angoscia. Con la nascita di idea di individuo, il soggetto si trova in una condizione di libertà che però è angosciosa. La modernità nasce sollecitando molto il senso dell’individualità. Con Rousseau il soggetto viene accreditato con tutte le sue contraddizioni e i suoi limiti (“Le Confessioni” ). La nuova forma politica che nasce è la società democratica dove tutti i soggetti hanno un valore. Un’altra distinzione importante viene fatta da un sociologo tedesco ponendo la distinzione tra comunità e società. La comunità è il modo di stare insieme nell’antico regime. La città diventa il luogo emblematico della solitudine (giungla urbana). L’uomo in fuga nella notte è un’immagine della solitudine urbana. L’individualismo lo troviamo anche prima dell’esperienza urbana, ovvero nel Romanticismo. Nel Romanticismo la solitudine è esistenziale. L’Io romantico ha una consapevolezza di sé straordinaria. Modernità  lontananza (catena spezzata) Antico regime  vicinanza (catena intrecciata) L’uomo della modernità è stato definito “uomo economico”. Il mercato è il luogo dove si consuma una differenziazione. Il mondo democratico è creatore di nuova disuguaglianza. Nelle società moderne si assistite ad un rilancio del comunitarismo, ovvero il neocomunitarismo.

Carlo Porta Un grande poeta milanese che opera all’inizio dell’800 in un periodo dove si alterna il regime austriaco e quello napoleonico (momento difficile). Porta è uno scrittore di origine borghese e non aristocratico, quindi non può vivere di rendita (uomo colto). La separazione degli stili è quella distinzione che la retorica antica aveva tramandato, ovvero che ai personaggi “alti” sono associati i temi “alti” (tragico-sublimi), invece ai personaggi “bassi” sono associati i temi comici. Il Giovin Signore (nel poemetto di Parini) era un aristocratico che trascorreva la sua vita a far niente, ma queste “attività” erano descritte con un linguaggio ”alto” e questo metteva in tensione lo stile “alto” con la bassezza e la banalità delle cose che il personaggio faceva. Porta mostra personaggi “alti” che si comportano in modo volgare e, al contrario, ci propone personaggi “bassi” che sono personaggi autentici e che ci fanno sorridere. Questo rovesciamento è di grande portata. Profonda sintonia tra Manzoni e Porta, entrambi milanesi, entrambi figli dell’illuminismo, entrambi romantici, hanno la comune convinzione che il mondo della subalternità debba diventare protagonista. Manzoni e Porta fanno due scelte molto diverse: Manzoni scrive in italiano (toscano letterario) e Porta scrive in dialetto milanese. Porta sceglie il dialetto perché è un realista convinto che le cose debbano essere raccontate nella lingua in cui quelle cose accadono, ma il prezzo che Porta paga per questa scelta è il fatto che appena fuori Milano questa lingua non la si capisce più. Manzoni non vuole scrivere in una lingua letteraria qualsiasi, ma vuole scrivere in una lingua che possa diventare un modello socio-linguistico per l’Italia unita.

“Desgrazi de Giovannin Bongee” di Carlo Porta Carlo Porta scrive un poemetto in cui il protagonista è Giovannin Bongee, un operaio che lavora in bottega che torna a casa nella Milano del primo ‘800 occupata dai francesi. La città è molto buia e incontra la ronda che doveva garantire l’ordine pubblico. La ronda lo tratta male e comincia un interrogatorio da parte dell’ispettore e Giovannin risponde in modo risentito sapendo che non ha niente da temere. Alla fine l’ispettore lascia andare Giovannin che può finalmente tornare a casa, ma qui lo aspetta un’altra sorpresa (disgrazia). Giovannin si avvicina alla porta di casa, sente il rumore di un passo che scende e si terrorizza perché non sa chi lo attende dietro la porta e quando il passo si avvicina si materializza la figura di un soldato francese che è stato attratto dalla moglie di Giovannin che aveva un aspetto piacevole e che l’ha scambiata per una prostituta. Giovannin perde la testa rispondendo male al soldato e di conseguenza il soldato lo picchia. Le calamità capitano ai ricchi e ai colti, invece le disgrazie capitano alla popolazione comune. La vita del mondo aristocratico è cosparsa di avventure (versione nobile delle disgrazie), la vita del mondo popolare è costellata da disgrazie. È un poemetto monologante, cioè Giovannin che parla in prima persona per raccontare la propria storia. Il dialetto favorisce il monologo perché il dialetto è lingua viva e parlata. “La Ninetta del Verzee” di Carlo Porta “La Ninetta del Verzee” costituisce il capolavoro di Carlo Porta. È un testo molto duro e crudo perché è la storia di una prostituta. Porta, in questo scritto, fa un’operazione straordinaria, ovvero si immedesima in una psicologia femminile. La Ninetta si offre al lettore come un accurato spaccato di storia della società milanese del primo ‘800. La Ninetta è una prostituta (“sozza meretrice”) ed era l’oggetto di tutta una serie di allusioni più o meno oscene. Era un personaggio che tendeva a vivere più negli inferi del comico piuttosto che nella sublimità del tragico. La Ninetta inaugura il cammino della prostituta da figura comica verso la dimensione tragicosublime. Porta vuole sottolineare la dignità anche di chi sta in basso. La Ninetta dimostra che anche nelle situazioni di sventura una persona può riconquistare la sua dignità. La storia del “La Ninetta del Verzee” narra che un cliente si reca dalla Ninetta che ormai esercita stabilmente la professione di prostituta. La vicenda è tutta inscenata sul letto in cui la Ninetta lavora. La Ninetta si mostra subito come una donna che parla come una prostituta, in modo molto crudo. Il linguaggio che utilizza è terribile. Ad un certo punto, siccome il cliente non è ancora pronto, la Ninetta comincia a raccontare la sua storia ricordando la sua vicenda da quando era ragazzina che rimasta orfana e fu affidata ad una zia. Questa zia era la fidanzata di un pasticcere il quale aveva anche lui un bambino (pepp perrucchee) e i due adulti si chiudevano in camera presto e i bambini rimanevano in cucina su in materasso sdraiati per terra.

I due bambini inizialmente erano molto ingenui e lontanissimi da ogni pensiero attinente alla sfera erotica, ma poi entrando nell’adolescenza scoprirono cosa avveniva nella stanza. Cominciò, quindi, un innamoramento tra la Ninetta e il ragazzo del pasticcere e questo innamoramento era passionale che non tollera limitazioni. La Ninetta era follemente innamorata, invece il ragazzo (personaggio cinico e modesto) vuole dalla Ninetta delle prestazioni di tipo concretamente erotico. A questo punto c’è un tentativo di ottenere qualcosa da parte di lui e il rifiuto da parte di lei, la situazione precipita perché la zia muore e la Ninetta per campare è costretta a sostituire la zia al banco del pesce al mercato di Milano (Verziere). La Ninetta si cede al ragazzo ma lui si fa sempre più pressante e dopo aver ottenuto quello che voleva pretende anche i soldi. Questa è una storia drammatica perché racconta di un’innocenza violata. Nel testo della Ninetta, la protagonista oscilla tra due atteggiamenti: da una parte la donna di mestiere, irosa, che usa un linguaggio scurrile e dall’altra questa donna smaliziata, delusa e tradita dalla vita che ritrova con tenerezza la sé stessa ingenua dei primi anni che suscita in lei un atteggiamento contradditorio, ovvero da una parte la rabbia per l’ingenuità di cui era vittima in quegli anni, all’opposto invece l’atteggiamento di pietà, di incanto una sorta di patetismo della Ninetta per la sé stessa di tanti anni fa che si apriva tanto ingenuamente al mondo. Quando la Ninetta ritrova la propria dignità e la forza di rifiutare il ragazzo, da quel momento l’innamoramento si sbriciola e per la prima volta la Ninetta vede il ragazzo per quello che è e nonostante tutto ciò che ha sottratto alla Ninetta, il ragazzo si vendica facendogli fare una poesia satirica (bosinada) che in una Milano abbastanza piccola a quei tempi correva veloce sulla bocca della gente. Questa poesia satirica diceva che la Ninetta aveva una malattia venerea capace di procurare danni irreparabili a chi stava con lei. Questo significava quindi portarle via il pane perché per una che fa la prostituta far girare una notizia di questo tipo significa bruciare ogni sua possibilità d’incasso. Nel caso della Ninetta non c’è il lieto fine perché la storia finisce che la Ninetta non può più ritardare il rapporto e si congiunge al cliente, viene descritto questo rapporto e alla fine tutto finisce con la Ninetta che chiama la sua servetta affinché le porti dell’acqua per lavarsi. Cap. 7 “La folla solitaria” Questo capitolo parte dal senso di solitudine che l’individuo moderno soffre nella città. Tutto questo nasce nella Rivoluzione Industriale che trasferisce grandi masse di popolazione in città e la metropoli diventa il paradigma della vita moderna. Simmel la chiama “La quintessenza della modernità”. Cos’è la metropoli (città moderna)? La metropoli è un luogo in cui gli stimoli si moltiplicano, tutti sono sottoposti ad una serie di sollecitazioni che prima (nella vecchia città) non c’erano. La metropoli permette di sperimentare un inedito senso della libertà. La metropoli è un posto dove ci sono i servizi che facilitano la vita della gente. Questo però comporta anche alla sperimentazione di una nuova solitudine. Nella modernità, la solitudine non è più associata alla figura del deserto come in passato, ma oggi invece è associata alla metropoli (alla vita urbana).

Nel mondo naturale (es. deserto, montagna, mare, natura selvaggia, ecc..) succede che il nuovo soggetto romantico non vive l’esperienza di una perdita, ma l’esperienza di un ritrovamento. L’uomo si sente parte della natura e sente che la natura è lo specchio di sé stesso. Una volta la natura era il luogo dell’estraneità e la città il luogo del riconoscimento e della familiarità, oggi invece è il contrario. Gli autori che per primi celebrano questa nuova immagine della città sono quelli che vivono nelle realtà in cui ci sono grandi città e il primo di tutti è Baudelaire. Baudelaire è un poeta che propone l’immagine e l’esperienza dell’uomo che vive una condizione contraddittoria: da una parte Baudelaire vive il senso di solitudine e di estraneità, dall’altra Baudelaire avverte la sensazione del sublime urbano, cioè il fascino oscuro della città (che non è rassicurante). Per secoli le città erano state i luoghi dei mirabilia, la gente veniva attirata in città per ammirare i grandi monumenti e realizzazioni e la città era orgogliosa di queste sue realizzazioni. Le città erano i luoghi di una modernità che significava civiltà, invece, la campagna era un luogo di degrado. Si parlava di mirabilia urbis, ovvero le cose mirabili che sono contenute nella città. Tutto questo cambia nel momento in cui la città diventa un luogo degradato. Ecco perché Baudelaire, a causa di questo degrado, scrive una raccolta di versi che si chiama “Les fleurs du mal”. Le poesie sono come fiori, ma nel mondo urbano i fiori non possono essere altro che i fiori del male. In questo periodo nasce anche un’altra figura, quella del “blaze”, ovvero quella figura di colui che passeggia per la città e attratto dagli stimoli che lo circondano ma nello stesso è molto distaccato. Quando Engels (socio di Marx) giunge in Inghilterra è colpito molto dalla situazione di degrado della città. L’uomo smarrito nella giungla urbana è stato oggetto di mille rappresentazioni in tutto il corse della letteratura europea. La fuga ai tropici: il mito di fuggire, di andare lontano e di sottrarsi alla giungla urbana è un mito significativo. Nasce anche il degrado ambientale perché le città si anneriscono a causa dello smog. Lo smog è una fuliggine nera nata dall’unione di smoke and fog (fumo e nebbia). L’inversione termica che stagnava su Londra faceva si che gli elementi inquinanti buttati fuori dalle ciminiere non si disperdessero nell’atmosfera ma ricadessero sulla città dove depositavano una sorta di sudicio velo nerastro che copriva qualsiasi cosa. Carlo Cattaneo aveva dichiarato che la città costituisce il principio della storia italiana, perché la storia italiana ruota intorno alle sue città. È una storia policentrica, ovvero fondata su tanti centri a partire dai quali le vicende si sono sviluppate. Da noi mancano le città moderne, l’unica è solo Milano. Il sud era pieno di città e Napoli alla fine del ‘700 era più grande di Londra. La nostra letteratura ha alimentato il mito della “siepe”. La siepe è la delimitazione della proprietà contadina. La letteratura italiana ha avuto in mito di tipo arcadico perché l’arcadia è il mito caratteristico della letteratura italiana.

La nostra letteratura è dominata dal mondo rurale, contadino e dei pescatori. Aci Trezza (ambientazione dei Malavoglia) è il luogo dell’anima della letteratura italiana. È una città povera in cui le cose non cambiano mai e le cose si ripetono sempre. Verga dice che Milano è la città più città d’Italia. Verga era un uomo sveglio, molto ambizioso e molto intelligente e quando giunse a Milano capì che se si voleva scrivere una letteratura che fosse finalmente popolare a diffusione nazionale, bisognava lasciare il dialetto. Milano è una città che parte avvantaggiata perché nel ‘700 tale città era dominata dalla famiglia asburgica (Giuseppe II e Maria Teresa) che rinnovano la cultura e la società milanese. Roma è la capitale politica e Milano è la capitale morale. Nel 1881 era di moda fare delle fiere che raccontassero lo sviluppo che stava conoscendo la società. Nascono ogni giorno delle nuove invenzioni e i nuovi santuari sono le esposizioni universali. Sempre nel 1881 la fiera delle arti e dei mestieri viene fatta a Milano invece che Roma. La letteratura milanese che vive in una città moderna è una letteratura più sensibile al problema della solitudine dell’uomo moderno che è il vero emblema del vivere urbano. Demetrio Pianelli è il fratello meno brillante di Cesarino detto Lord Cosmetico. Cesarino era un uomo che gravato dai debiti di gioco va alla ricerca di qualcuno che lo aiuti, ma non trova nessuno (solitudine). Cesarino ha sposato una donna bellissima che chiamavano la Bella Pigotta (bella bambola) perché è una donna che ha vissuto un po’ come una bambola e non sa niente delle vicende in cui si è cacciato il marito. La Bella Pigotta diventerà vedova di Cesarino. Demetrio che è segretamente innamorato della donna cercherà di aiutarla e l’aiuto si spingerà fino al sacrificio perché per garantire un futuro alla Bella Pigotta e ai suoi figli, Demetrio si sacrificherà perché rinuncerà al proprio amore e la aiuterà a convogliare verso nozze adeguate che le potranno garantire un certo benessere economico. È una storia amara ma bellissima che ci riporta all’intero della Milano ottocentesca. “La poesia della Olga” di Delio Tessa È una poesia di grande intensità, abbastanza sconvolgente e diversissima da “La Ninetta del Verzee” ma ugualmente intensa dal punto di vista psicologico ed emotivo. Delio Tessa era un avvocato milanese vissuto tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 e morì nel 1939 per un ascesso (ai tempi non c’erano antibiotici). Tessa è l’esponente di quella borghesia liberale che aveva fatto l’Italia e che si sentiva erede del processo risorgimentale testimone dei valori della cultura liberal borghese. Era un antifascista di destra perché auspicava una società in cui la cultura liberale potesse garantire quelle condizioni di socialità in cui credeva. Era un avvocato conosciuto e frequentava in prima persona le case di tolleranza (strutture dove operavano le prostitute) di cui parla nella sua poesia. ...


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