Letteratura Italiana LEDDA - Modulo 2 PDF

Title Letteratura Italiana LEDDA - Modulo 2
Author Ivan Innamorato
Course Letteratura italiana
Institution Università di Bologna
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Appunti del secondo modulo di Ledda, sulla Divina Commedia di Dante. ...


Description

CORSO LETTERATURA ITALIANA, M2: DANTE Questa settimana c’è lezione solo oggi. Giovedì e Venerdì salta. Prossima lezione Lunedì 18. Dante è praticamente l'autore più importante del mondo, canone per tutto e tutti, ogni cultura lo studio e lo esalta. L'esame sarà l'analisi di un canto tra quelli indicati, domande su un saggio del prof, su quattro saggi che si possono trovare a Zamboni 32 (alcuni estratti indicati sul sito). Per le edizioni della Commedia, se si ha una, va bene. All'esame, si vede un po' come è andato lo scritto, poi si vedono velocemente i saggi e poi si passa al canto. Il problema del Titolo Il titolo originale del poema è Comedìa. Da dove viene "Divina"? I manoscritti danteschi riportano note d'apertura come "Incipit primae canticae Commediae" oppure "Incomincia la prima cantica della Commedia di Dante Alighieri da Fiorenza". Altre attestazioni sono quelle di tutti i commentatori, anche contemporanei a Dante, che dicono Commedia. Insomma, si dice commedia. Boccaccio ad un certo punto ci dice qualcosa: in un accessus in una delle sue edizioni scritte e commentate, conferma che il titolo inteso era proprio comedìa. E perchè commedia? Noi pensiamo al teatro o al riso. Già allora ci si faceva questa domanda. Anche nella stessa opera, dice Boccaccio, ci sono riferimenti interni al titolo. Nel canto XVI dell'Inferno, Dante giura sulla sua Comedìa che sta scrivendo. Nel canto XX, definsce la sua una tragedìa. E' una spia semantica, ma intanto conferma la formulazione del titolo Comedia. Nel '400 e nel '500 succede che il titolo viene cambiato. Esce nel '500

l'edizione di Pietro Bembo e Aldo, quest'ultimo aveva appena finito i lavori sul Canzoniere di Petrarca e aveva lavorato a lungo con la ripubblicazione dei classici antichi. Dante e Petrarca sono i nuovi classici. "Le terze rime di Dante" era chiamata, le Terzine di Dante. Il titolo originale aveva provocato molti disagi. Nel 1555 Ludovico Dolce cura l'edizione di Giolito, anche lui veneziano, come Aldo. Ecco la Divina Commedia. Dante una volta ha detto che la sua commedia era divina, però in un seguirsi di attributi per esaltare la sua opera. Ora divina non indicava solo la sua popolarità ma anche i continuti, i temi teologici. Questa formulazione è stata superata solo oggi in ambito scolastico; a livello popolare ancora la si ricorda come Divina Commedia. Commedia vs Tragedia Dante ragiona spesso in maniera binaria, cosa inusuale. Nel medioevo solitamete si aveva uno schema tripartito (basso, medio, alto). L'epistola XIII di Dante tratta del tema. La tragedia inizia bene e finisce male; nella commedia si comincia da una situazione negativa e c'è una risoluzione felice. Nulla di nuovo. In effetti la Commedia, comincia con una situazione drammatica e si conclude con la suprema beatitudine. "Come dice Orazio nella sua POETICA" a volte i comici possono usare un linguaggio più alto, da tragici, e i tragici un linguaggio più basso. Orazio autorizza il mescolamento dei linguaggi e degli stili. E il linguaggio della Commedia non è infatti umile, nè alto. Il registro cambia progressivamente. E' chiaro, dice, che l'opera può essere detta Commedia per via degli inizi e della fine. Per il linguaggio, lui usa la forma umile, vale a dire il volgare, non il latino, la lingua che parlano anche le donnette, la gente non letterata. Dante aveva teorizzato nel De Vulgari la possibilità di un volgare di alto stile, il volgare illustre. In questo caso, non c'è contraddizione, perchè con la Commedia vuole usare una lingua umile proprio perchè vule parlare anche al popolo.

La retorica antica si fondava sulla gerarchia degli stili (alto-mediobasso) e sulla appropriatezza dello stile rispetto ai temi trattati, cioè la convenienza. Questa visione è modificata dal cristianesimo; gli intellettuali come Agostino, abituati all'alto registro, descrivono questa letteratura come umile, cioè vicina alla terra e il basso è spregievole. Agostino distrugge la convenientia nel De Doctrina Cristiana, ed elabora una nuova retorica cristiana: per uno scrittore cristiano la convenienza e la gerarchia degli stili non serve perchè per lo scrittore non esiste cosa alta, bassa o media. Qulunque argomento possa affrontare, sta sempre parlando delle cose più alte, del progetto di Dio, della Salvezza. Il nuovo principio è l'officium, lo scopo: educare, convincere, funzioni varie. E' in questi casi che il registro può variare Forse il titolo Commedia ha questo valore ideologico-religioso. Il titolo serve a spiegare il ricorso ad un linguaggio umile: parlare anche agli umili lo legittima ad usare il volgare. I contemporanei si resero conto dell'intuizione di Dante ma molti intellettuali di Chiesa ebberero più dubbi, dopotutto ha scritto in volgare. Dante, residente a Ravenna, viene invitato da un professore a Bologna per dargli una laurea in cambio di un poema epico in latino. Insomma molti intellettuali consideravano la Commedia una sorta di occasione sprecata, una grande opera, ma è in volgare. Paradiso, XXIII, Dante definisce la Commedia, un sacrato poema. Un poema che accetta di essere umile e viene innalzato, in coerenza con il vero spirito cristiano: chi si fa umile sarà premiato.

2. Recupera lezione, canto I, Inferno

3. E’ un poema in prima persona, una prima persona al plurale. Un io individuale-storico ma anche Io universale-mondo. È la storia di un uomo smarrito che però può capitare a chiunque, un percorso che parte dal peccato e si conclude nella redenzione.

CANTO I Dal punto di vista narrativo: un Dante poeta che narra un Dante protagonista. Metafora della vita come viaggio: rispetto alla fonte biblica di Isaia 28:10, la vita umana è un viaggio, un cammino. La condizione dell’uomo terreno è una condizione di esilio dalla patria, da Dio. Il cammino della vita allora è più profondo del significato moderno, quello del percorso verso l’ignoto. Il viaggio medievale ha invece una destinazione precisa. Smarrire la via è drammatico. La selva è ciò che fa perdere. E l’Inferno è l’eterno esilio, la punizione per chi ha abbandonato la via. Smarrirsi quindi è un grandissimo pericolo. Immagine allegorica del sonno: è il sonno della ragione che porta allo smarrimento. Ad un certo punto l’uomo guarda in alto, vede il sole attraverso una lunga perifrasi. La prima similitudine dell’opera introduce l’immagine del mare e della navigazione; è un mare impelago, minaccioso. Allora riprende il viaggio, ripresi via per la piaggia diserta. Dante usa verbi di movimento, ma non di vocazione, di parola. C’è silenzio. La piaggia è un pendio leggermente inclinato, porta dal colle alla selva. “Si che l’piè fermo sempre era ‘l più basso” è una frase celebre e analizzata. Piede fermo era in realtà il piede sinistro. Secondo Aristotele il movimento comincia sempre con la destra, il più agile, mentre il piede sinistro segue, più lento. In chiave allegorica rimanda ai due piedi dell’anima: l’anima ha due parti che permettono all’individuo di muoversi, uno di sfera appetitiva e l’altra intellettiva, sinistro e destro. Il piede sinistro più in basso indica che gli appetiti lo tiravano in basso, verso la selva, mentre Dante deve risalire il colle.

LE TRE FIERE Ed ecco arrivare le tre fiere: lonza, leone e lupa (v31). All’inizio è presentata solo la Lonza. Dante subito ci fornisce delle informazioni su di essa, fino a v43. È mattina, è primavera, e il sole montava su quella costellazione che c’era al momento della creazione del

amoroso dio (la creazione è tradizionalmente posta nella primavera, all’inizio del ciclo). “Quando l’amor divino” è una perifrasi per indicare la data. Insomma, è una giornata felice, non preoccupiamoci di ‘sta lonza. V44: Ma ecco che comincia a vedere il leone che lo spaventa. Sembra andargli inconto con una testata tale da far tremare l’aria. Come se non bastasse, ecco la Lupa, magra per la fame. Salire il colle diventa impossibile. Tutta l’ambientazione è simbolica. Il colle è l’opposto della selva, ed è il luogo della felicità che si ottiene attraverso la vita virtuosa e faticosa. La selva rimanda alla vita nel peccato e nel vizio. Più avanti si dirà che la bestia è stata mandata proprio dal diavolo. La bestia è quindi un ostacolo nel percorso verso la felicità. V109-110 Il diavolo ha mandato questa bestia per intralciare la vita degli uomini e condurli dritti all’inferno. La lonza, il leone e la lupa indicano alcuni vizi particolari. Cos’è la lonza, per un medievale? Dobbiamo guardare un passo di Geremia, in cui si parla di tre bestie feroci che attaccano un popolo ostile a dio. Leone, lupa e un PARDUS. La lonza è un pardo, e cos’è un pardo? Parola che in italiano non esiste, perciò si usa lonza. Il pardo è una creatura spesso affiancata al Leone. Il terzo animale tende a variare, non sempre c’è la lupa. Tendenzialmente, l’interpretazione del pardo è di una creatura che inganna, un creatura che può, come il leone, rappresentare il diavolo, in particolare la sua tendenza fraudolenta, ingannatrice. Il diavolo è lonza e leone, cioè aggressivo e feroce. È una cosa tipica di quegli anni, la doppia valenza. Il Leone per esempio è anche un simbolo cristologico, cioè rappresenta sia il Signore risorto sia il diavolo. La lupa generalmente è la cupidigia e l’avidità. Però la lupa è magra, v97, e mai si riempie, anzi ha più fame dopo aver mangiato. Dante non è molto chiaro. In generale avremo, frode, ferocia e incontinenza, cioè le tre macrocategorie dell’Inferno. Nel canto XI si spiega che l’Inferno è diviso in tre parti: la prima è dell’incontinenza, poi è la violenza volontaria per forza; nel terzo gruppo abbiamo l’esercizio di violenza volontaria attraverso la frode. Tutti i peccatori sono classificati in queste tre categorie maggiori.

Ecco allora le tre bestie, che rappresentano queste tre categorie che vietano l’accesso al paradiso, a guardia del percorso verso il colle. Nel canto XVI c’è invece un Episodio strano: nel momento di passaggio dal cerchio 7 al cerchio 8, in cui si passa dalla violenza alla frode. Virgilio chiede a Dante la sua corda, che era una specie di cintura. Virgilio la getta e poco dopo risale una bestia dallo strapiombo che porta al cerchio 8, quello della frode. Dante ad un certo punto dice che questa sua corda, voleva provare a catturare la Lonza. Alla fine usa la corda per richiamare la creatura a guardia del cerchio dei fraudatori. Questa creatura, Gerione, si dice nel canto successivo, oltre che guardiano, è proprio il simbolo della frode: il volto bello, il corpo è serpentineo ed ha addirittura una coda velenosa. Una “zozza immagine di froda”. Così come la lonza, anche questa creatura ha delle pitture. Dopo quindici versi, Dante sottolinea con un parallelismo, il vero significato della Lonza e il legame con la frode. Tornando al canto I, c’è una sinestesia: dove il sole tace, intende dire dove non arrivano i raggi. Insomma, sta ritornando nella Selva, sacrificando la diritta via e la salvezza v60. È un basso loco. E mentre se ne andava ecco comparire chi per lungo silenzio pareva fioco v63. I silentes erano le ombre dei defunti; il lungo silenzio intende semplicemente che è morto da molto. Fioco, perché i fantasmi non sono solidi, sono indistinti, fiochi. Un’altra interpretazione di fioco può essere uditiva, sottil suono. In questo modo, si collegava alla questione del suono: qualcuno che ha taciuto a lungo e che quando ricomincia non ce la fa. L’interpretazione però non sembra reggere molto, ci sarebbero state scene grottesche di Virgilio che nun c’a fa a parlà. Insomma, l’interpretazione visiva è più logica. Quando lo vede nel gran deserto, Dante grida e gli chiede aiuto. Queste sono le prime parole del protagonista: Miserere mei, misericordia di me! Sono le parole nel Salmo 50, un salmo penitenziale: re David, macchiato di peccato, vuole redimersi e chiede perdono a Dio. L’espressione dantesca sembra tradurre per metà l’espressione latina. Dante capisce al volo che questo qui è un’ombra, “qualunque cosa tu sia, ombra o uomo”, gli chiede semplicemente pietà.

“Rispuosegli” dando tutta una serie di notizie autobiografiche e bibliografiche e poi gli chiede come mai non sta seguendo la strada che conduce alla gioia. Lui non è uomo, lo è già stato, i parenti (latinismo per genitori) erano lombardi e mantovani. Dante sta seguendo il canone di presentazione di un autore di un libro: la patria, il tempo, l’attività letteraria e l’opera sua. Tutti questi dati sono presentati in maniera abbastanza elaborata. 4. Virgilio dcie che i suoi genitori sono mantovani, ma lui è vissuto a Roma. Virgilio rivendica la sua vita imperiale, sotto Augusto il buono (Grande). Nacque sotto Giulio, troppo tardi per farsi da lui conoscere, cioè poco prima della morte di Cesare. All’epoca della sua morte in realtà aveva 26 anni. Questo fa storcere il naso. Alcune ricerche cercano di posticipare la nascita di Virgilio fino al primo consolato di Cesare e da qui legittimare il sub Iulio. Insomma, Virgilio è un uomo dell’Impero. Un romano de Roma. Ma perché Dante ha scelto Virgilio, un poeta pagano del mondo antico e non un santo? Perché è innanzitutto un uomo dell’Impero, un poeta, il poeta dell’Eneide, il poema “nazionale” romano. L’opera in cui Enea dovrà ascoltare Giove e muoversi verso la fondazione di una nuova Troia, porre le basi per un nuovo Impero. Però è anche il tempo degli dei falsi e bugiardi (cit. Agostino). Per il cristianesimo questi dei sono dei demoni che ingannano gli uomini. Ma com’è che Dante elogia il “fronte ghibellino” se lui, di famiglia è guelfo, bianco tra l’altro (guelfi bianchi: filo-papali ma autonomisti vs. guelfi neri: filo-papali estremisti  totale dipendenza dalla Chiesa). Il colpo di stato dei neri comporta che Dante, in ambasciata a Roma, non potrà tornare a Firenze dove lo aspetta una salata multa e un clima ostile. Tra il 1301 e il 1302 i bianchi cercano di trovare una soluzione. Dante ha fatto una serie di esperienze politiche ed è a questo punto che avvia i lavori sulla Commedia, opera che assolve la promessa della Vita nuova. Ma avvia anche una rivoluzione politica. Nel Convivio, stava commentando nel 4° Capitolo una sua poesia e il tema della nobiltà. “Antica ricchezza e belli costumi” dice l’Imperatore. Dante contesta questa definizione della nobiltà: essa non è nel denaro o la ricchezza. Eppure lo ha detto l’Imperatore!

Davvero dobbiamo credergli? È davvero questa l’area di giurisdizione dell’Imperatore? E allora comincia a trattare l’Impero nella maniera già vista nel corso precedente. Importante notare l’imperium necessario su tutto il mondo come condizione per giustizia e felicità sulla terra. Possedendo tutto il mondo, l’Imperatore non ha avarizia e può giudicare incondizionatamente. L’idea dell’Impero lo ha portato ad una svolta politica e con questi nuovi occhi ha riletto l’Eneide. Ritrova Virgilio come un poeta imperiale e così vuole essere lui nella Commedia: la Commedia sarà sia un poema su Beatrice ma anche il poema di un poeta imperiale. Giusto Figliol: enjambement; perifrasi per Enea; superbo (ciò che sta sopra, maestosa; il cristianesimo determina invece il significato di “superbia”, cioè un vizio) ilion: citazione dall’Eneide. “Fu Combusto” invece è un riferimento biblico. Virgilio insomma lo riprende, gli chiede perché stia tornando indietro verso la selva. La risposta di Dante è in tre terzine. La prima ne nomina il nome, in vergogna: lui è il suo autore preferito, un maestro. E lo dice nella terza terzina: maestro e autore. Dante ha studiato amorosamente il codice delle opere di Virgilio; le ha lette e prese a modello di poesia in quanto il protagonista è proprio un poeta (dicevamo Dante-personaggio, ecco che questo personaggio è un poeta che si è formato su Virgilio; in effetti non si trovano molte citazioni a Virgilio in Dante). Dante indica la bestia che gli vieta il passaggio. Svolta Narrativa: Virgilio gli dice che deve fare una strada diversa e spiega perché: questa bestia (Dante non parla mai di tre fiere) impedisce e uccide chiunque tenti di passare. La sua natura è così bramosa e ria (lupa) che dopo ogni pasto è sempre più affamata. Molti sono gli animali a cui s’ammoglia v100, e più saranno ancora cioè molti saranno vittime del vizio, finchè il veltro verrà. Questa bestia non lascia, che uccide, mai non empie, e più saranno ancora. Si passa dal presente al futuro: alla profezia. Questo vizio riempirà sempre più chi cerca di compiere il viaggio finchè il veltro – enjambement – verrà che ucciderà la Lupa. Un verso complesso. Il veltro è il cane da caccia da inseguimento. V103 ci spiega meglio il veltro, in un linguaggio profetico, oracolare. “Non ciberà terra né peltro” rimanda alla dimensione terrena, la materialità, ma

“sapienza, amore, virtù” cioè le prerogative della trinità: il figlio, lo spirito e Dio. Si nutrirà presso Dio. Sua nazion sarà tra feltro e feltro è un verso poco spiegabile: alcuni han interpretato in maniera geografica, o astronomica, o politica (il veltro posto alla base delle scatole usate per le votazioni imperiali, il veltro sarebbe l’imperatore). Insomma, varie interpretazioni. Sappiamo comunque che si parla di una creatura che saprà condurre l’uomo verso Dio e la salvezza. V106 Umile Italia, citazione all’Eneide. Umile intesa come latinismo. Umile intende la parte bassa geografica. Enea deve arrivare dal Tirreno in Lazio. Ma in Dante, che è cristiano, umile Italia è l’opposto della superba Ilio. E poi, l’umiltà è la radice delle 7 virtù. Dante ha traslitterato Virgilio e reinterpretato. Da un lato Ilio, bruciata per la sua superbia, dall’altro L’umile Italia, la terra umile e graziata da Dio. Camilla, Eurialo e Turno rimandano ad alcuni episodi di Enea, giovani morti nelle guerre di Enea per la fondazione di Roma. In pochi versi, Dante ha praticamente riassunto l’Eneide con l’inizio e la fine. È un precedente fondamentale per la stessa Commedia. La bestia, v109, inseguirà questa bestia per ogni città per ucciderla e ricacciarla nell’Inferno da dove il Diavolo (invidia prima) l’ha tirata fuori. Lucifero è invidioso della bellezza di Dio, per questo precipita lui e i suoi diavoli, che lo avevano sostenuto. È invidioso anche dell’Uomo, creature destinate al paradiso, da cui lui è stato cacciato. È da qui l’inganno del serpente e il peccato. V112 E allora Virgilio gli spiega meglio questo nuovo viaggio: Virgilio gli offre di seguirlo da qui al luogo eterno (Inferno o Paradiso?) dove sentirà le urla disperate per la seconda morte; e poi passeranno nel purgatorio dove chi brucia è felice perché sta ascendendo al paradiso. V121 Se vorrà andare in Paradiso (beate genti) allora si dovrà accollare ad un’anima più pia di Virgilio. Virgilio ha praticamente presentato tutto il piano dell’opera e Dantepersonaggio come anche il lettore lo scoprono in contemporanea. La domanda allora è perché Virgilio non lo accompagni anche in Paradiso e Virgilio risponde in v126 che l’Imperatore del cielo, Dio, non lo vuole nella sua città. In v129, Virgilio sospira “oh felice” colui che può accedere. Questo succede a chi è estraneo alla vera fede, a

chi è pagano. La civiltà che lui rappresenta è grande ma l’errore religioso ne comporta l’esclusione provocando una particolare tensione. Poeta, io ti richeggio, dice in v127 Dante. Il viaggio sta per cominciare: “Allor si mosse, e io li tenni dietro”. 4. L’inferno ha 34 canti mentre le altre cantiche ne hanno solo 33. Possiamo pensare al primo canto come una specie di preambolo, di proemio. Una scena allegorica, non il viaggio vero e proprio. CANTO II Il secondo canto sembra un riannuncio, un nuovo inizio. La prima terzina è di tipo epico-virgiliano: lo scenario notturno in cui tutti gli animali riposano dopo le fatiche del mondo mentre l’eroe affronta l’impresa notturna. È il topos della veglia inquieta. Il Dante-eroe è sottolineato dall’enjambement. E lui si prepara alla guerra, cioè il cammino/percorso difficile ma anche la pietà, ovvero la sofferenza del viaggiatore infernale nel vedere i suoi compagni peccatori bruciare all’inferno. Che ritrarrà la mente che non erra: l’io narrante racconta un io-narrato che è la stessa persona; racconta ciò che è fisso nella memoria, che raccoglie tutto e non dimentica. Il racconto è una testimonianza di chi ha vissuto questa esperienza. L’invocazione alle Muse; e po...


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