Mastro DON Gesualdo parte IV cap 5 PDF

Title Mastro DON Gesualdo parte IV cap 5
Course Scienze della formazione primaria
Institution Università degli Studi di Salerno
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LA MORTE DI GESUALDO (MASTRO-DON GESUALDO, parte IV, capitolo 5) 

RIASSUNTO

Mastro-Don Gesualdo è gravemente malato e non si sente ospite ma intruso nella casa del marito della figlia. Dopo una visita da parte di medici apprende che la sua malattia è incurabile ed egli si getta nello sconforto chiudendosi in se stesso. Il suo pensiero principale è sistemare i suoi averi e cerca di far capire alla figlia, con la quale il dialogo è spesso difficile, quanto impegno e dedizione ci siano voluti per per avere la sua ''roba'', anche se consapevole che il genero sperperera' subito dopo la sua morte tutto il suo patrimonio. 

PERSONAGGI PRINCIPALI

Mastro-don Gesualdo Motta: è il protagonista del romanzo, è presentato dal narratore. Gesualdo è un ex manovale arricchito, ha le spalle grosse e le mani ruvide, mangia poco, è poco istruito, bada al sodo, è astuto, abile negli affari, generoso d’animo, rozzo, gioviale. Grazie al suo senso per gli affari riesce ad accumulare grandi ricchezze. Egli per essere accettato dai ''veri'' nobili decide di sposare Bianca Trao, una aristocratica decaduta. Ma la moglie ben presto si ammala e Gesualdo trascura gli affari per curare la moglie, ma alla sua morte si ammala anche lui di cancro. Si trasferisce a Palermo dal genero, che intanto dilapida tutte le sue ricchezze. Muore nell’indifferenza dei servitori in una stanza del palazzo del duca. Bianca Trao: è un falso aiutante del protagonista,di lei si ha una ricca caratterizzazione, è magra, pallida e scarna, ha il mento sporgente, è timida, pudica, remissiva, non ama Gesualdo e non si intromette nei suoi affari, ma lo apprezza per la sua generosità nel momento del bisogno. Bianca Trao viene convitna dai famigliari a sposare Gesualdo perchè non avendo dote ed essendo una nobile decaduta nessuno l’avrebbe voluta. Inoltre ella ebbe una relazione col barone Ninì, da cui è nata la figlia Isabella, che lei ama moltissimo ma vedrà molto raramente. Dopo il parto ha sempre avuto precarie condizioni di salute. Isabella: è un’antagonista del protagonista, è presentata dal narratore, di lei si ha una ricca caratterizzazione; è molto simile alla madre, magra, gracile, con il tipico mento sporgente dei Trao, con una particolare fossetta in mezzo agli occhi, si vergogna di suo padre e delle sue origini, fa credere a tutti che il suo cognome sia Trao, è ribelle, testarda e cocciuta, Isabella non è figlia naturale di Gesualdo ma bensi' di un'avventura precendete della madre. Ella si vergogna molto delle umili origini del padre ''adottivo'' e cerchera' di riappacificarsi con esso poco prima della morte di quest'ultimo. 

MASTRO-DON GESUALDO

Giovanni verga pubblica il romanzo Mastro-Don Gesualdo all'incirca tra in 1888 e il 1889. il racconto è ambientato agli inizi del 1800, a Vizzini ,Malgalavite e Palermo. il romanzo racconta di come Mastro-Don Gesualdo un manovale, lavorando senza sosta riesca ad arricchirsi. il protagonista così facendo ottiene unicamente il disprezzo delle persone che gli stanno accanto. dei nobili per le sue umili origini, ma anche dalla sua famiglia. In questo romanzo è messo in evidenza il concetto di "roba", ossia il complesso di ricchezze accumulate, e le conseguenze che comporta. il protagonista tenta in tutti i modi di cambiare quello che è il suo

destino, ma rimanendo comunque vinto e cadendo in una grande solitudine. Mastro-Don Gesualdo si circonda di ricchezze e acquisisce molti terreni perchè vuole cambiare quella che è la sua condizione economica , ma andrà incontro a una grande emarginazione. il protagonista è innamorato della serva Diodata, ma non la sposa perchè volendo elevare il suo stato sociale sposa Bianca Trao, questa però lo disprezza per le sue umili origini. lo stasso vale per i nobili del suo stesso rango che lo guardano con diffidenza. dopo tutte le ricchezze acquisite resterà comunque solo, anche nei suoi ultimi giorni.



RAPPORTO TRA UN MOTTA E UNA TRAO

Lo stato d'animo di Gesualdo dopo la consapevolezza della sua imminente morte è bel descritto. Egli si rinchiude sempre piu' in se stesso, preda del dolore,dei ricordi e dei rimorsi. Sul letto di morte Mastro-Don Gesualdo cerca di dialogare con sua figlia alla quale cerca ivano di trasmettere quell'amore per la terrra ma cosi' si consuma il distacco definitivo fra padre e figlia, stigmatizzato dalla frase: ''E allora lui si senti' di tornare Motta , com'essa era Trao''. Questa conversazione segna anche il fallimento del personaggio sia dal punto di vista dei beni materiali sia nei confronti della sua unica figlia, un vero e proprio fallimento esistenziale e umano sul piano degli affetti famigliari. Gesualdo ha tratto ha tratto dalla lotta per il possesso dei beni e per l'ascesa sociale, solo odio, dolore e solitudine. 

LA RELIGIONE DELLA FAMIGLIA

Giovanni Verga torna più e più volte su un tema preciso: quello dell'attaccamento alla famiglia, al focolare domestico, alla casa; è facile comprendere, quindi, i sentimenti di amarezza e dolore di chi è costretto a vendere la propria abitazione per pagare i debiti di un affare sfortunato, come nei Malavoglia. Il bene della famiglia sembra il supremo valore: è questo il principale senso dell'ideale dell'ostrica. Se l’ostrica si distacca dallo scoglio è destinata a morire , così chi si distacca dalla famiglia è destinato a trovare molte difficoltà e va incontro a mali peggiori. la "religione della famiglia" è l'unica cosa in cui Verga dimostra di credere. per l'autore sono importanti i valori della famiglia e degli affetti domestici. Prendendo in considerazione il romanzo Mastro-Don Gesualdo si vedono scomparire questi valori per lasciare spazio ad un unico sentimento che è quello per la "roba". Mastro-don Gesualdo infatti è talmente avido nei riguardi dei suoi possedimenti che l'unica cosa che ne ricava è l'ostilità delle persone che gli stanno accanto, compresa la sua famiglia. il fallimento del personaggio di Mastro-don Gesualdo si ha alla fine del racconto con il dialogo tra lui e la figlia Isabella. il padre infatti desidere che Isabella si prenda cura della "roba", ma questa non condividendo gli stessi valori del padre si chiude in se stassa. qui si riconosce il distacco tra padre e figlia.



IL NARRATORE

La narrazzione è prevalentemente "alta" in un linguaggio essenziale.La narrazione viene condotta dal punto di vista di Mastro-Don Gesualdo che nel palazzo del genero vede l’improduttività della vita aristocratica e lo

sperpero della ricchezza. Nel romanzo emerge un completo distacco del narratore, secondo il “canone dell'impersonalità”, quindi l'opera “si deve fare da se” e, pertanto il narratore cioe' Verga non interviene mai nella vicenda.



LO SPAZIO E IL TEMPO

La vicenda si svolge prevalentemente a Vizzini, un borgo in provincia di Catania, a Mangalavite e a Palermo. Mastro-Don Gesualdo sul finire del racconto è preso da una malattia ed è costretto a vivere a Palermo, con la figlia e il genero. Mancano rimandi cronologici precisi ma e' deducibile rimandare la vicenda del romanzo lungo un arco di una cinquantina d'anni tra l'inizio e la meta' dell'Ottocento. Ad avvalorare questa ipototesi vi sono alcuni accenni a vicende politiche come la rivoluzione palermitana e la Costituzione di Francesco Duca di Calabria nel 1812 nell'italia Meridionale o i moti rivoluzionari del 1820 e del 1848. Dopo aver appreso la sentenza definitiva sull’incurabilità del suo male, Mastro-don Gesualdo si rinchiude sempre più in se stesso, preda del dolore, dei ricordi e dei rimorsi. Il dialogo con la figlia è quasi impossibile, e ognuno dei due nasconde un segreto all’altro: Gesualdo cela fino alla fine la paternità dei figli di Diodata, Isabella nasconde la sua infelicità matrimoniale dietro un comportamento formale e dignitoso, quale si addice a una nobildonna. Il protagonista, sul letto di morte, cerca invano di trasmetterle quell’amore per la terra, per «la roba» sul quale egli ha fondato tutta la sua vita, consapevole che, una volta scomparso, i suoi possedimenti saranno sperperati dal genero. Il colloquio con la figlia sancisce il fallimento del personaggio, sia dal punto di vista dei beni materiali, ai quali ha dedicato tutta la vita, sia dal punto di vista degli affetti. Gesualdo parla a Isabella, dopo un profondo travaglio interiore, espresso dal narratore attraverso il discorso indiretto libero, con l’intento di affidarle «la roba», ma Isabella si chiude in sé perché non condivide i valori del padre; si consuma così il distacco definitivo fra padre e figlia, stigmatizzato dalla frase: «E lui allora si sentì di tornare Motta, com’essa era Trao». Al fallimento sul piano materiale, perché «la roba» si è rivelata alla fine un bene illusorio, si aggiunge così anche il fallimento esistenziale e umano sul piano degli affetti familiari: Gesualdo ha tratto, dalla lotta per il possesso dei beni e per l’ascesa sociale, solo odio, dolore e solitudine.

LA MORTE DI GESUALDO Analisi e commento Divisione in tre macro-sequenze: 1. Gesualdo ammalato nel palazzo del genero e della figlia a Palermo ( righe1-154) 2. Gesualdo prende coscienza della gravità della sua malattia e del fallimento della sua vita ( righe 155-463). 3. La morte di Gesualdo ( righe 464-fine). Prima macrosequenza • La narrazione viene condotta dal punto di vista di mastro-don Gesualdo che nel palazzo del genero vede l’improduttività della vita aristocratica e lo sperpero della ricchezza, da lui così faticosamente accumulata, senza nulla poter fare per fermare quello scempio. Tutta quella gente che mangiava e beveva alle spalle di sua figlia, sulla dote che egli le aveva dato su … le terre che aveva covato cogli occhi tanto tempo,sera e mattina, e misurato col desiderio, e sognato la notte, acquistato

palmo a palmo, giorno per giorno, togliendosi il pane di bocca ( notare l’insistita ripetizione della congiunzione e che esprime la pazienza e la dedizione costante alla Roba). Come Mazzarò anche Gesualdo sottolinea l’incapacità dei nobili di gestire il patrimonio, poiché solo interessati alle apparenze, al cerimoniale, all’ossequio formale preteso dai loro subordinati. Il genero di Gesualdo è come il padrone di Mazzarò: il signor duca quando usciva di casa, a testa alta, con il sigaro in bocca e il pomo del bastoncino nella tasca del pastrano, fermavasi appena a dare un’occhiata ai suoi cavalli, ossequiato come il Santissimo Sacramento, le finestre si chiudevano in fretta, ciascuno correva al suo posto, tutti a capo scoperto, il guardaportone col berretto gallonato in mano, ritto dinanzi alla sua vetrina, gli stallieri immobili accanto alla groppa delle loro bestie, colla striglia appoggiata all’anca…una commedia che durava cinque minuti. Dopo, appena lui voltava l’angolo, ricominciava il chiasso e la baraonda…( righe 92-102). La consumazione del patrimonio che Gesualdo ha accumulato con tanta fatica procede di pari passo con la consumazione del suo corpo divorato dal cancro. • Il punto di vista dell’ex manovale emerge anche nel disagio con cui Gesualdo cerca di adattarsi all’etichetta della vita aristocratica con i suoi riti incomprensibili ed inutili: ogni cosa regolata a suon di campanello, con un cerimoniale da messa cantata, per aver un bicchier d’acqua, o per entrare nelle stanze della figliola. Lo stesso duca , all’ora di pranzo, si vestiva come se andasse a nozze. • E’ ancora il giudizio di Gesualdo quello che domina nella rappresentazione del genero, di cui vengono evidenziate l’ipocrisia e l’ingordigia. Il marito di Isabella dietro l’apparenza affettuosa ( nel viso, nelle parole, sin nel tono della voce, anche quando voleva fare l’amabile… aveva qualcosa che vi respingeva indietro e vi faceva cascar le braccia) vuole una delega che lo autorizzi ad amministrare il patrimonio di Gesualdo. Già nella prima macro-sequenza emergono i temi dominanti l’intero capitolo: la solitudine e l’incomunicabilità la sistemazione di Gesualdo nella foresteria riservata, come dice il nome, agli estranei, fa comprendere anche a livello lessicale l’isolamento fisico e psicologico cui viene relegato il protagonista. Seconda macro-sequenza Il tema dell’incomunicabilità, già annunciato nella prima parte ( righe 59-65), diventa il motivo conduttore della seconda macrosequenza, modulato in vari episodi. • Dapprima vi è l’incomunicabilità con i dottori che lo curano ma, al tempo stesso, lo disprezzano, poiché devono a lui i servigi che riservano solo ai veri nobili e ritengono degradante soddisfare le richieste di un ex manovale. Per questo, quando Don Gesualdo chiede informazioni dirette sulla natura del suo male, il signor dottore cominciò a fare una scenata col duca, quasi gli si fosse mancato di rispetto in casa sua. Ci volle del bello e del buono per calmarlo, e perché non piantasse lì malato e malattia. • Ben più dolorosa per Gesualdo è l’incomunicabilità con la figlia: con lei vorrebbe instaurare un rapporto affettivo autentico, ma Isabella è chiusa nel suo rancore verso il padre di cui anche si vergogna per la sua estrazione popolare. Isabella è come il marito, apparentemente gentile e premurosa, in realtà indifferente al dramma che sta vivendo il padre. Il sorriso freddo del duca si accompagna alla buona grazia che Isabella aveva imparato in collegio e sono entrambi espressione di una mancanza di veri sentimenti. La distanza affettiva tra padre e figlia si evidenzia anche nel fallimento del tentativo di Gesualdo, ormai consapevole di morire, di trasmettere ad Isabella la religione della Roba . Le raccomandava la sua roba, di proteggerla, di difenderla: piuttosto farti tagliare la mano vedi! …quando tuo marito torna a proporti di firmare delle carte! Lui non sa che cosa vuol dire. Ma Isabella lo interrompeva non voleva che parlasse, smaniava per la stanza, si cacciava le mani nei capelli, diceva che le lacerava il cuore,che gli pareva un malaugurio; in realtà,

nulla le importava di ciò a cui suo padre aveva sacrificato tutta la vita Il dramma dell’incomunicabilità e della solitudine raggiunge la sua massima tensione nella conclusione del colloquio, quando nella disperata ricerca di un punto di contatto con la figlia, Gesualdo vorrebbe aprirle il cuore come al confessore e leggerle nel suo. Gesualdo ha degli scrupoli di coscienza e vuole che Isabella si incarichi di eseguire la sua volontà testamentaria (alcuni lasciti per figli avuti da Diodota); mentre parla cerca di scorgere nello sguardo della figlia il desiderio di comunicargli quell’altro segreto, quell’altro cruccio, poiché anche Isabella ha avuto un figlio illegittimo da Corrado. Ma la speranza di Gesualdo è destinata a scontrarsi con la realtà della sua solitudine e del suo fallimento esistenziale: ella chinava il capo, quasi avesse indovinato, colla ruga ostinata dei Trao fra le ciglia, tirandosi indietro, chiudendosi in sé, superba, con i suoi guai e il suo segreto. E lui allora sentì di tornare Motta , com’essa era Trao, diffidente, ostile, di un’altra pasta . Terza macro-sequenza La sconfitta esistenziale del protagonista giunge al suo epilogo: Gesualdo è lasciato solo nel momento dell’agonia e della morte, sopportato più che accudito da un servitore malevolo. La conclusione del romanzo è condotta dal punto di vista di don Leopoldo da cui traspare l’insofferenza per l’incarico che gli è stato assegnato: accudire un uomo che ritiene un suo pari se non addirittura un inferiore! Il suo punto di vista viene bene espresso dalla folla di servitori che si accalcano nella stanza del morto, in manica di camicia e colla pipa in bocca: Pazienza servire quelli che sono nati meglio di noi … dove la reticenza espressiva é molto eloquente. Mastro-don Gesualdo appare ai ceti umili un traditore della loro classe, colpevole di aver voluto mutare stato e, per questo, giustamente disprezzato e condannato all’emarginazione e alla solitudine. La condanna di che vuole cambiare stato è condivisa anche dal Verga che non esprime alcuna solidarietà con il suo personaggio. Ancora una volta è la tecnica dello straniamento che ci permette di cogliere il pensiero del Verga senza che venga esplicitato direttamente. Noi lettori non possiamo infatti non avvertire come strani rispetto al normale i termini con cui vengono sottolineate le fasi dell’agonia di Gesualdo: capricci, canzone, contrabbasso, uzzolo e mattana ( termini questi ultimi propri del linguaggio di scuderia e riferiti ai cavalli imbizzarriti), ma anche certi comportamenti come Don Leopoldo che prima di avvertire la padrona della morte del padre, rassetta la camera e s’affaccia alla finestra a prendere una boccata d’aria fumando e il comportamento irriguardoso degli altri servitori, già sopra segnalato. RIASSUNTO: Parve a Don Gesualdo di entrare in un altro mondo anziché a casa di sua. Era un palazzo molto grande che ci si smarriva dentro. Ogni cosa era accompagnata dal suono di un campanello, Lo stesso duca allora di pranzo si vestiva come se andasse a nozze. Don Gesualdo nei primi giorni per accontentare la figlia anche lui si vestiva elegante. Don Gesualdo scendeva raramente dalla figlia, si sentiva a disagio con il genero. Don Gesualdo venne collocato in una stanza al piano di sopra dove la figlia Isabella andava a trovarlo ogni mattina. Alcune volte pareva pallida come se non avesse chiuso occhio tutta la notta e questo a Gesualdo non gli andava affatto bene, infatti avrebbe voluto che la figlia si confidasse con lei, anche lei parlava poco. Don Gesualdo passava le giornate a vedere dalla finestra stallieri che cantavano, parlavano, perdevano tempo e lui pensava che tutta quella gente mangiava e beveva sulle spalle della figlia e sulla dote che egli le aveva dato. Inizia a ricordo tutte le terre che aveva acquistato con il duro lavoro “chi avrebbe potuto difendere la sua roba dopo la sua morte?”. E a guardare tutta la roba che ora possedeva il genero pensava a quante cose si sarebbero potute fare con quel denaro. La sua malattia peggiorava sempre di più, infatti ogni giorno veniva qualche medico a visitarlo ma nessuno lo aiutava, neppure la figlia gli diceva di che malattia si trattasse, in cuor suo sapeva che in

quella casa lei non ci stava bene. Dopo un po’ chiamò la figlia per chiedergli la benedizione di un prete prima della morte, durò alcuni giorni. Quando una notte peggiorò rapidamente, il servitore che gli avevano messo a controllarlo nella stanza sentì che si stava agitando, ma siccome era abituato a quei capricci di don Gesualdo si girò dall’altra parte. Don Gesualdo iniziò a gridare di volere sua figlia, il domestico annuì e tornò a dormire. Appena il domestico chiudeva gli occhi udiva un rumore strano, intanto don Gesualdo aveva il respiro sempre più corto, ad un tratto si irrigidì e morì....


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