Riassunto Vallar PDF

Title Riassunto Vallar
Author Martina Giordano
Course Psicologia clinica
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Vallar, Papagno: “Manuale di neuropsicologia” Capitolo 1 INTRODUZIONE ALLA NEUROPSICOLOGIA LA NEUROPSICOLOGIA è LA DISCIPLINA CHE STUDIA I DEFICIT COGNITIVI ED EMOTIVO-MOTIVAZIONALI CAUSATI DA LESIONI O DISFUNZIONI DEL SNC. Nasce nella seconda metà del 1800 grazie a Paul Broca e alla sua scoperta che lesioni all’emisfero sinistro possono causare deficit del linguaggio. Si divide in:  

NEUROPSICOLOGIA SPERIMENTALE: studia le strutture funzionali della mente NEUROPSICOLOGIA CLINICA: ha finalità puramente diagnostiche e riabilitative

Momenti che segnarono la nascita della disciplina furono la fondazione della rivista “ Neuropsychologia” da parte di Henry Hecaen nel 1963 e, in Italia, della rivista “Cortex” da parte di De Renzi e Vignolo.

Cenni storici All’inizio del 1800 il tedesco Franz Joseph Gall creò il localizzazionismo, teoria che si basava sull’assunto che la mente umana fosse composta da un numero finito di componenti distinte (facoltà), ognuna localizzata in regioni specifiche del cervello (organi), la cui depressione o aumento di attività determinavano il carattere di un individuo (simile alla frenologia). Anche se screditata, questa teoria è simile alla concezione della neuropsicologia moderna per cui il SNC è basato su moduli e circuiti nervosi. Importante fu anche il contributo di Paul Broca, che studiando il cervello post-mortem di un paziente con emiparesi destra scoprì che alcune difficoltà nel linguaggio possono essere dovute a lesioni all’emisfero sinistro, dimostrando che la mente è composta da moduli separati e in gran parte indipendenti. In base a questa scoperta si creò la correlazione anatomo-funzionale, per cui in base alla lesione di una determinata area si può ipotizzare quale deficit si presenterà, e, viceversa, in base al deficit riscontrato si può iniziare a ipotizzare dove è situata la lesione. Nel periodo classico della neuropsicologia (1860-1920) furono descritte le basi dei disordini cardine della disciplina (afasie, agnosie, aprassie) in base alla struttura centro-connessioni (sostanza grigia collegata da sostanza bianca). In base a questa struttura vennero creati modelli (ad es., modello di Lichteim) che venivano poi esplicitati in diagrammi. Questo approccio venne contestato all’inizio del 900 da Freud, che ne voleva uno più unitario e meno localizzazionista, basato anche su metodi statistici e quantitativi. Per questo nel 1950, si iniziarono: 1. Ricerche su gruppi di pazienti con lesioni ad aree simili 2. Creazione di test standardizzati che misurano in modo quantitativo il comportamento del paziente 3. Confronto delle prestazioni fra pazienti e soggetti indenni La psicologia cognitiva, però, mise in evidenza come l’organizzazione della mente possa essere talmente articolata da creare, ad es., deficit diversi per lesioni uguali in due diversi pazienti. Questo ha riportato in auge lo studio di casi singoli tipico del periodo classico, basato però su test tarati e standardizzati e creando quindi la neuropsicologia cognitiva, che ha anche il merito di aver dato il via a una riflessione epistemica sulla disciplina; la possibilità di trarre conclusioni anatomo-funzionali partendo dai deficit dei pazienti deve essere basata su: 1. Modularità: i processi sono articolati in componenti distinte o moduli

2. Corrispondenza: fra l’organizzazione funzionale della mente e quella neuronale del cervello 3. Costanza: dopo una lesione, la struttura cerebrale non si riorganizza in modo da risultare qualitativamente diversa a come era prima. Attualmente avvengono studi sia su gruppi che su singoli pazienti, tramite test standardizzati e analisi statistiche, con un grande aiuto dato anche dalle tecnologie di neuroimmagine.

Associazioni, dissociazioni e il concetto di sindrome ASSOCIAZIONE: un particolare insieme di sintomi si presenta con frequenza elevata costituendo quindi una sindrome (questo concetto suggerisce che la lesione di un’area specifica causerà un tot di determinati deficit) Si distinguono tre tipi di sindrome: 1. Sindrome funzionale: l’associazione di tot deficit è determinata da un unico meccanismo che altera una sola funzione (ad es., se è alterata la funzione memoria a breve termine, ci saranno deficit come oblio verbale, diminuzione dello span di memoria, ecc.) 2. Sindrome anatomica: l’associazione di tot deficit è dovuta al fatto che diverse funzioni sono localizzate in aree vicine, quindi i deficit non possono presentarsi l’uno indipendentemente dall’altro. 3. Sindrome anatomo-funzionale: due funzioni, la cui lesione determina i deficit, sono localizzate in aree vicine del cervello. DISSOCIAZIONE: insieme di prove che dimostrano come una funzione è indipendente da un’altra. Ci sono: 1. Dissociazione semplice: quando un paziente ha ottime prestazioni nel test A che misura la funzione A e pessime nel test B che misura la funzione B (è chiamata dissociazione forte in questo caso, mentre è debole se il paziente ha prestazioni scarse in entrambi i test, dimostrando quindi che le funzioni A e B possono essere associate) 2. Dissociazione doppia: un paziente ha una buona prestazione nel test A e scarsa in quello B, mentre un altro paziente ha prestazioni contrarie, dimostrando quindi che la prestazione non è dovuta alla difficoltà di un test piuttosto che dell’altro e che le funzioni indagate sono indipendenti.

Capitolo 2: L’esame neuropsicologico Finalità L’ESAME NEUROPSICOLOGICO SERVE A FORNIRE UN QUADRO COMPLETO DEL PAZIENTE, E IN ALCUNI CASI PUò ESSERE Già UNO STRUMENTO DIAGNOSTICO DEL DEFICIT CHE EGLI PRESENTA. Deve essere via via più mirato, dato che il neuropsicologo col procedere dell’esame deve essere in grado di scegliere i test giusti in base alle caratteristiche presentate dal paziente e che possono portare a una diagnosi effettiva del deficit. Le finalità sono: 1. 2. 3. 4.

Diagnostica Prognostica: fornisce informazioni sull’esito di alcune patologie Pianificazione dell’assistenza: degli interventi che andranno fatti e della futura vita quotidiana Progetto riabilitativo: per impostare il miglioramento delle abilità intaccate e monitorare l’efficacia dell’intervento col passare del tempo 5. Legale-assicurativa: ad esempio una perizia o per stabilire quando un paziente è in grado di rientrare al lavoro.

Il paziente può presentarsi al colloquio spontaneamente (si è accorto di un deterioramento di qualche funzione), accompagnato (ad es., i parenti si sono resi conto che c’è qualcosa che non va), o mandato da un altro medico. Queste motivazioni influiscono sulla valutazione.

La prima visita L’obiettivo della prima visita è formulare un profilo neuropsicologico, essa si basa su: 1. Anamnesi: è la storia della persona a livello anatomo-funzionale, serve a raccogliere gli elementi cognitivo-comportamentali che hanno portato il paziente alla visita. Quindi bisogna domandare da chi è stato inviato il paziente, quando il disturbo è iniziato e come si è evoluto, se ha un origine definibile in un dato momento, come è cambiata la vita del paziente da quando ha il deficit (molto importante), se i familiari hanno patologie di vario tipo, ed infine bisogna raccogliere i dati delle cartelle cliniche del paziente per conoscere la sua storia clinica (altre malattie, che esami ha fatto, che farmaci prende). In questo lasso di tempo bisogna osservare il comportamento del paziente 2. Colloquio clinico col paziente: serve per spiegare al paziente i test a cui verrà sottoposto e per iniziare a farsi un idea del problema (ad es., un’anomia piuttosto che un neglect, se il paziente è collaborativo o no, se è consapevole del suo problema o no) 3. Screening: somministrazione di test, che però non devono rappresentare la diagnosi finale (non si può diagnosticare un deficit solamente in base alla pessima prestazione a un test), poiché essi rappresentano solamente la misurazione di un campione di comportamento paragonato alla popolazione neurologicamente indenne. I test devono indagare l’orientamento, il linguaggio, la memoria, la percezione, la cognizione spaziale e l’attenzione. 4. Colloquio coi familiari: serve per elencare i dati raccolti e l’eventuale diagnosi; serve inoltre all’esaminatore per capire se la situazione familiare è idonea a prendersi cura del paziente e per raccogliere dati sulla sua quotidianità. Bisogna poi spiegare il problema ai familiari e progettare eventuali accorgimenti che aiutino il paziente nella vita di tutti i giorni. Se la prestazione è diversa da quella presunta in epoca premorbosa, bisogna poi stabilire se il deficit è organico (dovuto quindi a lesioni) o funzionale (ovvero di natura psichiatrica, quindi fuori dalle mansioni del neuropsicologo)

La seconda visita Serve per raccogliere ulteriori dati, per controllare l’evoluzione del deficit o l’efficacia del trattamento riabilitativo. In questo senso bisogna individuare le abilità lasciate indenni in modo da puntare su di esse nella riabilitazione e in modo da sopperire a quelle intaccate dal disturbo e al come minano lo svolgersi della quotidianità del paziente. Serve inoltre, se fosse caso, a dare una diagnosi definitiva.

Capitolo 3: esami strumentali in neuropsicologia Esami elettrofisiologici 



EEG (ELETTROENCEFALOGRAMMA): fornisce una registrazione dell’attività elettrica cerebrale, grazie ad elettrodi posti sullo scalpo, poiché l’attività cerebrale riflette il flusso di correnti elettriche negli spazi extracellulari e rappresenta la sommatoria di potenziali sinaptici inibitori o eccitatori. ERP (POTENZIALI EVENTO RELATI): piccole modifiche dell’attività elettrica dovute a un determinato evento o stimolo, rappresentate sottoforma di onde ed estratte dal tracciato EEG. Si dividono in: 1. Componenti esogene: più precoci, dipendono dal tipo di stimolo e sono generate subito dopo la sua presentazione; servono per rilevare l’integrità delle vie sensoriali (del tipo che se le hai apposto ma lamenti comunque un deficit questo potrebbe essere psicosomatico e non neurologico). In generale indicano la reazione a uno stimolo. 2. Componenti endogene: si dividono in N1 (onde negative specifiche per la natura dello stimolo), N2 (tipo le oddballs o la N2pc, evocate da stimoli rari), P3 (indicano come uno



stimolo viene elaborato e classificato, sono quindi un indice dei processi percettivi). In generale indicano come uno stimolo viene elaborato MEG (magnetoencefalografia): simile alla EEG, al posto dei campi elettrici misura i campi magnetici

Esami di neuroimmagine Forniscono dati anatomici (dove è localizzata la lesione) e dati funzionali (metabolismo della regione lesionata), consentendo una correlazione anatomo-clinica del deficit del paziente. Sono: 



 

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TC (TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA): si emette un fascio di raggi X, di cui le varie componenti dell’encefalo (osso, liquor, sostanza grigia, ecc) hanno diversa capacità di assorbimento, da diverse angolazioni. Il tutto viene elaborato da un pc che fornisce un’immagine del cervello da cui è possibile rilevare, per es., un tumore. MRI (RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE): sfrutta la capacità di alcuni isotopi (soprattutto l’idrogeno) di rimettere energia dopo che vengono stimolati con campi magnetici che ne modificano l’allineamento. Finita la stimolazione, gli isotopi tornano alla loro posizione originaria, rilasciando un segnale magnetico che viene elaborato da un cpu. Dato che ogni parte del cervello ha diversi periodi di rilassamento (diverso periodo in cui gli isotopi rilasciano energia), in base a questo si crea il contrasto dell’immagine che mostra i vari componenti dell’encefalo. Crea immagini più nitide della TC, e grazie all’iniezione di liquido di contrasto può evidenziare aspetti diversi ANGIOGRAFIA: ormai fuori moda, prevede l’iniezione di un liquido di contrasto che serve per rilevare problemi circolatori PET (TOMOGRAFIA AD EMISSIONE DI POSITRONI): si somministra un radionuclide tracciante, il quale fornisce una radiazione di ritorno se viene stimolato da determinati isotopi. I dati vengono elaborati da un cpu e le immagini ottenute possono mostrare, x es., il metabolismo del glucosio in determinate aree. SPET (TOMOGRAFIA AD EMISSIONE DI FOTONE SINGOLO): si somministra un tracciante la cui radiazione di ritorno viene elaborata da un cpu. Evidenzia la RCBF (flusso cerebrale regionale). SCAN A ULTRASUONI: i tessuti hanno echi diversi se sottoposti a ultrasuoni, quindi rimandano onde di diversa ampiezza a un trasduttore che le rielabora. Aiuta, ad es., a mostrare restringimenti dei vasi sanguigni

Capitolo 4: elementi di neurologia La neurologia La patologia neurologica è strettamente connessa con le sede della lesione, quindi il ragionamento clinico deve basarsi su info anatomo-funzionali che devono iniziare ad essere raccolte con l’anamnesi e integrate con l’esame neurologico. La raccolta di questi dati porta a formulare:  

Ipotesi localizzatorie: sul dove è situata la lesione Ipotesi diagnostiche: su quale malattia o sindrome è causa dei sintomi riscontrati

Le malattie neurologiche sono classificate in base al meccanismo patogenetico (vascolare, infiammatorioinfettivo, neoplastico, degenerativo, traumatico)

Patologie vascolari Sono contrassegnate da un danno focale (limitato a una determinata area) conseguente a un’alterazione della circolazione cerebrale. Si dividono in: 

ICTUS ISCHEMICO: viene a mancare il sangue in una data area cerebrale in quanto le arterie che la irrorano rimangono ostruite. Può essere dovuto a un trombo (coagulazione di sangue) o da un embolo (ostruzione dei vasi dovuta a materiale estraneo ad essi, tipo una bolla d’aria ad es.). Il quadro clinico dipenderà dalla zona in cui è avvenuta la lesione e in base a questo si può porre una prima distinzione fra ictus in territorio carotideo (parte anteriore dell’encefalo, lobi frontale,



parietale, temporale) e ictus in territorio vertebro-basilare (parte posteriore, lobo occipitale, tronco, cervelletto) ICTUS EMORRAGICO: è dovuto alla rottura di un vaso, per cause tipo l’ipertensione arteriosa o malformazioni artero-venose (mav). In base alla sede si divide in: 1. Emorragia intracerebrale o intraparenchimale: le manifestazioni cliniche sono del tutto simili a quelle dell’ictus ischemico, a cui però va sommato l’effetto massa dell’emorragia che comprime i tessuti, danneggiandoli 2. Emorragia sub-aracnoidea: tra pia madre e aracnoide 3. Emorragia epidurale: tra teca cranica e dura madre 4. Emorragia subdurale: sotto la dura madre

In entrambi i casi di ictus i danni sono dovuti al fatto che le cellule nervose possono resistere solo pochi secondi alla mancanza di ossigeno e glucosio. Anche la sede focale del danno può essere indice della causa dell’ictus: danni alle sedi tipiche (nuclei della base, cervelletto) sono quasi sempre dovuti a cause primarie (ipertensione), mentre in altre zone i danni hanno cause secondarie (mav o aneurismi, cioè una temporanea dilatazione del tessuto venoso). La diagnosi differenziale fra ischemia ed emorragia si avvale di strumenti come la TC

Patologie infettive Possono essere classificate in base alla sede dell’infezione (ad es., meningiti o encefaliti) o in base all’agente eziologico (virus, batteri). Sono divise in acute, subacute e croniche. La diagnosi si basa su evidenze cliniche, esami neuroradiologici, esami strumentali (tipo l’esame del liquor). Un esempio di questo tipo di malattie è l’encefalite herpetica dovuta al virus herpes simplex tipo 1, che agisce a livello della corteccia temporale e fronto-orbitaria e del lobo limbico, lasciando conseguenze sulle capacità cognitive anche dopo che è stato debellata.

Malattie infiammatorie demielinizzanti Caratterizzate da perdita di mielina (guaina che riveste gli assoni), come ad esempio la sclerosi multipla, anche in diversi punti del SNC (multifocale)

Patologie neoplastiche L’SNC può essere sede di neoplasie primitive (si generano nelle cellule li presenti, tipo il glioblastoma multiforme) o di metastasi tumorali di altri organi. Nell’encefalo, anche tumori benigni possono rappresentare un problema se si posizionano in sedi critiche o difficilmente raggiungibili. Oltre all’effetto massa, si somma anche quello dell’edema (perdita di liquido, tipo sangue). Essi provocano danni cognitivi e cefalee, dovuti all’effetto massa, all’edema e alla distruzione dei tessuti nelle zone interessate, oltre che crisi epilettiche. Esistono inoltre sindromi paraneoplastiche dovute agli effetti di tumori fuori dal SNC (ad es., nei polmoni), ma che però si ripercuotono anche su di esso.

Patologie degenerative Si tratta di una serie di sindromi, di cui non sono noti i sistemi patogenetici, che provocano una graduale perdita delle funzioni in base a una perdita progressiva di neuroni, spesso selettiva per sede e tipo, e per questo non esiste ancora una catalogazione clinica adeguata (alcune patologie, ad es., si sovrappongono ad altre nei quadri clinici), rendendo la diagnosi solo presunta. Un esempio è la sindrome di Parkinson di cui si conoscono i sintomi ma non l’eziologia, e per cui gli esami di neuroimmagine servono solo a escludere altre patologie nel paziente, anche se alcuni upgrade della SPET sensibili alla dopamina sembrano promettere passi avanti. Fino ad ora si è scoperto che intacca i neuroni dopaminergici e quindi si sta tentando la strada di terapie dopamino-compensatorie ( levo-dopa). Malgrado questo, per rifarsi a quanto detto sopra, molti sintomi la rendono simile alla demenza ai corpi di Lewy.

Un altro esempio sono le malattie del motoneurone come ad esempio la SLA, che colpiscono solo le cellule nervose motorie, portando a debolezza muscolare progressivamente ingravescente.

Patologie traumatiche Il cervello è relativamente mobile all’interno della scatola cranica, e questo spiega come un movimento brusco possa provocare lesioni al tronco, strappamento di assoni o urti ai lobi frontale e temporale (per colpo e contraccolpo). Un frattura del cranio (trauma aperto) può invece provocare lesioni alle arterie con conseguenti emorragie. In base all’entità degli effetti si divide in:   

Trauma cranico lieve: può essere commotivo (con perdita di coscienza) o non commotivo, Trauma cranico moderato: con episodi amnesici Trauma cranico grave: accompagnato da lesioni cerebrali

Gli strascichi del trauma (cefalee, nausea, disturbi del sonno) sono chiamati sindrome post-traumatica, mentre traumi gravi possono portare al coma o a stati vegetativi persistenti, caratterizzati da parametri vitali normali ma assenza di risposta agli stimoli.

Epilessia e crisi epilettiche Una crisi epilettica consiste in un’alterazione transitoria di una funzione del SNC conseguente a una scarica elettrica anomala dei neuroni cerebrali, che può limitarsi a un gruppo circoscritto (crisi parziali o focali), coinvolgere tutti i neuroni sin dall’esordio ( crisi generalizzate primarie) o per diffusione da un focolaio iniziale (crisi generalizzate secondarie). Le crisi parziali possono essere scatenate da varie cause (tumori, traumi, infezioni), mentre per le altre nel 25% dei casi non è possibile trovare una causa (crisi idiopatiche). Le crisi generalizzate (grande male) sono caratterizzate da perdita di coscienza, irrigidimento muscolare, da una breve fase convulsiva, un breve coma e da una successiva amnesia dell’episodio. Le crisi parziali hanno sintomi molto vari in base alla zona in cui compaiono (focolaio epilettogeno), e fra di esse sono interessanti le crisi complesse contraddistinte da episodi allucinatori e deja vu.

Capitolo 6: le afasie Principi generali di afasiologia e premesse storiche L’AFASIA è UN DISTURBO DELLA FORMULAZIONE DEL LINGUAGGIO E/O DELLA SUA COMPRENSIONE CONSEGUENTE E LESIONI CEREBRALI FOCALI, GENERALMENTE SITUATE NELL’EMISFERO SINISTRO, CHE COINVOLGONO SIA IL LINGUAGGIO SCRITTO CHE QUELLO VERBALE. Questi deficit possono essere correlati ad altri, come disturbi della memoria o dell’attenzione, e alcuni di essi non sono spiegabili con la linguistica classica (ad es., alcuni disturbi prevedono il riconoscimento ve...


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