Winnicott Colloqui con i genitori PDF

Title Winnicott Colloqui con i genitori
Author Dario Sperelli
Course Colloquio e narrazione in psicologia clinica
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

Riassunto per capitoli del libro "Colloqui con i genitori" di D. Winnicott...


Description

COLLOQUI CON I GENITORI (WINNICOTT) CAP.1 EDUCAZIONE ALLA SALUTE VIA RADIO Non dare consigli pratici, bensì aiutare a capire il perché delle azioni quotidiane. Offrire ai genitori una spiegazione dei problemi che stanno affrontando, consentendo loro di divenire più consapevoli di ciò che già fanno d’intuito. Comprendere ciò che ci sta facendo e perché, diminuisce lo spavento e aumenta la fiducia in sé come genitore: predispone a cercare informazione non ordini e/o consigli. Abbatte la diffidenza verso la scienza, li predispone ad affidarsi. Non occuparsi in radio di questioni patologiche circa madre-figlio o genitori, non è il contesto adatto per rivelare ad una persona di avere una patologia. Ogni minimo consiglio via radio può provocare difficoltà: causa senso di inadeguatezza. PARLARE DELLE COSE SEMPLICI CHE ACCADONO ALLA GENTE NORMALE CAP.2 AI PATRIGNI E ALLE MATRIGNE La fiaba funziona perché fa presa su qualcosa che è vero, che fa paura, che risulta inaccettabile. Ciascuno riscontra difficoltà nel gestire al contempo aggressività e amore e combinarle nella quotidianità, nella primissima infanzia è più semplice perché il mondo è percepito per estremi: totalmente buono e quindi amato, totalmente cattivo quindi odiato. Crescendo, imparano a tollerare il loro coesistere: cominciano a provare senso di colpa ma sono consapevoli della propria capacità di fare cose buone. A livelli immaginario, il polo buono nelle fiabe è rappresentato dalla madre morta, e quello cattivo dalla matrigna. Nella realtà, l’idea che si possa odiare la madre è sgradevole, ma se queste fanno bene il loro mestiere finiscono per rappresentare le istanze del mondo (duro ed esigente) e tocca loro far conoscere ai figli la realtà, in contrasto con gli istinti. Madre come funzione di realtà contro il piacere. Ciò provoca irritazione verso la madre. Se invece è morta, come nelle fiabe, è possibile idealizzarla, odiando invece la matrigna. Quando il bambino si rende conto che ai primordi vi era una dipendenza assoluta verso la madre, ha timore, in quanto questa era onnipotente nel bene e nel male: era la stessa che si comportava in modo adorabile e che metteva di fronte alle durezze della vita, o che si interponeva tra la figlia e il padre. Crescendo impariamo a razionalizzare e a tollerare l’intrinseca ambiguità delle persone, ma nella fantasia gli aspetti infantili coesistono con quelli adulti. Molte madri amano il figlio in grembo, ma non riescono ad amarlo alla nascita: occorre loro spiegare che questo è normale, e che l’amore arriva, bisogna solo aspettarlo, che non devono sentirsi terribili, senza fingere – inutilmente – di amare. Anzi, le madri possono provare addirittura odio per la loro creatura.

La matrigna soffre perché non riesce ad amare il figliastro, perché dietro ciò vi è una storia di vedovanza magari, o di un matrimonio infelice, che inevitabilmente influisce sulla rappresentazione del bambino. A volte il figlio può rappresentare un intollerabile ricordo della “donna rivale” in casa, a livello inconscio, impedendo così l’instaurarsi dell’amore, oppure posso diventare figli “insopportabili” a causa delle sofferenze/brutte esperienze subìte. CAP. 3 BAMBINI CHE SUCCHIANO PEZZI DI STOFFA Molto bambini scelgono oggetti per loro divenuti importanti, che succhiano o abbracciano, che lo tengono a galla nei momenti di solitudine o insicurezza, fungendo da calmante. Tali oggetti appartengono sia al bambino che alla realtà esterna. Il bambino attribuisce loro un nomignolo ( in inglese tissie= tissue+kissie, o nannie= nanny+mamie): l’odore o la trama sono caratteristiche essenziali, quindi non devono essere lavati. Tali oggetti devono logorarsi lentamente, non essere perduti, buttati, distrutti. Non bisogna chiedere al bambino spiegazioni troppo precise riguardo l’origine di tale oggetto ( se faccia parte del mondo esterno o se l’abbia inventata lui), crescendo potrà essere introdotta la consapevolezza che provenga dal mondo esterno. Prima di questa fase, in cui il bambino riesce a distinguere tra “me” e “non me”, l’oggetto è percepito come facente parte di ciò che ha intorno, e quindi di sé. Anche gli animali succhiano la stoffa e giocano. La vita individuale del b. comincia immediatamente, seppur con un ambito molto ridotto: non vive solo per sopravvivere, ma si procura gratificazioni istintuali più complesse del semplice ingurgitare, plasmando il proprio modello di comportamento. Sin dall’inizio è in funzione una forma rudimentale di ciò che in seguito sarà chiamato “IMMAGINAZIONE”. Il bambino si mette dentro cose non solo attraverso la bocca ma anche toccando e provando sensazioni tramite la pelle. L’esperienza immaginaria del nutrirsi è >> di quella fisica: comprende un intenso rapporto con il seno della madre e poi con la madre stessa, percepita gradualmente nella sua interezza, e l’esperienza delle mani e degli occhi rende sempre più ampia l’esperienza del nutrirsi (senza il rapporto umano, non sarebbe esperienza personale ma semplice attività riflessa). Le cose che fa un bambino mentre si nutre, benché inconcludenti sul piano nutritivo, sono il segno che il bambino si sta nutrendo attivamente, anzi che essere nutrito passivamente, che sta vivendo la vita anziché limitarsi a agire a stimoli. Quando succhia un fantoccio, rappresenta un getto d’immaginazione della poppata, che a sua volta stimola il sistema nervoso. ( fantoccio  poppata  stimolazione ) Prima manifestazione di un comportamento d’amore: il bambino esiste come persona, ed ha fiducia nel rapporto con la madre. Il piacere, nell’interazione con l’oggetto, è provocato dall’attività di gioco e non dal nutrirsi. In caso di deprivazione affettiva l’interazione con l’oggetto diviene abituale e compulsiva (compbensa la madre), ma quando questa diventa grave, scompare anche il gioco (la rappresentazione simbolica della madre). Gioco e oggetto, come il sogno ad occhi aperti, si situando ad un livello intermedio tra mondo esterno e bambino, e tramite ciò impara a distinguere mondo interno ed esterno, sé e non sé. Nell’adulto, la religione ed il fumo ad esempio, si pongono in tale dimensione intermedia.

CAP. 4 DIRE “NO” 3 fasi che si sovrappongono parzialmente,i l passaggio tra fasi dipende dal b e dalla relazione: 1) Responsabilità genitoriale: genitore è totalmente responsabile, dice dei “no” al mondo (no stai lontano da mio figlio). Nonostante ciò il bambino è comunque sottoposto a piccole frustrazioni involontarie ( è impensabile riuscire ad appagare totalmente un b piccolo). Fase faticosa di sorveglianza ininterrotta, che si alleggerisce con il crescere del tempo, senza estinguersi mai del tutto. Il neonato assimila la fiducia che i genitori provano in sé stessi. Simile alla fede 2) Introduzione del NO/del principio di realtà: data dalla comparsa dell’intelligenza e della capacità di distinguere tra ciò che è permesso e cosa no, in virtù del pericolo. Imposizione al bambino della visione del mondo genitoriale: pochi NO, ma costanti e coerenti. Far conoscere la realtà al bambino, anche tramite il SI (sfondo sul quale si inserisce il NO). Momento per momento, mentre accadono i fatti della vita, occorre introdurre nuovi no, così che il bambino gradualmente impari ciò che si può o non si può fare, associando ai no, l’esperienza. Simile alla morale 3) Spiegazioni: Ottenere la collaborazione del bambino offendo gli delle spiegazioni, coinvolgendo il linguaggio (No perché è bollente, no perché ti sporchi..). Fase della scienza e della filosofia, bambino costruisce le proprie regole. Dire NO è importante i genitori devono farlo dall’inizio, fin quando il bambino diverrà autonomo e organizzerà un suo modo personale di vivere. NO= far capire ai figli i pericoli nei quali incorrono e dai quali li sta proteggendo, e con quali comportamenti possono garantirsi il suo affetto ed approvazione. Viene a coincidere con il padre, e come questo sarà amato e apprezzato nonostante gli scapaccioni, anche i NO sono apprezzati. CAP. 5 LA GELOSIA È normale e salutare, nasce dall’amore, ma ha degli aspetti insani, nascosti: compare e scompare autonomamente, più volte. Inoltre i bambini sani riescono a parlarne ed evidenziarne la fonte, così da poter discutere riguardo i propri sentimenti. È una conquista del bambino, indica la capacità di amare, è un’esperienza arricchente. La gelosia implica l’invidia: si è gelosi perché si invidia un qualcosa a colui del quale siamo gelosi. Questa diade compare verso i 15 mesi, e diventa via via più complessa : inizialmente riguarda la relazione con la madre, in particolar modo la poppata, e poi il padre. La gelosia evolve dal possesso: - “la mia mamma è la migliore” dato per scontato senza esplicitarlo, la madre è una parte di sè  pubblicizzare il fatto esplicitamente, consapevolezza che la madre viene dall’esterno e potrebbero essercene delle altre, come non esserci proprio. La madre è POSSESSO  “la mia mamma è la migliore- e tu la vuoi”, difesa del proprio possesso.  riconoscimento che il possesso possa appartenere a qualcun altro (nascita del secondogenito), comparsa della GELOSIA. Per riottenere l’attenzione perduta, può regredire alla I infanzia.

3 dinamiche interne che portano alla scomparsa della gelosia: 1) Gelosia è ciò che vediamo quando il bambino è in uno stato di conflitto acuto, prova amore e odio assieme. Esplode per la rabbia, pensa che il mondo venga da esso distrutto, invece sopravvive: distingue immaginazione dalla realtà, comprende che può distruggere nella fantasia, che è sicuro, si accontenta dell’esibizione parziale della rabbia. In un paio di settimane tutto ciò si muta in tristezza: è triste amare qualcosa, che si fantastica venga distrutto. Spesso nei sogni disruttivi ciò che viene colpito è un oggetto che rappresenti la madre o il neonato, e non loro stessi. La vita immaginativa comincia a funzionare, offrendo un sollievo compensativo al desiderio dell’azione diretta. 2) Aver assorbito sufficienti esperienze di soddisfazioni, tali da formare un’idea di madre e padre positiva, appagante, un archivio di ricordi positivi nutrito. Ciò permette al bambino di non mettere in discussione la presenza e la bontà del genitore, e così di non invidiare/essere geloso. 3) Vivere attraverso le esperienze altrui, mettersi nei panni di un altro, identificarsi con il fratello neonato, come in un gioco. Inoltre ci sono degli atti specifici che possono limitare la gelosia:aiutare il bambino a prevedere ciò che sta per succedere, avvertendolo di eventuali sconvolgimenti imminenti, attraverso le parole ma soprattutto attraverso gli atteggiamenti. Questo perché i bambini piccoli sentono con la massima intensità e non hanno le capacità di modulare o di distrarsi dalla propria emozione. Un altro atto specifico è il provare ad essere equi nella gestione dei figli. Vi sono due tipi di gelosia: quella normale, che scompare o che comunque si manifesta e può essere gestita e si trasforma in ambizione e rivalità, o quella anormale nascosta, che disturba la personalità del bambino: gli adulti che hanno un temperamento fortemente geloso, spesso da bambini hanno avuto buoni motivi per esserlo, e non hanno avuto la possibilità di mostrarsi arrabbiate e di sfogare la loro aggressività: la gelosia è rimasta incastonata in loro e il motivo originario di gelosia, è andato perduto. CAP. 6 COSA Dà FASTIDIO -

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Non avere sufficiente tempo a disposizione, dover fare tutto freneticamente e caoticamente. Stanchezza, si sovrappone al carico di lavoro e al tempo limitato, fare tutto sopra le forze: anche quello che solitamente non infastidisce, irrita. La precarietà della serenità familiare: basta una sola cosa che non va come dovrebbe, e si trasforma in drammi e pianti. Le pretese dei mariti, che si sovrappongono a quelle dei figli. Il perenne disordine nonostante gli sforzi. Le litigate che scoppiano improvvisamente e per un nulla (perenne tensione). L’invasione dello spazio intimo e privato della madre, da parte dei figli: i bambini si piazzano sempre in mezzo ai piedi delle madri, tendono ad invadere i pochi segreti, il poco a loro inaccessibile.  Può una madre salvaguardare il proprio spazio intimo e al tempo stesso non far sentire frustrato il bambino, rimanere comunque accessibile ai suoi occhi?

Da l controllo totale della madre  consapevolezza dell’accessibilità della stessa nel momento del bisogno. Le madri hanno bisogno di parlare delle proprie tribolazioni nel momento stesso in cui le stanno vivendo, senza comprimere il proprio malessere, altrimenti danneggia il sentimento di amore alla base. La madre può addirittura provare un “odio fisiologico” verso i figli: si sente una domestica non pagata, dalla quale si esige senza prestare attenzione al suo benessere. Il bambino piccolo, mentre si nutre, morde anche il seno materno, e ciò può generare caos e ambivalenza nei sentimenti della madre. La madre può sentirsi messa da parte dopo aver nutrito, come la buccia di un frutto. Ma il motivo più grave può essere quello di sentirsi INVASE NELL’INTIMITA: per 9 mesi il bambino coincide con la madre, poi poco a poco questa dovrebbe riacquisire la propria autonomia, aiutata anche dal marito: il bambino stesso ha bisogno della riconquista d’indipendenza della madre, nonostante possa mostrarsi infastidito da ciò. Ovviamente ciò non può accadere nel breve tempo, probabilmente la madre non riacquisirà mai del tutto la propria autonomia, specie se ha più di un figlio.

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La strategia più efficace, è quella di arrendersi all’inizio alle pretese del figlio, mostrarsi sempre accessibili, così da non privarlo di amore e accettazione. In caso contrario infatti, egli svilupperà un senso di rancore al quale non riuscirà a dare un significato preciso, e che scaricherà successivamente sulla società (personalità antisociali). La ritualità richiesta dal bambino può annoiare: ma è proprio quest’assenza di sorprese a donare serenità al bambino. Periodi ingrati, in cui il bambino che stava man mano crescendo, sembra regredire. Doversi adattare ai ritmi di ciascun figlio, che possono essere diversi da quelli della madre o differenti tra i figli stessi: occorre raggiungere la sincronia tra madre e figlio, altrimenti diventerà ottuso e rinuncerà alla propria agentività delegandola alla madre. Le continue interruzioni nei lavori domestici, che dilatano il tempo necessario e rendono le attività caotiche.

In tutto ciò può intervenire il padre con la sua fermezza: fermezza che può esercitare, solo nel caso in cui abbia conquistato il diritto mostrandosi inizialmente presente ed affettuoso con il figlio.

Cap.7 SENSO DI SICUREZZA È molto di più che sentirsi “sotto controllo”: nasce dalla fede in qualcosa di buono, di disponibile, di accessibile, che resista agli attacchi del mondo ma anche del bambino stesso. Per la sua costruzione, è necessario conoscere il bambino e lavorare sullo specifico rapporto con esso, occorre offrire una stabilità umana, non rigida. Occorre proteggere il bambino dal mondo esterno, ma anche dai suoi stessi impulsi: il bambino che sperimenta il senso di sicurezza fin dall’inizio, sviluppa la certezza che non verrà abbandonato. 1) Senso di sicurezza, controllo, fede in qualcosa di buono e resistente

2) Sfida alla sicurezza: il compromesso è offerto dal gioco e dalla fantasia, nella quale il bambino può evadere dal controllo. 3) Bambino impara a conservare la sicurezza anche di fronte ad oggettive situazioni di insicurezza. 4) Bambino sente il bisogno di mettere in continuazione alla prova tale sicurezza, la presenza dell’oggetto e del controllo, tramite sfide a volto aperto: tipico dell’adolescenza, in cui si affacciano nuove emozioni perturbanti. Il figlio ha bisogno di assicurarsi che i meccanismi di sicurezza siano ancora validi, così che possano proteggerlo in caso di bisogno. Al tempo stesso l’adolescente mette alla prova la propria capacità di infrangere tali barriere e di affermare la propria personalità. L’ adolescente rispetta le regole imposte da colui che sente di amare e odiare, colui che l’ha amato nell’infanzia ma che si è mostrato anche autorevole. Che in un modo o nell’altro si sia mostrato presente. Ciò porta alla costruzione del senso adulto di responsabilità: i controlli si trasformano in autocontrolli.

Cap. 8 SENTIRSI IN COLPA Genitore può sentirsi in colpa per sentimenti di odio e fastidio verso il figlio, che non pensava di avere, o perché non hanno sentito da subito quell’amore che “è normale sentire”. Sono molte e variegate le motivazioni che possono far sperimentare al genitore, specie la madre, tali sentimenti. Spesso la madre appena partorito chiede se sia “tutto normale”, quasi con il timore di aver messo al mondo un mostro: se davvero c’è qualcosa di anormale, la madre se ne sente responsabile, e quindi in colpa, e anche qualora sia normale, non sarà mai perfetto come il bambino fantasticato. Anche qui, si sentirà in colpa. È necessario che i genitori nutrano dei dubbi su sé stesse, se vogliono essere responsabili: è il senso di colpa, il sentirsi inadeguate, che le attiva e le rende pienamente sensibili e presenti. La madre che è pronta a prendersi la responsabilità delle cose che capitano, può proteggere il bambino: il senso di colpa si trasforma in un cuscino protettivo, per il bambino.

CAP.9 CAPACITA DI GIUDICARE BENE E MALE Base della morale consiste nell’esperienza fondamentale che il bambino fa di essere sé stesso e della continuità del proprio essere: gli imprevisti spezzano tale continuità e interferiscono con lo sviluppo del Sé. Man mano che fa esperienza della continuità del sé, emergono le paure, dovute al timore di subire ritorsioni: come egli morde a causa degli impulsi aggressivi, il mondo potrebbe morderlo. Il mondo del bambino sarebbe invivibile se non fosse per l’azione protettiva della madre, che non risponde con ritorsioni alle piccole intenzioni distruttive del figlio. La mamma sopravvive ai piccoli attacchi distruttivi e aggressivi del figlio, siano essi volontari o meno, e da ciò egli ricava rassicurazione. In questo modo riesce ad integrare, a tollerare dentro di sé esperienze opposte e l’angoscia collegata alla distruttività intrinseca alle esperienze istintuali, sapendo che non mancherà l’occasione di

ripararvi. Tale tolleranza dell’angoscia è il SENSO DI COLPA, che so sviluppa di pari passo all’instaurarsi della fiducia nell’ambiente. Consiste nell’indirizzare l’angoscia collegata alla distruttività verso un comportamento costruttivo, punto di equilibrio tra angoscia legata agli impulsi distruttivi e capacità di riparazione. È la costruzione di un nuovo senso morale. Buono ciò che attenua sensi di colpa e cattivo ciò che li intensifica. Solo quando il bambino ha costituito il proprio senso di colpa, è utile che il genitore gli mostri la propria idea su ciò che è buono e cattivo. Inculcare le idee è possibile, ma è la soluzione meno ideale. CAP. 10 ORA SONO CINQUE A 5 anni il bambino esce dal recinto rappresentato dai genitori, dalla casa, dai rumori e odori consueti: ogni recinto è diverso per ciascun bambino. È giunto il momento di andare a scuola, un recinto composto da altre regole, altri individui, altri ambienti: ciò può essere terrorizzante e al tempo stesso eccitante, poiché non si può tornare indietro. La vita è una serie di uscite da recinti ed entrate in nuovi. I genitori da una parte desiderano che i bambino faccia nuove esperienze e conoscano nuovi recinti, dall’altra non riescono ad accettare che ciò accada: il bambino intuisce tutto ciò, e quindi si mostrerà frustrato se percepisce la madre frustrata, sereno se la madre si mostrerà serena. La vivacità del bambino in casa è un buon tonico contro gli stati depressivi, anche qualora siano strilli e grida: quando il bambino va a scuola, la madre sente come un vuoto attorno a sé, si sente minacciata da un senso di sconfitta personale e cercherà un interesse sostitutivo. Se ciò avviene, il bambino si sentirà come rimpiazzato e vorrà riconquistare il posto di prestigio nell’interesse materno, che diviene lo scopo principale  rifiuto della scuola. La madre che si sente abbandonata nel momento in cui il figlio va a scuola, può aver avuto problemi nello svezzamento, o nei primi passi, quando ovvero il bambino non era più dipendente da lei. La scoperta d...


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