Docsity invisibili sapienze pratiche di cura al nido 2 PDF

Title Docsity invisibili sapienze pratiche di cura al nido 2
Author Mariagrazia Micciulla
Course Psicologia fisiologica
Institution Università degli Studi di Torino
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Invisibili sapienze Presentazione Il lavoro di cura è quello che sostiene il divenire umano, è sapienza esistenziale che si esprime in visibile e invisibile: nell'intenzionalità di uno sguardo, nella delicatezza di un tocco, nell'intimità di una vicinanza. Germoglia in segreto e viene coltivata nella quotidianità. Nella nostra società sono soprattutto le donne ad accudire, alfabetizzare ed educare i bambini. L'opera di cura genera vita, umanità, ricchezza simbolica e affettiva. Il volume si articola in tre parti, la prima delle quali si apre sulle recenti trasformazioni sociali e familiari che impongono ai servizi per l'infanzia una rinnovata attenzione verso i genitori, specie nel periodo immediatamente successivo all'arrivo di un figlio. Prima parte - Saperi originari Interrogare i cambiamenti per non subirli La modernità ha portato una riorganizzazione complessiva delle relazioni, degli scenari di vita, dei comportamenti, che ha concorso a una profonda trasformazione della famiglia. La sovrabbondanza di spazi fruiti ogni giorno è continuamente attraversati con i moderni mezzi di comunicazione e di trasporto, ha determinato una contrazione degli spazi di sosta, di conoscenza e in aggiunta, l'intensificazione dei ritmi di vita ha reso più drammatica la perdita del senso unitario dell'esistenza: il nuovo non trova possibilità di elaborazione e integrazione. In questo quadro i genitori faticano a individuare occasioni di confronto e scambi di esperienze: i nonni vivono sempre nelle vicinanze, l'attività lavorativa riduce la possibilità di incontri spontanei perciò aumentano i rischi di depressione, le insicurezze educative, sensi di smarrimento. Quando ci si trova davanti ad una nuova esperienza ci hanno due possibilità o la negazione o la delega ai cosiddetti esperti come pediatri, educatrici etc. La relativa solitudine in cui vivono le famiglie aumenta l'ansia suscitata dai normali problemi della crescita. La nascita di un figlio è un evento che porta molta gioia ma è anche un'esperienza critica poiché introduce ruoli inediti, sovverte le posizioni familiari, assegna nuove misure agli spazi di coppia e ai ritmi quotidiani. Spesso i genitori, totalmente assorbiti dall'impegno che in piccolo richiede, si trovano a loro volta nella condizione di aver bisogno di conforto, rassicurazione e sostegno poiché prendersi cura di un bambino esaurisce tutte le forze a tal punto che non c'è più per il dialogo e la tenerezza nella coppia. Molto importante, in questa situazione, è trovare sostegno perciò le educatrici devono mettersi a disposizione dei neogenitori. Le educatrici hanno il privilegio di aiutarli a nascere come genitori. Può essere utile consentire alla coppia di ripercorrere i passaggi cruciali della gravidanza e del parto, scorgendovi le prime tracce di insegnamenti e apprendimenti da mettere in atto nella relazione educativa verso di sé come genitori e verso il figlio. Per esempio la segretezza che avvolge il concepimento insegna a farsi custodi di quanto non può essere totalmente riversato sul figlio  sono molte le apprensioni di una famiglia lungo il percorso di crescita di un bambino, di un adolescente, di un giovane ed è compito dei genitori tenere timori e preoccupazioni per sé, evitando di trasmettere insicurezza e sfiducia. Un'altra sapienza pedagogica e l'avvertenza che, nel rapporto col figlio, molta parte di quanto accade sfugge al controllo, si sottrae a ogni pretesa di prevedibilità e di pianificazione  non vale la correlazione tra la semina e il raccolto. La pazienza che ha sostenuto l'attesa deve continuare a caratterizzare lo stile educativo genitoriale per consentire a quest'ultimo scoperte proprie e tollerabili frustrazioni. La pazienza implica la disponibilità di andare incontro all'altro là dove si trova, concedendogli nuove opportunità di cambiamento. L'anima nera della responsabilità-genitorialità è la tensione etica del decentramento che si tratta di una condizione che si sperimenta tante volte nella maternità ovvero rispondere alla chiamata del pianto, risponde al bisogno, rispondere al desiderio  rispondere vuol dire decentrarsi, mettersi in cammino. Nel sostenersi reciprocamente in questo compito, i genitori attuano il momento fondamentale dell'educare, che consiste nel portare continuamente alla luce così come avviene durante il travaglio e il patto. Mettere al mondo un figlio significa sostenerlo nei suoi passi incerti, ma anche arrivare a lasciarvi la mano in che posto sperimentare la propria autonomia. Le energie che l'evento generativo richiede sono talmente ingenti da indurre in molti casi a riservare una attenzione residuale alla vita di coppia che deve imparare a salvaguardare i propri spazi di intimità e affettività matura, nonostante i figli. È importante che la coppia che mette al mondo un figlio si alimenti nella capacità di rinnovarsi perché

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solo così il figlio ne ricaverà linfa vitale, se il principale argomento di interesse e conversazione è l'affetto verso il bambino, il legame di coppia rischia di assottigliarsi fino a spezzarsi. Ad aiutare i genitori, vi sono i nidi d'infanzia, luoghi sempre più importanti per la consulenza e il supporto dei compiti educativi verso i figli. Il sostegno educativo si delinea come un processo di aiuto finalizzato a promuovere e a portare a espressione le potenzialità educative presenti nella coppia. Il personale educativo aiuta la coppia di genitori a trovare in sé la strada per entrare via via più in profondità nella relazione con i figli. Le educatrici dovranno operare non solo in funzione dei bambini ma anche della famiglia nella sua globalità, sapendo cogliere con delicatezza e discrezione i vissuti di una coppia in trasformazione e le fatiche di una complessità sociale. Le educatrici hanno il compito di affiancare padri e madri con la finalità della promozione delle abilità genitoriali, la diminuzione dell'esclusione sociale tra le famiglie, la mobilitazione del potenziale educativo di ogni genitore, un'interazione genitori-bambini più ricca e che possa facilitare la crescita dei bambini. Conoscere la storia di una famiglia significa offrire possibilità di incontro e di dialogo e connettere comportamenti, parole, silenzi con la complessità di un'organizzazione sociale che si riflette nella storia della famiglia  tutto ciò consente di comprendere meglio le personalità dei suoi membri e le loro dinamiche interpersonali. Nell'alleanza nido-famiglia sta la possibilità di un rafforzamento reciproco che si concretizza in funzioni e responsabilità distinte ma convergenti verso un unico fine. Le famiglie individuano nelle educatrici dei riferimenti qualificati e autorevoli, mentre queste ultime possono trovare nei genitori un supporto competente e solidale con cui coltivare comuni investimenti di valore, scambiarsi impressioni sui percorsi evolutivi dei figli. Il modello operativo che caratterizza i nidi d'infanzia passa da un approccio centrato sul bambino a uno che sostiene i genitori nella realizzazione del loro compito educativo. In questa prospettiva l'educazione non si configura come un processo lineare tra chi esercita la professione e chi la riceve, quanto piuttosto un processo circolare co-costruito da educatrici e genitori insieme. Assumendo con determinazione il compito di introdurre e sostenere mamme e papà nella funzione educativa, il personale dei nidi estendere il proprio operato al di là del perimetro della struttura, divenendo fonte propulsiva di elaborazione politica finalizzata alla realizzazione di una società educante. A questo scopo i servizi per l'infanzia potrebbero addirittura intensificare questa loro vocazione raccordandosi con il personale e i luoghi che si occupano del venire al mondo come consultori o ospedali, proponendosi come luoghi in cui scambiarsi esperienze e rinforzarsi reciprocamente ma anche luogo di rilievo politico in quanto capace di riportare in una dimensione comunitaria un tema che diversamente rischia di venire rimosso. Educatrici e educatori possono proporsi quali interlocutori autorevoli per le famiglie quando contribuiscono a mettere i genitori nella condizione di essere buoni educatori e questo è possibile non solo garantendo la cura educativa dei bambini, ma anche qualificandosi come attivi promotori di comprensione cioè capaci di portare all'attenzione quelle connessioni che concorrono a rendere i soggetti maggiormente protagonisti del proprio tempo. L'impegno a rendere permeabili i consigli tra famiglie e istituzioni educative, favorendo la sintonia sui valori e sugli obiettivi che guidano i percorsi di crescita, è determinante per realizzare una sintonia progettuale e per contrastare quella separatezza e quell'isolamento che stanno alla base di atteggiamenti di diffidenza e contrapposizione. L'apparire custodisce l'essenziale: le radici dell'esperienza educativa L’esperienza educativa chiama in causa tutti e cinque i sensi infatti l'acquisizione delle prime competente nasce dalla combinazione di più facoltà sensoriali (tatto, vista, udito…). Lo sviluppo delle abilità necessarie alla rappresentazione simbolica della realtà passa attraverso il contatto diretto con le cose ; ogni oggetto è per il bambino materialità pura, da conoscere nella sua consistenza, forma, colore. La funzionalità dell'oggetto non è importante a quest'età. L'incontro tra bambini e educatrici al nido avviene nel campo del silenzio pieno di sensazioni, di prossimità e contatti corporei. Nel corpo a corpo con l'esperienza si incontrano sguardi in cerca di ospitalità, l'educatrice li accoglie in sé e con la memoria di quell'intimità li posa sulle cose. La capienza di quel gioco di intese sta nel lasciarsi guidare cercando di guadagnare una prospettiva da cui quegli occhi stupiti desumono visioni del mondo. Molta di questa sapienza rimane non vista perché si esprime in quella dimensione precategoriale che sta ai margini della cultura e stesso ne costituisce lo sfondo o viene addirittura rimosso. La prima facoltà che permette di compiere il mondo

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intorno a sé è il sentire e il nido è l’ambito educativo in cui questa facoltà può maggiormente costruire un punto di incontro fra grandi e piccini. La libertà di sentire la vitalità del proprio corpo il dialogo con le cose e le altre presente permette al bambino di cogliere il proprio essere-nel-mondo come un con-essere (cosentire  con le lessi con lo sguardo inizialmente della madre e poi delle successive figure affettive che si prendono cura di lui). Sospendere i costrutti di per ricercare una sintonia di sguardi, carezze, contatti potenziati il sentire nella forma del compartecipare. Nel nido questo significa coltivare una continuità di contatti che si cercano e si occupano. Il corpo dei piccoli porta iscritte in sé le parole di chi li ha curati e li cura e queste parole essenziali risulteranno il loro punto di forza e di libertà con gli altri bambini nel percorso di crescita. I contesti educativi, specialmente quelli dedicati alla prima infanzia, sono luoghi di cultura, una cultura essenziale- esistenziale. Una sapienza sottile che caratterizza il lavoro educativo e di cura al nido è quel saper stare vicino all'inizio che presuppone la capacità di stare accanto ai bambini quando iniziano a parlare, a camminare, a ragionare e di stare accanto ai genitori che iniziano ad assumere compiti e responsabilità educative Ù . Una delle prime evidenze che si incontrano riflettendo sull'evento educativo è la centralità della dimensione fisica, corporea, dell'incontro che tuttavia patisce una scarsa considerazione. Stare in ascolto della vita particolare che si esprime nel corpo e col corpo, con un’attenzione vigile agli umori e ai sentimenti che conferiscono specifiche tonalità appetire alle relazioni, scorta l'insignificanza che da sempre la nostra cultura riserva alla vita incarnata rispetto a quella pensata, alle facoltà razionali rispetto a quelle emotive. Da parte di chi ha responsabilità educative iniziare bambini e bambine alla libertà ha origine dalla consapevolezza dei diversi processi e strutturano identità femminile e quella maschile e delle implicazioni che tali processi determinano nei modi di rapportarsi agli altri e al mondo. A partire dalla diversa costruzione della propria identità, il genere maschile e il genere femminile stabiliscono un rapporto profondamente differente con se stessi, con gli altri e con il mondo ( per esempio la bambina costruisce la propria identità nella relazione con la madre e, in virtù di questa relazione di continuità col femminile, senza che vengano meno i confini tra il proprio sé e il resto del mondo, concepisce ogni essere come intimamente connesso agli altri da una serie di relazioni. Ascoltare le differenze che parlano attraverso il corpo è l'occasione per interrogare un disagio e rendere evidente una necessità: l'insostenibilità di un sapere che continua a procedere per separazioni e contrapposizioni, nell'urgenza di creare un diverso modo di abitare il mondo. I fondamenti di un'etica della cura educativa sono rintracciabili nella esplicitazione dei tratti costitutivi della stessa idea di cura, da intendersi come premura, devozione e ascolto della vita. Questo si afferma primariamente nel corpo, poiché e nel prendersi cura del corpo che si concretizza la prima, essenziale porta di attenzione all'esistenza. Educare con il corpo significa in sostanza porsi come mediatori consapevoli tra contenuti didattici, le ansie, le toglie, le agitazioni di bambini e bambine, attraverso un continuo calibrare avvicinamenti e allontanamenti di sguardi, gesti e parole. Questo implica da un lato la capacità di accordare spazio di attenzione e legittimità al proprio sentire, perseguendo una fedeltà alla propria parzialità, dall'altro la capacità di decentrarsi, accogliendo il punto di vista dell'altro. La relazione con gli altri è ciò che stabilisce chi siamo. Assecondare i bambini nella costruzione della propria soggettività significa famigliarizzarli a un processo di continua scoperta, che rende accessibile a qualcuno la grandiosità di passi protagonista originale e creativo di un orizzonte di senso non dato a priori. Il sapere che proviene dall'esperienza è il sapere del mutamento, della ricerca di una forma mai del tutto compiuta, che si lascia attraversare da turbamenti, dalla sensibilità, dagli affetti etc. È un sapere in costante evoluzione, così come è il continuo cambiamento chi lo pronuncia. Costruire e rimodellare l'esperienza consente di cogliere nelle dissonanze possibili aperture. La relazione si presenta autenticamente educativa quando persegue quel pensare insieme che si realizzano nello stadio dialogico e perché questo accada c'è bisogno che si coltivi tra gli altri il sentimento della tenerezza  tonalità emotiva che consente alla mente di protendersi verso l'altro, ammorbidendo ogni asperità discorsività. Nell'altro è possibile riconoscere un sé perciò è molto importante uscire dal miglio per incontrarsi con il tu. L'attitudine alla tenerezza è un'esigenza insopprimibile dell'animo, che consente di essere indulgenti con sé stessi, riconciliandosi con i propri limiti senza ingrandirli oltre misura.

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Aver cura della vita emotiva: essenza dell'educazione al nido Quando si parla di emozioni e sentimenti si pensa sempre a qualcosa di intimo, in comunicabile e segreto, in realtà essi esistono principalmente nella nostra relazione con il mondo o con le nostre percezioni del mondo e degli altri. Essi sono tra noi e il mondo che ci mettono in comunicazione con la realtà e i suoi soggetti. Oggi si riconosce che tra la dimensione cognitiva e quella emozionale esiste un rapporto di reciprocità infatti si è studiato che le emozioni influiscono sulle capacità con le e viceversa. L'agire intelligente consiste nell'equilibrio armonioso tra ragione ed emozione. Le emozioni non sempre rappresentano una minaccia dei si possono anche costituire vere e proprie risorse per far fronte alle situazioni, per seguire la risoluzione dei problemi e la gestione delle relazioni sociali. Le emozioni hanno funzioni comunicative e avvertite infatti ci dicono qualcosa sul mondo che possono influenzare le nostre decisioni e orientare il nostro comportamento. Le professioni educative sono intrise di sentimenti e i vissuti emotivi importanti infatti ci si prende cura degli altri non solo attraverso il sapere scientifico-tecnologico ma anche attraverso l'umanità personale e la qualità della relazione che si instaura. Nel lavoro di cura l'affettività è la struttura portante poiché è molto importante sapere cosa si agita nell'interiorità delle persone di cui ci si prende cura poco cui si collabora nella cura educativa di qualcuno. In bambino nasce con un patrimonio di competenze propositive che gli permette di stabilire relazioni ricche di significato con le persone che si prendono cura di lui. Ciò che garantisce continuità tra vita uterina e il mondo esterno è la figura materna poiché quest'ultima stabilisce le prime e fondamentali connessioni tra le sensazioni interne neonatali e le esperienze ambientali. Nei primi mesi del bambino, la madre svolge una funzione fondamentale riguardo allo sviluppo della vita emotiva del figlio poiché integra al suo posto i sentimenti, il dolore, la rabbia, gli stati di eccitazione. È la madre a ripercorrere mentalmente il significato degli eventi vissuti dal miglio e a comprendere ciò che accade. Se ben preparato, l'ingresso al nido è sostenuto da un passaggio di fiducia: dalla madre alle educatrici e del bambino verso le stesse figure educative. Nel mito i bambini devono trovare qualcuno che li sostenga e li contenga, come se fosse qualcuno “autorizzato” dalla madre a divenire un nuovo partner. Si è notato come la presenza di altre figure di accudimento, diverse da quella materna, incidano nell'influenzare lo sviluppo del bambino, infatti le educatrici sono indispensabili per proseguire il lavoro di integrazione e elaborazione degli studi e motivi iniziato dalla madre. Prendersi cura degli altri è strettamente correlato con il prendersi cura di sé poiché la prima condizione per aver cura degli altri è divenire consapevoli della postura anteriore con cui ci si rapporta alla realtà, postura che contribuisce a suscitare le reazioni degli altri ai nostri stimoli (è risaputo che una persona positiva caratterizzata da atteggiamenti aperti e benevoli suscita apertura e fiducia). Questa postura anteriore può caratterizzare gli stenta per periodi limitati o protrarsi a lungo tempo e connota affettivamente il modo di percepire sé stessi e la propria vita, di sentirsi nel mondo e con gli altri  si tratta di tonalità emotive ovvero forme affettive del nostro essere-nel-mondo come vuoto esistenziale, senso di noia, nostalgia, felicità etc. Esse determinano il modo di percepire e di rappresentarci ciò che ci sta intorno, la situazione che viviamo nella sua qualità di vita e persino il futuro che ci è dato nelle sue possibilità. Esse condizionano le nostre relazioni interpersonali, le colorano di una certa tinta affettiva e ci orientano a certi pensieri e certe azioni, precludendoci magari altri e diversi modi di pensare e di comportarci. Le tonalità emotive hanno anche un significato relazionale ovvero intuire la qualità emotiva della sua con- sonanza con il mondo e lasciare che i suoi vissuti abbiano una ri-sonanza in noi. L'ambiente relazionale in cui il bambino nasce e cresce, dove riceve le prime cure e consegue quelle che si riveleranno come le acquisizioni più importanti di tutta la sua esistenza, fa da cornice alle esperienze successive. L'importanza dei primi anni di vita e la loro ricaduta su tutto il tempo che seguirà è ormai riconosciuta. Nella nostra società si ha un bombardamento di stimoli esterni e una grande carenza di comunicazione, un pieno di cose e un vuoto di relazioni: siamo degli analfabeti rispetto alla comprensione e gestione dei sentimenti. In realtà, proprio la dimensione affettiva è strumento privilegiato di autoregolazione e conoscenza di sé nonché condizione che autorizza, promuove o al contrario inibisce la conoscenza del mondo esterno. I bambini piccoli necessitano della presenza dell’adulto per riconoscere e contenere le proprie emozioni. Una relazione empatica tra adulto il bambino può facilitare quest'ultimo ad esprimere le proprie emozioni, a contenerle. Educare alla

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vita em...


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